CASTAGNE

E FERTILITÀ UMANA*

Un preoccupante calo della fertilità maschile umana è dovuto a una progressiva diminuzione della concentrazione di spermatozoi nel liquido seminale che nella popolazione del Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda dal 1973 in poi diminuisce in media dell’1,4% all’anno con un calo complessivo che ha superato il cinquanta per cento. Al calo del numero totale e della concentrazione degli spermatozoi si associa un peggioramento della qualità spermatica e quindi della salute intrinseca di queste delicate cellule chiamate spermatozoi (Levine H. Jorgensen N., Martino-Andrate A. et alii – Temporal trends in sperm count: a systematic review and meta-regression analisis – Human Reproduction Update, 23, n. 6, 646-659, 2017). Le cause di questo continuo declino che provoca circa la metà dell’infertilità di coppia non sono conosciute e sono state avanzate molte ipotesi che comprendono l’uso di pantaloni troppo stetti, l’inquinamento ambientale, il fumo di sigaretta, lo stress, lo stile di vita in generale e tante altre condizioni senza poter giungere a alcuna conclusione certa. 

Molti fattori sono coinvolti in questo declino e sono stati fatti grandi sforzi per salvare la spermatogenesi, ma con pochi progressi nel miglioramento della qualità dello sperma. Inoltre è stato sottovalutato il ruolo dell’alimentazione sul quale recentemente hanno richiamato l’attenzione ricercatori cinesi coinvolgendo, diciamo subito in senso positivo e di possibile contrasto al calo degli spermatozoi, le castagne e aprendo un nuovo scenario sul ruolo degli alimenti nella infertilità maschile (Shuai Yu, Yong Zhao, Fa-Li Zhang, Ya-Qi Li, Wei Shen, e Zhong-Yi Sun - Chestnut polysaccharides benefit spermatogenesis through improvement in the expression of important genes - Aging (Albany NY) Jun 30, 12 (12), 11431–11445, 2020). 

 
Di castagne possiamo parlare quando erano un alimento diffuso nel periodo tardo autunno – invernale e considerando anche (con tutte le cautele!) che soprattutto nel passato in Italia il numero di nascite aveva un picco più alto nel mese di Settembre (mese di massimo) che corrisponde a concepimenti in dicembre, tempo di castagne (Chiara Sanna, Gabriele Ruiu, Alessio Fornasin - La stagionalità delle nascite nelle regioni Italiane all’indomani dell’Unificazione – Università di Udine, 2013) e senza dimenticare che i cinghiali, che di castagne si nutrono, non pare abbiamo problemi di fertilità. 
Il castagno (Castanea sativa) è originario dell’Asia Minore, introdotto dai Greci in Europa, i Romani lo diffondono capillarmente. Per tutto il Medioevo gli ordini monastici mantengono viva la castanicoltura perché la castagna è pane d’albero e il castagno diviene l’albero del pane soprattutto nel periodo invernale, senza dimenticare che il frutto caduto non va sprecato ma ingrassa i porci che pascolano nei boschi.  


Molto si sa delle caratteristiche nutrizionali della castagna, meno di possibili effetti extranutrizionali nutraceutici. Le castagne sono però utilizzate nella medicina tradizionale cinese e i loro principali componenti attivi sono i polisaccaridi di castagno che hanno molte attività biologiche e tra queste i ricercatori cinesi sopra citati documentano significativi effetti sulla spermatogenesi e sui meccanismi sottostanti. In animali d’esperimento un’alimentazione con i polisaccaridi di castagna accresce significativamente la motilità e la concentrazione degli spermatozoi (rispettivamente da quattro a dodici volte), ma soprattutto migliora lo sviluppo dei tubuli seminiferi aumentando il numero di cellule germinali dopo il trattamento con busulfan, un farmaco anticancerogeno che danneggia la produzione di spermatozoi. Importante è che i polisaccaridi della castagna agiscono sui geni dell'espressione delle proteine della spermatogenesi, aumentano i livelli di sintesi ormonale e migliorano il microambiente testicolare salvando la spermatogenesi. 

 
Indubbiamente i risultati di una sola indagine non portano a concludere che il maggior numero di concepimenti invernali o che il gran numero di cinghiali nei boschi siano la conseguenza delle castagne, e neppure che la loro mancanza nell’alimentazione sia la causa della diminuzione degli spermatozoi nella popolazione mondiale, ma indicano una nuova strada di ricerca su come taluni alimenti interferiscono sulla produzione di spermatozoi aprendo una nuova strada per il trattamento dell’infertilità maschile. Siamo però in tempo di castagne, i polisaccaridi dei questo frutto sono prodotti naturali e le nuove conoscenze acquisite grazie anche ai ricercatori cinesi rivalutano la castagna nell’alimentazione umana nella quale possiamo usare una gran varietà di ricette, da quelle povere della polenta di castagne e dei castagnacci ai dolci più squisiti come i marroni canditi e il montebianco. Una rivalutazione della castagna come alimento è anche un valido sostegno per un rilancio della castanicoltura, ma questa è un’altra, anche se importante storia. 

*Articolo ripreso da https://www.georgofili.it

LA DIETA NELL’ANTROPOCENE

Il termine scientifico per il consumo di insetti è “entomofagia”, dal greco éntomos (insetto) e phăgein (mangiare). L’entomofagia rappresenta una delle prime forme di alimentazione dell’uomo: pitture rupestri di Altamira, nel nord della Spagna, datate da 30.000 a 9.000 anni a.C., raffigurano collezioni di insetti commestibili. Testimonianze scritte risalenti al 2000 a.C. narrano quanto assiri e siriani fossero ghiotti nel consumare cavallette. A conferma di ciò, sulle pareti del maestoso palazzo assiro di Ninive, è possibile scorgere un bassorilievo raffigurante scene di un banchetto inaugurale, in cui i servitori trasportano piatti contenenti spiedini di cavallette. Aristotele stesso, nella sua Historia Animalium, elogia il piacere sensoriale che si prova mangiando la cicala madre. Plinio il Vecchio in Naturalis Historia racconta la modalità di preparazione e degustazione di una larva, probabilmente la Lucanuscervus Prionuscorioranus. Stando alle stime della FAO, esistono oltre 1.900 specie di insetti commestibili consumati a tutti i vari stadi di crescita (uova, larve, crisalidi e adulti). Gli insetti più comunemente utilizzati appartengono all’ordine dei Coleotteri (31%), principalmente scarafaggi, seguono i Lepidotteri (18%), cioè i bruchi, al terzo posto, gli Imenotteri (14%), rappresentati da vespe, api e formiche, consumati prevalentemente nell’America Latina e gli Ortotteri (13%), con cavallette, locuste e grilli, seguiti da cicale, cocciniglie e cimici, appartenenti all’ordine degli Emitteri (10%). Molti insetti fanno parte della tradizione culinaria di diversi paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America del Sud, diversamente nei paesi dell’Europa e dell’America del Nord il loro consumo risulta ancora poco diffuso e visto con sospetto. 


Sebbene i valori nutrizionali degli insetti commestibili siano altamente variabili, sia per l’elevata varietà di specie sia per lo stato metamorfico dell’insetto, il tipo di dieta, l’habitat e le stagioni, si può affermare con certezza che gli insetti forniscono quantità soddisfacenti di energia, con un contenuto calorico che oscilla tra le 293 e le 762 kilocalorie per 100 g di sostanza secca. Sono inoltre ricchi di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, di micronutrienti, come rame, magnesio, ferro, fosforo, zinco, selenio e manganese, nonché acido pantotenico, riboflavina e biotina. Dal punto di vista proteico risultano possedere proteine di buona qualità e alta digeribilità, con un contenuto di aminoacidi essenziali pari al 10-30% di tutti gli aminoacidi. Altro vantaggio innegabile a favore dell’utilizzo di insetti risiede nell’elevata efficienza di conversione del mangime in massa corporea: la produzione di 1 kg di grilli richiede appena 1,7 kg di mangime rispetto ai 2,5 kg per i prodotti avicoli, 5 kg per il maiale e 10 kg per la carne bovina. Si è inoltre stimato che fino all’80% di un grillo è commestibile e digeribile rispetto al 55% per pollo e suino e al 40% del bestiame. Relativamente all’impatto ambientale, vermi della farina, locuste e grilli producono basse emissioni di CO2, basti pensare che per avere un aumento di un kg di peso si producono meno di 100 gas serra equivalenti per vermi della farina, grilli e locuste, rispetto ai 2.800 gas serra equivalenti di un bovino; inoltre, per ogni ettaro di terreno necessario per produrre 1 kg di proteine dal verme della farina, sono necessari 2,5 ettari, rispetto ai 10 ettari per produrre un kg di proteine da bovino.  

ENTOMOFAGIA 

L’entomoterapia, lo studio delle capacità da parte degli insetti edibili di poter esercitare un effetto funzionale, antiossidante, anti-infiammatorio, immunomodulante etc. nell’uomo, rappresenta l’aspetto più innovativo e affascinante legato all’entomofagia. Gli studi a riguardo sono ancora molto limitati ma mostrano come il soggetto di studio possa avere implicazioni future estremamente interessanti. Il nostro gruppo ha recentemente mostrato come grilli, cavallette e bruchi d’africa esibiscono valori di capacità antiossidante non enzimatica in vitro superiori al succo d’arancia, mentre bachi da seta, formiche nere e larve  della farina hanno valori comparabili. Inoltre, le frazioni lipofile del baco da seta, della cicala hanno valori di antiossidanti pari al doppio dell’olio d’oliva, mentre grilli, bruchi e buffalo worms mostrano valori comparabili. In linee cellulari di mioblasti, il grillo Brachytrupes orientalis ha dimostrato di diminuire la produzione intracellulare di radicali liberi, l’ossidazione lipidica, e stimolare l'espressione della proteina Nrf2 e glutatione S-transferasi, coinvolte nella risposta antiossidante allo stress. Una nostra recente revisione della letteratura ha evidenziato come ci siano evidenze sperimentali in vitro, su modelli cellulari e in modelli animali che suggeriscono in maniera evidente un ruolo da parte degli insetti edibili nella modulazione dello stress ossidativo, sebbene manchi ancora un’evidenza nell’Uomo. A tale proposito è stato osservato come un bagel a base di farina di grillo, somministrato a 20 adulti sani per sei settimane, abbia avuto un effetto positivo sul microbiota intestinale e ridotto l’infiammazione sistematica grazie ad una riduzione della citochina infiammatoria TNF-α. 


Sebbene siano ancora molte le perplessità, da parte sia degli addetti ai lavori sia della gente comune, sull’utilizzo degli insetti come alimento abituale della nostra dieta, essi rappresentano una fonte proteica a basso impatto ambientale e a costi ridotti. Dovrà ora essere compito della comunità scientifica chiarire se esistono i presupposti dal punto di vista nutrizionale, microbiologico e funzionale, per considerare l’entomofagia come un’ulteriore opzione nell’ambito delle strategie di riduzione dell’impatto ambientale alimentare o una mera trovata mediatica. La sfida dei prossimi anni per la comunità scientifica sarà concentrata sulla capacità di aumentare le conoscenze del “trilemma” dieta, salute e ambiente, passo fondamentale per fornire ai cittadini raccomandazioni mirate per un utilizzo sostenibile del cibo attraverso la definizione di stili di vita funzionali e a basso impatto ambientale.  

ENTOMOTERAPIA: LE PROPRIETÀ FUNZIONALI DEGLI INSETTI EDIBILI 

DONATO ANGELINO           MAURO SERAFINI

Fac. di Bioscienze e Tecnologie Agro-Alimentari e Ambientali, Università di Teramo | Italia

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