Dominique Moellhausen

Profumiera e vicedirettore R&D

Moellhausen Spa

Italia

Giovane, italiana, vincente: 
Dominique Moellhausen 
profumiera dell’anno 2020 

Dal 13-15 Dicembre 2020 si è tenuta la Beautyworld Middle East Awards Week.


La manifestazione internazionale premia aziende e professionisti che durante l'anno si sono distinti nei rispettivi ambiti professionali del beauty all’interno di una vasta area geografica che comprende: Bahrain, Egitto, Iran, Iraq, Jordan, Kuwait, Lebanon, Oman, Palestine, Qatar, Saudi Arabia, Syria, Turkey, UAE and Yemen.

Suddiviso in tre giorni a tema (Marketing & Innovazione, Prodotti eccezionali e Game Changers), l'evento, svoltosi in forma virtuale, ha premiato Dominique Moellhausen come Profumiera dell'Anno.

Dominique, perché questo riconoscimento è così importante?

Si tratta di un riconoscimento sulla profumeria attribuito in un contesto particolarmente selettivo e su basi decisamente sfidanti, soprattutto per un profumiere europeo. Sono stati riferimento di valutazione i profumi lanciati in un’area geografica dove il grado di conoscenza dei materiali e la sensibilità verso le espressioni olfattive di significati anche profondi è largamente diffusa in tutta la società. L’amore per i profumi e gli odori, la consapevolezza del loro valore, sono innati in queste popolazioni, frutto di una cultura millenaria.  

In più si è resa promotrice e garante della manifestazione l’organizzatore della fiera Beautyworld ME, uno degli appuntamenti più importanti del settore beauty e fragranze che si svolge ogni anno a Dubai richiamando una fortissima affluenza ed interesse da tutto il mondo. Un appuntamento con il valore eterno del profumo, ma anche con l’innovazione.  

Quali le motivazioni della giuria?

Il riconoscimento è assegnato al profumiere “che nell’area geografica di riferimento della manifestazione ha sviluppato le idee più creative e innovative per il lancio di nuovi profumi tra maggio 2018 e maggio 2020”.


La giuria ha valutato complessivamente più aspetti. Non solo lo sviluppo olfattivo delle fragranze da me realizzate, ma anche la personalità espressa, il percorso professionale, i valori e le passioni, la capacità di tradurre in espressione olfattiva un concetto. Sui prodotti segnalati come rappresentativi della mia attività creativa non c’è stata solo una valutazione sull’odore. È stato richiesto infatti a tutti i partecipanti di raccontare che cosa comunicavamo con il profumo partendo dal brief ricevuto, che cosa, a tutti gli effetti, il Brand voleva comunicare.


Ogni Brand ha la sua anima. Il lavoro del profumiere non è quello di creare qualcosa che piace a lui, ma di dare forma a un’idea, colore, odori. Per essere in grado di valutare il valore del lavoro svolto in modo più ampio la giuria ha chiesto più creazioni.


Il riconoscimento ricevuto è per me molto importante proprio perché relativo all’interpretazione di una cultura del profumo millenaria e dalle marcate sfaccettature locali che ho cercato di traghettare verso una dimensione di opera artistica e di lusso d’interesse e gradimento internazionale.  La considero una sfida da più punti di vista, non ultimo il fatto che, lavorando su forme olfattive con una componente tradizionale, anche piccoli cambiamenti faticano a essere accettati.


Siamo in un ambito molto conservativo…

Il profumo ci tocca nell'intimo. C’è una fortissima relazione col nostro bagaglio culturale ed emotivo, con i nostri ricordi… Noi amiamo, infatti, ciò che conosciamo. Qualcosa che è totalmente innovativo crea disagio e rigetto semplicemente perché sconosciuto, quindi potenzialmente pericoloso.


Bisogna cercare di mantenere elementi della tradizione inserendo combinazioni nuove o elementi del tutto innovativi. La capacità sta proprio nell'essere in grado di operare una transizione delicata che non crei troppo scompiglio e sappia entrare nel cuore e nel naso delle persone in modo naturale.

In Italia, Pitti Fragranze evidenzia i due filoni del mondo dei profumi, mass market e di nicchia… Sbaglio o vediamo qui creazioni di rottura?

Sì, diciamo che c’è rottura rispetto al mass market, ai grandi brand che trovi ai duty free. Però, se ci pensiamo, anche la nicchia cerca di ispirarsi a luoghi che conosciamo, a momenti della nostra vita che risvegliano memorie olfattive.

Quindi anche nella “rottura” si cerca sempre di trovare una connessione a livello emotivo con il consumatore che porta alla ricerca sui materiali, alle essenze. Si cerca di fare cultura olfattiva, educare il consumatore a odori che magari sono diversi da quelli che è abituato a sentire.


Nel tuo lavoro ti vedo un po' come il compositore che la mattina si mette al pianoforte…

È una visione romantica. Non esiste più (o è raro) il profumiere che passa il giorno a pesare le materie prime con le pipette. C’è, oggi, un matrimonio perfetto tra tecnologia e scienza, artigianalità e creazione.


Oggi il mio lavoro è più intellettuale che manuale.

Abbiamo un sistema informatico sofisticato che sposa a 360° la tecnologia, permettendoci di essere all'avanguardia anche dal punto di vista formulativo.

Nello specifico, riceviamo dei brief da un committente da cui cerchiamo di ottenere il massimo di informazioni: l'idea, il messaggio che si vuole passare, a chi lo voglio comunicare, gli aspetti tecnici, legislazioni particolari.


C’è poi la parte meno affascinante dei costi e limiti di budget.


Gli step successivi sono con me stessa: cerco di cogliere il messaggio finale e concentrarmi su cosa devo rappresentare. Sulla base di questa valutazione molto personale (ogni profumiere ha il suo proprio modo di operare) inserisco le parole chiave. Ad ognuna di queste cerco di associare l'odore, gli ingredienti che andranno a rappresentare questo concetto.

Fatta la parte di valutazione, si lavora con il marketing per la presentazione al cliente. Con questo scambio d’idee si approfondisce e si crea una sinergia tra committente e profumiere per raggiungere l'obiettivo. E’ un confronto a varie voci che si sviluppa fino al consenso unanime e, finalmente, alla boccetta.


Mi colpisce il vostro lavoro di team…

Siamo un team femminile in cui ognuna porta, insieme alla propria creatività, anche le sue complessità.


Non mancano gli scontri. Positivi però, perché è nel confronto che si migliora. Ovviamente non è facile sentire criticare il proprio lavoro tutti i giorni! Diventa un processo di crescita personale intenso che ci trova però sempre unite. Siamo un team che lavora in sinergia e ci sono progetti su cui si lavora anche a più mani e che portiamo avanti con più profumieri perché ognuno può contribuire col proprio vissuto e con il proprio stile a una creazione.


E’ un lavoro collettivo che non si ferma al reparto R&S, ma si allarga a tutta l'azienda, incluso l'ufficio acquisti che ricerca e compra le materie prime per le nostre creazioni. Se io sto cercando qualcosa di nuovo, innovativo, particolare, ci vuole una sinergia che parte dall'inizio della catena fino al commerciale che deve vendere la creazione e che, se non ha capito tutti i processi precedenti, non è in grado di comunicare in modo giusto al cliente il lavoro fatto.


E’ vitale in questo senso tanta comunicazione, training, confronto costante.


Per questo in Moellhausen la formazione è essenziale.


Dominique, ci parli del tuo percorso di formazione?

Fin da piccole nostro padre e nostro zio, essendo del mestiere, hanno parlato a me e mia sorella Michelle di materie prime, mio padre in particolare lo ha fatto. Ma come spesso accade agli adolescenti non volevo lavorare nell’azienda di famiglia. Appassionata di musica ho rincorso questo sogno dedicandomi alla batteria e alla chitarra. Arrivato il momento della scelta di una università e vedendomi decisa con la musica, mio padre mi ha fatto riflettere sul fatto che la musica poteva restare sempre il mio hobby importante, che avrebbe anche potuto svilupparsi in una attività, ma che nel contempo sarebbe stato consigliabile un percorso alternativo di “sicurezza”. Ed eccomi a Londra a studiare International Business con specializzazione in francese. Ho scoperto che mi interessavano marketing, management, economia e che avrei potuto lavorare nel Music Management. Tuttavia ho ben presto capito che la realtà era diversa e ben difficilmente avrei trovato i nuovi Rolling Stones. Mi sono trovata quindi a sposare la teoria di mio padre: la musica sarebbe sempre stata la mia grande passione ma non il mio mestiere.


Tornata a casa per le vacanze estive mio padre mi fa capire che non mi avrebbe lasciata senza far niente. Eccomi quindi in azienda a svolgere i lavori che possono fare ragazzi di diciannove anni.


Mi si è spalancato un mondo nuovo che magicamente risolveva tutte le mie aspirazioni creative perché il profumo è arte, musica, pittura, poesia. In un profumo potevano convergere tutte le mie passioni, la mia anima. E’ iniziato un periodo frenetico di confronti con Michelle (anche lei profumiera), di letture sul tema, biografie dei maestri della profumeria….


Affascinata dai suoi racconti eccomi a Grasse, la capitale storica del profumo. L’ application, la selezione, l’ammissione e l’inizio di una avventura. Eravamo in dodici al corso, studiavamo in un palazzo antico dove tutto era fragranze e profumi, in un paese in cui le strade sono intitolate a profumieri. Il giorno era scandito da orari molto flessibili che si dilatavano oltre il programma e dove tutto era sperimentazione olfattiva, confronto e condivisione con i colleghi, anche loro presi dalla stessa appassionante “malattia”.

Tornata a casa, ho iniziato a lavorare con mia sorella, già da tre anni nella Ricerca e Sviluppo dell’azienda di famiglia. Siamo molto legate e lei mi ha fatto crescere nel mestiere di profumiera e, non tanto nella tecnica, quanto nella vocazione e comprensione di questo lavoro, del rapporto col committente, del lavoro di team.


Siamo ad oggi. L’analisi di Cosmetica Italia evidenzia nel 2020 un calo della profumeria per la persona. Ma non credo che il mondo delle fragranze si sia bloccato.

Il primo lockdown causato dalla pandemia ha certamente determinato una stasi del mercato del profumo.


Tuttavia oggi, rispetto alla prima ondata, c’è stato un atteggiamento diverso da parte della gente e, di conseguenza, da parte dei brand, che hanno fatto quello che ci aspettava da loro: ricerca e innovazione.


Con tutti i necessari distinguo, in un certo senso questa pausa ci ha fatto bene. Fermarsi e riflettere su che cosa si può fare di veramente nuovo ha dato il via alla realizzazione di moltissime soluzioni innovative.


Un esempio di marketing olfattivo: se tutto è chiuso, come posso promuovere il mio lavoro? Ecco allora il pacco che ti arriva a casa profumato.


Manca l’esperienza del negozio? Te la porto a casa.

Ho vissuto un periodo di riflessione, sperimentazione, dialogo con altri colleghi. Certamente per i brand il rovescio della medaglia è stato pesante, con il calo delle vendite e le conseguenti perdite economiche però, sicuramente, se ne è avvantaggiato il lavoro di Ricerca e Sviluppo, anche per trovare nuove soluzioni alle mutate esigenze.

Tutti ricordiamo che all’indomani dell'11 settembre è aumentata la vendita di prodotti di profumazione per il comfort domestico. E’ così anche oggi nell’era Covid?

Si, certo. Siamo più sensibili ai cattivi odori, vogliamo un ambiente migliore, profumato: ecco quindi la scelta di profumazioni per l’ambiente, di candele aromatiche.


Poi c’è tutta la parte della detergenza, che è immensa. Tutti si stanno occupando della pulizia della casa, diventiamo maniacali e più sensibili.


C’è stata molta innovazione nell’home care e un detersivo per pavimenti diventa un elemento importante per la profumazione dell’ambiente.


Si dedica maggiore cura alle mani che devono tuttavia restare morbide.

Tutte queste nuove abitudini e i relativi prodotti che di conseguenza sono nati, sono oramai entrati nelle nostre vite e ci resteranno.