La pelle d’oca: tu chiamale, se vuoi, emozioni
“Faceva venire la pelle d’oca…”
Questa espressione, per un oscuro mistero del mio io interiore, l’associo sempre a mia nonna che evidentemente ogni tanto la usava. E la reminiscenza è in mantovano perché mia nonna parlava esclusivamente in dialetto. Così ora sapete che sono nato a Mantova.
E’ interessante questo spunto emozionale perché quello che viene definito “pelle d’oca” ha, in effetti, tante di quelle implicazioni sia emotive che fisiche che il richiamo nel titolo alla canzone capolavoro di Mogol-Battisti, “Emozioni”, non è affatto fuori luogo.
La pelle d’oca, infatti, arriva generalmente o quando vivi una forte emozione o quando rabbrividisci per il freddo.
A me capita solitamente in un momento musicale.
Ho sempre vissuto la musica (credo di averlo già scritto da qualche parte) visceralmente grazie al fatto di essere cresciuto con musicisti professionisti ed essendo a mia volta dilettante.
Ebbene, in circostanze particolari e rare, soprattutto in contesti live, sia che li viva come spettatore che come esecutore, ci sono brevissimi, magici istanti in cui l’esecuzione, in un particolare momento, mi provoca questa reazione.
Un brivido improvviso che mi fa, appunto, venire la pelle d’oca dandole quell’aspetto strano, a puntini in rilievo che mi rende la pelle simile a quella di un pollo. Dura poco ma è molto intenso.
Tuttavia, come dicevo, questa sensazione si manifesta anche a causa di una percezione improvvisa di freddo, quando il freddo è davvero tale, a bassa temperatura e secco, come quando usciamo dal calduccio di una casa di montagna in una tersa serata d’inverno per ammirare il cielo stellato e siamo improvvisamente addentati dal gelo.
Ma perché è stata chiamata “pelle d’oca” e come, a livello fisiologico, si attiva?
Il termine viene evidentemente dall’aspetto che assume la pelle in quel momento e che ricorda un’oca, ma non solo, spennata.
Personalmente, pur amando il pollame, non ho una grande dimestichezza con l’oca.
Anzi, devo proprio dire di non averla mai mangiata. La conosco a livello letterario dal celebre “Racconto di Natale” di Dickens, dove l’oca, due oche in realtà, quella piccola della povera tavola del povero impiegato Bob Cratchit e quella enorme che gli viene regalata anonimamente dal suo avarissimo, tirannico padrone, un redento Ebenezer Scrooge, dominano a tratti la scena.
Perché l’oca fa parte della tradizione natalizia inglese come il tacchino nel giorno del Ringraziamento fa parte della tradizione americana.
Detto questo non credo di aver mai visto un’oca spiumata.
Che l’immagine “pelle d’oca” rimandi al mondo avicolo ce lo dice anche un’altra espressione colloquiale quando qualcosa fa “accapponare (quindi da cappone) la pelle”.
Cerchiamo di saperne di più.
In termine tecnico il fenomeno si chiama “piloerezione”: i peli e i capelli rispondono a stimoli nervosi derivanti da un forte stress emotivo, sia positivo (ammirazione, stupore, gioia, eccitazione sessuale) che negativo (spavento, paura) che fisico (freddo).
In pratica è uno stimolo che attraverso il sistema simpatico si trasmette ai nervi e produce la contrazione dei peli che assumono una posizione eretta.
Un’ulteriore suggestione linguistica: i muscoli erettori dei peli sono chiamati anche orripilatori.
Il che richiama subito all’aggettivo orripilante (dal latino horripilare) per definire qualcosa che provoca orrore, fa drizzare i capelli in capo.
A dire il vero questo termine nella percezione comune si allontana dalla nostra pelle d’oca. Orripilante lo usiamo più come aggettivo per qualcosa che riteniamo decisamente brutto, disgustoso.
Recentemente in radio ho sentito un medico, un illustre dietologo, definire orripilanti le abitudini alimentari di un incauto radioascoltatore che magnificava con orgoglio i suoi menu giornalieri!
Guardando al mondo animale (ci piaccia o no noi umani ne facciamo parte e spesso ahimè lo dimostriamo chiaramente, ma questo è un altro discorso), una ricerca statunitense ha focalizzato il fenomeno sugli animali da pelliccia: questo meccanismo infatti favorisce la loro protezione dal freddo.
Si è scoperto infatti che, visto sulla distanza, in loro il processo della pelle d’oca attiva le cellule staminali del follicolo pilifero e fa crescere nuovi peli.
Un meccanismo fisiologico superato dall'evoluzione nell’essere umano che, grazie al progresso tecnologico, ha sviluppato nei secoli altre modalità di protezione dal freddo. Ne conseguirebbe che questo processo non sia scomparso del tutto nella nostra dinamica evolutiva e ci sia rimasto come retaggio del passato….
Non ho le competenze per andare oltre, accolgo questi input e ringrazio gli studiosi che danno la vita per svelarci il mistero.
Mi piace pensare, una volta di più, che il nostro corpo è davvero qualcosa di unico e meraviglioso.
Se un piccolo grappolo di note espresse da uno strumento musicale mi fa vivere in una manciata di secondi un’emozione tanto forte da portarmi in una dimensione esistenziale talmente altra da rendersi visibile anche sulla mia pelle, non posso che restare una volta di più in attonito silenzio davanti all’emozione della vita.
Giulio Fezzardini
Redazione BH Italia
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Voce: Giulio Fezzardini
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