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Kiwi
UTILIZZO A TAVOLA
Secondo una leggenda māori, antica e celebre popolazione neozelandese, gli uccelli del genere Apteryx (meglio noti come kiwi) un tempo avevano le ali e potevano spiccare il volo proprio come tutti gli altri piumati. Un terribile giorno però, gli alberi della foresta vennero attaccati da un parassita, sollevando la preoccupazione del Dio dei boschi, Tanemahuta, il quale chiese a tutti gli uccelli di salvare la vegetazione, planando tra gli alberi per mangiare ed eliminare i parassiti.
Nessun uccello però rinunciò a volare libero, eccezion fatta per uno, il kiwi, che per salvare la foresta perse le sue ali per sempre. Così, per ricompensarlo, Tanemahuta creò un dolce frutto dalle straordinarie proprietà, a cui conferì il nome e l’aspetto del coraggioso uccellino.
In merito alla sua provenienza, contrariamente a quanto possano suggerire sia l’origine della leggenda legata ai māori che la diffusione del genere Apteryx (limitata esclusivamente alla Nuova Zelanda), il kiwi affonda le sue origini in Cina. Le prime testimonianze risalgono a circa 700 anni fa, quando era considerato una prelibatezza riservata agli imperatori, i quali ne apprezzavano il sapore raffinato e la polpa di un vivido color smeraldo, chiamandolo con il nome di Yang tao (pesca-pecora). Giunse in Europa nel 1836 grazie ad un collezionista della Royal Horticultural Society inglese, che lo importò prettamente per scopi ornamentali, venendo poi classificato con il suo nome scientifico Actinidia chinensis Planch. L’arrivo del kiwi in Nuova Zelanda, in realtà, è da datare solamente agli inizi del XX secolo, precisamente nel 1904, quando una dirigente scolastica neozelandese (Isabel Fraser), di ritorno da un viaggio in Cina, riportò con sé un po' di semi, i quali arrivarono nelle mani di un vivaista, Hayward Wright: fu così che iniziò la coltivazione vera e propria della pianta, che si diffuse rapidamente per tutto il Paese. Inizialmente venne chiamato "uva spina cinese" ma, a causa di difficoltà nell’esportazione legate alla vera uva spina e per via di una certa somiglianza con il melone, il nome fu modificato in "melonette". Questa denominazione rimase in uso fino al 1959, quando fu definitivamente sostituita con "kiwi", ispirandosi all’omonimo uccellino privo di ali.
In Europa, il kiwi conquistò rapidamente il mercato britannico fin dalla sua introduzione, suscitando l’interesse di numerosi orticoltori del continente. Questo entusiasmo spinse diversi Paesi a investire nella sua coltivazione, tra cui l’Italia. Il kiwi arrivò nel Bel Paese tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, trovando condizioni ideali di crescita nelle regioni di Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio grazie a un clima temperato, fresco e ventilato.
I primi utilizzi medicamentosi del kiwi provengono dalla medicina tradizionale cinese, dove era considerato utile per migliorare la digestione e rafforzare il sistema immunitario grazie ai suoi numerosi metaboliti secondari. Veniva anche utilizzato per alleviare alcuni disturbi gastrointestinali e come rimedio contro la stitichezza, sfruttando il suo elevato contenuto di fibre (4, 5). Nella medicina ayurvedica indiana, il kiwi è stato impiegato per le sue proprietà rinfrescanti e per bilanciare il calore corporeo. Era consigliato per migliorare la salute della pelle e combattere la disidratazione grazie al suo elevato contenuto di acqua e minerali (6).
Arrivando alle “nostre tavole”, il suo utilizzo in cucina risulta essere molto variegato e spazia dalla preparazione di dessert e bevande fino all’abbinamento con piatti salati. Generalmente viene consumato fresco, tagliato a fette o a cubetti, spesso aggiunto a macedonie e insalate per esaltarne il gusto e la consistenza, oppure utilizzato per preparare smoothies e succhi. In pasticceria, il kiwi è protagonista di crostate, mousse e marmellate, dove il suo sapore fresco bilancia la dolcezza degli altri ingredienti. Inoltre, il suo elevato contenuto di pectina lo rende utile nella preparazione di gelatine e confetture. Un utilizzo meno conosciuto ma molto interessante è quello nei piatti salati, tipico soprattutto nell’estremo oriente: in Giappone e in alcuni Paesi asiatici, il kiwi viene impiegato per marinare la carne, grazie alla presenza dell'enzima actinidina, che ne ammorbidisce le fibre. È inoltre un ottimo complemento per insalate con rucola, noci e formaggi stagionati, creando un contrasto di sapori raffinato. Infine, nelle cucine fusion, il kiwi viene utilizzato per realizzare salse e condimenti che accompagnano piatti di pesce o crostacei, aggiungendo un tocco esotico e fresco. Il suo impiego a tavola continua a evolversi, confermando il suo ruolo di frutto poliedrico e nutrizionalmente prezioso (7, 8, 9).





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UTILIZZO IN TERAPIA

Il kiwi è comunemente noto per il suo alto contenuto di vitamine e antiossidanti, ma negli ultimi anni si stanno moltiplicando le ricerche che esplorano anche le sue potenzialità terapeutiche.
Inoltre, è stato riconosciuto in ambito sanitario e nutrizionale come un frutto dalle numerose proprietà benefiche, tanto da essere incluso nell’Allegato 1 del Decreto Ministeriale 10 agosto 2018, relativo agli integratori alimentari. Il Ministero associa al kiwi potenziali effetti fisiologici, quali azione di sostegno e ricostituente, supporto alle naturali difese dell'organismo e azione antiossidante (20). Questo lo rende un alimento di interesse non solo dal punto di vista nutrizionale, ma anche come potenziale complemento terapeutico per il benessere generale. Ovviamente e come noto, il principale effetto salutistico che si associa al kiwi è quello relativo alla regolarità intestinale, aspetto che verrà trattato nella sezione NUTRA.
Le proprietà antimicrobiche del kiwi sono state oggetto di numerosi studi che ne hanno confermato l’efficacia. Gli estratti di kiwi, in particolare quelli provenienti dalle bucce, hanno mostrato una potente attività antibatterica, con particolare efficacia contro batteri Gram-positivi come Bacillus cereus e Staphylococcus aureus (21). Sono state osservate anche significative proprietà antibatteriche e di inibizione di formazione di biofilm su Pseudomonas aeruginosa (PAO1), dove gli estratti sono stati in grado di inibire la produzione batterica di piocianina, un fattore di virulenza causa della citotossicità e di altre azioni lesive all’organismo infetto (22).



BOTANICA E FITOCHIMICA
A. chinensis Planch., appartenente alla famiglia delle Actinidiaceae, è una pianta dioica decidua, legnosa e perenne (10) di cui sono note oltre 50 specie. L’albero del kiwi predilige aree temperate e temperate-calde, come la regione del Sichuan (ovest della Cina continentale), dove si possono ammirare anche piante spontanee (10). Oltre alla Nuova Zelanda, in cui sono state sviluppate le cultivar “Sungold” e “Hort16A” (10), anche l’Italia ha un ruolo preponderante nell’export dei frutti di A. chinensis var. deliciosa cv. “Hayward” (11). Le varietà edibili più note sono Actinidia chinensis var. hispida C.F. Liang (sinonimo A. chinensis var. deliciosa (A.Chev.) A.Chev.), A. arguta Miq. e A. chinensis var. setosa H.L.Li (12, 13). Inoltre, sono stati realizzati gli ibridi A. chinensis × A. deliciosa e A. eriantha × A. chinensis, quest’ ultimi commercialmente diffusi nella sola Cina (14).
In relazione alle aree di coltivazione, i frutti differiscono sia per morfologia che per aspetto e consistenza dell’esocarpo e della polpa. Ad esempio, Hort16A (10, 15) presenta una buccia verde-marrone, con peli morbidi e polpa da giallo-verde a giallo brillante ed un sapore molto dolce, mentre altri kiwi, come gli Hayward, hanno un endocarpo di colore verde e gusto più aspro. Tale diversa colorazione si riflette in un quantitativo differente di carotenoidi e clorofille. Nella cultivar Hayward, comunemente denominata green kiwifruit, sono state rilevate clorofille a e b, mantenute anche durante la maturazione del frutto, e non si osservano conversioni importanti da cloroplasti a cromoplasti, giustificando così il colore verde della cultivar. Al contrario, nella cultivar Hort16A, detta anche gold kiwifruit,si riscontrano solo tracce di clorofilla, ed è proprio la reazione di riduzione di quest’ultima che contribuisce a conferire la colorazione gialla alla polpa (16).
Lo studio della composizione chimica dei frutti delle piante del genere Actinidia ha permesso di evidenziare e quantificare la presenza di numerosi composti, alcuni dei quali importanti risorse per un’alimentazione bilanciata, ma di interesse anche in altri campi della salute umana quali il settore farmaceutico e degli integratori alimentari (10, 11, 13, 17, 18, 19).
L’interesse per tale specie botanica è rivolto non solo al potenziale nutraceutico dei frutti, ma anche all’applicabilità in ambito farmaceutico data la vasta gamma di attivi contenuti in varie parti della pianta. Dalla letteratura emerge anche una crescente attenzione per la rivalutazione di sottoprodotti vegetali ottenuti dalla lavorazione agricola e alimentare, con modelli di economia circolare che vanno affermandosi anche per Actinidia. In particolare, materiali quali foglie, fiori, radici, buccia e semi trovano oggi una nuova veste in campo cosmetico e nell’industria farmaceutica [13]. Ciò dimostra, ancora una volta, quanto il regno vegetale sia una risorsa da cui attingere per scoprire che ogni porzione di pianta può essere fonte di composti bioattivi di nuovo interesse.

NUTRA
Il frutto del kiwi è senza dubbio uno tra i più amati e diffusi sulle nostre tavole grazie al suo sapore esotico e alla sua freschezza, nonché rinomato per le sue favorevoli proprietà nutraceutiche. Per queste ragioni, nonostante sia originario della Cina, ha trovato terreno fertile in Europa, dove è largamente coltivato e commercializzato. Oltre alle sue apprezzatissime qualità organolettiche, il kiwi possiede valori nutrizionali di tutto rispetto, che gli hanno spesso reso l’appellativo di super food.
Questo frutto autunnale è decisamente povero di calorie, ma ricco di micronutrienti. Considerando il frutto di A. chinensis var. deliciosa, più comune in Europa, la polpa edibile (87%) è costituita principalmente da acqua (85%), mentre pochi sono zuccheri (9%), proteine (1,2%) e lipidi (0,6%). Una porzione di kiwi (150 g) fornisce quindi solo 73 kcal (32). Al contrario, il kiwi vanta una straordinaria concentrazione di vitamina C (85 mg/100 g), per cui il consumo di una sola porzione al giorno, l’equivalente di due frutti piccoli, permette di soddisfare il fabbisogno giornaliero raccomandato dai LARN (livelli di assunzione raccomandata dei nutrienti) per tutte le età (33). Per quanto riguarda i minerali, invece, interessanti sono gli apporti di potassio e fosforo per porzione, corrispondenti, rispettivamente, a circa il 26% e 10% dei valori di assunzione raccomandati negli adulti (34). Inoltre, la polpa del kiwi contiene fibra alimentare (2,2%), con prevalenza del tipo insolubile (cellulosa ed emicellulosa) rispetto alla fibra solubile (pectina) (32, 35).
Un’altra peculiarità del kiwi consiste nell’elevata concentrazione di enzimi proteasi presenti nella polpa. Specificatamente, la cisteina-proteasi actinidina è la più abbondante proteina solubile del kiwi. Recentemente, tramite studi di digestione simulata in-vitro, è stato dimostrato come questo enzima sia in grado di idrolizzare glutine e proteine derivanti da altre fonti (ad es. piselli, mandorle, quinoa, tofu) grazie alla sua spiccata attività proteolitica a pH gastrico, proprietà che ne suggerisce l’utilizzo come coadiuvante della digestione (36, 37).
Tuttavia, il più comune e noto utilizzo salutistico di questo frutto è senza ombra di dubbio quello di regolarizzante della frequenza dell’alvo. L’uso popolare del kiwi è supportato da studi che ne dimostrano l’efficacia clinica. In particolare, il consumo quotidiano di due kiwi (sia verdi che gialli) è risultato un rimedio efficace in soggetti adulti con costipazione funzionale o sindrome del colon irritabile, andando ad aumentare la frequenza di evacuazione e migliorando il complessivo benessere intestinale (38, 39).
Nonostante l’effetto benefico per il tratto gastrointestinale sia consolidato, non è altrettanto chiaro, ad oggi, il meccanismo d’azione. Certamente, la fibra contenuta nel kiwi gioca un ruolo centrale: questo frutto, infatti, ha un’elevata capacità di rigonfiamento. È stato altresì notato, in volontari sani, che il consumo di kiwi determina un’aumentata ritenzione di liquidi nell’intestino tenue e nel colon, andando a migliorare la consistenza delle feci e facilitando l’evacuazione (40).
Gli effetti benefici del kiwi nell’apparato digerente (e non solo) sembrano essere mediati anche dal microbiota intestinale. Anche se gli studi clinici sono scarsi, diversi lavori scientifici hanno evidenziato, in modelli animali, come il consumo di kiwi possa apportare benefici metabolici aggiuntivi. Ad esempio, è stato confrontato l’effetto sul microbiota e sul quadro lipidico del consumo giornaliero di due kiwi con o senza la buccia in ratti sani. Entrambi i trattamenti hanno aumentato la ricchezza e la qualità della flora intestinale, andando anche a diminuire colesterolo e trigliceridi e migliorando i parametri epatici (41). Ancora, polisaccaridi isolati dal frutto del kiwi hanno alleviato i sintomi della colite ulcerosa indotta in cavie murine, andando anche ad aumentare la produzione di acidi grassi a corta catena e migliorando le condizioni della barriera intestinale (42).
Anche se, in commercio, sono presenti prodotti a base di polvere di kiwi indicati per la regolarizzazione del transito intestinale, come emerge dagli studi clinici è sufficiente consumare il frutto fresco per poterne apprezzare le qualità nutraceutiche, oltre a quelle organolettiche (43, 44).
LO SAPEVI CHE…
- Oltre ai kiwi polpa verde e polpa gialla, sul mercato è possibile imbattersi anche nei kiwi bicolore (verde-rosso o giallo-rosso) oltre che nei kiwi in miniatura che vengono mangiati in un sol boccone (56).
- Nonostante la peluria non la renda proprio invitante, oltre ad essere commestibile, la buccia del kiwi è un concentrato di vitamine, antiossidante e fibre (57).
- Una curiosità è legata al fatto che uno dei primi grandi coltivatori di kiwi in Italia è stato l’attore Fabio Testi, durante gli anni d’oro del suo successo cinematografico (58).


BEAUTY
Contrariamente all’uccellino inadatto al volo, il “kiwi-frutto”, grazie al grande ed eterogeneo contenuto di attivi, è riuscito a sollevare l’attenzione della comunità scientifica e a “spiccare il volo” sia nel settore cosmetico (BEAUTY) che in quello nutraceutico (NUTRA).

L’utilizzo del kiwi non si limita all’ambito nutraceutico: esso, infatti, è stato valorizzato anche in cosmesi. La polpa e la buccia sono stati utilizzati per creare prodotti di bellezza, in virtù dell’attività antiossidante e protettiva dei composti presenti.
I principali fitocomposti, in entrambe le parti del frutto, ma più abbondanti nelle bucce, sono i flavonoidi catechina, epicatechina e quercetina (46). Recentemente, in un lavoro scientifico finalizzato al recupero e valorizzazione degli scarti agro-industriali, è stata descritta la formulazione di una crema idratante a base di un estratto di bucce di kiwi, dotato di attività anti-radicalica e antimicrobica verso S. aureus (47).
Inoltre, uno studio ha esaminato l’effetto antinfiammatorio di un estratto acquoso di mini-kiwi (A. arguta) per valutarne il possibile utilizzo in caso di psoriasi. Gli autori hanno verificato che la formulazione produce effetti benefici, sia in vivo che in vitro, andando ad abbassare i livelli di citochine pro-infiammatorie mediante la modulazione di specifici pathway intracellulari (48).
L’utilizzo del kiwi in dermatologia è giustificato non solo dal contenuto in metaboliti secondari, ma anche dai polisaccaridi che sono dotati di attività biologica. È stato dimostrato, tramite indagini su linee cellulari, che polisaccaridi isolati dal frutto di kiwi stimolano la proliferazione di cheratinociti e fibroblasti, determinando anche un aumento della sintesi di collagene in quest’ultimo tipo cellulare, suggerendo un effetto cicatrizzante (49).
Sono disponibili in commercio linee di prodotti cosmetici a base di kiwi quali:
- creme idratanti (50, 51)
- scrub per viso e corpo (52, 53)
- struccante viso-occhi (54, 55)
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Inoltre, il kiwi ha dimostrato un’interessante attività antifungina, variabile in base al solvente di estrazione ed alla provenienza del materiale fresco, contro ceppi di Candida albicans e C. glabrata, suggerendo l'uso di estratti di kiwi come potenziale agente naturale per contrastare infezioni fungine (23).
Il kiwi è ricco di composti bioattivi, tra cui polifenoli (acidi caffeico e ferulico, flavonoidi come catechina, ecc.) e acido L-ascorbico, che conferiscono al frutto un’elevata capacità antiossidante. I mini kiwi si sono dimostrati molto efficienti nell’inibizione della produzione fisiologica di ROS a livello intestinale (24).
I polifenoli del kiwi sono stati associati a un’efficace inibizione dei radicali liberi, dell’enzima acetilcolinesterasi (possibili effetti positivi su malattia di Alzheimer e miastenia gravis) e della formazione di AGEs (prodotti finali della glicazione avanzata: livelli particolarmente alti possono risultare patogeni per via della loro capacità di promuovere lo stress ossidativo e l'infiammazione), con un buon potenziale per la prevenzione di patologie legate allo stress ossidativo, come il diabete di tipo 2 e alcune malattie neurodegenerative (25).
La ricerca ha inoltre evidenziato le proprietà anti-infiammatorie del kiwi, che si manifestano attraverso la modulazione di molecole come TNF-α, INF-γ e IL-6 e la modulazione di vie di segnalazione come mTOR in modelli animali, con potenziali effetti anche di tipo anti-iperglicemico (26). Ancora, estratti proteici di kiwi sono stati in grado di diminuire la fosforilazione di MAPK e AKT e l’attivazione di NF-κB (vie di segnalazione pro-infiammatorie), riducendo anche, in modelli in vivo di dermatite atopica, la gravità della dermatite, lo spessore cutaneo e l’infiltrazione di eosinofili e mastociti nei tessuti. Queste proprietà rendono gli estratti dei kiwi delle promettenti opzioni per la gestione di disturbi infiammatori, inclusi quelli della pelle come la dermatite atopica (27).
Il kiwi potrebbe giocare un ruolo importante nella prevenzione del diabete di tipo 2. Diversi studi hanno mostrato che estratti di kiwi possiedono un’eccellente attività inibitoria su α-glicosidasi, α-amilasi e lipasi, enzimi coinvolti nella digestione di carboidrati e lipidi (28).
Si è anche osservato, tramite studi preliminari in silico, come quercetina, acido clorogenico e melezitosio, componenti degli estratti di kiwi, possano essere dei potenziali attivatori di SIRT-1, inducendo una migliorata sensibilità cellulare all’insulina. Questi risultati, insieme agli effetti anti-iperglicemici e anti-infiammatori esaminati in modelli animali e al controllo di parametri della via di segnalazione dell’insulina (PI3K, AKT e mTOR), contribuirebbero a migliorare la sintomatologia associata tipicamente al diabete di tipo 2 (26). Il kiwi sembra essere un aiuto promettente anche nella gestione dell’iperlipidemia e della salute intestinale. Studi clinici hanno evidenziato che il consumo di kiwi può portare a una significativa riduzione dei livelli di colesterolo LDL, seppur senza influire in modo sostanziale su altri parametri lipidici o metabolici (29).
Si è osservato anche come i kiwi siano in grado di inibire la produzione indotta di ROS in linee cellulari intestinali sane (IEG-6) (24). L’integrazione alimentare con kiwi arricchiti in selenio ha dimostrato di migliorare il metabolismo lipidico, favorito da un equilibrio migliore nella composizione del microbiota intestinale (aumento di batteri potenzialmente benefici come Parabacteroides, Bacteroides e Allobaculum nel colon), con potenziale beneficio per la regolazione dei lipidi nel sangue.
Ciò è stato associato ad una influenza sulla capacità di regolazione della digestione, dell’assorbimento delle vitamine e del metabolismo di purine, pirimidine e di altre sostanze (30). Inoltre, il succo di kiwi ha indotto un aumento nelle difese epatiche contro lo stress ossidativo, l’alleviamento di eventuali anormalità nel profilo lipidico sierico e la mitigazione di disbiosi del microbiota intestinale, tramite aumento dell’abbondanza relativa dei phyla Bacteroidetes e Verrucomicrobiota (31).
Il kiwi ha mostrato potenziale nelle strategie di prevenzione del cancro. Alcuni studi hanno rilevato che gli estratti di bucce di kiwi possiedono attività antiproliferative, in particolare su linee cancerose polmonari, inibendo la crescita delle cellule tumorali A549 (21). Inoltre, i polifenoli presenti nel kiwi (in particolare acidi fenolici come gli acidi siringico, p-cumarico, caffeico e ferulico) sembrano essere in grado di modulare le vie molecolari coinvolte nella proliferazione e sopravvivenza cellulare agendo su PTEN, suggerendo le potenzialità di estratti di kiwi nella ricerca su cancro e come adiuvante nelle terapie oncologiche (26).
Infine, negli ultimi anni, è emerso un interessante effetto del kiwi legato al sonno. Sembra infatti che assumere due frutti prima di coricarsi possa aiutare a diminuire il tempo di addormentamento e migliorare in toto la qualità del sonno, anche in individui con particolari necessità come, ad esempio, gli atleti. È stato ipotizzato che a questa attività possa contribuire la presenza di melatonina (24 µg/g), serotonina (5.8 µg/g) e folati nel frutto, essendo molecole coinvolte nella regolazione del sonno nel corpo umano.
Kiwi
Actinidia spp.
Antiossidante e non solo
Salute e bellezza
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