C’era una volta il Carosello…
oggi c’è l’influencer

Henry Ford, fondatore della celebre casa automobilistica, diceva “la pubblicità è l’anima del commercio”. Come dargli torto?  


Oggi la pubblicità, specie nel settore cosmetico, utilizza spesso i canali social e viene veicolata attraverso gli influencer e i micro-influencer. 

Gli influencer, già molto seguiti negli anni scorsi, hanno aumentato la propria popolarità nel periodo della pandemia da Covid 19, consolidando il rapporto di fiducia con i propri followers ed aumentandone il numero, probabilmente a causa del maggior numero di ore che – durante i vari periodi di lockdown - ciascuno di noi (giovanissimi in testa) ha trascorso collegato ai vari social. Insomma, c’è da scommettere che il fenomeno dell’influencer marketing si rafforzerà nel post Covid-19. 


Il contratto di influencer marketing non è espressamente regolato dal codice civile. Da un punto di vista strettamente giuridico si parla, quindi, di contratto atipico

Pertanto, per la regolamentazione del singolo caso, in assenza di specifiche pattuizioni contrattuali, non si potrà ricorrere a norme specifiche e sarà necessario fare ricorso a norme di legge dettate per tipologie contrattuali in qualche misure simili. L’individuazione della tipologia contrattuale “simile” è un’operazione molto delicata che, soprattutto, potrebbe portare per le parti in contesa a risultati non voluti. 

In questo caso più che in altri, quindi, la raccomandazione è di stipulare un contratto in forma scritta e redatto con la maggiore precisione possibile.  


Di seguito alcuni suggerimenti circa gli elementi su cui porre maggiormente attenzione. 


Anzitutto bisogna precisare l’oggetto del contratto che deve essere specifico e dettagliato. Espressioni del tutto generiche del tipo “prestazioni di servizi di attività di marketing” possono essere fonte di molti problemi.  


La descrizione dell’attività dell’influencer dovrebbe comprendere l’indicazione dei social tramite i quali dovrà avvenire (Facebook, Instagram, ecc.), il numero dei post e/o stories (che hanno una diversa durata e anche un bacino d’utenza differente) a settimana/mese, eventualmente anche i giorni della settimana scelti per la pubblicazione, l’eventuale obbligo per l’influencer di partecipare ad un certo numero di eventi da programmarsi con il dovuto anticipo, ecc. 

Qualora la piattaforma di riferimento sia Instagram sarà bene precisare se l’azienda intende attivare il c.d. swipe up, ossia un link di scorrimento che permette un reindrizzamento al sito del brand. 


Molto utile potrebbe anche essere specificare eventuali contenuti che l’azienda ritiene non conformi al proprio codice etico e alla propria filosofia aziendale e che, quindi, l’influencer dovrà essere obbligato contrattualmente a non trattare: così, ad esempio, per un’azienda che produce cosmetici halal verosimilmente non sarebbe ammissibile un post che ritrae l’influencer con un rossetto a lunga durata e che resiste anche ad un aperitivo alcolico accompagnato da un tagliere di salumi. Parallelamente sarebbe una buona regola quella di concordare che almeno un certo numero di post facciano leva su quelli che l’azienda ritiene essere i propri punti di forza (es. rispetto per l’ambiente, comportamenti socialmente etici, ecc.).


In ogni caso, è sempre una buona regola quella di imporre all’influencer l’obbligo di sottoporre all’azienda (o all’agenzia), per la relativa approvazione, il post e le foto prima della loro pubblicazione; eventualmente – al fine di non rendere troppo macchinoso il contratto – si potrebbe prevedere un meccanismo di assenzo implicito da parte dell’azienda (o dell’agenzia) se l’influencer non riceve un diniego entro 1 o 2 giorni lavorativi dall’invio.  


Molto importante è poi imporre all’influencer di segnalare al pubblico la finalità promozionale del post, tramite l’utilizzo nei primi tre post degli hashtag #ad, #adv, #pubblicità, #advertising ecc. ed, in generale, di impegnarsi al rispetto della normativa vigente in materia di pubblicità indiretta (in particolare gli artt. 22 e 23  del D.Lgs. n. 206/2005 e successive modifiche, c.d. Codice del Consumole regole della Digital Chart). Nonostante sembri una raccomandazione superflua le aziende che prevedono questo obbligo all’interno del contratto sono la minor parte. 


Oltre alla frequenza di pubblicazione dei post, in casi particolari è buona regola inserire un termine essenziale nel contratto che preveda ad es., che il post deve essere effettuato entro un certo termine detto appunto “essenziale” in quanto la prestazione perde di valore se effettuato dopo quel termine: ad esempio il post effettuato dopo l’evento in occasione del quale viene effettuato il lancio di un certo prodotto potrebbe diventare inutile se effettuato dopo l’evento. In tal caso se l’esecuzione della prestazione da parte dell’influencer non avvenisse entro il termine indicato nel contratto come termine “essenziale” si configurerebbe un grave inadempimento contrattuale che potrebbe anche determinare la risoluzione del contratto. 


Altro elemento da chiarire contrattualmente è l'eventuale diritto di esclusiva che l’azienda intende riservarsi al fine di non far venir meno la credibilità alla base del rapporto influencer-community: ossia bisogna contrattualmente prevedere se l’influencer, nella vigenza del contratto (ed eventualmente per un periodo successivo), potrà prestare la propria attività per altre aziende concorrenti.  


L’esclusiva potrà non solo riguardare la medesima categoria merceologica ma anche categorie merceologiche diverse in quanto contrarie all’etica dell’azienda: ad esempio, una società che produce cosmetici non testati sugli animali e che di questo fa il suo punto di forza, certo non gradirebbe la pubblicità di pellicce o borse e scarpe in pelle effettuata contestualmente (o nel periodo immediatamente successivo alla scadenza contrattuale) da parte del medesimo influencer. 


Una buona pratica è quella che l’azienda fornisca – ove ne sia in possesso – il proprio codice etico o delle linee guida di modo che l’influencer possa adeguarsi nella creazione dei contenuti dei propri post all’immagine dell’azienda non limitandosi così a pubblicizzare il singolo prodotto ma facendosi anche portavoce dei valori del brand. 


È anche molto importante prevedere una clausola che consenta alla società (o all’agenzia) di risolvere il contratto e di chiedere il risarcimento del danno, nell’ipotesi in cui l’influencer ponga in essere - anche nella propria vita privata - comportamenti ritenuti lesivi dell’immagine della società e/o rilasci affermazioni che possano pregiudicare la reputazione dell’azienda presso il pubblico.


Altro aspetto cui prestare attenzione, ma spesso trascurato, è quello della regolamentazione dei diritti di proprietà intellettuale sui contenuti postati. Anzitutto bisogna chiarire di chi è la titolarità dei contenuti (testi, foto, filmati) postati sul social. È del tutto plausibile infatti che si tratti di contenuti dotati di un minimo di creatività e che, pertanto, possono essere tutelati con la legge sul diritto d’autore.  


È anche importante contrattualmente chiarire, da un lato, se l’influencer potrà utilizzare in futuro – e dopo quanto tempo - immagini e contenuti ideati per l’azienda X anche in favore dell’azienda Y e, dall’altro lato, se l’azienda potrà utilizzare in futuro le immagini postate sul social anche sul proprio sito web, o per ragioni di archivio storico o magari se potrà inserirle in volumi celebrativi dell’azienda, ecc. Regolare in anticipo l’estensione di utilizzo (in termini di tempo, luogo e scopo) dei contenuti che incorporano l’immagine dell’influencer e i suoi eventuali diritti d’autore può essere un buon modo per evitare contenziosi. 


Una volta pubblicati i post da parte dell’influencer è pratica piuttosto comune che l’azienda operi c.d. “repost” del contenuto sui suoi propri profili. È opportuno chiarire contrattualmente l’ammissibilità di tale pratica delineandone - contestualmente - i limiti e ciò al fine di evitare che l’influencer contesti l’uso non autorizzato (e non specificamente retribuito) della propria immagine. 


Sempre con riferimento alla tutela della proprietà intellettuale è opportuno che l'influencer garantisca di utilizzare contenuti (filmati, immagini e testi) di propria titolarità e che non sono quindi lesivi di diritti patrimoniali o morali di terzi soggetti, prevenendo anche una clausola di manleva nell’ipotesi in cui chi pretende la titolarità di detti contenuti avanzi pretese economiche nei confronti dell’azienda. Così ad esempio se l’immagine fotografica pubblicata sul social ritrae altre persone oltre l’influencer è necessario che l’influencer abbia le opportune autorizzazioni alla pubblicazione dei ritratti altrui. Così se l’influencer posta una foto ritraente un’opera d’arte (ad es. un’opera di street art) sarà necessario che egli garantisca di essere in possesso delle necessarie autorizzazioni. 


Infine – come ovvio – non è da sottovalutare la previsione della tempistica di pagamento che potrà anche essere ancorata (sia nei tempi che nell’importo) anche in base al numero di like o visualizzazione o altri parametri concordati e con cui l’azienda ritiene di potere valutare il valore della prestazione dell’influencer.  


Ove il contratto venga stipulato tra soggetti di diversa nazionalità sarà anche importante chiarire quale sia la legge applicabile al contratto e quale sia la giurisdizione alla quale rivolgersi in caso di controversia nascente dal contratto.


Insomma, come si vede, il contratto tra un’azienda e un influencer (o la sua agenzia) presenta molti aspetti ai quali prestare attenzione che suggeriscono anzitutto la redazione di un contratto scritto e strutturato (e quindi non semplicemente uno scarno scambio di mail dal contenuto generico ed impreciso). 


Inoltre, sarebbe opportuno che la redazione del contratto venisse affidata a consulenti qualificati in grado di prevedere le problematiche cui si potrebbe andare incontro in modo da regolarle con precisione prima della sottoscrizione del contratto, in modo da evitare contenziosi futuri.