MAKE-UP
L’effetto “lunga tenuta” è sicuramente uno dei claim maggiormente utilizzati nel mondo della cosmesi colorata (ma non solo). Il claim risponde alla necessità di apparire impeccabili in un mondo che corre sempre più veloce ed è trasversale a tutte le categorie di prodotti cosmetici. Nato originariamente per durare, l’effetto lunga tenuta è stato successivamente ampliato, arricchito e declinato ulteriormente con un significato ancora più specifico che strizza l’occhio al consumatore a cui il prodotto è destinato. Nascono così diverse sfumature di lunga-tenuta che non sono più solo legate al colore, ma che puntano invece ad una migliorata “vestibilità” (impeccabile) del prodotto. Come era naturale che fosse, una volta soddisfatta la richiesta di un colore che durasse tutto il giorno, bisognava poi ulteriormente garantire una tenuta impeccabile, un prodotto che non si depositasse nelle pieghe cutanee, un prodotto che fosse a prova di bacio, ecc.
INTRODUZIONE
Rispondiamo subito a questa domanda, cominciando con il dire: “non con la misurazione del colore”. La misurazione colorimetrica, oltre a non essere adeguata e razionalmente fondata, è la peggior tecnica per valutare la tenuta di un prodotto. Lo abbiamo detto prima, lunga tenuta non è solo colore! Lunga tenuta legata al colore è un concetto ormai superato. Inoltre, l’assunzione di partenza di chi propone questa misura è del tutto sbagliata. Assumere che l’effetto di lunga tenuta di un prodotto sia legato allo sbiadimento del colore è, infatti, fuori da ogni applicazione concreta e reale di una esperienza cosmetica con tali prodotti. Il problema maggiormente lamentato dalle utilizzatrici di un prodotto che non soddisfa il requisito di lunga tenuta non è di certo quello di avere un trucco sbiadito. Nella vita reale le utilizzatrici di prodotti non performati lamentano, infatti, trucco a macchie, disomogeneità, effetto finale non naturale, accentuazione di inestetismi, ecc. Probabilmente queste donne non vi parleranno mai del colore; o se lo faranno lamenteranno che il colore è scomparso insieme al prodotto. Inoltre, la valutazione del colore è impraticabile o pressoché impraticabile in aree come le ciglia, le sopracciglia o le labbra, ad esempio.
Fugato ogni dubbio quindi che la valutazione del colore non qualifica un prodotto di lunga tenuta ma che anzi lo sminuisce, vediamo adesso come sarebbe più opportuno valutare (nella sua completezza) l’effetto lunga tenuta di un prodotto analizzando punto per punto gli aspetti critici.
MA COME SI PUÒ VALUTARE SE UN PRODOTTO TIENE DAVVERO?
VINCENZO NOBILE
Complife Group | Italia
Bio...
Vincenzo Nobile, Cosmetic Market Manager e R&D Manager - Complife Group.
Dopo una laurea in biologia, si occupa da decenni dello sviluppo di protocolli per le valutazioni di efficacia e sicurezza, di strategia di testing, di claim cosmetici, di prodotti solari e make-up. Membro del panel editoriale di riviste scientifiche internazionali, è autore di numerosi articoli e relatore in congressi nazionali ed internazionali. Svolge attività di formazione sia interna che esterna.
La tipologia di studio
La tipologia di studio per valutare correttamente i prodotti a lunga tenuta è sicuramente uno studio su volontari, in cui la prestazione del prodotto viene valutata visivamente dal vivo o mediante documentazione fotografica. A volte è possibile impiegare metodi di analisi strumentale e/o di analisi d’immagine, tuttavia questi metodi non possono essere usati da soli per dimostrare la performance del prodotto. È possibile, inoltre, valutare la lunga tenuta mediante il “Consumer test” tenendo conto dei limiti di una valutazione altamente soggettiva soprattutto se la scelta dei soggetti partecipanti al test non è strettamente controllata.
I soggetti partecipanti al test
La scelta del panel è un aspetto rilevante per tutti i test di efficacia e diventa un aspetto critico in un test destinato a valutare l’effetto lunga tenuta. I parametri da tenere sotto controllo sono: dimensione del campione, fattori socio-demografici e culturali, tipologia cutanea e abitudini cosmetologiche. La dimensione ottimale del campione varia da 20 (minimo) a 30 o più soggetti. Ovviamente maggiore sarà la dimensione del campione più il risultato ottenuto sarà accurato. Prevedere una dimensione del campione maggiore (e comunque non sotto i 30 soggetti) torna utile anche per estendere il risultato all’intera gamma di prodotti (vedi sotto).
La scelta del panel non può fare a meno di tenere in considerazione i fattori socio-demografici e culturali che identificano la corrispondenza del soggetto partecipante al test con il consumatore effettivo del prodotto.
Non bisognerebbe mai, poi, dimenticare che una volta applicato il cosmetico interagisce con la pelle e che con essa interagisce in maniera diversa a seconda della sua tipologia (normale, secca, grassa o mista). Appare quindi fondamentale scegliere la tipologia cutanea in riferimento al consumatore target del prodotto. Non fare attenzione alla tipologia cutanea durante l’arruolamento, oltre a generare dati incomprensibili, può portare anche all’insorgenza di problemi di tollerabilità locale del prodotto.
Sottostima o sovrastima della reale tenuta del prodotto sono sempre in agguato durante i test cosmetici soprattutto se si arruolano i soggetti senza tenere conto delle loro abitudini cosmetologiche. Ad esempio, testare un prodotto a lunga tenuta su un panel di soggetti naïve porta sicuramente alla sovrastima della reale tenuta del prodotto. Il soggetto, infatti, non avendo esperienza d’uso di tali prodotti giudicherà la lunga tenuta sulla base della propria percezione (non potendo contare su un’esperienza pregressa). Al contrario, un soggetto particolarmente esigente tenderà a sottostimare il risultato. La scelta dei soggetti rappresenta quindi la linea di confine tra una sperimentazione di successo e con dati chiari ed una sperimentazione disastrosa e con dati interpretabili e approssimativi.
Le metodiche di valutazione
La valutazione dell’effetto tenuta è sicuramente, per sua natura, visiva. Tutte le tecniche di valutazione visiva sono quindi utili a determinare le prestazioni del prodotto. La valutazione visiva dovrebbe essere svolta, sulle fotografie prima e dopo l’applicazione del prodotto, da almeno 3 giudici esperti e mediante una scala di giudizio. La scelta dei giudici deve essere fatta caso per caso attribuendo al giudice la qualifica per valutare una determinata categoria di prodotti. Per limitare ragionevolmente gli artefatti la fotografia deve essere acquisita mediante sistemi di imaging in cui le condizioni di illuminazione del soggetto sono controllate e riproducibili. La scala di valutazione deve essere la più completa possibile e personalizzata per ciascuna categoria di prodotto. Tanto maggiore è la corrispondenza della scala con l’effetto finale visivo tanto maggiore sarà la corrispondenza del risultato con il dato di mercato (esperienza d’uso del Consumatore finale). La scala di giudizio deve tenere in considerazione tutti gli aspetti della tenuta del prodotto, come ad esempio: l’intensità del colore, l’omogeneità del risultato finale, la presenza di sbavature, l’accentuazione di inestetismi cutanei, la coprenza, ecc.
La valutazione visiva può essere affiancata da valutazioni quantitative o semiquantitative ottenute mediante analisi d’immagine (es. omogeneità, isotropia, luminosità, ecc.) allo scopo di complementare l’analisi con dettagli non visibili all’occhio umano o, meglio ancora, quando si vogliono confrontare prodotti simili. Un buon protocollo non può quindi fare a meno del questionario di autovalutazione. Valutata la reale efficacia del prodotto è infatti utile capire se il dato rilevato corrisponde alle aspettative del potenziale Consumatore del prodotto.
I tempi sperimentali
Va da sé che l’effetto deve essere valutato all’interno di quella che è la promessa fatta al Consumatore nel materiale promozionale che accompagna il prodotto. È sempre preferibile tuttavia nel protocollo di studio avere uno o due tempi di backup per evitare di portare a termine lo studio con un dato negativo che non consente di conoscere la performance in termini di durata della formula.
I 4 ASPETTI CRITICI
La risposta è sì. I prodotti tono su tono e i correttori sono sicuramente i più difficili da testare. I primi perché tendono ad uniformarsi con l’incarnato e i secondi perché il più delle volte bisognerebbe testarli nelle reali condizioni d’uso e quindi prima o dopo l’applicazione del fondotinta (che diventa un fattore confondente). Più difficile non vuol dire impossibile; per questa categoria di prodotti basta adattare il protocollo di studio ma soprattutto il metodo di valutazione. La presenza di un prodotto tono su tono può essere, infatti, valutata mediante l’aspetto estetico oppure mediante la rimozione del prodotto stesso su un dischetto di cotone.
CI SONO PRODOTTI PIÙ DIFFICILI DA TESTARE?
No. È possibile testare almeno tre referenze di colore rappresentative degli estremi dell’intera gamma (es. tonalità chiara, media, scura) per poi estendere il risultato a tutte le tonalità di colore.
BISOGNA TESTARE TUTTE LE TONALITÀ DI COLORE DELLA GAMMA?
LA VALUTAZIONE DI TENUTA DEI PRODOTTI DI MAKE-UP
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