BIOACCESSIBILITÀ E NOVEL FOOD STATUS

BIODISPONIBILITÀ, ACCESSIBILITÀ, DEGRADAZIONE, TEST E METODI

Per avere un'azione nutrizionale o fisiologica sull'organismo umano, le sostanze presenti negli integratori alimentari devono raggiungere la parte rilevante dell'organismo. Per affrontare questo tema, considerando la similitudine tra le forme galeniche in cui vengono venduti integratori alimentari e farmaci somministrati per via orale, è possibile fare riferimento agli obblighi e alle migliori pratiche previsti per l’industria farmaceutica. Nell'Unione Europea, la regolamentazione dei farmaci comporta requisiti rigorosi per garantire la loro sicurezza, efficacia e qualità, con una notevole attenzione al rispetto delle linee guida dell'International Council for Harmonisation (ICH) (1).

Un aspetto critico di questa regolamentazione riguarda la dissoluzione dei farmaci, che si riferisce al processo mediante il quale un farmaco si dissolve nei fluidi del corpo dopo la somministrazione. La dissoluzione è un fattore chiave per determinare la velocità e l'entità con cui il principio attivo diventa disponibile nel sito d'azione. Per soddisfare gli standard imposti dalla legge, i farmaci devono dimostrare profili di dissoluzione coerenti e riproducibili, tipicamente valutati attraverso test in vitro che simulano le condizioni fisiologiche. Questi test garantiscono che il farmaco rilasci il principio attivo in modo controllato, in linea con gli obiettivi terapeutici previsti. L'ICH Q4B Allegato 7 (2) affronta specificamente il test di dissoluzione, garantendo metodi standardizzati tra le diverse regioni regolatorie.

Con disgregazione si intende il processo mediante il quale una forma di dosaggio orale solida, come una compressa o una capsula, si rompe in frammenti più piccoli nel tratto gastrointestinale. Questo passaggio è cruciale perché precede la dissoluzione: un farmaco deve infatti disgregarsi prima di poter dissolversi ed essere assorbito nel flusso sanguigno. L'UE richiede che i farmaci siano sottoposti a test di disgregazione per garantire che si disgreghino entro un tempo specificato in condizioni standard, il che aiuta a prevedere quanto rapidamente il farmaco inizierà a dissolversi e diventare disponibile per l'assorbimento. L'ICH Q4B Allegato 5 (3) delinea le procedure standard per il test di disgregazione, garantendo uniformità e affidabilità in queste valutazioni.

La friabilitàdelle compresse è un altro attributo critico di qualità che si riferisce alla tendenza di una compressa a sbriciolarsi o rompersi sotto stress meccanico. Questa proprietà è importante perché influisce sull'integrità fisica della compressa durante le fasi di imballo, manipolazione e trasporto. L'UE richiede che le compresse soddisfino specifici criteri di friabilità per garantire che rimangano integre ed efficaci fino ad essere utilizzabili da parte di un paziente. L'ICH Q4B Allegato 9 (4) fornisce linee guida per la conduzione dei test di friabilità delle compresse, garantendo che le compresse possiedano una resistenza meccanica e una durabilità adeguate.

Con bioaccessibilità, in contesto farmaceutico, ci si riferisce alla frazione di una dose somministrata che raggiunge la circolazione sistemica e diventa disponibile nel sito d'azione. Questo processo coinvolge non solo la dissoluzione del farmaco, ma anche il suo assorbimento attraverso le membrane biologiche. L'UE richiede che i farmaci siano sottoposti a studi farmacocinetici approfonditi per valutare la bioaccessibilità, che includano la valutazione dell'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione del farmaco. Questi studi aiutano a comprendere come il farmaco si comporta nel corpo umano e a determinare i regimi di dosaggio appropriati per ottenere gli effetti terapeutici indicati. Le linee guida fornite dall'ICH, incluse quelle disponibili negli allegati ICH Q4B, garantiscono approcci standardizzati e armonizzati a queste valutazioni farmacocinetiche.

La biodisponibilità è un concetto correlato che misura l'entità e la velocità con cui il principio attivo del farmaco viene assorbito e diventa disponibile nel sito d'azione. Un'alta biodisponibilità è indispensabile per garantire che il farmaco possa esercitare il suo effetto previsto. L'UE richiede che la biodisponibilità sia stabilita attraverso studi clinici, in particolare per le nuove domande di farmaci, ma anche per i farmaci generici e per alcune modifiche alla formulazione. Gli studi di bioequivalenza sono inoltre necessari per i farmaci generici per dimostrare che hanno la stessa biodisponibilità del farmaco brevettato. Questi requisiti garantiscono che i farmaci forniscano il beneficio terapeutico previsto in modo coerente e sicuro alle diverse popolazioni di pazienti. Le linee guida delineate in vari Allegati ICH Q4B, come l'Allegato 6 (5) per l'uniformità delle unità di dosaggio e l'Allegato 13 (6) per la densità apparente e la densità battuta delle polveri, contribuiscono a garantire che i prodotti farmaceutici soddisfino questi rigorosi standard di biodisponibilità.

CHE COSA DICE LA LEGGE: TRA OBBLIGHI E POSSIBILITÀ

Come noto, ai sensi della Direttiva. (CE) 2002/46 (7), gli integratori alimentari sono alimenti e come tali devono rispettare il quadro normativo previsto dal diritto alimentare, anche nel garantire igiene, sicurezza e qualità. È altrettanto noto che l’Operatore del Settore Alimentare (OSA) è responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo ai sensi del Regolamento quadro sugli alimenti, il Reg. (CE) 178/2002 (8).

Uno degli obblighi principali riguarda l'etichettatura degli integratori alimentari, che deve prevedere una dichiarazione delle quantità effettive delle sostanze nutritive contenute. Secondo gli articoli 2 e 6 del Decreto Legislativo 169/2004 (9), che recepisce in Italia la Dir. (CE) 2002/46, le quantità indicate in etichetta devono corrispondere entro una certa tolleranza al contenuto reale, basandosi su dati analitici medi, come richiesto dall'articolo 8 dello stesso decreto. La mancata conformità a queste disposizioni può comportare sanzioni amministrative significative, variabili tra tremila e cinquecento e ventimila euro, secondo quanto previsto dall'articolo 15 del citato decreto. In altri Stati membri dell'UE, i controlli sulla stabilità dei valori dichiarati sono più frequenti, il che può comportare “sorprese amare” nel caso in cui non venga garantita la stabilità dei prodotti.

Un altro obbligo normativo riguarda la presenza e la biodisponibilità effettiva delle sostanze, specialmente in caso di claim nutrizionali o sulla salute, come stabilito dall'articolo 5 del Regolamento 1924/2006 (10). La non conformità è punita dagli articoli 8 e 10 del Decreto Legislativo 27/2017 (11). Di conseguenza, è essenziale predisporre procedure e controlli rigorosi per garantire che le sostanze dichiarate siano realmente presenti e biodisponibili. Lo stesso Ministero della Salute, in una nota dell’aprile 2022 (12) raccomanda agli operatori un’attenzione particolare nel monitorare la disgregazione delle compresse, facendo riferimento ai test raccomandati dalla farmacopea per i farmaci.

I VANTI PUBBLICITARI

La comunicazione delle informazioni sugli alimenti deve essere leale e non ingannevole, secondo l'articolo 7 del Regolamento 1169/2011 (13). Le informazioni fornite non devono indurre in errore i consumatori riguardo alle caratteristiche del prodotto, come natura, identità, proprietà, composizione, quantità, durata di conservazione, paese d'origine o metodo di produzione. Inoltre, non devono attribuire effetti o proprietà che il prodotto non possiede, né suggerire che l'alimento possieda caratteristiche particolari se in realtà sono comuni a tutti gli alimenti analoghi. Le informazioni devono essere precise, chiare e facilmente comprensibili, e si applicano anche alla pubblicità e alla presentazione del prodotto, inclusi forma, aspetto, imballaggio e contesto di esposizione.

Le informazioni aggiuntive sugli alimenti, fornite su base volontaria, devono anch'esse soddisfare i requisiti di non ingannevolezza, non ambiguità e basarsi su dati scientifici pertinenti, come specificato all'articolo 36 del Regolamento 1169/2011(13). In particolare, i claim relativi a test e verifiche, soprattutto se non certificati da terze parti secondo norme tecniche volontarie, devono rispettare l'articolo 23 lettera d del Codice del consumo (14), che vieta false attestazioni di approvazione da parte di organismi pubblici o privati. La diligenza professionale richiede che eventuali approvazioni siano ottenute attraverso attività verificabili da terzi e rilasciate secondo criteri non discriminatori.

I claim comparativi e sulla salute richiedono un'attenzione particolare poiché disciplinati in maniera specifica e delicata. Ad esempio, affermazioni come “maggiore disponibilità” devono essere supportate da evidenze solide e autorizzate ai sensi del Regolamento 1924/2006.

Scorrendo il Reg. (CE) n. 2073/2005 (5) sui criteri microbiologici, non si identifica una categoria specifica per gli integratori alimentari, anche se in linea di principio alcune categorie, come quelle definite per Listeria, possono riguardare anche questi prodotti alimentari. Il motivo è che in effetti la frequenza degli episodi di tossinfezione associati agli integratori alimentari è bassa. Questo non significa che i rischi microbiologici non debbano essere controllati attraverso le buone pratiche, con limiti e controlli adeguati. In particolare, i prodotti naturali derivati dalle piante sono spesso molto esposti perché i metodi di riduzione della contaminazione microbica non sono sempre adeguati, e l’irraggiamento è proibito nella UE.

CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA

Molto spesso la sicurezza degli integratori alimentari non viene messa in discussione rispetto a contaminazioni biologiche, chimiche o fisiche (corpi estranei) ma propriamente riguardo ai componenti aggiunti. Dal tè verde alle monacoline alle piante contenenti berberina, sono molte le sostanze regolamentate e in corso di valutazione a livello europeo, per fare alcuni esempi. In questo caso, l’operatore della sicurezza alimentare è chiamato ad una valutazione approfondita e consapevole, anche alla luce dei dati di nutrivigilanza che in questi anni stanno diventando un elemento trainante della regolamentazione.

Anche i novel food possono compromettere la sicurezza di un integratore alimentare, e questo è diventato un motivo ricorrente di richiami nel settore.

LA SICUREZZA INTRINSECA

BIODISPONIBILITÀ E NOVEL FOOD STATUS

Rispetto alla maggiore e aumentata disponibilità è necessario valutare le tecniche di fabbricazione che permettono di raggiungere questo risultato. Da una parte, infatti, l’Operatore del Settore Alimentare deve preoccuparsi di garantire in ogni situazione la sicurezza del prodotto che immette in commercio, dall’altra parte è necessario che l’operatore valuti se per il nutriente presentato in una forma che ne aumenta la biodisponibilità si possa dimostrare una significativa storia di consumo nel territorio dell’UE anteriore al 1997 rispetto al nutriente presentato in forma tradizionale, così come richiesto dal Reg. (EU) 2015/2283 (15). Un processo di fabbricazione innovativo, studiato per aumentare la biodisponibilità del nutriente, potrebbe portare alla classificazione dell’ingrediente come novel food e richiedere quindi un lungo processo di autorizzazione prima dell’immissione in commercio. È questo, per esempio, il caso delle curcumine, la cui storia di consumo prima del 1997 è stata confermata negli integratori alimentari, ma, così come chiarito dalla Nota del Ministero della Salute, qualsiasi processo che aumenti la solubilità o la biodisponibilità potrebbe tuttavia essere soggetto al regolamento sui nuovi alimenti (16). Un caso simile è quello della Vitamina C presentata in forma liposomiale: il Chief Sanitary Inspector polacco, l’autorità incaricata di valutare il novel food status dell’acido ascorbico presentato in forma liposomiale, ha tenuto conto non solo delle sostanze incluse nella formula dell’ingrediente (inulina e lecitina di girasole), ma anche del processo di fabbricazione, giungendo alla conclusione che per tutti era effettivamente dimostrabile una storia di consumo significativa all’interno dell’Unione (17). È interessante notare che alcuni Stati Membri hanno adottato un'interpretazione rigorosa di questa consultazione, limitandone la validità alla sola vitamina C. Altri nutrienti, quando presentati in forma liposomiale, sono stati respinti, considerati novel food non autorizzati.

Riferimenti bibliografici

LUCILLA CARICCHIO        LUCA BUCCHINI
Hylobates Consulting srl | Italia

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