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Melagrana

UTILIZZO A TAVOLA

Con una storia di utilizzo risalente a quasi 5000 anni fa, la melagrana, ossia il frutto di Punica granatum L., affonda saldamente le sue radici nel passato. Il nome melagrana deriva dal latino “malum granatum”, ossia mela dai piccoli semi e sembra provenire da quella che un tempo era la Persia, dove cresceva spontaneamente e molto facilmente lungo i pendii rocciosi. Di fatto, le testimonianze più antiche provengono proprio dall’area mesopotamica: pare infatti che, intorno al 3500-3000 a.C., tra il Tigri e l’Eufrate, la melagrana fosse simbolo di potere, tanto che essa veniva disegnata per indicare il possesso di un bene.

Questo frutto era molto comune anche nell’antico Egitto, dove era visto come simbolo di fertilità; resti essiccati di melagrana sono stati ritrovati in numerosi luoghi di sepoltura, tra cui la tomba del faraone Ramses IV (1149 a.C. ca.). La sua diffusione in Europa la si deve successivamente a Fenici ed Arabi: nello specifico quest’ultimi ne attribuivano grande importanza e si ritiene che, introducendo la specie in Spagna, in suo onore diedero il nome alla città di Granada. 

Non solo frutto mitologico, ma anche simbolo religioso: infatti lo ritroviamo all’interno della Bibbia come simbolo di amore, fertilità e vitalità, in particolare all’interno del “Cantico dei Cantici”, dove si può leggere “Persino nel giardino, luogo dell’amore, fioriscono i melograni. Lo sposo che cerca la sposa va a vedere se nel giardino sono sorti i germogli". Anche Sandro Botticelli (1445-1510) rimase infinitamente attratto dal simbolismo di questo frutto come visibile nella sua “La Madonna della Melagrana”, dove il frutto viene posto nella mano della Madonna al centro dell’opera, a voler rappresentare il sangue versato dal figlio in favore dell’umanità (1, 2, 3, 4).

Oltre al simbolismo e alle leggende, numerosi sono anche gli utilizzi tradizionali ed etnobotanici che emergono dalle più disparate e remote civiltà. I primi cenni sull’uso del melograno per scopi curativi risalgono già ai tempi degli antichi egizi (papiro di Ebers, 1550 a.C.), i quali utilizzavano le radici della pianta per ottenere preparati antielmintici (5). Ippocrate, invece, evidenziò soprattutto le proprietà antinfiammatorie e astringenti del frutto, indicandone alcuni usi sia specifici nella donna (in caso di leucorrea, per lavande genitali, ecc.) che non (effetti febbrifugo e antinfiammatorio, foglie in cataplasmi per curare ferite). In seguito, Dioscoride prima e Galeno poi, ampliarono la lista delle possibili parti utilizzabili (si ritrovano melagrane intere, buccia, chicchi, succo e anche fiori) e delle applicazioni dei preparati, comprendendo affezioni topiche (ulcere, otiti, riniti) e usi a livello genitale, gastro-intestinale (antidissenterico, antielmintico) e buccale (ulcere, gengiviti, problemi dentali) (6).

Con l’arrivo della stagione autunnale (se vogliamo, dovuta alla discesa negli inferi di Persefone), ecco che sulle nostre tavole appare questo delizioso frutto nelle più svariate forme e nei più fantasiosi accostamenti.

Gli arilli della melagrana, ossia i semi circondati dalla polpa rossa, grazie alla loro ridotta dimensione e al loro inconfondibile sapore, a metà tra l’acido e il dolce, possono essere facilmente accostati ed abbinati praticamente a qualsiasi piatto, che esso sia un primo, un secondo, un contorno o un dolce, oppure spremuti per ricavarne un succo o, ancora, utilizzati per preparare marmellate e confetture. Insomma, questo frutto può deliziare i nostri appetiti in base alle nostre più fantasiose esigenze.

Qualsiasi portata si voglia gustare, l’ovvio e primo passo da effettuare consiste nella sgranatura, ossia la rimozione dei chicchi dalla scorza esterna dopo l’apertura: questa operazione può sembrare spesso noiosa e difficoltosa. In realtà esiste un procedimento che risulta essere molto veloce e che consente di rimuovere in modo pratico tutti gli arilli:

  • si praticano 2 tagli orizzontali in modo da dividere il frutto in 3 sezioni, una superiore, una centrale ed una inferiore, incidendo soltanto la scorza e non tutto il frutto
  • si rimuovono meccanicamente le due calotte (superiore e inferiore)
  • si pratica un taglio verticale sulla rimanente parte centrale e la si rimuove, liberando tutti gli arilli.

A questo punto gli arilli possono essere spremuti, in modo da gustarsi un ottimo e fresco succo, o utilizzati come tali, senza bisogno di cottura, per accostarli ad insalate, carni e altro ancora.

Riferimenti bibliografici

L’antica civiltà greca rese questo frutto parte integrante di numerosi miti e leggende, la più nota delle quali vede Persefone, figlia di Zeus e Demetra, rapita da Ade, il signore dell’oltretomba e degli Inferi. Costretta a mangiare 6 chicchi di melagrana, la giovane fu da quel momento obbligata a passare 6 mesi all’anno nel regno dei morti, causando la tristezza della madre. Infatti, Demetra, custode della natura e dei raccolti, faceva rifiorire la natura nei 6 mesi in compagnia della figlia, mentre nei restanti mesi in cui ella era assente, per la disperazione, determinava la caduta delle foglie dagli alberi, imponendo in questo modo l’annuale alternanza delle quattro stagioni. Altra storia della mitologia greca vede Dioniso, figlio illegittimo di Zeus, rapito dai Titani per ordine di Era, ormai stanca dei continui tradimenti del marito. Leggenda vuole che Dionisio venne fatto a pezzi e messo a bollire in un calderone: da qui, una goccia del suo sangue cadde a terra e da essa nacque il primo albero di melograno.

UTILIZZO IN TERAPIA

I numerosi usi tradizionali del passato, uniti al costante progresso ed alla sempre maggior attenzione a riguardo da parte della comunità scientifica, hanno fatto sì che esistano buone e consolidate basi scientifiche riguardanti le attività terapeutiche di questa specie. Ad oggi, P. granatum presenta due monografie redatte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Secondo la monografia Cortex Granati (corteccia di radice o tronco essiccata), il contenuto in alcaloidi totali non deve essere inferiore allo 0,4% e i preparati ottenibili sono indicati per il trattamento di diarrea (decotto di 3-9 g/die) e/o parassiti intestinali (20 g/die di estratto fluido 1:1 di corteccia di radice in etanolo 59° per infestazioni da tenia). In Pericarpium Granati (pericarpo essiccato delle bacche), invece, si specifica che il contenuto in tannini totali non deve essere inferiore al 10% e vengono segnalati come utilizzi le terapie contro diarrea cronica, dissenteria, gengiviti e parassiti intestinali (dosi, se non indicato diversamente, che vanno dai 2,5 ai 4,5 g/die) (16).

La ricerca sta cercando di espandere le possibilità di utilizzo del melograno studiandone ulteriori possibili attività, oltre a confermare quelle derivanti dalla tradizione d’uso (17).

L’attività antimicrobica di questa specie è stata avvalorata osservando sia un importante potere antibatterico degli estratti etanolici della buccia (attivi sia su Gram-positivi che su Gram-negativi), sia una forte azione antifungina degli estratti etanolici delle foglie (funghi comuni come Candida albicans e Aspergillus niger). Soprattutto per quanto riguarda l’effetto antibatterico, l’azione degli estratti è stata associata principalmente alla presenza di punicalagina, la quale si è mostrata essere un potente agente batteriostatico per una moltitudine di specie differenti (18, 19, 20).

Gli acidi caffeico ed ellagico, insieme a luteolina e punicalagina, sono in grado di inibire la replicazione dell’RNA virale (21) e sembrano essere i primi responsabili delle proprietà antivirali del melograno, che sono state osservate con ottimi risultati anche sul virus Mayaro (22) ed un norovirus umano (23). Inoltre, si sono ottenuti risultati promettenti anche nella prevenzione e nel trattamento delle infezioni da SARS-CoV-2 utilizzando frazioni polifenoliche estratte dalle melagrane (24, 25).

Riferimenti bibliografici

BOTANICA E FITOCHIMICA

Punica granatum L., l’albero della melagrana, comunemente denominato melograno, è un arbusto della famiglia delle Punicaceae, oggi rinominata Lythraceae. Si tratta di una specie in grado di adattarsi con estrema facilità a diverse condizioni climatiche, anche se le condizioni ottimali per lo sviluppo della cultivar mediterranea sono determinate da inverni freddi ed estati calde e secche (7). Attualmente è coltivata in molte aree di tutti i continenti: sono infatti note coltivazioni in Georgia, Cina, Afghanistan, ma anche USA, Perù, Cile, Argentina, Australia e Sud Africa (8).

A livello tassonomico, tale specie vegetale appartiene al sotto-regno delle Tracheobionta, ovvero piante dotate di un sistema di trasporto della linfa ben definito, paragonabile al sistema vascolare del corpo umano: lo xilema gestisce il trasporto della linfa grezza dall’apparato radicale verso le foglie, mentre il floema è deputato a fornire i prodotti della fotosintesi e il nutrimento a tutta la pianta. È inclusa nella superdivisione Spermatophyta, divisione Magnoliophyta e classe delle Magnoliopsida, pertanto si definisce come dicotiledone in grado di produrre fiori e dotata di semi (9).

Solitamente questa specie non supera i 4-5 metri di altezza, presenta rami con spine che talvolta possono essere in posizione apicale e una corteccia squamosa alla base, della quale sono spesso visibili dei polloni radicali, ossia giovani germogli che spuntano spontaneamente dalle radici; essi vengono sfruttati per la propagazione dell’arbusto stesso in ambito agricolo e la loro presenza concorre a definire la pianta pollonante. Tuttavia, nel caso in cui non siano utilizzati, è buona norma rimuoverli in modo da garantire un apporto di nutrienti ottimale alla pianta principale, garantendone così una crescita uniforme (10).

Le foglie hanno un gambo corto, sono larghe circa 3 cm e la lunghezza varia da 2 a 9 cm in relazione all’età della pianta; le foglie più giovani sono rossastre, mentre le altre assumono una colorazione verde brillante.

Appare molto evidente il contrasto cromatico con il rosso cangiante dei fiori, che possono essere da 2 a 7 per ogni ramo e hanno una peculiare forma a imbuto, con sepali a punta e numerosi stami (11).

Nonostante ci si riferisca comunemente alla melagrana con l’appellativo di frutto, a livello botanico essa rappresenta un falso frutto, poiché derivante dalla maturazione di altre porzioni della pianta diverse dall’ovario. Ha una forma rotondeggiante, è protetta da una scorza coriacea giallo-rossastra ricoperta da uno stratto molto sottile di colore rosa a intensità variabile, e presenta una base coronata, derivante dal calice fiorale deciduo (11). La membrana coriacea nella porzione interna, la cosiddetta cica, permette di distinguere varie sacche dal sapore amaro, ognuna delle quali contiene una porzione di polpa, che potremmo descrivere come analogo all’endocarpo dei frutti, e numerosi semi. Come già anticipato, la derivazione è infatti di origine latina da malum e granatum, ovvero “mela con semi”, per la presenza degli arilli, i quali possono arrivare fino a 600 unità per ogni singola melagrana (9).

Punica granatum L. è uno straordinario esempio delle potenzialità del mondo naturale nel creare ricchezza in contenuto di sostanze bioattive. Come ci dimostrano i numerosi dati presenti in letteratura, possiamo infatti riscontrare (8, 9, 12, 13, 14, 15):

Riferimenti bibliografici

NUTRA

Numerosi studi scientifici hanno evidenziato come il consumo di preparati a base di melagrana, quali succo o integratori contenenti estratti del frutto, possa apportare benefici per la salute intestinale e cardiometabolica. Il suo valore nutraceutico è da ricondursi soprattutto al contenuto di composti chimici secondari. Infatti, dal punto di vista nutrizionale, la melagrana non spicca per il suo apporto di macro e micronutrienti. La parte edibile (59%) è composta principalmente da acqua, mentre dal punto di vista energetico prevalgono carboidrati (88%), seguiti dalla fibra (6%) e da una minima parte di proteine e lipidi. Quindi, la melagrana ha una bassa densità calorica: una porzione (150 g) fornisce appena 102 Kcal, dovute principalmente al contenuto di zuccheri solubili (15,9%). Anche minerali e vitamine si ritrovano in basse quantità. Di conseguenza, nell’ottica nutrizionale, la melagrana può essere assolutamente introdotta nella dieta autunnale e invernale, come alimento a basso tenore energetico (62).

Il Ministero della Salute associa come claim salutistici “attività antiossidante” al frutto intero e “regolarità del transito intestinale” e “funzionalità del sistema digerente” alla parte non commestibile, ossia al pericarpo. Infatti, è stato dimostrato come i polifenoli della melagrana siano in grado di modificare positivamente il microbiota intestinale, agendo quindi da prebiotici. In particolare, l’assunzione di melagrana promuove la proliferazione dei benefici bifidi e lattobacilli, mentre contrasta batteri dannosi quali batterioidi e clostridi. D’altra parte, il microbiota è in grado di biotrasformare i composti fenolici della melagrana. Ad esempio, alcune specie operano la trasformazione della punicalagina in acido ellagico e urolitina; quest’ultima ha un’azione antinfiammatoria e contribuisce a rafforzare la barriera intestinale (63).

Un effetto simile è stato recentemente verificato in uno studio clinico svolto su 68 soggetti obesi o in sovrappeso, cui sono stati casualmente somministrati 200 mL al giorno di succo di melagrana contenente inulina, oppure placebo, per tre settimane. Al termine del trattamento, i soggetti che avevano assunto il succo di melagrana avevano una flora batterica intestinale più abbondante e con una maggiore produzione di acidi grassi a catena corta (noti per la loro azione favorevole, sia locale che sistemica), rispetto al gruppo placebo (64).

Il succo di melagrana, ricco in polifenoli, è risultato altresì benefico nel caso di disturbi cardiometabolici. Una metanalisi condotta su 14 studi clinici ha rivelato che l’assunzione a breve termine (<2 mesi) del succo porta a una riduzione dei valori di pressione sia diastolica che sistolica[65]. Inoltre, in soggetti affetti da steatosi epatica non alcolica, la supplementazione di estratto secco da bucce di melagrana, in concomitanza a un deficit calorico, ha mostrato effetti molto positivi verso i principali fattori di rischio metabolico, andando a migliorare non solo i parametri epatici, ma anche il profilo lipidico, glucidico e i parametri antropometrici (66).

Infine, succo ed estratto di melagrana si sono dimostrati promettenti in pazienti con cancro alla prostata, andando a rallentare l’aumento dei livelli di antigene prostatico specifico, marcatore di questo tipo di tumore (67). Certamente, per il cancro alla prostata, come per altri tipi di tumore su cui questa pianta è stata testata, sono necessari ulteriori prove scientifiche, avvalorate da studi di qualità, allo scopo di valutare con maggior cura il reale beneficio nutraceutico che la melagrana può apportare.

In commercio, per l’integrazione alimentare, si trovano:

  • succo di melograno
  • capsule di estratto secco (61, 68).

LO SAPEVI CHE…

  • IL FRUTTO DEI MATRIMONI: si dice che le spose ateniesi mangiassero i semi di melagrana per ottenere fertilità e prosperità, mentre quelle romane, per le stesse motivazioni, intrecciassero tra i loro capelli i rami del melograno. In Cina i novelli sposi consumavano la melagrana per benedire le loro nozze, mentre le spose in Turchia lanciavano a terra il frutto e contavano i chicchi che ne uscivano per scoprire quanti figli avrebbero avuto. Un’altra tradizione proveniente dalla Dalmazia voleva che lo sposo, come gesto propiziatorio e beneaugurante, trasferisse dal giardino del suocero a quello della casa degli sposi una pianta di melograno.
  • In Grecia, il primo di Gennaio, è usanza che il primo ospite, entrando in casa, getti a terra una melagrana, rompendola. Maggiori saranno i chicchi che si spargeranno, maggiore sarà la fortuna che toccherà ai padroni di casa.
  • Anche in molte regioni d’Italia, a Capodanno, è tradizione mangiare questo frutto per scaramanzia, ma in pochi sanno che……… è dal colore dei suoi semi che deriva l’usanza benaugurale di mettere indumenti intimi durante il cenone di San Silvestro.

Riferimenti bibliografici

BEAUTY

Punica granatum L., grazie alla ricchezza e all’eterogeneità del fitocomplesso, con una storia di utilizzi tradizionali plurimillenaria, trova ovviamente posto in quelli che sono i settori principe di questa rubrica: il cosmetico (BEAUTY) e il nutraceutico (NUTRA).

Come ampiamente discusso, la melagrana è stata adoperata nei secoli per trattare numerosi disturbi. Perciò, non stupisce che questo frutto trovi molteplici applicazioni anche in ambito cosmetico. Si pensi che, nella medicina tradizionale islamica, preparati a base del frutto e dei fiori di melograno venivano comunemente impiegati per trattare problematiche della pelle e per facilitare la rimarginazione delle ferite, grazie alla loro spiccata astringenza (48).

Riferimenti bibliografici

Al giorno d’oggi, la valorizzazione del melograno in ambito cosmetico e nutraceutico è certamente incentivata dall’ingente materiale di scarto che viene ottenuto dopo la spremitura dei frutti per l’estrazione del succo. Tale sottoprodotto è costituito da buccia e semi, che costituiscono rispettivamente ben il 43% e l’11% del frutto e che sono ancora ricchi di preziosi composti bioattivi (49).

In particolare, la melagrana è uno dei frutti più ricchi, principalmente nella buccia, di acido ellagico e dei derivanti tannini idrolizzabili, noti agenti antiossidanti e protettivi verso lo stress ossidativo cui la pelle è costantemente sottoposta. Inoltre, l’acido ellagico è approvato come ingrediente nei prodotti cosmetici in virtù della sua attività sbiancante, mediata dalla sua capacità di legare ioni rame, bloccando quindi l’attività dell’enzima tirosinasi che sintetizza la melanina (50).

Infatti, in uno studio condotto su cavia, un estratto di bucce di melagrana (90% acido ellagico), somministrato oralmente agli animali sottoposti a pigmentazione della pelle UV-indotta, ha dimostrato un effetto sbiancante comparabile a quello della vitamina C (51).

La melagrana possiede, inoltre, un effetto anti-age e anti-smagliature, andando a contrastare le rughe e aumentando l’elasticità della pelle. Ad esempio, uno studio clinico ha dimostrato che un estratto polisaccaridico di melagrana inibisce la glicazione delle proteine, fattore che, nella pelle, porta alla degradazione del collagene e, quindi, al deterioramento dell’elasticità cutanea (52).

Anche l’olio ricavato dalla spremitura dei semi di melagrana (resa variabile dal 7,5 al 20%) risulta benefico per la salute della pelle. Se il processo di produzione dell’olio viene effettuato attraverso il metodo tradizionale (spremitura), utilizzato anche nel settore oleario per i frutti di Olea europaea L. (le olive), le caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche vengono mantenute inalterate, ed è da preferire rispetto all’estrazione con solvente organico, in cui si impiega comunemente l’esano (28) L’olio che si ricava dal metodo tradizionale è ricco di acido punico, con percentuale variabile dal 60 all’80%, mentre un 10% è costituito dall’acido oleico e circa un 30% dall’acido linoleico (21). Svariate formulazioni preparate con tale olio si sono dimostrate efficaci per alleviare l’infiammazione, lo stress ossidativo e il danno al DNA causato dalle radiazioni UVB (53, 54). In un ulteriore studio svolto su 20 volontari, una crema al 4% in olio di semi di melagrana ha mostrato un effetto anti-smagliature, andando a migliorare l’idratazione e l’elasticità dello strato corneo, nonché lo spessore del derma, dopo 6 settimane di trattamento (55).


L’uso antico della melagrana per rimarginare le ferite è stato confermato da moderni studi scientifici. In modelli murini, è stato notato come un estratto di bucce di melagrana diminuisse l’infiltrazione di cellule infiammatorie nei tessuti danneggiati e, contemporaneamente, aumentasse la sintesi di collagene, favorendo così la rimarginazione della ferita (56). Infine, non va dimenticata la spiccata attività antimicrobica della melagrana, che inibisce la crescita di numerosi funghi dermatofiti responsabili di infezioni a unghie, cute e cuoio capelluto. Sembra che la già citata punicalagina contribuisca maggiormente a questo effetto benefico (57).


Visti gli innumerevoli benefici della melagrana, si ritrovano in commercio altrettanti prodotti per la cura del corpo e del viso, come:

  • creme viso anti-age
  • creme contorno occhi
  • sieri viso
  • balsami labbra
  • creme corpo
  • shampoo
  • balsamo capelli
  • capsule di estratto secco (spesso titolato in acido ellagico) (58, 59, 60, 61).

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Riprendendo dagli utilizzi storici, diversi studi si sono soffermati sull’attività antiparassitaria del melograno. Molti studi in vivo su diversi capi di bestiame hanno spesso confermato questa azione. Ad esempio, estratti di bucce di melagrane hanno mostrato ragguardevoli effetti ovicidi, larvicidi e adulticidi contro H. contortus (26), presumibilmente dovuti alla componente tanninica che interferirebbe con la fosforilazione e la sintesi di ATP in questo nematode (27).

Ancora, vari estratti si sono dimostrati anche validi antiprotozoari (28), tenifughi/tenicidi (29) e anti-trematodi (30), con le componenti che si dimostrano ugualmente efficaci senza l’applicazione di complesse tecniche di estrazione (sufficiente macerato a temperatura ambiente delle bacche) (31). Per quanto riguarda, nello specifico, Taenia solium, l’alcaloide pelletierina (o punicina), estraibile dalla corteccia del melograno, già ad una concentrazione di 1:10.000 è in grado di uccidere il cestode in 5-10 minuti (32), agendo, in generale, inducendo il rilascio della presa del verme sulle pareti intestinali e facilitandone, così, l’eliminazione.

Particolarmente interessante risultano anche gli effetti antinfiammatori/antiulcera di estratti di P. granatum che diversi studi, sia in vitro che in vivo, hanno rivelato. Nel succo di melagrana, la frazione tanninica e anche la singola punicalagina sono stati in grado di inibire l’attività di AKT, l’attivazione di NF-κB e l’espressione di COX-2 in seguito ad uno stimolo pro-infiammatorio (33), vie che portano ad una forte risposta infiammatoria dell’organismo. Estratti di buccia e pericarpo, invece, hanno mostrato un’importante attività anti-H. pylori, fondamentale nei casi di gastrite indotta da tale batterio (34, 35). Gli studi sull’effetto antiulcera in vivo hanno valutato sia estratti che frazioni contenenti principalmente acido ellagico, già conosciuto per la sua azione protettiva sul sistema gastrointestinale. A livello gastrico, sia estratti di melograno che composti puri presenti in essi determinano una sensibile e netta diminuzione dell’indice d’ulcera (36), attraverso effetti come la diminuzione della perossidazione lipidica e la modulazione di enzimi antiossidanti (SOD, GSH-PX) (37) o, ancora, la riduzione significativa delle lesioni gastriche e nei livelli di TNF-α (38) ad opera dell’acido ellagico. A livello intestinale, una somministrazione cronica di acido ellagico ha provocato la riduzione dell’infiammazione per decremento dell’espressione e della produzione di COX-2, iNOS, IL-6 e TNF-α tramite l’inibizione del sistema NF-κB (39, 40).

L’azione antidiarroica è stata studiata tramite modelli in vivo ed ha portato ad alcune ipotesi sul possibile meccanismo d’azione degli estratti di melograno su questa problematica intestinale. Essi potrebbero, da una parte, aumentare il riassorbimento di cloruro di sodio ed acqua, riducendo così la motilità intestinale, dall’altra diminuire i livelli citosolici di calcio (inibizione dell’influsso dall’esterno o del rilascio dalle riserve intracellulari), inducendo il rilassamento della muscolatura intestinale (41).

Ancora, la potente attività antiossidante degli estratti ed azione scavenging sull’ossido nitrico giustificherebbero nuovamente un aumentato riassorbimento di acqua ed elettroliti, con riduzione di feci liquide (42).

Infine, è degna di nota la possibile proprietà ipoglicemizzante che si è osservata sia per gli estratti di buccia di melagrana, in grado di inibire lo stress ossidativo cronico associato ad iperglicemia e collegato al diabete mellito (43), sia per gli estratti dei fiori del melograno, capaci di prevenire l’insorgenza di diabete di tipo II riducendo i livelli di glucosio ematico (44).

Data, in ogni caso, la relativa scarsità di dati clinici, è sempre sconsigliato l’uso di preparati derivanti da P. granatum al di sotto dei 12 anni, in gravidanza e durante l’allattamento, anche perché sono state talvolta osservate delle azioni emmenagoghe ed abortive come effetti collaterali (45).

È stata inoltre riportata in letteratura la capacità protettiva contro tossine naturali, come le aflatossine (46), e da studi in vivo di tossicità indotta un’azione di scavenger contro vari agenti chimici quali il tetracloruro di carbonio e farmaci con spiccata citotossicità, primo tra tutti il metotressato (47).

Punica granatum

Melagrana in cosmetica

Melagrana e bellezza

KEYWORDS

GIORGIO CAPPELLUCCI,assegnista di ricerca

ALESSANDRO GIORDANO, dottorando

FRANCESCA VIDOTTO, dottorando

SARA PACCAGNINI, studentessa Chimica e Tecnologia Farmaceutica UNISI