Gli obblighi in capo al produttore di prodotti cosmetici non si limitano al solo rispetto della normativa di prodotto per garantire la sicurezza dell’utilizzatore finale, ma la normativa sociale impone anche la salvaguardia dei lavoratori che impiegano materie prime pericolose da cui derivano rischi per la loro salute e sicurezza.

Nel settore cosmetico, differentemente da quanto si potrebbe pensare, sono molteplici le materie prime che presentano delle classificazioni CLP di pericolosità come, ad esempio: fragranze (infiammabili, irritanti, sensibilizzanti), tensioattivi/emulsionanti (irritanti per gli occhi), acidi/basi (corrosivi), olii essenziali (sensibilizzanti, tossici di per ingestione /inalazione), solventi, resine etc


Il Testo Unico per la Salute e Sicurezza dei lavoratori (D.Lgs. 81/08), al Titolo IX, Capo 2, impone infatti l’obbligo di valutazione del rischio da esposizione a sostanze pericolose nelle seguenti circostanze:


    Tabella 1. Campo di applicazione.

    Come esemplificato nella terza colonna della tabella precedente, anche il settore cosmetico rientra pienamente nel campo di applicazione del Testo Unico per la Sicurezza dei Lavoratori.


    Le sostanze chimiche infatti, in base alle loro caratteristiche (polvere, liquido, gas, fibre, aerosol) ed alla loro pericolosità (effetti locali, sistemici, acuti, cronici), possono produrre effetti indesiderati sull’organismo umano e costituire un pericolo per la salute per i lavoratori che vi sono esposti, fino anche a provocare malattie professionali legalmente riconosciute (tumori, malattie respiratorie, dermatiti, …). Inoltre gli agenti chimici pericolosi possono minare la sicurezza dei lavoratori, provocando infortuni o incidenti, quali ad esempio ustioni chimiche, incendi, esplosioni.


    Per questo motivo, al di là degli aspetti sanzionatori, è necessario che il datore di lavoro effettui una corretta valutazione del rischio chimico finalizzata all’adozione di adeguate misure di riduzione del rischio, di prevenzione, fra cui l’eventuale sorveglianza sanitaria a cura del Medico Competente, e di protezione collettiva dei lavoratori, non ricorrendo sempre e solo esclusivamente all’impiego di dispositivi di protezione individuale.


    A tale scopo è necessario che il datore di lavoro determini preliminarmente la presenza nell’ambiente di lavoro di agenti chimici pericolosi, facendo un censimento di tutte le sostanze e miscele utilizzate nel ciclo di lavoro e controllando la loro classificazione, etichettatura e le informazioni riportate nelle Schede Dati di Sicurezza.


    Il datore di lavoro valuta, quindi, i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi prendendo in considerazione i seguenti fattori (art. 223, D.Lgs. 81/08):

    • Proprietà pericolose degli agenti chimici;
    • Informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile dell’immissione sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza;
    • Livello, tipo e durata dell’esposizione;
    • Circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza degli agenti chimici, compresa la quantità;
    • Valori limite di esposizione professionale o valori limite biologici;
    • Effetti delle misure preventive e protettive adottate;
    • Conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria (se disponibili).

    È importante precisare che le misure di prevenzione e protezione di carattere generale, come la riduzione al minimo dei lavoratori esposti o l’adozione di appropriati e sicuri metodi di manipolazione (art. 224 del D.Lgs. 81/08), devono essere applicate ancor prima di iniziare a valutare il rischio da agenti chimici.


    Al termine del processo di valutazione sopra descritto, che può essere effettuato anche con l’ausilio di algoritmi (Movarisch, Euses, Ecetoc Tra, Modello ISPRA-ARPA, ….), deve risultare la classificazione del rischio chimico per tutte le mansioni presenti in azienda che possono utilizzare ed essere esposte agli agenti chimici pericolosi. Si possono quindi verificare le seguenti situazioni:

    • RISCHIO BASSO o NON BASSO PER LA SICUREZZA (associato alla salvaguardia dell’integrità fisica del lavoratore da effetti acuti e immediati, quali un infortunio o le conseguenze di una breve esposizione)
    • RISCHIO IRRILEVANTE (associato a condizioni di lavoro nelle quali il livello di esposizione medio è dello stesso ordine di grandezza di quello medio della popolazione generale) O NON IRRILEVANTE PER LA SALUTE

    Nel caso in cui il rischio sia “non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute”, il datore di lavoro deve attuare misure specifiche di prevenzione e di protezione (art. 225 del D.Lgs. 81/2008), tra cui la più importante è la sostituzione dell’agente pericoloso (o del processo) con un altro che, nelle condizioni di uso, non lo è o lo è meno.


    Quando la natura dell’attività non lo consente, il datore di lavoro riduce il rischio mediante l’applicazione delle seguenti misure, in questo ordine di priorità:

    • Progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, uso di attrezzature e materiali adeguati;
    • Appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio (aspirazioni localizzate, cappe, schermi, ecc.);
    • Misure di protezione individuale, compresi i DPI;
    • Misurazione periodica degli agenti;
    • Sorveglianza sanitaria.

    Quando necessario, una corretta valutazione va integrata con la misurazione degli agenti chimici nell’aria, condotta da laboratori specializzati, per verificare sia il rispetto dei valori limite ma anche l’efficacia delle misure adottate. L’attestazione del rispetto del valore limite di esposizione deve essere fatto secondo i criteri della Norma UNI EN 689:2019, la quale prescrive:

    • possibilità di escludere a priori il superamento del limite (punto 5.1.4 della norma) senza monitoraggi oppure anche con monitoraggi conoscitivi o monitoraggi già effettuati. I criteri decisionali sono ad esempio bassi quantitativi di agenti utilizzati, bassa tensione di vapore o bassa possibilità di dispersione, ciclo chiuso, sostanza non rilevata con precedenti monitoraggi, …

    oppure

    • se non si può escludere a priori il superamento del limite, occorre procedere con le misurazioni dell’agente in aria. La norma prevede un numero minimo di 3 campionamenti fino ad una massimo di 6 campionamenti in turni diversi per la stessa attività (punti 5.2-5.3-5.4-5.5 della norma) e la definizione del rispetto del limite mediante l’applicazione di un test preliminare o test statistico dei risultati.

    Data la complessità della materia, il personale competente che, nell’ambito del Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale, può supportare il DDL e il RSPP nella valutazione del rischio chimico è una figura professionale che deve necessariamente avere competenze di processi produttivi, di chimica, di regolamento CLP e di monitoraggi ed analisi chimiche.


    Sovrapponendo gli obblighi della normativa di prodotto cosmetico e la normativa sociale di tutela dei lavoratori, si deduce che entrambe richiedono un’elevata qualità delle schede di sicurezza delle materie prime in ingresso che consenta di gestire correttamente gli impatti sia sul processo che sul prodotto.

    Ne deriva che nelle aziende che producono cosmetici una valutazione congiunta di tutti questi aspetti permette di ottimizzare le risorse e di avere degli effettivi benefici sia a livello commerciale che per i lavoratori.

     L’impatto delle materie prime pericolose nella produzione di cosmetici