Editoriale
Roberto Leonardi
Co-Founder, Chief Innovation Officer
Progetti e Prodotti SRL
Italia
Siamo nel mezzo di una ventata di anni ’80, ma, subito con la brutta notizia, l’aria non è quella fresca e carica di promesse di crescite reaganiane, ma quella una tantino fetida dei sacrifici thatcheriani.
Innovazione? … no, inflazione.
La ventata a cui mi riferisco è quella inflazionistica: i costi dell’energia, dei trasporti e, non ultimo, delle materie prime, sono in anomalo e preoccupante aumento.
Qualcuno dirà che è aggiotaggio e speculazione, ma se ci guardiamo attorno e nello stesso tempo indietro, è abbastanza evidente che dopo un ciclo di recessione europea e statunitense iniziato nel 2007 (mentre il dato globale cresceva) e dopo un ciclo anomalo globale dovuto alla pandemia, inevitabile è la spinta inflazionistica dovuta alla ripartenza.
Una ripartenza che è fintamente legata allo sviluppo, alla vera e propria crescita, ma è un recupero di antichi allori, è uno scalare la cima di una montagna che abbiamo perso dopo averla già conquistata.
“Franza o Spagna purchè se magna” dicevano gli italiani qualche secolo fa, quindi non dobbiamo andare tanto per il sottile riguardo le ragioni della crescita “purchè se magna”, ma dobbiamo comunque essere consapevoli dello scenario: già prima della pandemia il mercato delle materie prime aveva sofferto la penuria dei coloranti per capelli. Cause? Inizia il sospetto che essendo quasi tutti di fabbricazione cinese, qualche produttore o qualche fabbrica avesse chiuso l’attività o che il mercato di altri settori (la gomma ad esempio?) assorbisse tutta la produzione. Forse chiusure per adeguamenti anti inquinamento, a partire dalla nuova politica cinese di ridurre l’avvelenamento del pianeta?
Due anni prima della pandemia non si trovavano più siliconi per uso cosmetico, le commodities (i lineari ed i ciclici) più che le specialties (funzionalizzati, resine ed elastomeri) a testimoniare che le problematiche produttive incidono su prezzo e disponibilità delle materie prime quasi quanto la domanda del mercato. Intendo dire che, se normalmente una merce costa tanto più è richiesta dai clienti, nel caso di quei “chemicals” che necessitano grandi investimenti per essere prodotti (caso dei siliconi) con accentramento dei siti produttivi, il prezzo di mercato è deciso anche dalla loro disponibilità. Voglio dire che, se per una qualsiasi ragione, ci sia una carenza di siliconi sul mercato (uno stabilimento in manutenzione? Aggiotaggio? Richiesta da altri settori?) il prezzo degli stessi va in ripido aumento, anche se la produzione cosmetica è in calo.
Detto ciò, si arriva alla pandemia, con la drastica riduzione dei consumi e conseguente calo della necessità di materie prime. Prima conseguenza di tutto ciò? L’aumento dei costi dei trasporti intercontinentali. Di nuovo, una logica inversa: cala la richiesta, il che porta ad un aumento dei costi invece che ad una diminuzione, come sosterrebbe la classica legge della domanda ed offerta. Perché?
Tralasciamo il complottismo. Facciamo invece l’ipotesi che fermare in porto una nave, mille navi, sia un costo notevole per una compagnia di trasporti e che rimetterla in mare alla ripartenza dell’economia sia un costo ancora maggiore (ripristino, contratti assicurativi, costi portuali). Di nuovo, nei settori ad alto tasso di investimenti pluriennali, le logiche non sono quelle del mercato dei generi di consumo, i prezzi seguono dinamiche distinte. In pratica, salta il concetto di economia di scala.
A questo punto, è evidente la perfezione della tempesta: dopo un periodo di stagnazione e dopo una crisi mondiale, il riprendersi dei consumi è minacciato dall’aumento dei prezzi e dalla scarsa disponibilità delle materie prime, in contemporanea con la difficoltà di assorbimento di lavoro nella nuova economia, il che riduce il potere di acquisto di tanti.
Ma… la bella notizia?
La bella notizia è che i formulatori cosmetici, che spesso con una certa supponenza rincorrono solo la novità, volendo quindi solo formulare prodotti nuovi (ho scritto “nuovi”, non innovativi) e quindi evitano la riformulazione di prodotti esistenti nel senso di ottimizzarli, devono giocoforza rimettersi in gioco come chimici veri, non solamente come “provatori” di nuove materie prime proposte dai fornitori.
Essendo da tempi non sospetti, un fautore della validazione di fonti alternative di materie prime contro la pigrizia del fornitore unico (mi sembra una forma di bolscevismo bulgaro) sorrido al pensiero che tanti formulatori, siano costretti dai tempi a riformulare prodotti esistenti per validare nuove fonti di materie prime, per dare modo alla produzione di andare avanti potendo scegliere fra varie opzioni di fornitura. In fondo, molti dovranno riscoprire le capacità di fare una “buona” formula” nel senso tecnico e chimico della parola, non solo rincorrere le tendenze dettate da altri.
Una prova? Quanti formulatori ai primi tempi della pandemia hanno dovuto imparare per forza ed in fretta le caratteristiche dei vari tipi di alcool utilizzabili in cosmetica? Quanti Uffici Acquisti hanno dovuto scoprire fonti di approvvigionamento che nemmeno immaginavano? Vogliamo parlare poi di quanto si sia studiato sui vari gelificanti?
Sarà un’ottima occasione per i formulatori per rispondere coi fatti ai tanti colleghi che si lasciano sfuggire qualche volta commenti al vetriolo come ad esempio “ma dai, muoviti, cosa ci vuole a fare una formuletta…?”
In carattere più generale, normalmente quando le cose non vanno bene, la bella notizia sono sempre le opportunità. Questa volta tuttavia, siamo seriamente di fronte ad opportunità non di circostanza.
Da qualche tempo seguo in maniera non sistematica, ma curiosa, le ricerche di lavoro in vari campi, dalla cosmetica, all’automotive, all'intelligenza artificiale, al design, direi fino al metaverso.
Ho trovato due annunci interessanti: uno per un esperto di sostenibilità…RAL oltre i centomila euro. Un altro per specialista di intelligenza artificiale… dopo tre settimane soltanto due candidati.
Questo è il futuro, siamo pronti? Accontentiamoci per il momento di sapere che, magari dopo qualche sofferenza, le unità produttive alla fine ripartiranno, inquinando meno e porteranno ad eccedenza di materie prime sul mercato e speriamo conseguente calo dei prezzi.
E forse arriverà, finalmente, una ventata di primavera, forse non questa, magari la prossima.
Ad Maiora Semper