IL PARADOSSO DELL’ACQUA NELL’INDUSTRIA
COSMETICA

Nella creazione di prodotti cosmetici di eccellenza, l'attenzione all’uso di ingredienti di qualità è fondamentale e resa sempre più attuale per via del crescente orientamento alla sostenibilità ambientale e alle restrizioni nell’utilizzo di conservanti. Questo principio si estende anche all'acqua, un componente spesso sottovalutato la cui qualità influisce significativamente sulla stabilità, l’efficacia e la sicurezza del prodotto cosmetico finito.

Il ruolo dell’acqua è fondamentale. Se escludiamo i prodotti anidri, l’acqua rappresenta normalmente più del 50% della formulazione, raggiungendo in certi casi anche l’80/90%. La sua funzione di solvente universale facilita la solubilizzazione degli ingredienti solidi come principi attivi o stabilizzanti; conferisce il senso di fresco nelle emulsioni, agendo come vero e proprio protagonista della cascata sensoriale di una formulazione cosmetica. Il nome INCI “Aqua” è sempre il primo della lista e merita quindi un’attenzione speciale.


L’INGREDIENTE “ACQUA”

Paradossalmente, a fronte di tutto ciò, l’acqua dovrebbe essere l’ingrediente meglio conosciuto e il meglio documentato in un processo produttivo mentre spesso la scarsa conoscenza della chimica dell’acqua e dei processi atti a depurarla rende difficile la gestione in sicurezza della stessa da parte degli addetti e ancor più difficile l’individuazione di un’azione correttiva in caso di problemi.

Lo scopo di questo articolo è quello di aprire una discussione sulle conoscenze di base necessarie a chiunque debba produrre, stoccare o semplicemente utilizzare acqua purificata al fine di padroneggiare i processi e i parametri qualitativi più significativi. Lo faremo utilizzando come punto di partenza quanto riportato nella ISO 22716 e forniremo una nostra chiave di lettura in merito alle indicazioni in essa contenute che meritano un approfondimento.


IL PARADOSSO

Il nostro percorso deve necessariamente partire da alcuni chiarimenti su quali sono i contaminanti normalmente presenti nell’acqua perché la domanda che ci dobbiamo inizialmente porre è la seguente: “Cosa si intende per acqua purificata? E poi, purificata da cosa?”. Nell’acqua sono presenti diverse specie di contaminanti e questo vale anche per l’acqua potabile di rete che, sebbene ne contenga in quantità tali da non rappresentare un problema per la nostra salute, non può essere utilizzata tal quale per applicazioni critiche quali ad esempio la preparazione di un cosmetico. Possiamo raggruppare questi contaminanti in 5 macro-categorie: i micro-organismi (ed eventualmente le endotossine), le sostanze inorganiche (come i metalli nello stato libero di ioni o a formare sali), le sostanze organiche (di origine naturale come gli acidi tannici e gli acidi umici o artificiale come i pesticidi), il particolato (inclusi i colloidi) e i gas. Ognuna di queste categorie, in maniera differente, influisce sulla qualità del prodotto finito ed è quindi necessario che venga rimossa in maniera significativa. Non solo, l’acqua, nel momento stesso in cui viene purificata, diventa un reagente instabile e aggressivo in quanto tende naturalmente a tornare ad uno stato di equilibrio con l’ambiente esterno e quindi a riassorbire determinate sostanze dall’atmosfera e dai materiali di cui sono fatti i contenitori con cui viene a contatto.

I CONTAMINANTI E L’INSTABILITÀ DELL’ACQUA

Figura 1. I contaminanti dell'acqua

I PARAMETRI COME VALORI OGGETTIVI

Il passo successivo è quello di poter determinare in maniera univoca in che quantità i contaminanti sopra citati sono presenti nell’acqua prima e dopo il trattamento di purificazione, questa informazione ci permetterà di identificare una “qualità” di acqua basandoci su dati oggettivi e non su aggettivi generici quali: “demineralizzata, deionizzata, osmotizzata ecc.” che, come possiamo notare, identificano un processo di purificazione ma non il risultato da esso raggiunto (un’acqua a cui abbiamo sottratto il 10% degli ioni inizialmente presenti può dirsi “deionizzata” ma questo non determina la sua idoneità o meno per qualsivoglia utilizzo). Diverso invece è dichiarare che un’acqua è stata deionizzata fino ad un valore finale di “X”µS/cm (microsiemens per centimetro), in questo caso infatti forniremo un’evidenza oggettiva e misurabile.

E’ importante a questo punto notare che la misura di “X” µS/cm, anche detta misura di Conducibilità, è indicativa soltanto di una delle succitate classi di contaminanti, ovvero gli ioni che in quanto carichi agevolano il passaggio di corrente elettrica nell’acqua e in base a questa loro proprietà possono essere misurati. Essa non fornisce alcuna indicazione sulle altre classi di contaminanti ed è quindi insufficiente, da sola, a definire la qualità di un campione di acqua.

Per completezza quindi, la misura di conducibilità deve essere associata almeno ad altre due misurazioni ovvero il TOC (Total Oxidable Carbon, misurato in ppb o µg/L) per la determinazione delle sostanze organiche e le CFU (Unità Formanti Colonia, misurate in cfu/ml) per la determinazione del contenuto microbico.

Possiamo ragionevolmente affermare che il controllo di questi 3 parametri (Conducibilità, TOC, CFU) sia indispensabile per definire quando un’acqua possa essere ritenuta purificata ad un livello che la renda idonea per l’industria cosmetica.

Oggigiorno esistono tecnologie semplici ed affidabili che consentono il monitoraggio dei primi due parametri (Conducibilità e TOC) in linea e in maniera integrata con il sistema di purificazione, resta invece a carico dell’utilizzatore un campionamento off-line per la determinazione a intervalli prestabiliti delle CFU.

Riferimenti bibliografici

Mostriamo ora, a titolo di esempio, alcuni valori limite per i parametri che abbiamo appena introdotto, prendendo come riferimento alcune normative internazionali che trovano applicazione in settori diversi tra loro. Nessuna di esse è stata sviluppata specificatamente per l’industria cosmetica, ma la loro analisi ci consente di farci un’idea su quelli che potrebbero essere i valori più coerenti da utilizzare come riferimento. Una buona opzione ci è fornita ad esempio dall’ “Acqua Purificata” così come descritta dalla Farmacopea Europea (ultima colonna in tabella).

Dalla lettura di quanto riportato in tabella possiamo notare che, sebbene ogni settore e applicazione abbia necessità differenti in termini di “qualità”, ognuno di essi ha in comune dei valori limite di contaminanti estremamente bassi, ne consegue che il raggiungimento di tali standard richiede l’implementazione di un processo di purificazione, stoccaggio e distribuzione dell’acqua molto avanzato, in grado di garantire risultati accurati e ripetibili nel tempo.

Abbiamo accennato, all’inizio di questo articolo, al fatto che l’acqua venga spesso sottovalutata e con essa lo sia anche l’investimento dedicato alla strumentazione necessaria al suo trattamento, ebbene riflettiamo su questo punto alla luce di ciò che è rappresentato in tabella.

I contaminanti residui nell’acqua purificata sono infatti nell’ordine dei ppb (part perbillion) se prendiamo l’esempio del TOC. Per comprendere quanto difficile sia raggiungere tali valori basti pensare che 1 ppb equivale a 1 secondo in 32 anni! Questa proporzione rende l’idea della performance richiesta ad un sistema di purificazione e monitoraggio dell’acqua adeguato al nostro scopo ed è inoltre indicativa del livello di competenza necessario nei reparti di produzione cosmetica dove l’acqua viene prodotta, stoccata, distribuita e quindi utilizzata. In uno qualsiasi di questi passaggi, infatti, si potrebbe vanificare completamente il risultato faticosamente ottenuto in quelli precedenti.

A tal proposito, il contesto normativo in ambito cosmetico si affida, come molti altri settori critici, al concetto delle GMP (Good Manufacturing Practices) con il fine di garantire la sicurezza dei prodotti immessi sul mercato e indirizza alla norma UNI EN ISO 22716 per dettagliare maggiormente come i principi delle GMP possano essere tradotti nel contesto cosmetico. Questa norma tocca diverse aree quali la documentazione, la formazione del personale, la pulizia e la sanitizzazione, la verifica del funzionamento dei macchinari, il controllo del processo produttivo, ecc.

In particolare, al capitolo 6.8 essa dedica alcuni punti alla qualità dell’acqua utilizzata come ingrediente nel processo produttivo:

6.8 Quality of water used in production

6.8.1 The water treatment system should supply a defined quality of water.

6.8.2 Water quality should be verified by either testing or monitoring of process parameters.

6.8.3 The water treatment system should permit sanitization.

6.8.4 Water treatment equipment should be set up so as to avoid stagnation and risks of contamination.

6.8.5 Materials used in water treatment equipment should be selected to ensure that water quality is not affected.


Questi 5 punti, solo apparentemente semplici, racchiudono una grande complessità e meritano un attento approfondimento che ne permetta non solo la completa comprensione ma anche la corretta attualizzazione e messa in pratica.

Perchè la norma si focalizza proprio su questi punti? Quali sono le tecnologie e le modalità operative da adottare per garantire che l’acqua utilizzata sia, come indicato nella norma, di qualità definita, verificata e monitorata in continuo, prodotta e distribuita da un sistema sanitizzabile e progettato per prevenire stagnazioni e contaminazioni?

La seconda parte di questo articolo sarà completamente dedicata a rispondere a queste domande, la troverete nel prossimo numero di Beauty Horizons.

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