Intelligenza Artificiale delle mie brame,
chi è la più bella del reame?  

Conosco i rischi del tracciamento di dati perché, come avvocato, me ne occupo per lavoro. Però non ho resistito. E anche confidando sulla rassicurazione che il sito al quale stavo per accedere “non raccoglie dati personali”, come si legge al suo interno, e nella circostanza che si tratta di un progetto realizzato con il contributo dell’UE, di recente ho navigato all’interno di un sito che promette di scoprire “come l’intelligenza artificiale giudica il tuo volto”. Si attiva la telecamera del pc e ci si fa inquadrare. Il sistema di Intelligenza Artificiale (IA) ha quindi sentenziato il mio genere, la mia età presunta, la mia massa corporea e, un po' come lo specchio di Biancaneve, il mio grado di attrattività (in una scala da uno a dieci), e per finire, dato per la verità un po' inquietante, la mia aspettativa di vita.   


Intelligenza artificiale, bellezza, cosmesi non sono, già oggi, mondi lontani. 


Il trend del mercato cosmetico è nel senso della personalizzazione del prodotto: le aziende non vogliono più comunicare il perché il prodotto X è il migliore sul mercato ma, piuttosto, vogliono comunicare che il prodotto X è il più indicato per quel singolo consumatore. Ed infatti, già da tempo, molti importanti players del settore cosmetico stanno sperimentando sistemi di IA che indicano e consentono di ottenere la migliore crema a seconda del tipo di pelle e delle caratteristiche del volto dell’utente (acne, pelle lucida, borse sotto gli occhi) e addirittura secondo le condizioni climatiche della zona in cui il consumatore vive, che suggeriscono il migliore shampoo in relazione al tipo di capelli, che propongono la migliore combinazione di colori per ombretti e rossetti in relazione al colore dell’incarnato, degli occhi, dei capelli, o … della sciarpa indossata in un certo momento, ecc.   


L’IA è insomma destinata da avere un impatto sempre maggiore anche nel settore cosmetico.


Ponendo, come alcuni sostengono che l’IA sia già oggi in grado di creare autonomamente (senza cioè alcun contributo dell’essere umano), da gruista mi chiedo: se l’IA crea in autonomina può essa, IA, essere considerata “inventore”? L’argomento è, da qualche tempo, molto discusso. 


Alla fine del 2018, il Dr. Ryan Abbott, un professore di diritto e avvocato nonché agente brevettuale, ha depositato presso molti uffici (incluso l’EPO - European Patent Office - deputato alla concessione dei brevetti europei, l’Ufficio inglese, quello americano, quello cinese, quello australiano, quello canadese, quello sudafricano ed altri) due domande di brevetto riguardanti, l’una, un contenitore alimentare a geometria frattale che migliora la sicurezza del prodotto durante la spedizione essendo in grado di cambiare forma e, l’altra, una particolare luce lampeggiante in situazioni di emergenza per attirare l’attenzione. 


Il deposito di una domanda di brevetto richiede che venga indicato il titolare del brevetto, ossia la persona fisica o giuridica a cui spettano i diritti di sfruttamento economico del brevetto, e l’inventore, ossia la persona fisica che, per così dire, ha avuto l’dea del trovato per il quale si chiede il brevetto, colui al quale spetteranno i diritti morali sul brevetto.   


Nelle domande di brevetto depositate dal Dr. Ryan Abbott l’inventore era, secondo il medesimo Abbott, un’IA denominata DABUS (acronimo di “Device for the Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience”). Pertanto, come titolare delle domande di brevetto, è stato indicato Stephen Thaler, CEO di una società di reti neurali con sede nel Missouri e, come inventore, è stato appunto indicato DABUS, ossia una macchina, macchina di proprietà della società di Mr. Stephen Thaler.  Ed infatti, secondo Mr. Thaler, DABUS, senza che nessun essere umano avesse posto il problema, ha “pensato” in autonomia ad un problema tecnico e l’ha risolto in modo nuovo (ossia in modo diverso da come era stato eventualmente già risolto) ed originale (ossia in modo non ovvio per un tecnico medio del ramo), compiendo quindi un salto inventivo. 


Fino al luglio 2021 tutti gli Uffici presso i quali le domande di brevetto sono state depositate hanno respinto, sia in primo che in secondo grado, le relative domande in quanto - secondo le leggi attualmente vigenti -l’inventore può essere solo una persona fisica, ossia un essere umano. L’IA non è una persona fisica.   


Nel luglio 2021, tuttavia, l’Ufficio brevetti del Sudafrica ha concesso uno dei due brevetti (la pubblicazione del brevetto si può rintracciare a pag. 225 del Patent Journal sudafricano del 28 luglio 2021, visibile a questo link) e, a distanza di pochi giorni, il 30 luglio 2021 anche Mr. Justice Beach, giudice di una Corte federale australiana, avanti la quale era stata impugnata la decisione dell’Ufficio brevetti di quel Paese che aveva negato la concessione del brevetto a nome dell’IA, ha riconosciuto la brevettabilità di un trovato a nome di un’IA (qui si può leggere la sentenza).  


Senza qui entrare nel dibattito, vivacissimo, se sia giusto o meno riconoscere ad un’IA la possibilità di essere riconosciuta come inventore, tematica che certo implica non solo approfondimenti di carattere giuridico ma investe anche molte questioni di carattere etico, quello di cui si vuole qui dare conto è la velocità con cui l’IA progredisce e, quindi, anche nel settore cosmetico c’è da stare attenti. 

   

I leaders di settore stanno investendo in sistemi di IA e principalmente in sistemi di chatbot destinati a guidare il processo di acquisto dei clienti e in machine learning al fine di ottenere dei software che consentono di offrire dei suggerimenti personalizzati ai clienti basati sulle loro precedenti esperienze di acquisto e sulle relative valutazioni.  


In considerazione del fatto, quindi, che tali sistemi di IA si stanno sempre più diffondendo e che anche tramite di essi si giocherà nei prossimi anni la partita della concorrenza, è opportuno pensare di tutelare giuridicamente tali sistemi in modo da averne l’esclusiva che garantisca un vantaggio competitivo sui concorrenti. Ovviamente, una volta deciso di tutelare il sistema (che è già una scelta importante), altrettanto importante è individuare, insieme ad un professionista, il modo più adatto al singolo caso per tutelare l’innovazione di cui si tratta (know how, brevetto, diritto d’autore?) soppesando vantaggi e svantaggi della diversa tutela e rapportandoli poi ai diversi costi.  

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