DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO: LE POTENZIALITÀ
DELL’APPROCCIO NUTRIZIONALE
Con il termine disturbi dello spettro autistico (ASD - Autism Spectrum Disorder) ci si riferisce ad una serie di sintomi legati a disordini dello sviluppo neuronale, che si manifestano già nei primi anni di vita, con difficoltà nelle interazioni sociali, comportamenti ripetitivi, problemi nella comunicazione verbale e non verbale. La sintomatologia, in realtà, può essere estremamente eterogenea - sia in termini di severità che di tipologia di manifestazione - e può variare nel tempo.
Negli ultimi decenni sono aumentate le diagnosi di ASD, tanto da farlo considerare il disordine dello sviluppo più frequentemente diagnosticato: secondo i più recenti studi epidemiologici, la diagnosi di ASD riguarderebbe, a livello globale, 1 bambino ogni 88 (ma alcune ricerche riportano incidenze ancora superiori) - e il trend sembra in continua crescita. L’esordio avviene nei primi anni di vita, in genere tra i 12 e i 24 mesi dalla nascita (1,2,3).
Nonostante gli sforzi costanti da parte della comunità scientifica, ancora non è chiara l’eziopatogenesi di questo disturbo - che secondo gli studi più recenti vede coinvolti sia fattori genetici che fattori ambientali - né si dispone ad oggi di cure risolutive: la terapia si basa essenzialmente su interventi di tipo cognitivo-comportamentale, mirati al miglioramento della capacità di comunicazione e delle interazioni sociali; talvolta può rendersi necessaria la terapia farmacologica, per controllare i sintomi più severi, anche se, nel merito, non esistono protocolli né linee guida condivise.
INTRODUZIONE
Tra le comorbidità che si registrano più di frequente tra le persone con diagnosi di ASD vi sono i disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale, che si manifestano generalmente con dolori addominali, costipazione cronica, diarrea, infiammazione intestinale, problemi digestivi (4,5). Accanto a questi disturbi si riscontrano spesso carenze nutrizionali, le più frequenti delle quali riguardano (6):
- Carenza di vitamine e minerali
- Carenza di acidi grassi polinsaturi (PUFAs, omega-3 e omega-6)
- Carenza di enzimi digestivi, necessari non solo per l’assorbimento dei nutrienti ma anche per le reazioni di detossificazione ed eliminazione delle scorie derivanti dal metabolismo cellulare
- Carenza di carnitina, un amminoacido condizionatamente essenziale, fondamentale per il metabolismo degli acidi grassi e per la produzione di energia
Queste carenze potrebbero essere un fattore costituzionale oppure potrebbero derivare dalla dieta povera e poco bilanciata che generalmente caratterizza i pazienti con ASD – i quali spesso rifiutano determinati tipi di cibi, prediligendo una dieta monotona a base di pochi e selezionati alimenti (7,8).
In aggiunta alle carenze nutrizionali, numerosi studi pubblicati già a partire dall’inizio degli anni 2000, hanno evidenziato un aumentato stress ossidativo nei bambini con diagnosi di ASD, nonché un’elevata presenza di citochine infiammatorie (cellule prodotte dal sistema immunitario) a livello della circolazione sanguigna – la cui alterazione è stata correlata ad anomalie nello sviluppo neuronale (9,10,11).
Insomma, una sorta di circolo vizioso di cui non si conosce ancora l’origine, ma che vede coinvolti fattori immunitari, nutrizionali e problemi di digestione e/o assorbimento. Alla luce di ciò, non stupisce il grande interesse che negli ultimi anni si è manifestato nell’ambito della nutrizione e dell’integrazione dietetica, soprattutto in ragione dei risultati ottenuti: molti studi hanno infatti evidenziato l’impatto positivo dell’approccio nutrizionale sul miglioramento dei sintomi, non solo fisici ma anche della sfera cognitiva e comportamentale, nei pazienti con diagnosi di ASD (2,12,13,14,15).
A titolo esemplificativo, si riportano i risultati di uno studio randomizzato controllato in singolo cieco, della durata di 12 mesi, condotto per valutare l’impatto dell’approccio nutrizionale nella terapia integrata per bambini e adulti con disturbi dello spettro autistico (6). Lo studio ha visto il coinvolgimento di 67 pazienti con ASD, di età compresa tra 3 e 58 anni, e di un gruppo di controllo di 50 persone, nello stesso range di età.
L’approccio innovativo dello studio consisteva nel combinare uno specifico regime alimentare e l’integrazione di specifici nutrienti, i quali, singolarmente, avevano già in precedenza dato buoni risultati. Il trattamento è stato organizzato in fasi successive: in una prima fase della terapia si è proceduto con l’integrazione di vitamine (A,D,E,K, C e gruppo B) e minerali (tra cui calcio, magnesio, zinco, selenio), acidi grassi essenziali (EPA e DHA), carnitina, enzimi digestivi, coenzima Q10. Nella seconda fase del trattamento, ai pazienti è stato chiesto di seguire un regime alimentare sano, ricco di frutta e verdura, e privo di cibi contenenti glutine, caseina e soia. Il razionale di questa scelta derivava dell’osservazione di come la maggior parte delle intolleranze alimentari riscontrate nei pazienti con diagnosi di ASD riguardasse prevalentemente glutine, caseina (e latticini) e, in taluni casi, soia (16,17).
Al termine del periodo di studio, i ricercatori hanno evidenziato un miglioramento significativo nelle abilità intellettuali non verbali rispetto al gruppo di controllo, e un miglioramento generale dei sintomi dello spettro autistico.
Chiaramente si tratta di risultati che devono essere approfonditi e confermati su un numero più significativo di pazienti, ma restano comunque dati promettenti, che aprono uno spiraglio importante nel trattamento integrato dei disturbi dello spettro autistico.
ASD E DISTURBI GASTROINTESTINALI: ALIMENTAZIONE E INTEGRATORI
SONJA BELLOMI
Fondazione ITS Biotecnologie e Nuove Scienze della Vita Piemonte | Italia
Bio...
Sonja Bellomi, laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università del Piemonte Orientale; dottore di Ricerca in Scienza delle Sostanze Bioattive.
Ha lavorato per 15 anni come ricercatrice nel settore farmaceutico, in campo analitico e formulativo. Attualmente si occupa di attività di docenza e divulgazione scientifica in ambito farmaceutico, nutraceutico e cosmetico.
ASD E MICROBIOTA INTESTINALE: IL RUOLO DEI PROBIOTICI
Accanto all’approccio dietetico e all’integrazione nutrizionale, numerosi studi si sono concentrati sul possibile ruolo del microbiota intestinale – e in particolare delle disbiosi intestinali - nell’insorgenza o nell’aggravamento dei disturbi dello spettro autistico (15). Le stesse difficoltà digestive, i problemi di malassorbimento e tutta la sintomatologia a carico dell’apparato digerente descritta nei pazienti affetti da ASD potrebbero essere causate – in tutto o in parte – dall’alterazione dell’equilibrio del microbiota intestinale. A sostegno di questa tesi, numerosi studi hanno evidenziato quella che sembrerebbe una diretta correlazione tra gravità delle manifestazioni dell’ASD e gravità dei sintomi gastrointestinali (18,19,20,21). Peraltro, secondo quanto riportato in letteratura scientifica sul rapporto tra ASD e microbiota, quest’ultimo presenterebbe differenze significative, in termini di composizione batterica, tra i pazienti affetti da autismo e le persone neurotipiche (20).
L’impatto delle alterazioni del microbiota sullo sviluppo cognitivo può essere spiegato facendo riferimento all’ormai ben noto asse intestino-cervello, quella forma di comunicazione bidirezionale che esiste tra il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso enterico (che ha sede a livello intestinale) e che ha profondo impatto sulla sfera cognitiva ed emozionale dell’individuo (3, 22).
Alla luce di quanto illustrato, non stupisce come il trattamento con probiotici abbia portato, in diversi casi, a un miglioramento nella sintomatologia dei pazienti con ASD: la somministrazione di ceppi specifici di Lattobacilli e Bifidobatteri, per esempio, ha dimostrato in diversi studi un impatto positivo non solo sul riequilibrio del microbiota, ma soprattutto sulla sfera comportamentale e cognitiva dei soggetti coinvolti (23,24,25).
Anche in questo caso gli studi necessitano ulteriori approfondimenti e conferme, ma i risultati raccolti finora sembrano essere promettenti e si collocano – così come quelli su alimentazione e integratori – nell’ambito della terapia integrata per il trattamento dei disturbi ASD.
La somministrazione di probiotici potrebbe funzionare anche in senso preventivo. In uno studio randomizzato pubblicato nel 2015, 75 bambini con probabile diagnosi di ASD sono stati monitorati per 13 anni (26). I partecipanti allo studio sono stati divisi in due gruppi: al primo è stato somministrato un integratore di Lactobacillus rhamnosus, al secondo un placebo. Durante il monitoraggio, a 6 bambini del gruppo placebo è stata confermata la diagnosi di ASD, o comunque una diagnosi di disordini dell’apprendimento, mentre per nessun bambino del gruppo trattato con probiotico è stata confermata la diagnosi di ASD. I risultati dello studio preliminare, suggeriscono dunque che la somministrazione precoce di probiotici potrebbe avere effetto positivo sulla riduzione del rischio di sviluppo della patologia.
Se da un lato sono sempre più numerosi i risultati positivi ottenuti con l’approccio dietetico e di integrazione alimentare sul miglioramento dei disturbi dello spettro autistico, è pur vero che permangono risultati discordanti sulla reale efficacia di molti degli integratori utilizzati nel trattamento integrato dell’ASD – e che rendono conto delle posizioni critiche su questo tipo di terapia.
Le discrepanze nei risultati pubblicati finora in letteratura scientifica possono essere dovute a molteplici fattori, tra cui (11,14,15):
- Eterogeneicità delle persone coinvolte (spesso bambini e adulti reclutati nello stesso studio e soggetti al medesimo trattamento)
- Numero di persone coinvolte, a volte troppo esiguo
- Durata dello studio, che nella maggior parte dei casi è limitata a pochi mesi
- Concomitanza di altri trattamenti, che possono ovviamente influire sui risultati
- Mancanza di standardizzazione nella conduzione dello studio e nella scelta dei parametri da valutare
- Effetto placebo, che può avere un peso soprattutto quando i risultati vengono riportati da genitori o caregivers.
Questo non significa che i risultati positivi non siano da ritenersi validi, tutt’altro: si tratta piuttosto di comporre studi rigorosi e approfonditi per poterli confermare e convalidare. In attesa che ciò avvenga, il trattamento multidisciplinare – fatto di terapie cognitive e comportamentali, di sostegno psicologico e di approccio nutrizionale - resta senz’altro un valido aiuto nella gestione di una patologia che richiede tecniche e strategie adeguate non solo per i pazienti ma anche per familiari e caregivers.
APPROCCIO NUTRIZIONALE: LIMITI E PROSPETTIVE FUTURE
Riferimenti bibliografici
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