Editoriale

MARCO OLIVA

Direttore R&D HC

Zobele Group | Italia


MEMBRO DEL COMITATO SCIENTIFICO 

di BEAUTY HORIZONS ITALIA

Stiamo vivendo tutti – per un verso o per l’altro – tempi complessi, piuttosto difficili e qualche volta dai tratti indecifrabili. Soprattutto ciò che ci fa maggiormente paura è l’incertezza verso quello che accadrà o che possa accadere in un futuro incerto e pieno di insidie. Tra pandemia, costi da sostenere, situazioni geopolitiche allarmanti e il fragore di notizie quasi sempre foriere di prospettive non propriamente rosee, restiamo confusi e qualche volta un po’ sfiduciati.  


Il nostro amato comparto cosmetico non è esente da questi contesti e il sentimento che ci permea non è scevro dei timori di cui sopra e tuttavia “La Cosmetica” ha un ruolo fondamentale sia da un punto di vista industriale sia per tutti noi come consumatori. 


Cominciamo proprio da noi utilizzatori, dove i prodotti topici costituiscono la nostra carezza, il nostro premio, il nostro conforto spesso tra le agitazioni e le situazioni di incertezza nelle quali viviamo: sempre più i consumatori guardano al prodotto cosmetico con un occhio funzionale ma anche benevolo, quasi fosse il regalo soggettivo che ci torna a fare sorridere. L’emozionalità, il gusto del bello, l’estetica personale fa parte di noi; dobbiamo recuperarla e massimizzarla proprio in questi tempi complessi e renderla sempre più personale, sempre più riferita al proprio benessere. Il fiorire di soluzioni “fai da te” (i prodotti “Do It Yourself” con le loro specificità) e di combinazioni di sieri e creme (quandanche con integratori alimentari annessi) va proprio in questa direzione: un vero e proprio trattamento per il proprio tipo di pelle, una combinazione a “step” successivi che fornisce il conforto di una coccola efficace per la salute della pelle e per il nostro umore. 

Poi c’è però anche il nostro mondo industriale, anch’esso frastornato da politiche di costi e gestione dei prezzi, dal controllo talora esasperato della marginalità e dalla mancanza di una progettualità stabile di lungo termine. Sta a questo mondo - a mio avviso - il dovere di recuperare una cultura economica non basata solo sui numeri finanziari, spesso freddi e letti senza ragioni prospettiche di investimento, e recuperare il più possibile la volontà imprenditoriale di dare al consumatore soluzioni concrete, pienamente funzionali, accessibili e non basate sulla logica di proclami generali che restano solo sulle chart di powerpoint, magari per accontentare qualche superiore affezionato ai bla-bla del momento. 


Serve cioè un recupero dell’imprenditorialità classica, di quello slancio che ci ha permesso di costruire – in altri tempi – questo mondo dove convivono multinazionali, aziende grandi, medie e start up produttive, in un concerto di innovazione concreta e prodotti che siano funzionali e sostenibili: guardare al futuro con strategia, quella vera, e non con un tatticismo vestito da linguaggi strategici che in realtà sono solo mode del momento o soluzioni irrealizzabili, è un dovere della nostra industria che deve continuare a sognare ma con un obiettivo finale concreto: le lunghe marce cominciano da piccoli passi e in questi tempi difficili siamo chiamati a farlo, rivedendo il nostro approccio al business. E’ cambiato il mondo e noi dobbiamo accettarlo e recuperare le forze e le energie per le nuove sfide. 


In questo abbiamo bisogno anche di una diversa visione da parte delle Autorità Competenti e parlo a livello internazionale, in particolare a livello europeo: negli ultimi anni l’eccesso di zelo, per dirla in maniera semplicistica, ha portato a limitazioni sull’uso di sostanze e componenti talora incomprensibili e scientificamente basate su tesi assai discutibili, per non dire poi degli eccessi burocratici che hanno portato le aziende a dover investire in maniera eccessiva nel settore Regolatorio, per far fronte alle innumerevoli normative in essere e cercare di comprendere quelle prossime, che peraltro sono sempre viste come minacce e assai poco come opportunità o miglioramenti. 


Serve urgentemente attivare tutte le energie per riequilibrare il dialogo e le richieste delle Autorità nei confronti del mondo industriale cosmetico attraverso competenze che si parlino davvero sia da un punto di vista strettamente tecnico-scientifico, sia da un angolo gestionale, attraverso una seria analisi di “risk assessment” che tenga conto dell’impatto sulla sostenibilità sociale, ambientale ed economica insieme. 


Questa concertazione è essenziale per portare soluzioni concrete e pragmatiche ai temi della Sicurezza del prodotto cosmetico e della Sostenibilità Ambientale, temi che già rischiamo di veder scivolare verso “endorser” esterni che hanno scarsa o non addirittura alcuna cultura scientifica e rischiano di condizionare significativamente alcuni comparti: lasciamo dunque le chiacchiere da Social Media fuori dalla cultura cosmetica di base e torniamo a respirare un’aria nuova, tornando a riparlare di un mondo industriale reale che favorisca davvero i consumatori, le aziende e il benessere del pianeta.   

Tornare all’imprenditorialità
per una cosmetica viva