L’etichettatura e la presentazione degli integratori devono essere formulate nel rispetto dei principi generali di leale e corretta informazione e dei principi previsti dalla normativa di settore.


Infatti, nell’ambito della legislazione alimentare, gli integratori godono di una loro disciplina specifica, rappresentata dal D. Lgs. 169/2004 (1) (di recepimento della Direttiva 2002/46/CE (2)) che, oltre a prevedere misure sulla loro produzione e immissione in commercio, contiene anche disposizioni sulla loro etichettatura e pubblicità.

Sul punto e come chiarito della Direttiva 46 in particolare, non essendo necessario riprendere le disposizioni generali sull’etichettatura perché sono sempre applicabili, sono state inserire “solo le disposizioni aggiuntive necessarie”: dunque, sono previste indicazioni specifiche sulle etichette e sono previste prescrizioni ad hoc sulle modalità di presentazione.

In questi termini, l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità degli integratori non devono attribuire proprietà terapeutiche, capacità di prevenzione o di cura delle malattie umane, o proprietà simili, e non devono essere usate diciture che affermino o sottintendano che una dieta equilibrata e varia non è in grado di apportare le sostanze nutritive in quantità sufficienti.


In punto pubblicità, poi, sono posti altri espliciti divieti: per gli integratori presentati come coadiuvanti di regimi dietetici ipocalorici destinati alla riduzione del peso, è vietato l’uso di riferimenti a tempi o a quantità di perdita di peso conseguenti al loro impiego, e per i prodotti che contengono piante o altre sostanze comunque naturali, è vietato indurre a far credere che solo per questa derivazione non vi sia il rischio di incorrere in effetti collaterali indesiderati.


Come anticipato e come chiarito espressamente anche dal legislatore europeo, a queste norme si aggiunge la disciplina generale, e in questo senso, ricorrono il Reg. UE 1169/2011 sull’etichettatura degli alimenti (3), il Reg. CE 1924/2006 sui claims nutrizionali e salutistici (4), nonché in ambito nazionale la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette di cui al Codice del Consumo (5).


In sostanza, gli operatori che intendono porre sul mercato e presentare i propri integratori devono conoscere e applicare il quadro normativo generale, in modo da presentare i prodotti in maniera chiara e corretta e ciò vale sia per le indicazioni obbligatorie che per quelle volontarie.


Ebbene, proprio nel contesto delle informazioni volontarie, con particolare riguardo ai claims nutrizionali e salutistici che sono molto spesso impiegati su questi prodotti, ricorre il Regolamento 1924 che consente solo l’uso di indicazioni nutrizionali e salutistiche ammesse ed autorizzate; in effetti, il legislatore europeo ha formulato un elenco tassativo di claims nutrizionali inserito nell’Allegato del regolamento, e ha predisposto un registro di indicazioni salutistiche, in continuo aggiornamento, pubblicato sul sito internet della Commissione europea (6).


Qualsiasi vanto, di natura nutrizionale e/o salutistica, deve quindi essere studiato e predisposto alla luce di queste norme e degli elenchi.


A queste valutazioni si deve aggiungere anche che, a livello interpretativo, le Autorità competenti, soprattutto quelle nazionali, negli anni hanno manifestato atteggiamenti rigorosi, al più ampio fine di garantire che le informazioni e la presentazione degli integratori fossero formulate in maniera non ingannevole.


Ci si riferisce ai precedenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che, ai sensi del Codice del Consumo, è l’Autorità competente a intervenire a tutela del consumatore verso pratiche commerciali scorrette.

Ci si riferisce anche alle pronunce emanate dal Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), in sede di autodisciplina: infatti, il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, oltre a contenere i principi generali di una corretta comunicazione commerciale, contiene anche un articolo ad hoc per la comunicazione degli integratori e l’Istituto ha emanato un Regolamento specifico sulla comunicazione commerciale degli integratori alimentari a integrazione (7).


Da una panoramica generale emerge come agli operatori è richiesto non solo di applicare correttamente le norme, impiegando le informazioni richieste e i claims ammessi, ma anche di evitare modalità o formulazioni che, nel loro complesso, siano in grado di attribuire capacità, funzionalità e/o caratteristiche che in realtà nei prodotti non si riscontrano.

La valutazione di ingannevolezza viene effettuata quindi in relazione al contenuto del messaggio, ma anche in relazione al pubblico che ne è destinatario: nel contesto degli integratori, questo pubblico è riconosciuto essere costituito da soggetti “particolarmente sensibili” a temi come la salute o le particolari funzionalità dei prodotti, pertanto maggiore è il rischio di amplificazione dei profili di decettività.

In questo senso, l’attenzione verso messaggi che manifestano o che possono manifestare elementi di ingannevolezza è costantemente alta.


Vi è poi un ulteriore aspetto da approfondire e che in parte è rimasto ancora in sospeso. Infatti, non sono ancora stati autorizzati i claims salutistici riferiti agli integratori che contengono ingredienti di origine vegetale, i c.d. botanicals: il legislatore europeo li ha lasciati “hold on” e tale status è tutt’oggi attuale.

Di conseguenza, si sono attivati diversi Stati nazionali, tra cui l’Italia, e sono state formulate liste di botanicals impiegabili negli integratori e le indicazioni di natura salutistica utilizzabili.


Se da un lato, dunque, l’Italia usufruisce di un elenco di botanicals riconosciuti, dall’altro però, le funzionalità che sono attribuite a questi vegetali non trovano ancora una conferma normativa, il che lascia spazio a interpretazioni diverse in sede di giudizio.

Si tenga conto, ad esempio, che negli anni scorsi la pubblicità di un integratore a base di papaya, per il quale venivano impiegati claims salutistici, è stata ritenuta inizialmente ingannevole dall’AGCM perché i claims non erano autorizzati a livello europeo. L’operatore si era difeso riportando un suo dossier tecnico scientifico che dimostrava le funzionalità che il suo prodotto vantava ma l’AGCM, ha ritenuto comunque quei claims ingannevoli poiché non ancora ammessi a livello comunitario né previsti in altri elenchi.

A seguito del ricorso presentato davanti alla Giustizia amministrativa, TAR e Consiglio di stato hanno poi annullato la pronuncia dell’AGCM, perché, si è ritenuto, l’assenza di autorizzazione non è di per sé rappresentativa della ingannevolezza di un claim (8). In sostanza, la funzionalità di un integratore va verificata nel concreto, atteso che, come detto, il solo fatto che la indicazione salutistica del caso possa non essere – ancora – autorizzata non significa che sia non veritiera e decettiva per il consumatore.


Al di là dei singoli casi, il tema botanicals è da tempo oggetto di discussione e ancora di recente, per la precisione lo scorso giugno, un giudice tedesco ha presentato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sulla possibilità di impiegare, nella pubblicità dei botanicals claims salutistici non autorizzati a livello europeo (9).


Sarà quindi molto interessante monitorare gli sviluppi di questo ricorso, che affronta un aspetto ancora critico della disciplina sulla presentazione degli integratori e che si auspica possa rappresentare un elemento di riferimento e di chiarezza sia per gli operatori che per i consumatori.

La comunicazione degli integratori alimentari

Riferimenti bibliografici