Molto spesso ci si dimentica dell’importanza delle cose di tutti i giorni. Agli occhi di noi consumatori, il mondo del packaging (o degli imballaggi, se vogliamo usare un termine italiano) è un mondo che va spesso in secondo piano rispetto al contenuto che esso trasporta, la nostra attenzione quando compriamo è rivolta <<all’interno del contenitore>>. Quando facciamo la spesa al supermercato, quando andiamo in farmacia o compriamo i più svariati cosmetici stiamo comprando un prodotto ma, a tutti gli effetti, stiamo comprando anche il suo involucro. Forse ci rendiamo veramente conto della quantità di packaging che abbiamo comprato solo quando riceviamo i pacchi di Amazon dal corriere e ci ritroviamo sommersi di cartoni o quando dobbiamo buttare le bottiglie di plastica una volta bevuto tutto il loro contenuto. O quando, a scadenza regolare, ci troviamo i cestini di casa pieni e ci tocca uscire a buttare l’immondizia.


L’Unione Europea ha fatto della sicurezza dei prodotti un argomento centrale per garantire la salute del consumatore e dell’ambiente: ogni regolamento o direttiva europea volge la sua attenzione agli aspetti di tossicità e uso sicuro dei prodotti, che questi siano alimenti, cosmetici, farmaci. Al contrario, meno immediata è la percezione del consumatore di quanto viene fatto per i materiali di imballaggio. La motivazione è da ricercare nelle righe precedenti, noi usiamo e compriamo prodotti, non i loro contenitori; i secondi sono un aspetto, appunto, secondario, per il consumatore.


È davvero secondaria la sicurezza di questi prodotti, però? Ovviamente no, è da considerarsi al pari dei primi, in realtà! Facciamo un esempio, partiamo dalla plastica. Il mondo delle plastiche è un mercato enorme e di grande interesse; lo sappiamo bene anche da quando sentiamo parlare dell’invasione delle microplastiche. Una grossa fetta di questo mercato è da imputare al loro utilizzo per i packaging di ogni tipo. La plastica è il materiale principale che permette il trasporto di alimenti, cosmetici e farmaci.


La spinta dell’Unione Europea verso i prodotti riusabili o riciclabili è più che tangibile anche ai disinteressati, questo ci dà la misura dell’estensione -e dei volumi- di utilizzo delle plastiche. Potremmo non preoccuparci della sicurezza di questi prodotti? Impensabile.

Quanto è sicuro il packaging, allora?


Partiamo dal ricordare che il Regolamento REACH (Reg. CE No 1907/2006, 1) sulla registrazione delle sostanze chimiche regola tutte le sostanze chimiche che entrano nell’Unione. Contestualmente il REACH regola anche i monomeri delle plastiche da cui derivano tutti i polimeri di largo utilizzo. Affianca il Regolamento REACH, poi, il Regolamento CLP (Reg. CE No 1272/2008, 2) che definisce le norme generali per la classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze e delle miscele chimiche. È qui che vediamo il primo richiamo al discorso imballaggi, in un contesto che potremmo definire a due vie: per ogni sostanza o miscela abbiamo la descrizione di come essa debba essere imballata (ed etichettata) ed al contempo essa può essere materia prima per la creazione di un futuro imballaggio (a seconda del suo intended use).


La sicurezza dei contenitori, e delle plastiche, la si definisce in relazione al mercato in cui poi vengono usate.


I materiali di imballaggio per gli alimenti vengono genericamente chiamati MOCA (Materiali ed Oggetti a Contatto con gli Alimenti) o FCM (in inglese; Food Contact Materials). Considerato il Regolamento quadro del settore, il Regolamento (EC) No 1935/2004 (3) definisce le norme per tutti i materiali che vanno a contatto con gli alimenti. Gli imballaggi alimentari vengono descritti come primari o secondari, a seconda che questi siamo a diretto contatto con gli alimenti -i primi- oppure no -i secondi. Parliamo pertanto principalmente di sicurezza dei packaging primari. Il Regolamento quadro viene integrato da altri regolamenti e normative (di carattere spesso nazionale) che considerano in maniera più puntuale i singoli materiali (plastica, vetro, carta etc.). L’armonizzazione a livello europeo comprende solo alcuni di questi come le plastiche (Reg. EU 10/2011, 4), il packaging attivo ed intelligente (Reg. EC No 450/2009, 5), le plastiche riciclate (Reg. EU No 2022/1616, 6), la ceramica (Directive 2007/42/EC, 7) e la cellulosa (Direttiva 2007/42/EC, 8).


Le disposizioni dei regolamenti vertono, per dirla in maniera semplice, alla valutazione dei fenomeni di migrazione, ossia la valutazione del movimento di alcune sostanze che, presenti nel packaging, possono finire all’interno degli alimenti ed essere così ingerite assieme agli stessi dai consumatori. La migrazione è un fenomeno dipendente sia dall’alimento a contatto che dal materiale di imballaggio. Ne consegue che, se questo avviene, la sostanza che migra deve essere valutata. Il Regolamento No 10/2011 sulle plastiche introduce a questo proposito una lista positiva di monomeri o additivi che possono essere utilizzati come MOCA e per alcuni di essi la lista esibisce dei limiti di migrazione specifica che devono essere soddisfatti dallo stesso materiale per poter essere usato.


Ogni MOCA deve essere accompagnato da una Dichiarazione di Conformità (DoC) dove la compliance del packaging per l'uso alimentare viene messa nero su bianco dall’operatore del settore.


Nel contesto alimentare alcune sostanze ammesse nei MOCA sono state rivalutate e considerate successivamente potenzialmente tossiche per l’uomo. Le discussioni sono state aperte in questi termini per il Bisfenolo A (BPA, 9) e per gli ftalati (PFAS, 10).


Storia un po’ diversa si descrive per i cosmetici dove solitamente si utilizza il “packaging food-grade”, ossia l’utilizzo per i cosmetici di un packaging o di un materiale che è già ammesso ad uso alimentare. Così come avviene per il mondo alimentare, la ricerca del packaging più chimicamente conforme alla tipologia di prodotto da contenere è una parte cospicua dello sviluppo del prodotto cosmetico. La natura oleosa di creme e balsami, per esempio, è un aspetto cruciale da tenere in considerazione per i fenomeni delle migrazioni dei componenti plastici. Solitamente prove di migrazione vengono eseguite a conferma della scelta del materiale di imballaggio.


Se ci muoviamo nel mondo farmaceutico, la questione è ancora più delicata. In questo contesto, il packaging deve soddisfare i requisiti di produzione GMP, Good Manufacturing Practices, e così come detto precedentemente, deve seguire un’attenta analisi di compatibilità con il prodotto farmaceutico che dovrà contenere. In questo settore parliamo, per riferirci alle sostanze che potrebbero migrare nel prodotto, di “Extractables & Leachables”, E&L (in italiano estraibili e lisciviabili). Il fenomeno che si valuta è lo stesso dei MOCA: si quantifica e qualifica dal punto di vista tossicologico quali sono le possibili specie chimiche che potrebbero venire estratte dal packaging ad opera del prodotto farmaceutico. Al momento non ci sono delle vere e proprie indicazioni normative o linee guide per gli E&L, solo una proposta da parte dell’International Conference of Harmonization (ICH) nel 2020 per la stesura di una linea guida ad hoc, la Q3E (11). Per completare il quadro, i dispositivi medici vedono un approccio analogo ai precedenti.


Per concludere, il tema della sicurezza del packaging è un tema vasto, complesso ed in continua evoluzione normativa che nulla ha da invidiare a quello dei prodotti in essere. Gli standard ed i regolamenti vigenti sono volti ancora una volta a garantire qualità e sicurezza dei consumatori, anche se il consumatore ci pensa di meno.

 Il packaging:
un tema di sicurezza trasversale