Ogni giorno, noi consumatori, entriamo in contatto con materiali nano attraverso prodotti di uso comune, spesso senza accorgercene. Creme solari, cosmetici, integratori alimentari e persino alcuni alimenti possono contenere queste microscopiche particelle. Noi sappiamo che le nanoparticelle o i nanomateriali rappresentano una frontiera promettente e complessa della scienza e della tecnologia. Sappiamo però davvero cosa sono, perché sono usati e come vengono regolati questi materiali nano nel mondo? Per capire meglio il contesto regolatorio, dobbiamo partire dal capire di cosa stiamo parlando.

I nanomateriali vengono definiti dalla Commissione Europea comemateriali con almeno il 50% delle particelle in numero con una o più dimensioni comprese tra 1 e 100 nanometri(1). Anche l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) fornisce una definizione specifica per questi materiali nel settore alimentare: "Nanomateriali ingegnerizzati sono definiti come materiali prodotti intenzionalmente con una o più dimensioni esterne, o una struttura interna, su una scala nanometrica, e che mostrano proprietà che differiscono da quelle del materiale non nanostrutturato". Ma cosa rende questi materiali così speciali e perché sono così diffusi in cosmetici e integratori alimentari?

Il formato nano offre numerosi vantaggi nei prodotti cosmetici e integratori alimentari perché, grazie alle loro dimensioni ridotte, garantiscono a materiali e sostanze performance irraggiungibili dalle loro “normali” dimensioni. Nei cosmetici, ad esempio, possono migliorare la penetrazione dei principi attivi nella pelle, aumentare la stabilità delle formulazioni e fornire effetti estetici migliori, come una texture più liscia e un assorbimento più rapido. Per fare degli esempi, tra le tipologie di nanoparticelle usate nella cosmesi possiamo trovare i liposomi (che proteggono l’attivo dalla degradazione e lo rilasciano in maniera controllata, avendo una buona interazione con il derma), i niosomi (nanovescicole incapsulanti molecole sia idrofobiche che idrofiliche) o ancora nanoemulsioni (dispersioni olio in acqua piccolissime) e dendrimeri (nanoparticelle con “bracci”) (2, 3).

Negli integratori alimentari, invece, come nei farmaci e nei dispositivi medici, i nanomateriali possono migliorare la biodisponibilità dei nutrienti, facilitando un assorbimento più efficiente e rapido da parte del corpo. Tradotta in termini più scientifici, si parla di effetto sull’ADME della sostanza, ossia una modulazione dell’assorbimento, della distribuzione, del metabolismo e dell’escrezione dei principi attivi nel corpo umano. Questo, ovviamente, ha anche un conseguente beneficio: serve meno prodotto per raggiungere lo stesso effetto (pensiamo alle potenzialità per i farmaci!).

Tuttavia, proprio queste caratteristiche che rendono il formato nano così utile hanno sollevato negli anni non pochi dubbi in merito alla loro sicurezza. La loro capacità di penetrare le barriere biologiche, come la pelle e le membrane cellulari, implica che possono essere assorbiti in modo diverso rispetto alle particelle più grandi ed arrivare in posti dove quelle più grandi non sono mai arrivate. Questo potenziale di assorbimento richiede, pertanto, una valutazione attenta dei rischi correlati a tale esposizione.

I nanomateriali possono interagire con le cellule e i tessuti in modi imprevedibili, causando effetti potenzialmente tossici. Negli anni alcuni studi hanno dimostrato che alcuni nanomateriali possono generare stress ossidativo, infiammazione e danni cellulari. Nell’uomo e nell’animale, la piccola dimensione dei nanomateriali consente loro di accedere a organi e tessuti che sarebbero inaccessibili alle particelle più grandi, aumentando il rischio di effetti sistemici.

Per mitigare questi rischi, le autorità regolatorie a livello globale, nonché la Commissione Europea e l'EFSA, hanno sviluppato linee guida specifiche per la valutazione della sicurezza dei nanomateriali, in diversi settori e a seconda dell’uso intenso dei prodotti. Per esempio, la Commissione Europea richiede che i prodotti contenenti nanomateriali siano chiaramente etichettati e che siano condotti test approfonditi per valutare la loro sicurezza (4, 5). EFSA, nel contesto degli alimenti e dei mangimi, ha elaborato due principali linee guida tecniche che specificano i requisiti per stabilire la presenza di piccole particelle, inclusi i nanomateriali, e per la valutazione di nuovi ingredienti alimentari. Tali linee guida si concentrano su vari aspetti, tra cui la caratterizzazione fisico-chimica, la valutazione del potenziale di esposizione umana e la conduzione di studi tossicologici ad hoc per il formato nano dei prodotti (6, 7).

Un aspetto interessante nell'ambito dei nanomateriali è il loro ruolo nei nuovi alimenti, anche detti Novel Food (8). L’Unione Europea definisce nuovi alimenti gli alimenti che non sono stati consumati in modo significativo nell'Unione Europea prima del 15 maggio 1997. Questo può comprendere alimenti nuovi, fonti di cibo innovative, sostanze utilizzate nel cibo con nuove modalità o tecnologie di produzione, e anche ingredienti esistenti in dimensioni o forme nuove. In quest’ultima categoria possono ricadere ingredienti in formato nano.

Questo implica che tali prodotti nano, come tutti i Novel Food (es. insetti, carne coltivata, per citarne due famosi) devono essere sottoposti a una rigorosa valutazione di sicurezza prima di poter essere immessi sul mercato europeo e finire sulle tavole dei consumatori.

I nanomateriali rappresentano una frontiera entusiasmante della scienza, con potenzialità enormi per migliorare la qualità dei prodotti cosmetici e alimentari. Tuttavia, è essenziale che il loro utilizzo sia accompagnato da una rigorosa valutazione della sicurezza e da una regolamentazione chiara per proteggere la salute dei consumatori. Guardando al futuro, la sfida sarà bilanciare la corsa dell’innovazione con la sicurezza e la trasparenza verso il consumatore.

La dimensione del futuro: il mondo “nano”

Riferimenti bibliografici

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