Dalla parte del consumatore
Annalisa Betti
Giornalista professionista
Beauty & SPA | Italia
Bio...
BIOGRAFIA
Annalisa Betti, giornalista professionista dal 2005, scrive di bellezza e benessere sulle più importanti testate italiane, con specializzazione su profumeria artistica, make-up e SPA, con un occhio di riguardo a scenari e tendenze globali. Di lei dicono che ha uno stile ironico, schietto e inconfondibile, anche grazie ai riferimenti all'ambito musicale, che spesso si diverte a citare. In vent’anni di carriera ha costruito una reputazione basata su etica e affidabilità. I suoi guru sono Diego Dalla Palma, Coco Chanel e Jean-Claude Ellena.
Il concetto di sostenibilità è sempre protagonista, ma il secondo va approfondito e aggiornato.
Nel settore della cosmetica, oltre all’immanente sostenibilità, un termine tanto centrale quanto soggettivo è ‘green’. E lo scrivo volutamente tra virgolette, perché non c’è alcuna definizione oggettiva, alcuna certificazione o normativa che ne possa dare una spiegazione. Un cosmetico è solitamente considerato ‘green’ non soltanto per ciò che contiene, ma soprattutto se prodotto con fonti di energia e metodi eco-friendly, ad esempio con packaging in materiale riciclato e riciclabile. L’INCI ha il suo peso, ovviamente, in quanto ci si aspetta coerenza tra ciò che sta dentro un barattolo o un flacone e ciò che gli sta intorno, per usare parole semplici. Ciò rientra nel più ampio concetto di sostenibilità, tema più che mai attuale e complesso, che non abbiamo la pretesa di affrontare qui in maniera esaustiva, ma voglio almeno lanciare una provocazione che riguarda il nesso tra ‘naturale’ e ‘sostenibile’.
Siamo assolutamente sicuri che valga la pena e che, soprattutto, sia etico privare la Terra delle sue risorse vegetali e botaniche in nome dell’ossessiva ricerca del ‘naturale’ a ogni costo? Oppure è più ragionevole affidarci alla scienza e ai laboratori, lasciando integri ettari di coltivazioni? Questo è uno dei punti su cui le aziende stanno riflettendo ultimamente e, per fortuna, la risposta è spesso negativa.
A proposito di attualità, dato che siamo all’inizio dell’estate è molto importante, nell’ottica del rispetto della Terra, anche il nuovo concetto di Blue Beauty, che si focalizza sul rispetto per l’ambiente marino.
Diciture come ‘reef safe’ o ‘coral friendly’ si stanno diffondendo proprio sui pack dei solari e indicano che la formula preserva le barriere coralline e i fondali in quanto non contiene sostanze ritenute dannose.
Per completezza di informazione, aggiungiamo che ad oggi non esiste alcuno studio oggettivo che colleghi i filtri solari al declino dell’ambiente marino, che è comunque causato principalmente dal global warming e dal comportamento irresponsabile dei turisti che staccano interi rami di coralli come se fossero souvenir.
Per quanto riguarda la Clean Beauty, finora è stata definita soltanto da claim come ‘free from’, utilizzando la logica della sottrazione, ovvero del ‘senza…’; oggi quello che sta invece spingendo sempre più le vendite è il concetto di Cleanical, neologismo che indica la presenza di ingredienti performanti e scientificamente testati, sottolineando la rivincita della scienza e della dermoaffinità sul naturale. Tra l’altro, è importante chiarire che non esiste tuttora una definizione oggettiva che possa stabilire i parametri secondo i quali un cosmetico possa essere definito ‘naturale’, ‘bio’ (organic) o – come abbiamo detto – ‘green’. In questo senso, l’ente Natrue ha differenziato le sue certificazioni, facendo chiarezza tra le prime due, spesso confuse.
Più semplice e intuitivo è invece ‘vegan’: un cosmetico che non contiene ingredienti di origine animale. Ad esempio: collagene, cheratina, retinolo, elastina, miele. Per capirlo a colpo d’occhio, bisogna trovare sul pack il logo della Vegan Society, cioè la scritta tutta verde col girasole. Invece, il coniglietto simbolo del ‘cruelty-free’, chiamato anche Leaping Bunny, indica che non è stato fatto alcun test su animali nel processo di fabbricazione del prodotto. Da questo unto di vista, l’Unione Europea è severissima, mentre in Cina ci sono ancora molti step prima di eliminare definitivamente questi test. Da notare che un cosmetico vegan non è necessariamente privo di sostanze chimiche.
Infine, è necessario superare il pregiudizio, peraltro totalmente infondato, secondo il quale ‘naturale’ sia meglio di ‘chimico’ anche per la pelle (per chi invece ne resta intrappolato, è stato coniato il termine ‘chemofobo’).
La sicurezza delle formule e dei pack si applica ben oltre ingredienti e materiali: va infatti intesa anche per l’ambiente, con una forte componente di CSR, che si applica in termini di sostenibilità delle materie prime, processi produttivi che impiegano un uso limitato di acqua, la salvaguardia degli animali. In altre parole, rispetto per il pianeta, etica e buon senso.