I PROCESSI SONO TROPPO LUNGHI IN ITALIA… ANCHE NEL RESTO DEL MONDO

INDUSTRIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI, TALLONE D’ACHILLE DEL COSMETOLOGO E MINACCIA ALL’INNOVAZIONE

INDUSTRIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI COSMETICI

No, non è un articolo di regulatory, non è un articolo sulle diatribe per la difesa del marchio o della proprietà intellettuale o per pratiche scorrette di pubblicità o concorrenza, stiamo parlando della industrializzazione dei prodotti cosmetici. 

Anche chi formula prima o poi si trova di fronte alla pressione del reparto che sta a valle del laboratorio nella catena della creazione del valore, la famigerata “Produzione”. 

Quasi sempre alla formulatrice (/ore) tipo, nel momento in cui il la sua amatissima “formuletta” deve essere prodotta…viene l’orticaria. 

METTIAMOLA IN INGLESE: PROCESS DEVELOPMENT 

Chi formula è normalmente sottoposto alle tipiche pressioni delle colleghe del Marketing che chiedono di avere il prodotto immediatamente, performante, a bassissimo costo e poi all’ultimo momento vi chiedono pure di cambiare il profumo o il colore... Tutto ciò è niente in confronto alla pressione dei responsabili di produzione che hanno il compito di fabbricare duecento, cinquecento o anche mille chilogrammi per volta. 

Ovviamente le ragioni e gli obiettivi dei “produttivi” sono completamente differenti da quelle delle formulatrici e da quelle del Marketing e di questo mondo produttivo le formulatrici niente sanno prima di entrare in azienda, nessuno lo ha loro raccontato né all’Università né ai vari Master di Cosmetologia, né alle Giornate dei fornitori di materie prime. 

Tempi ridotti, velocità e semplicità nelle operazioni di carico della macchina, materie prime facili da manipolare, prodotto pronto in un attimo, cotto e mangiato, viscosità finale adatta al trasferimento nelle linee di riempimento, no schiuma, no “filo” lasciato nell’ugello che riempie il vasetto, etc. etc. etc., le richieste della “produzione”. 

PRESSIONI DA BUCO NERO 

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Chi formula, che non ha mai sentito parlare prima di entrare in azienda del fatto che la sua formuletta debba essere poi prodotta, una volta subito l’attacco dei produttivi, che immediatamente mettono in discussione le sue capacità creative, sminuendole di fronte alle esigenze della semplificazione e della standardizzazione, si sente come se l’avessero scaraventato all’improvviso giù da un altissimo ponte e per quella prima frazione di secondo si chiede se qualcuno abbia legato alle gambe l’elastico di ritorno. 

La situazione non cambia poi nel caso l’azienda sia strutturata ed esista un reparto di industrializzazione, preposto a fare le dovute prove di produzione che diminuiscano l’impatto di passare da mezzo a mille chili di produzione per lotto, fabbricando qualche prova pilota nella macchina da cinque o da cinquanta chili. Diciamo che, in questo caso, almeno qualcuno ha preparato chi formula al salto giù dal ponte, ma il salto va sempre fatto. 

Certo che molto spesso il salto giù dal ponte lo fa la povera formuletta, che, per risparmiare tempo e risorse, spesso, non essendo prevista nessuna prova di industrializzazione, ha l’obbligo di comportarsi allo stesso modo, sia nel beker di laboratorio che nel turbo emulsionatore della produzione. 

BUNGEE JUMPING 

Già lo sapevamo che la formula ideale non esiste. E’ troppo viscosa, la texture è migliorabile, ha problemi di stabilità, contiene una materia prima in black list del cliente, qualche volta però scopriamo che, pensavamo di avere in mano il Sacro Graal, perfetta sotto ogni punto di vista, invece il prototipo di laboratorio, meravigliosamente studiato, ha problemi in produzione. 

Il passaggio dalla fabbricazione di cinquecento grammi a quella di cinque chili (se è prevista la fase di industrializzazione) o anche a quella di cento o mille chili, mette la formula in cattiva luce: troppe materie prime da pesare, le macchine di produzione sono meno efficienti di quelle di laboratorio e non sono capaci di disperdere alcune materie prime o l’agitazione è scarsa per avere un prodotto omogeneo in tempi ragionevoli. I turbo emulsionatori scaldano o raffreddano la massa troppo lentamente, la turbina rotore-statore ha troppo poca forza di taglio. Il sistema di trasferimento del prodotto ai serbatoi di stoccaggio è troppo debole rispetto alla viscosità del prodotto stesso o al contrario, fornisce una forza di taglio eccessiva, che distrugge la struttura e la viscosità del prodotto durante le operazioni di confezionamento. 

LA FORMULA IDEALE NON ESISTE 

Se ci alziamo dalla comoda poltrona dalla quale stiamo osservando questa situazione e ci guadagniamo con un poco di sforzo intellettuale un altro punto di vista, se osserviamo da un’altra angolazione, potremmo anche arrivare ad una conclusione differente: è la macchina che non è adatta, che ha difetti, non è adeguata alla nostra formula. 

Molto spesso nasce la tipica discussione fra laboratorio e fabbrica: “la mia formula è fatta così e deve essere realizzata così” oppure “non tenete mai conto delle caratteristiche delle nostre macchine e continuate a formulare prodotti impossibili da fabbricare”. 

Chiaro che da qui nascono i dolori, sia del giovane che dell’esperto, nascono le discussioni a volte sterili, a volte distruttive di professionalità e relazioni personali oppure nelle migliori aziende, partono programmi di lavoro fra i reparti tecnici, che vedono il coinvolgimento di tutti gli interessati fin dalle prime fasi del progetto. 

LA FORMULA IDEALE NON ESISTE PERCHÉ NON ESISTE IL TURBO EMULSIONATORE IDEALE 

A parte pochissime eccezioni dove sull’altare dell’innovazione ogni sacrificio è dovuto, anche nel caso di aziende organizzate, che partono fin dall’inizio a studiare il prodotto tenendo conto dei vincoli produttivi, spesso è chi formula a dover cambiare la ricetta. 

Dura lex sed lex, è più facile modificare la formula che cambiare la macchina. La macchina è un totem inamovibile, grande, fissata a terra ed allacciata alle utenze. E’ stata comprata con un importante investimento, va pagata negli anni, deve funzionare senza smettere mai, cicli e cicli di lavorazione per pagare l’investimento economico. 

Facile cambiare la formula, meno facile modificare o sostituire la macchina. 

Il processo e la macchina quindi hanno il sopravvento, condizionando non poco la “biodiversità” formulistica nel senso di allontanarsi dalla innovazione: la formulatrice si ritrova ad avere vincoli, non potere usare fasi di processo e certe materie prime. 


L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA FORMULA 

Generalmente, quando parliamo di macchine ed impianti, siamo portarti a descriverli con parametri misurabili, come il tempo macchina, l’energia consumata, la efficienza della mescolazione. 

Viene quindi facile dimostrare e calcolare in termini quantitativi, quale sia il beneficio che viene dal modificare la formula a favore di processi più efficienti. 

La formula invece si può misurare sia con parametri misurabili, ma anche con parametri non misurabili o difficilmente misurabili: quanto successo sul mercato potrebbe perdere un prodotto che ha dovuto essere modificato rispetto al prototipo accettato ed amato dai valutatori? In che misura viene sminuito o anche compromesso un prodotto se modificato per poter essere fabbricato? Quanta innovazione diventa irrealizzabile se le macchine sono limitate? 


L’ODIOSA PESANTEZZA DELLA MACCHINA 

Le macchine luccicano (bello l’acciaio inox lucidato AISI 316L) ma non c’è sempre oro. Oro per intendere dove si crea il guadagno nella catena del valore. 

La macchina può avere processi di riscaldamento e raffreddamento eccessivamente lunghi, sprecando energia e quindi oro e danneggiando l’ambiente. 

La macchina può avere sistemi inefficienti di mescolazione e di omogeneizzazione, le pale disegnate male, la turbina di geometria sbagliata. 

La macchina può avere scarse caratteristiche di flessibilità, costringendo quindi a fabbricare sempre lo stesso tipo di formula, sempre con le stesse materie prime: saranno poi contenti i clienti ed il mercato? 

Questo totem prepotente (la macchina) spesso è quindi un gigante d’acciaio coi piedi d’argilla: se chi formula rivede in continuazione le formule, per portare sempre innovazione e miglioramenti, è indispensabile che anche i tecnologi di industrializzazione e di produzione rivedano criticamente le proprie posizioni e vadano alla ricerca di macchine innovative, con cicli più efficienti e brevi, con maggiori potenze di forza di taglio, così che i processi siano più economici, sostenibili ed aperti alla innovazione…e quindi più brevi! 


NON È TUTT’ORO QUELLO CHE LUCCICA 

PEER REVIEWED

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