LA STRANA STORIA 

DEL BISFENOLO A

(1a PARTE)

OUT OF THE BOX

Anche dietro ad una molecola c’è una storia.

Una storia fatta di studi, ipotesi, scoperte e valutazioni. A volte anche di errori e casi fortuiti.

Una storia fatta di persone. Non solo ricercatori o di chi si occupa, a diverso titolo, dello studio della sostanza; anche la storia del singolo che talvolta addirittura ignora l’esistenza di quella stessa molecola.

Questa è la storia del Bisfenolo A e ci deve permettere di interiorizzare un importante messaggio: ciò che credevamo ieri è obsoleto oggi, ciò che crediamo oggi sarà obsoleto domani. Così. Impattante e volutamente priva di condizionali.

San Pietroburgo. È questa la città natale del chimico Aleksandr Pavlovich Dianin a cui viene attribuita la prima sintesi del Bisfenolo A nel 1891 (1,2). Dobbiamo tuttavia attendere ancora circa quarant’anni prima che si comincino a valutare i primi effettivi ambiti di applicazione (foto 1).

    Figura 1. Aleksandr Pavlovich Dianin.

      INTRODUZIONE

      Numerosi e fondamentali sono i progressi nell’ambito farmaceutico a cavallo fra i due conflitti mondiali. Due sono le scoperte più note, l’insulina e la penicillina, ma altro fronte di rilevanza è quello degli estrogeni artificiali sintetici.

      Fra le personalità di spicco in tale comparto, troviamo il biochimico inglese Edward Charles Doods il quale, con i suoi allievi, condusse studi su diverse molecole ed attivi e diverse fonti indicano abbia ipotizzato una possibile applicazione del Bisfenolo A in ambito medico. Non sembra tuttavia che tale sostanza sia stata commercializzata a tal fine (3).

      GLI ANNI ’30

      Una volta archiviati gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, durante gli anni ‘50 l’economia italiana ha vissuto il massimo del suo splendore. Un’epoca di ottimismo, densa di straordinarie trasformazioni sociali e di nuovi materiali.

      La scoperta del polipropilene nel 1954, la diffusione della fòrmica e del Polietilen-Tereftalato (PET) dopo la sua scoperta negli anni ’40.

      Ma c’è un altro materiale rivoluzionario e strettamente correlato alla storia del Bisfenolo A: il policarbonato. Un polimero trasparente, resistente e di bassa infiammabilità, destinato a trovare innumerevoli applicazioni anche nel mondo dei beni di consumo.

      Non dobbiamo dimenticare che molte delle sostanze che stanno creando allerta e preoccupazione negli ultimi anni, sono spesso state alla base dello sviluppo di manufatti e sostanze che hanno innegabilmente contribuito al nostro benessere attuale.

      IL BOOM ECONOMICO DEGLI ANNI ‘50

      Spulciando fra biblioteche ed archivi storici, talvolta è possibile imbattersi in documenti inattesi ed in grado di spingere la riflessione verso una direzione imprevista.

      È datato 1966 il technical report di United States Army Natick Laboratories “migration of flexible packaging components into foods”. Tale documento, per quanto sorto in un’ottica di monitorare potenziali migrazioni verso gli alimenti, rappresenta una prima evidenza di quello che può essere il potenziale rilascio, seppur in condizioni severe, di sostanze da polimeri in genere (4).


      Diverse sono state le prove effettuate, alcune di queste anche su provini di policarbonato.

      Uno degli step prevedeva lisciviazioni in acqua ed in n-eptano in determinate condizioni di tempo e temperatura e i residui così ottenuti sono stati sottoposti ad indagine. Nell’estratto acquoso non è risultato possibile riscontrare tracce di sostanze organiche, ma nell’estratto in n-eptano “[…] the residues may contain a small amount of low molecular weight polycarbonate polymer. Phenol and/or bisphenol-a is evident in some spectra”.

      Ma nel 1966 non vi era ancora la consapevolezza dei rischi potenziali legati al Bisfenolo A.

      Figura 2. Copertina technical report 66-56-CD, Migration of flexible packaging components into foods (4)

        UNA PICCOLA CHICCA NASCOSTA: UN DOCUMENTO DEGLI ANNI ‘60

        Proseguendo con questa selezione delle tappe principali della storia del Bisfenolo A, si giunge rapidamente agli anni ’80.


        1982: Pubblicazione del Technical Report “Carcinogenesis Bioassay of Bisphenol A in F344 rats and B6C3F1 mice (feed study)” - National Toxicology Program (NTP), U.S. Department of Health and Human Services (5).

        All’interno di tale studio, sono stati monitorati gli effetti dell’assunzione di Bisfenolo A per via alimentare da parte di specifiche popolazioni di topi e ratti. Nel testo si riporta come “[…] although insoluble in water, unreact bisphenol A can migrate from the resins used in food packaging to food surfaces (Knaak and Sullivan, 1966) […] Bisphenol A was tested for potential carcinogenity by the Bioassay Program because of widespread occupational and consumer exposure to the substance and because no other studies had been done […].

        Ma, sin dall’abstract iniziale si riporta: “[…] Under the conditions of this bioassay, there was not convincing evidence that bisphenol A was carcinogenic for F344 rats and B6C3F1 mice of either sex.


        1988: sulla base degli esiti nel documento sopra riportato, e di altri successivi pubblicati fra il 1984 ed il 1987, si ha la stesura di “Integrated Risk Information System (IRIS) – Bisphenol A CASRN 80-05-7”. Prendendo a riferimento la minor soglia di Bisfenolo A tale da portare ad un effetto avverso ad una delle popolazioni analizzate nel 1982, si stabilisce una prima oral Reference Dose (RfD) (6).

        Ma cosa si intende per oral Reference Dose (RfD)? Prendendo proprio a riferimento il documento sopra citato, si indica che tale dose si basa sul presupposto che esistano soglie per alcuni effetti tossici, e tali soglie vengono espresse in mg/Kg/giorno. In generale, è una stima dell’esposizione giornaliera della popolazione umana (compresi i sottogruppi sensibili) che probabilmente non presenta un rischio apprezzabile di effetti deleteri nel corso della vita.

        STUDI E PUBBLICAZIONI DEGLI ANNI ‘80

        Sembra sia effettivamente iniziata così la risposta del Professor David Feldman alla domanda “How did you first identify bisphenol A?” posta dalla scrittrice scientifica Krista Conger (7).

        Per quanto fossero già disponibili alcuni documenti riportanti una potenziale migrazione di Bisfenolo A dal policarbonato, sono proprio gli studi di David Feldman, emerito Professore di endocrinologia di Stanford, a porre l’attenzione su tale potenziale problematica.


        Ma cosa accadde?

        Il team di Feldman riscontrò quella che sembrava una molecola con effetto estrogenico nel terreno di cultura di un lievito. Valutando questa evidenza come una anomalia, seguirono diverse investigazioni, che permisero di capire che la sostanza attiva era il Bisfenolo A.

        Il BPA non era tuttavia inizialmente presente nel terreno, ma lo aveva contaminato a seguito di sterilizzazione in autoclave all’interno di contenitori in policarbonato. A seguito di tale evidenza, si sottoposero ad indagine aliquote d’acqua trattate in autoclave in contenitori di policarbonato ed anch’esse risultarono contaminate.

        Era il 1992, e questa è una delle pietre miliari nella comprensione del rischio correlato al Bisfenolo A.


        Un’altra domanda sorge a questo punto spontanea: anche nel 1966 era stata sottoposta ad indagine acqua venuta a contatto con policarbonato, perché non erano state trovate tracce di BPA?

        Prima di rispondere serve una doverosa premessa: il policarbonato non è un materiale da condannare e i manufatti moderni sono e sono stati strettamente monitorati per garantire la sicurezza del consumatore. Si sono evoluti infatti i processi produttivi, le strategie di controllo e come vedremo poi anche i riferimenti normativi.

        Tornando al perché sembrano esservi dei disallineamenti fra quanto riscontrato nel ’66 e nel ’92, sono da considerare le diverse performance delle tecniche di investigazione analitica disponibili. Per puntualizzare più nel dettaglio, la valutazione del 1966 è stata realizzata in termini qualitativi mediante spettrometria IR con pastiglia in KBr sul residuo post evaporazione. Lo studio del 1992 invece è stato condotto con tecniche in spettrometria di massa, con una capacità di rilevamento nettamente più spinta.

        IT WAS BASICALLY AN ACCIDENT; WE WERE NOT LOOKING FOR IT

        La conservazione degli alimenti in contenitori a matrice metallica, il così detto “cibo in scatola” non è una scoperta recente, diverse fonti riportano applicazioni non militari già a partire dal diciannovesimo secolo. Ma è negli ultimi decenni che l’utilizzo divenne sempre più diffuso grazie alla possibilità di preservare gli alimenti, commercializzandoli anche in forma pronta per l’uso.

        Ma qual è la correlazione con la nostra storia?

        È del 1996 la prima valutazione della FDA – U.S. Food and Drug Administration - sull'esposizione degli americani al BPA a causa dell’utilizzo di cibo in scatola. Chiaramente gli eventuali fenomeni contaminativi non erano da correlarsi in assoluto a questa modalità di conservazione, quanto invece all’utilizzo di coating interni con materiali correlabili al Bisfenolo A (8).

        Figura 3. Copertina documento “Canned chopped meat or canned luncheon meat: a good choice for the thrifty family”. Washington, D.C.: U.S. Dept. of Agriculture, Food and Nutrition Service: Agricultural Research Service, 1971 (18)

          IL CIBO IN SCATOLA: CORREVA L’ANNO 1996

          Le evidenze si fanno via via più frequenti e diversificate, con una crescente preoccupazione per quella che può essere l’esposizione e la soglia di rischio (9, 10, 11, 12, 13)

          Contaminazioni degli alimenti anche per la prima infanzia, cessioni dal packaging e dai manufatti, accuse di negligenza e contestazione delle diverse pubblicazioni scientifiche. Gli scandali relativi alla cessione di Bisfenolo A dai biberon e la progressiva regolamentazione.

          Si organizzano molteplici tavoli tecnici internazionali e progressivamente è stata abbassata la soglia giornaliera tollerabile. Ma quali sono state queste soglie in Europa? E qual è l’attuale?

          • 2006: EFSA – L’autorità europea per la sicurezza alimentare – pubblica la sua prima valutazione del rischio relativa al BPA: soglia a 50 µg/Kg peso corporeo/giorno (14)
          • 2015: EFSA pubblica una nuova valutazione dell’esposizione al BPA e alla sua tossicità. La soglia giornaliera tollerabile viene fissata a 4 µg/Kg peso corporeo/giorno (15)
          • 2023: EFSA pubblica un parere scientifico sulla valutazione ex novo dei rischi per la salute pubblica relativi alla presenza di BPA negli alimenti, con una soglia giornaliera tollerabile a 0,2 ng/Kg peso corporeo/giorno (16)

          I SEMPRE PIÙ NUMEROSI RISCONTRI

          Non è ancora (volutamente) stata descritta la molecola del Bisfenolo A.

          Questo perché possiamo definire una “struttura bisfenolo - generica” come quella sotto riportata, dove con “X” si rappresenta una porzione della molecola che può essere variamente sostituita anche con gruppi addizionali legati.

          Non solo, possiamo inoltre identificare una “struttura bisfenolo derivati – generica” dove con “X” si rappresenta una porzione della molecola che può essere variamente sostituita anche con gruppi addizionali legati e con “Rn” sono indicati potenziali gruppi addizionali o sostitutivi.

          Anche in questo caso, una domanda sorge subito spontanea: ma quante sono le possibili combinazioni?

          Questo non è solo un esercizio nell’ambito chimico, di nomenclatura o di stabilità strutturale. Le ripercussioni sono di estremo impatto nella definizione in quanto, se una molecola è affine al Bisfenolo A per conformazione, allora ne può condividere anche le caratteristiche di pericolosità. Addirittura, non si può escludere che abbia un impatto ancora maggiore.

          ECHA – European Chemical Agency - si è occupata di raggruppare e catalogare le sostanze presentanti le due basi prima mostrate (17).


          NON UNA SOLA MOLECOLA, MA UN’AMPIA E DIVERSIFICATA CLASSE DI COMPOSTI

          Riferimenti bibliografici

          Ma quale è stato l’esito di questa valutazione? E quali sono i rischi conosciuti o supposti per queste sostanze?

          Qui si conclude la prima parte della nostra storia, ma diverse sono le tematiche che devono ancora essere affrontate per un quadro più completo sul Bisfenolo A.

          Non ci sarà molto da attendere prima della pubblicazione della seconda parte di questa narrazione, che troverete nel numero 6 di Beauty Horizon in uscita il 19 Dicembre.

          MICHELA GALLO

          LabAnalysis Group | Italia

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