L’EVOLUZIONE NEL MARKETING COSMETICO

BEYOND THE TARGET

INTRODUZIONE – IL MARKETING CHE CAMBIA VOLTO

In un mondo dove le identità si moltiplicano e si intersecano, il marketing non può più permettersi di parlare a “target” rigidi e prestabiliti. Il settore cosmetico, storicamente fondato su codici binari e modelli di bellezza stereotipati, sta vivendo una trasformazione radicale (1). Negli ultimi anni, il concetto di inclusività ha assunto nuovi significati: dall’accessibilità fisica e sensoriale, fino alla rappresentazione di identità di genere fluide, differenti tipi di corpi ed etnie, canoni di bellezza non convenzionali (2). La spinta verso una bellezza più rappresentativa risponde a una crescente consapevolezza culturale, ma anche a un’esigenza economica concreta: i brand inclusivi crescono 1,5 volte più velocemente rispetto a quelli percepiti come meno inclusivi (3).

L’inclusività non è più un trend effimero, ma una necessità sociale e strategica. E con essa cambia anche la grammatica del marketing: parole, immagini e codici visivi si riscrivono per essere più accoglienti, rispettosi e autentici (4).
Tuttavia, nonostante le iniziative dei brand sembrino orientate verso la diversità e l'inclusione, è importante interrogarsi sulla loro autenticità. In molti casi, tali pratiche rischiano di ridursi a un semplice 'tokenismo commerciale', uno sforzo superficiale per apparire inclusivi e prevenire accuse di discriminazione, piuttosto che riflettere un impegno reale verso il cambiamento sociale (5).

Il linguaggio e la rappresentazione visiva sono strumenti potenti: possono includere o escludere. Sempre di più i consumatori contemporanei desiderano vedere una bellezza più inclusiva e realistica: il 25% della Gen Z si sente, infatti, escluso e non rappresentato dalle pubblicità beauty, mentre il 43% degli acquirenti di prodotti cosmetici (per il 50% donne e per il 35% uomini) dichiara di voler vedere rappresentate diverse forme di bellezza nelle pubblicità. Questo trend riflette una crescente consapevolezza sociale che attribuisce ai brand il compito di contribuire alla normalizzazione e all’accettazione dei difetti (6).
Nuove ricerche sottolineano una maggiore consapevolezza del mercato sui valori di diversità e inclusione, spesso collegati anche ai temi di sostenibilità ambientale. Sempre più aziende si impegnano in iniziative visibili e concrete, mentre consumatori e consumatrici dimostrano un'apertura crescente nei confronti dei brand inclusivi, con il 77,5% che li sceglie preferenzialmente. Sebbene l'Italia mantenga un approccio più teorico, si osservano segnali di cambiamento e una maggiore interazione con le forme di diversità rispetto al passato. Le pratiche inclusive su tematiche quali genere, etnia, orientamento sessuale, età, status socioeconomico, disabilità e credo religioso non solo migliorano la reputazione dei brand, ma ne rafforzano la fiducia da parte di consumatori e consumatrici. Questi risultati si riflettono positivamente anche nell'indice di passaparola (Net Promoter Score), che per i marchi più inclusivi raggiunge il +86,5%, in crescita di +5,3 punti rispetto all'anno precedente. Questi dati dimostrano che il mercato sta premiando i brand capaci di adattarsi ai valori e alle richieste di consumatori più consapevoli. Rappresentare identità diverse e utilizzare linguaggi rispettosi e accessibili non è solo una necessità sociale, ma anche una strategia per costruire una bellezza inclusiva (7).

Questi dati dimostrano che il mercato sta premiando i brand capaci di adattarsi ai valori e alle richieste di consumatori più consapevoli. Rappresentare identità diverse e utilizzare linguaggi rispettosi e accessibili non è solo una necessità sociale, ma anche una strategia per costruire una bellezza inclusiva.

DOMANDA D'INCLUSIONE: DATI ALLA MANO

ETNIE, ABILITÀ E GENERI: GOODBYE STEREOTIPI

Il mondo del beauty si sta liberando dalle etichette e dagli stereotipi, trasformandosi in un’industria che celebra la diversità su più fronti. Uno degli esempi più emblematici è Fenty Beauty, il marchio creato da Rihanna nel 2017, che ha rivoluzionato il mercato introducendo una gamma di fondotinta con 40 tonalità diverse (8).

Questa scelta non solo ha risposto a un vuoto di mercato, ma ha anche lanciato un messaggio chiaro all'industria: ogni carnagione merita rappresentazione. L’impatto di Fenty è stato così potente da spingere altri brand ad ampliare le loro linee di colori per soddisfare una clientela più variegata ed esigente.

L’accessibilità ha assunto un ruolo altrettanto cruciale nell’evoluzione dell’industria: Victorialand Beauty si distingue per il suo sistema di simboli tattili, che permette ai consumatori non vedenti di identificare facilmente i prodotti, un esempio di come il design possa abbattere barriere pratiche e simboliche (9); Herbal Essences ha introdotto etichette in Braille per shampoo e balsami, rendendoli i primi prodotti per la cura dei capelli accessibili alle persone con disabilità visive in grande distribuzione (10); Guide Beauty, invece, ha ideato strumenti di make-up ergonomici progettati seguendo l’Universal Design, combinando funzionalità e accessibilità (11).

Victorialand Beauty – simboli tattili. Fonte*

Herbal Essences – simboli tattili. 

Fonte*(figura a sinistra) - Fonte* (figura a destra)

L’Oréal - Lancôme HAPTA*

Fonte* (figura a sinistra) - Fonte* (figura a destra)

L’Oréal - Lancôme HAPTA*

Fonte* (figura in alto) - Fonte* (in basso)

Estée Lauder - Voice-enabled makeup assistant

Fonte*


Make up genderless

Fonte* (figura a sinistra) - Fonte* (figura a destra)

Allo stesso modo, Estée Lauder ha lanciato il Voice-Enabled Makeup Assistant, un’app basata sull’intelligenza artificiale che guida gli utenti non vedenti o ipovedenti nell’applicazione del make-up. Utilizzando la fotocamera dello smartphone e comandi vocali, l’app fornisce feedback dettagliati sull’uniformità e la precisione del trucco, rendendo l’esperienza di bellezza più accessibile e inclusiva (13). Ciò a dimostrazione che possiamo persino servirci della tecnologia per abbattere barriere pratiche e simboliche.

Anche l’inclusività di genere si è affermata come un motore chiave dell’innovazione nel settore beauty. Sull’esempio di mercati pionieri come quelli asiatici, dove il make-up genderless era già una realtà affermata, numerosi brand hanno iniziato a proporre linee di prodotto gender-neutral, superando le tradizionali distinzioni binarie per abbracciare un pubblico più ampio e fluido (14).

A queste innovazioni si aggiungono soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Lancôme HAPTA, sviluppato da L’Oréal, è un dispositivo intelligente progettato per persone con mobilità limitata. Grazie a sensori avanzati e tecnologia di stabilizzazione del movimento, HAPTA consente di applicare il trucco con precisione, restituendo autonomia e fiducia a chi lo utilizza (12).

Per decenni la pubblicità ha rafforzato stereotipi monolitici che associavano la bellezza a ideali binari e irrealistici. Tuttavia, con il crescente attivismo della Generazione Z e la loro domanda di autenticità, diversità e inclusività, il paradigma sta rapidamente cambiando. Per questa generazione, la bellezza non è solo un concetto estetico, ma una celebrazione dell’individualità e dell’espressione personale (15). Le campagne pubblicitarie inclusive hanno dato nuova vita al settore.
Esempi emblematici includono:

  • Wycon – Androgyny: Lanciata nel 2017, la campagna del brand italiano ha scelto come volto un uomo dimostrando come l’innovazione possa essere uno strumento efficace per sfidare e decostruire gli stereotipi di genere (16).
  • Dove – Campaign for Real Beauty: Lanciata nel 2004, questa campagna ha sfidato gli stereotipi di bellezza mostrando donne vere di diverse età, etnie e corporature. Ha promosso un concetto di bellezza autentica e imperfetta (17).
  • Clinique – Even Better Foundation: Una campagna social che ha coinvolto influencer uomini e donne per promuovere 42 tonalità di fondotinta, sfatando il mito che il trucco sia solo per le donne (17).
  • Gucci – Beauty Network: Con il messaggio "La bellezza autentica sta nell’imperfezione", Gucci ha scelto testimonial anticonvenzionali, come Dani Miller, per promuovere i suoi rossetti (17).
  • MAC – Viva Glam con Winnie Harlow: Per celebrare i 25 anni della lotta contro l’AIDS, MAC ha collaborato con la modella Winnie Harlow, nota per la sua vitiligine (17).
  • Gucci – Unconventional Beauty: Ha celebrato la diversità e il body positive con testimonial come Ellie Goldstein, modella con sindrome di Down: un messaggio forte per promuovere la diversità (18).
  • Pupa Milano – Unique and United: Una campagna che esalta la femminilità in tutte le sue forme, con testimonial come Nina Rima, modella bionica, e un messaggio rivolto a ogni donna: valorizzare la propria forza interiore, trasformare le difficoltà in opportunità e non perdere la fiducia in sé (18).
  • Sephora – The Unlimited Power of Beauty: Ha promosso una bellezza inclusiva e diversificata, con un focus su corpi e identità non convenzionali (18).

Le campagne pubblicitarie da sole però oggi non bastano più: i consumatori cercano coerenza tra immagine e valori aziendali. Il rischio di “inclusion washing” è elevato: molte aziende usano volti diversificati ma non hanno politiche inclusive interne o reali investimenti nelle comunità rappresentate.

BEAUTY CAMPAIGN: IL VIAGGIO DALL'OMOLOGAZIONE ALL'AUTENTICITÀ

Wycon – Androgyny

Fonte*

Dove - Campaign For Real Beauty

Fonte*

Gucci Campaign – Beauty Network

Fonte*


Gucci Campaign - Unconventional Beauty

Fonte* (figura a sinistra) - Fonte* (figura a destra)


NUOVE METRICHE, NUOVI LINGUAGGI: MISURARE L’INCLUSIVITÀ

Per molto tempo, l’efficacia del marketing è stata misurata esclusivamente in termini di conversioni e ROI. Oggi, però, le aziende più lungimiranti integrano nei propri KPI indicatori di inclusività, rappresentanza e impatto sociale, rendendo la misurazione dell’inclusività un indicatore strategico cruciale (19).

Organizzazioni come SeeMe Index hanno sviluppato strumenti per valutare l’effettiva inclusione dei brand, valutandoli su tre componenti chiave (pubblicità, prodotto/sito web, scopo del brand) attraverso sei dimensioni identitarie (espressione di genere, tonalità della pelle, età, orientamento sessuale osservato, dimensione corporea e disabilità visibile) (20). Nella classifica pubblicata dal SeeMe Inclusivity Index for Beauty 2025, tra i top brand che hanno ricevuto la “Certified Inclusive” per il loro forte impegno, figurano e.l.f. Beauty, Dove, Maybelline New York, Rare Beauty, MAC e L’Oréal Paris (21).

In parallelo, l’uso della sentiment analysis sta emergendo come uno strumento cruciale per comprendere le percezioni dei consumatori. Attraverso tecniche di machine learning, che sfruttano algoritmi di apprendimento automatico, come il Multiclass Support Vector Machine (MSVM), è possibile classificare le opinioni degli utenti in diverse categorie, analizzando il feedback su piattaforme social, come Twitter. Questo approccio consente ai brand di monitorare le reazioni e le opinioni dei consumatori, migliorando la capacità di adattare le strategie di marketing alle loro esigenze. Lo studio sottolinea l'importanza dell'analisi del sentiment nel comprendere le preferenze dei clienti e nel migliorare le strategie di marketing nel settore cosmetico (22).

Infine, il report di Kantar rivela che il 75% dei consumatori considera la reputazione di un brand in termini di diversità e inclusione un fattore determinante nelle decisioni di acquisto. Questo dimostra che l’inclusività non è solo una questione etica, ma anche una leva strategica per la crescita aziendale. I brand che investono in pubblicità progressiva e inclusiva registrano un aumento delle vendite del 16%, oltre a un impatto positivo sulla fedeltà dei consumatori e sulla percezione del valore del marchio (23).

In sintesi, la capacità di misurare l’inclusività attraverso metriche innovative rappresenta un passo fondamentale verso un marketing più etico e rappresentativo nel mercato odierno.

INCLUSIVITÀ AUTENTICA O TOKENISMO COMMERCIALE?

Nel settore cosmetico contemporaneo, l’inclusività si è affermata come un potente strumento di branding, ma la sua applicazione non sempre si traduce in autenticità. Sempre più brand si impegnano a mostrarsi inclusivi e intersezionali, spesso sfruttando questi concetti come leve di marketing per migliorare la propria immagine e attirare consumatori attenti alla diversità e alla rappresentazione (24).

Con la sempre maggiore richiesta di inclusività da parte dei consumatori, le aziende hanno iniziato ad incorporare nelle loro campagne immagini di persone con disabilità, di etnie diverse e di generi distinti. Tuttavia, queste rappresentazioni si limitano spesso a semplici gesti simbolici, svuotati di significato e disconnessi da pratiche aziendali concrete, trasformando un valore sociale importante in un mero strumento di marketing (24).

Questa dinamica è conosciuta come “tokenismo” e rischia di mascherare barriere strutturali ancora più profonde, perpetuando disuguaglianze e stereotipi. Il tokenismo, infatti, non solo ostacola gli sforzi verso un’inclusività autentica, ma può anche compromettere la fiducia dei consumatori e danneggiare la reputazione del brand (25).

Per contrastare tali pratiche, è necessario adottare un approccio che integri la diversità in modo autentico e strutturale, creando ambienti nei quali le diverse prospettive siano valorizzate e diventino parte integrante della narrazione del brand. Solo combinando una comunicazione inclusiva con pratiche interne concrete — come la revisione delle politiche aziendali e il coinvolgimento attivo delle comunità marginalizzate — si potrà trasmettere un messaggio veramente autentico e favorire una reale trasformazione culturale (24).

CONCLUSIONI

Il panorama del marketing cosmetico sta vivendo un momento di profonda trasformazione, in cui l'inclusività non è più un valore accessorio, ma una necessità integrata nella comunicazione e nella cultura aziendale (3). Come dimostrano le metriche e i risultati riportati, i brand che adottano pratiche realmente inclusive non solo ottengono maggiore engagement, ma conquistano anche una fiducia duratura da parte dei consumatori. Per esempio, il 63% degli americani si dichiara ispirato da campagne pubblicitarie che promuovono la diversità, mentre il 47% ha scelto di supportare o acquistare da brand che dimostrano inclusività nelle loro comunicazioni e prodotti. Cresce, dunque, sempre di più la tendenza nel marketing cosmetico a passare da un approccio 'aspirazionale' a uno 'ispirazionale' (26). Tuttavia, l'autenticità resta il cardine su cui costruire il successo: un marketing inclusivo che si limita al simbolismo rischia di compromettere la credibilità dei brand, come evidenziato dal fenomeno del “tokenismo” (5).

L'evoluzione verso un approccio olistico, che coniuga l’integrazione di politiche DEI, co-creazione con le comunità rappresentate, rappresentazioni autentiche e investimenti concreti, è essenziale per rispondere alle esigenze di una società sempre più consapevole (4).
Solo evolvendosi in questa ottica, con l'inclusività al centro di una bellezza che abbraccia la diversità e contribuisce al progresso sociale, il settore cosmetico potrà rafforzare la propria competitività e instaurare connessioni genuine con i propri consumatori.

EDIZIONE SPONSORIZZATA DA:

EDIZIONE SPONSORIZZATA DA

PARITÀ DI GENERE

PEER REVIEWED

KEYWORDS

Marketing inclusivo

DEI (Diversity, Equity & Inclusion)

Comunicazione

Autenticità

Tokenismo

Il marketing cosmetico sta attraversando una profonda evoluzione: dall’omologazione alla celebrazione autentica della diversità. L’inclusività — in termini di genere, etnia, abilità e identità — non è più un semplice trend, ma una risposta concreta alle aspettative di consumatori sempre più consapevoli. È questa crescente domanda sociale a rendere l’inclusione una leva strategica per la reputazione e la competitività dei brand. Attraverso esempi concreti, dati di mercato e nuove metriche di valutazione, l’articolo esplora il confine tra inclusività autentica e tokenismo, sottolineando l’importanza della coerenza tra valori aziendali e comunicazione. Per costruire una bellezza davvero rappresentativa, serve un approccio strutturale che integri politiche DEI, co-creazione e innovazione inclusiva. Solo così il settore potrà guidare un cambiamento culturale reale.

ABSTRACT