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Ginkgo Biloba L.
UTILIZZO A TAVOLA
Un antico mito cinese dice che: “Sui rami del Ginkgo non vi si trovavano foglie, ma esseri umani, fusi gli uni con gli altri. Poi, una tempesta travolse tutto: quegli esseri dal duplice e concorde profilo furono gettai a terra e, soli e smarriti, anziché ritrovare l’antica unione, si divisero. E, così, nacquero i conflitti”.
Al giorno d’oggi esistono pochi organismi viventi che possono vantare una storia di permanenza e longevità lunga come quella della specie protagonista di questo numero; si tratta infatti di una specie che è riuscita a sopravvivere alle ultime 3 grandi estinzioni di massa che hanno messo a rischio l'esistenza della
vita sulla Terra, ognuna delle quali ha spazzato via oltre l’85% delle specie viventi, compresa quella che ha segnato la fine dei dinosauri alla fine del Cretaceo, avvenuta circa 65 milioni di anni fa. Definita da Charles Darwin nel suo “Origine della specie, 1859” un fossile vivente, si stima che la comparsa di Ginkgo biloba L. sia da datarsi intorno ai 270 milioni di anni fa e, ad oggi, è senza ombra di dubbio la pianta a semi più antica del mondo. Soprattutto per le sue origini antichissime, accompagnate dal fatto che il nostro pianeta, al tempo, aveva un aspetto decisamente diverso rispetto a come lo conosciamo oggi, l’areale nativo del Ginkgo è un argomento ancora molto dibattuto da parte degli studiosi: si ritiene che originariamente fosse diffusa in tutto l’emisfero nord, e quindi in tutto il supercontinente conosciuto come Laurasia, come testimoniano ritrovamenti fossili effettuati nell’attuale Germania e Romania. Successivamente, per ragioni ancora ignote, l’unica regione in cui Ginkgo ha continuato a sopravvivere e prosperare è quella dell’Est asiatico, in Giappone in particolare, attirando fortemente l’interesse dei paleobotanici. Alcuni sostengono che furono in particolare la coltivazione e le cure dei popoli asiatici (Giappone e Cina soprattutto) a far sì che questo albero potesse continuare a vivere sulla Terra: veniva infatti venerato soprattutto per via della sua grande resistenza (esistono ancora sei esemplari ad Hiroshima, sopravvissuti alla radiazioni della bomba atomica del 6 Agosto 1945) e per la grande longevità (stimata anche 1000 anni), tanto da essere piantato vicino ai luoghi di culto, religiosi o nei pressi delle dimore reali[1][2][3][4].
L’arrivo, o meglio, il ritorno in Europa del ginkgo si fa generalmente risalire alla fine del’600 ed viene attribuito a Engelbert Kaempfer (1651-1716), medico tedesco il quale durante una visita in Giappone rimase affascinato da quello che nell’estremo Oriente era conosciuto come “Ginkyo”, ossia albicocco d’argento, probabilmente in riferimento agli pseudo-frutti; nella pubblicazione del suo diario “Amoenitates Exoticorum”, dove Kaempfer aveva raccolto dati riguardanti i suoi numerosi viaggi, fece erroneamente riferimento alla pianta con il nome di Ginkgo e da lì, tale traduzione non fu più corretta. Successivamente, fu Linneo che aggiunse il binomio biloba, riferendosi chiaramente alla forma bilobata delle foglie degli esemplari adulti.
Una caratteristica che nel corso dei milioni di anni di evoluzione hanno conservato poche piante, Ginkgo inclusa ovviamente, è l’essere specie dioiche, cioè caratterizzate da individui maschili e individui femminili dipendenti l’uno dall’altro per la riproduzione, una caratteristica biologica totalmente racchiusa nella filosofia orientale dello ying e dello yang, dove le due parti totalmente opposte tra di loro sono allo stesso tempo totalmente interconnesse, dove l’incipit dell’uno coincide con quello dell’altro e dove l’esistenza dell’uno non sussiste senza la presenza dell'altro.
Nella cucina cinese viene utilizzata nella preparazione del congee, un piatto simile al porridge dove il riso viene bollito fino a saturazione di acqua, che ne provoca la rottura e il raggiungimento di una consistenza viscosa. Nella tradizione nipponica, le nocciole di ginkgo vengono o consumate come contorno o come ingrediente nella preparazione del chawanmushi, una sorta di budino che viene generalmente servito come antipasto, a base di uova e latte, accompagnato da funghi, gamberetti, soia e sakè[6].
Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici
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- https://unionbio.it/ginkgo-biloba/
- https://www.forlitoday.it/blog/briciole-di-natura/un-albero-che-viene-dal-passato-il-ginkgo-biloba.html
- https://giardino-piante-fiori.lacasagiusta.it/ginkgo-foglie-ventaglio/3484/
In Europa il ginkgo divenne velocemente una pianta ornamentale bramata dai più importanti giardini botanici e, quello di Padova, fu il primo ad ospitarne uno: da qui iniziò una vera e propria mania, specialmente da nell’ambiente aristocratico, di possedere una pianta di Ginkgo nei pressi delle loro abitazioni, prediligendo gli alberi di sesso maschile per via dello sgradevole odore prodotto dai semi degli alberi con sesso femminile[1][2][4][5].
Nonostante l’aroma non gradevole, e passando (non propriamente) sulle “nostre” tavole, mentre nel vecchio continente ginkgo non porta i suoi utilizzi in ambito culinario, in estremo oriente viene coltivata anche come pianta da frutto e, le noci dei frutti, una volta scaldate e liberate del guscio ligneo, vengono considerate delle vere e proprie prelibatezze gastronomiche.
BOTANICA & FITOCHIMICA
Ginkgo biloba L., che come già detto è una specie dioica, è l’unico rappresentante ancora vivente delle Ginkgoales e viene considerata un anello di congiunzione tra Gymnosperme e Angiosperme: possiede infatti alcuni tratti tipici delle conifere ma, analisi del suo genoma, hanno dimostrato molte più somiglianze con le palme “Cycads”[2].
Con portamento arboreo, l’albero di Ginkgo può raggiungere i 40 metri di altezza e i 5-7 metri di diametro. Presenta foglie decidue a forma di ventaglio, alterne, lungamente picciolate e bilobate, con base cuneata larghe 6-9 cm. In autunno diventano gialle, provocando grazie alla loro caduta paesaggi e contesti molto suggestivi. I giovani alberi seguono una crescita piramidale, con la presenza di un tronco principale da cui si diramano rami laterali che crescono con orientamento diagonale.
La maturità della specie viene generalmente raggiunta tra i 20-30 anni di vita, mentre la produzione dei semi inizia tra i 30-40[2][7].
La droga è rappresentata dalla foglia, la quale dispone di una ricchissima ed eterogenea fitochimica all’interno tra cui carboidrati, lipidi, steroli, carotenoidi, fenilpropanoidi e altri derivati fenolici, tannini, flavonoidi e terpenoidi. Tra questi sono sicuramente i flavonoidi a rappresentare i metaboliti più importanti di questa specie e che per lo più determinano il largo ventaglio di attività farmacologiche di cui dispone ginkgo, a cui partecipano anche delle molecole la cui presenza è stata riscontrata solo in G. biloba e che ne rappresentano l’impronta digitale, come i ginkgolidi A, B, C, J e M (lattoni diterpenici) e il bilobalide (lattone sesquiterpenico) [7][8][9].
L’utilizzo della foglia tal quale in terapia non è però consigliato per via della presenza degli acidi ginkgolici: questi derivati fenolici, presenti prevalentemente nel tegumento del seme e in quantità inferiore nelle foglie, sono infatti molecole fortemente irritanti che, specie nei soggetti predisposti, possono causare reazioni allergiche ed immunotossiche. Per questo, nella moderna fitoterapia si usano soprattutto preparati a base di ginkgo con concentrazione di acidi ginkgolici inferiore alle 5 ppm. Ginkgo è una pianta medicinale importantissima che ha avuto uno sviluppo farmaceutico concretizzato anche nella immissione in commercio di estratti secchi standardizzati, preparati con una miscela di acqua/acetone ed ulteriormente purificati senza aggiunte di costituenti chimici isolati o di estratti concentrati. Con questo procedimento, oltre all’eliminazione degli acidi ginkgolici, vengono allontanati anche tutti i componenti che possono inficiare sulla stabilità del preparato, come tannini, cere e grassi. L’estratto più noto è quello denominato con l’acronimo EGb761® e, al loro interno, si riscontra la presenza di glicosidi flavonoidici (24%) e derivati terpenici (6%) di cui 2,8-3,4% di ginkgolidi A, B e C e 2,6-3,2 % di bilobalide[3][9][10].
Riferimenti bibliografici
UTILIZZO IN TERAPIA
Con una storia che si perde nelle ere più remote del nostro pianeta, ovviamente anche i primissimi utilizzi in medicina vengono fatti risalire a tempi abbastanza remoti, in Cina in particolare: fu infatti registrato per la prima volta nello “Shennong Bencao Jing” (dinastia Han), la più antica opera medica cinese sopravvissuta e tramandata fino ai nostri giorni. Anche se questa viene attribuita allo stesso Shennong, secondo imperatore cinese, nato intorno al XXVIII sec. a.C. molti sono i sostenitori che tale opera sia in realtà stata scritta intorno al 200 a.C., a partire da bozze dell’imperatore. In questo testo e in quelli successivi, vengono attribuite a foglie e semi di ginkgo numerosissime proprietà, tra cui quella di riduzione del catarro, attività antidiarroica, per l’incontinenza, detossificante e numerose altre ancora [11][12][13]. Oggi, per gli ovvi motivi di cui abbiamo già parlato nel paragrafo sovrastante, si utilizzano gli estratti standardizzati, per i quali la comunità scientifica ha investito e continua ad investire molto interesse, come testimonia la vasta produzione scientifica presente in letteratura. Le prime scoperte ed i primi studi a livello farmacologico sono da far risalire agli anni ’60, quando si scoprì essere molto efficace per il trattamento delle anomalie della circolazione sanguigna periferica e delle malattie cardiovascolari e cerebrali[14].
Moltissimi studi hanno indagato e valutato l’efficacia e i possibili meccanismi d’azione degli estratti di foglie di ginkgo nei confronti della demenza, nella malattia di Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative che, soprattutto col progredire dell’età, portano ad un graduale deterioramento neurale e delle guaine mieliniche dei nervi, con conseguente impedimento della normale funzionalità. Gli estratti standardizzati di ginkgo sono autorizzati come farmaci propriamente detti e EGb761® e suoi analoghi sono presenti in molte nazioni europee e extra-europee (speriamo presto anche in Italia) con l’indicazione di: “miglioramento del cognitive impairment legato all’età e della qualità della vita nella demenza non grave”.
Studi in vivo su topi hanno dimostrato come gli estratti di foglie di ginkgo siano in grado di migliorare i comportamenti cognitivi e di ridurre la formazione di elementi fortemente interessati nell’insorgenza di tali patologie come, per esempio, la β-amiloide e il suo precursore (APP), veri responsabili della malattia di Alzheimer. In uno studio in vivo condotto su ratti, utilizzando EGb761® alla concentrazione di 100 mg/Kg, sono stati riscontrati miglioramenti della memoria spaziale e non spaziale, attraverso il test del labirinto e del riconoscimento degli oggetti[11][15]. Ma la letteratura più importante per questa pianta medicinale è sicuramente quella sull’uomo. In uno studio clinico non controllato condotto su pazienti con possibile o probabile malattia di Alzheimer sono stati valutati gli effetti associati ad una singola dose di 240 mg di EGb761® e di 40 mg di tacrina attraverso l’utilizzo di tecniche farmaco-elettroencefalografiche quantitative: l’estratto di ginkgo si è dimostrato leggermente più efficace della tacrina nell’indurre cambiamenti nei profili EEG. In un altro studio clinico multicentrico in doppio ceco, sono state valutate efficacia e sicurezza di EGb761® in pazienti affetti da morbo di Alzheimer e demenza multi-infartuale. Ai 309 pazienti è stato somministrato EGb761® (120 mg/die) o placebo per 52 settimane e, del numero totale alla fine del periodo di studio, sono stati ottenuti 202 dati valutabili; EGb761® è stato in grado di migliorare positivamente le prestazioni cognitive e le attività funzionali dei pazienti trattati (27% dei pazienti che avevano ricevuto il trattamento) rispetto quelli che avevano ricevuto il placebo, con effetto indipendente dall’età e dalla gravità dei sintomi al basale[16].
A livello vascolare, in uno studio in vivo con modello rappresentato da conigli, è stato dimostrato che EGb761® esercita effetti di dilatazione o costrizione sui vasi sanguigni dipendentemente dallo stato iniziale della vascolatura (cioè se inizialmente costretta provoca dilatazione e viceversa): l’estratto infatti è in grado di potenziare la concentrazione di noradrenalina, provocando la costrizione Ca2+ dipendente dell’aorta e della vena cava. Gli effetti vasodilatanti sembrano invece essere
dipendenti dall’endotelio, coinvolgendo meccanismi come inibizione delle MAO, agonismo β-adrenergico, aumento del sequestro di Ca2+, aumento della produzione di ossido nitrico e la diminuzione della perossidazione lipidica. In uno studio sul vasospasmo cerebrale condotto in vivo su conigli, l’estratto standardizzato di ginkgo è stato in grado di ridurre il vasospasmo indotto, facendo pensare ad una estensione della sua applicazione clinica nel trattamento di ictus, aterosclerosi cerebrale e sistemica, shock cardiogeno, anafilassi ed emicrania. Inoltre, è stato anche riportato che gli attivi presenti nella foglia di ginkgo migliora il flusso sanguigno cerebrale, stimolando la secrezione di norepinefrina[11][15][16].
Ginkgo ha anche attività a livello piastrinico: ne inibisce l’aggregazione, aumentando le concentrazioni di agenti trombolitici endoteliali, come NO e prostaciclina. In particolare il ginkgolide B ha dimostrato proprietà antiaggreganti, provocando inoltre una dissociazione quasi completa del fattore di attivazione piastrinico (PAF) legato[16].
Da questa ultima attività deriva l’ovvia avvertenza riguardo l’utilizzo in contemporanea con farmaci antiaggreganti piastrinici o anticoaugulanti, in quanto potrebbe portare a problematiche non di poco conto come sanguinamento o emorragie. Non sono riportati altri effetti collaterali alle dosi indicate mentre, se assunto a dosi elevate rispetto quelle raccomandate, può provocare disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini e accelerazione del battito cardiaco[17].
Riferimenti bibliografici
NUTRA
Questo fossile vivente, arrivato ai giorni nostri praticamente immutato e che nel corso del susseguirsi degli anni è riuscito a sopravvivere ad alcuni degli eventi più impattanti e catastrofici avvenuti sul nostro pianeta, oggi risulta essere una delle specie medicinali più utilizzate e vendute sia nel mercato nutraceutico (NUTRA) che in quello cosmetico (BEAUTY).
L’allegato 1 del decreto del 10 Agosto 2018 del Ministero della Salute, che regolamenta l’utilizzo delle specie vegetali all’interno degli integratori alimentari e dei preparati vegetali, per Ginkgo biloba L. permette l’utilizzo di foglie e gemme all’interno degli integratori, associando ai preparati che le contengono i claim salutistici “antiossidante, memoria e funzioni cognitive, normale circolazione del sangue e funzionalità del microcircolo”[17].
L’attività antiradicalica, oltre che livello cutaneo, può risultare utile anche ad altri livelli e in altri distretti del nostro organismo. Infatti, il fisiologico invecchiamento dell’organismo è caratterizzato dalla degenerazione dei sistemi cardiovascolare e nervoso dove, lo stress ossidativo accompagnato dalla diminuzione dei meccanismi endogeni antiossidanti, possono portare all’insorgenza di numerose patologie soprattutto di carattere neurologico. Come già visto precedentemente infatti, in diversi studi clinici gli estratti di ginkgo hanno dimostrato di migliorare la funzione mitocondriale e contrastare i danni ossidativi a livello centrale. Questi studi, insieme a dati che suggeriscono una certa protezione da infiammazione vascolare e dalla perdita della funzionalità neuronale, lasciano intendere come le preparazioni di ginkgo, anche nel campo dell’integrazione alimentare, possano avere un ruolo nella prevenzione nei pazienti anziani, aiutando il mantenimento delle normali funzioni cognitive[28].
In aggiunta, gli estratti di ginkgo rafforzano la vasoregolazione fisiologica del sistema nervoso simpatico sia direttamente, agendo sul rilascio di neuromediatori, sia indirettamente, inibendo la degradazione extraneuronale di questi ultimi da parte delle COMT. È stato infatti dimostrato che nell’endotelio arterioso, ginkgo è in grado di stimolare il rilascio di fattori rilassanti endogeni, come il fattore rilassante dell’endotelio (EDFR) e la prostaciclina. A livello venoso ha invece attività vasocostrittrice, mantenendo il tono parietale fondamentale per l’eliminazione dei metaboliti tossici che si possono, ad esempio, accumulare durante processi ischemici tissutali. È dunque in grado di contrastare i fenomeni che si instaurano conseguentemente allo spasmo vascolare e ripristinare la circolazione nelle zone soggette a paralisi vasomotoria[29].
L’insieme di tutte le attività descritte porta dunque a considerare il ginkgo efficace per il miglioramento dei principali sintomi associati all’età, anche in condizioni non patologiche, come diminuzione della memoria, mancanza di concentrazione, diminuzione della prontezza dei riflessi e vertigini[30].
Oggi, nel mercato degli integratori alimentari, sono molti i prodotti a base di ginkgo che vengono utilizzati sia per la prevenzione delle malattie neurodegenerative che per il supporto delle normali funzioni cognitive: si possono infatti trovare capsule e compresse, con titolazioni e dosi giornaliere prese dal riferimento di EGb761®: estratti titolati al 24% in ginkgoflavoni glicosidici e al 6% in derivati terpenici, dosaggio giornaliero minimo di 80-120 mg[31].
N.B.: “Se si stanno assumendo farmaci anticoagulanti o antiaggreganti piastrinici, consultare il medico prima di assumere il prodotto. Si sconsiglia l'uso del prodotto in gravidanza e durante l'allattamento”.
LO SAPEVI CHE…
- Per via della sua storia fatta di sopravvivenza e resilienza, Ginkgo è simbolo di immunità e resistenza[32].
- Il cattivo odore emanato dalle piante femmine deriva dal guscio carnoso dei frutti che a fine maturazione, vanno incontro a putrefazione, emanando uno sgradevolissimo odore[33].
- È il simbolo della città di Tokyo ed è reputata sacra dai buddisti[34].
- Fino alle scoperte di Kaempfer intorno alla fine del XVII secolo, era reputata una specie estinta, conosciuta solo tramite il ritrovamento dei sui fossili[35].
Riferimenti bibliografici
BEAUTY
Un così ricco complesso fitochimico, particolarmente caratterizzato dalla presenza dei flavonoidi, risulta oggi molto apprezzato e utilizzato all’interno di prodotti cosmetici, sfruttandone in particolare le proprietà antiossidanti, utili per contrastare l’aging cutaneo e i danni indotti dai raggi UV.
Le valutazioni dell’attività antiossidante e antiradicalica degli estratti di ginkgo sono state effettuate in diversi studi utilizzando differenti modelli in vitro, dai quali ne emerge un’attività paragonabile, se non superiore, all’acido urico: questo agente antiradicalico è, come ginkgo, in grado di intrappolare i radicali idrossilici e difenilpicril-idraizili (DPPH), ma non di inibire la perossidazione lipidica di membrana.
La valutazione in diversi studi della permeazione flavonoidica nella pelle umana dimostra come, epigagallocatechina-3-gallato e quercetina in particolare, oltre che permeare lo strato cutaneo, si vadano a distribuire tra epidermide e derma, presentando buona penetrazione e buona ritenzione[18][19].
Riferimenti bibliografici
Ormai appurata risulta essere anche la sua attività antinfiammatoria a livello cutaneo, operata prevalentemente dai costituenti flavonoidici, sinergicamente a tutto il fitocomplesso. Per quanto i meccanismi a livello cutaneo non siano ancora stati chiariti del tutto, è stato valutato che il fitocomplesso di ginkgo è in grado di inibire l’angiogenesi aberrante nell’eczema e nella psoriasi e di aumentare la funzionalità del microcircolo soprattutto nei processi di aging cutaneo.
Inoltre contribuisce al controllo degli stati pruriginosi nella dermatite atopica, sopprimendo la via di segnalazione JAK2/STAT3, fortemente implicata negli stati infiammatori[20]. In uno studio clinico condotto su 48 volontari sani, formulazioni a base di estratti di Ginkgo sono state applicate sull’avambraccio, valutando lo stato cutaneo prima dell’applicazione, dopo 3 ore, 15 e 30 giorni di trattamento. La valutazione istologica ha portato ad evidenziare un miglioramento dello spessore dell’epidermide vitale e del numero di strati cellulari, dovuti ad un miglioramento dell’idratazione degli strati più profondi della pelle, accompagnato da un maggior rinnovamento cellulare. Inoltre sono anche stati riscontrati miglioramenti dell’elasticità cutanea e della funzione di barriera[21].
Le malattie cutanee infiammatorie risultano spesso essere correlate ad una primaria iperproduzione di sebo: soprattutto in determinati fasi della vita, come durante la pubertà e periodi stressanti, l’aumento della produzione di molteplici fattori come androgeni, ormone di rilascio della corticotropina, vitamina D e IGF-1 (insulin-like growth factor-1), portano ad un aumento eccessivo dell’attività delle ghiandole sebacee, portando ad un aumento eccessivo della produzione di sebo e successiva ipercheritinizzazione del dotto pilosebaceo accompagnata dalla proliferazione di Proprionibacterium acnes, portando dunque alla malattia acneica. In diversi studi è stato visto che gli estratti di ginkgo, e particolarmente il biflavone isoginkgetina, sono in grado di inibire la produzione di IGF-1 nei sebociti, inibendo dunque una delle cause scatenanti l’iperproduzione di sebo. Inoltre è stato visto che l’isoginkgetina inibisce la fosforilazione, e dunque l’attivazione, della segnalazione pro-infiammatoria intracellulare mediata da AKT1 ed ERK1/2 indotta da IGF-1 nei sebociti, dimostrando dunque come gli estratti di ginkgo siano dei validi rimedi per il trattamento dell’acne e di altre problematiche cutanee a carattere infiammatorio[22].
Moltissimi sono i prodotti contenenti estratti di ginkgo presenti attualmente nel mercato cosmetico.
Da solo o in combinazione con altri prodotti vegetali, questa specie con qualche milione di anni, continua prendersi cura della bellezza della nostra pelle e non solo; è infatti possibile riscontrare la sua presenza in creme, pomate e gel riattivanti, in grado di migliorare il microcircolo fornendo anche un rapido sollievo delle zone interessate, migliorando il gonfiore e la pesantezza della zona interessata. In creme viso, indicata soprattutto per pelli sensibili e facilmente infiammabili, dove ginkgo esplica la sua azione proteggendo la cute da agenti esterni come raggi UV o sbalzi termici, anche e soprattutto grazie alla sua profonda attività idratante e ancora, in shampoo per la prevenzione della caduta dei capelli[23][24][25][26][27].
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