Nell’ultimo semestre, la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è espressa sulla presentazione dei prodotti alimentari con riguardo alla corretta applicazione del Reg. UE 1169/2011 (Rif 1).

In particolare, riportiamo la sintesi delle ultime due decisioni che riteniamo di interesse per lo studio e lo sviluppo delle etichette.


Ebbene, fra le ultime decisioni, ne riportiamo una di novembre 2021, quindi molto recente, che ha destato l’attenzione degli operatori perché ha ad oggetto le modalità di indicazione della dichiarazione nutrizionale su quei prodotti che sono pronti ad essere consumati solo dopo essere preparati dal consumatore (Rif 2).


Nel caso in esame, il prodotto in questione era un muesli preconfezionato e la dichiarazione nutrizionale era riportata su un lato del pack sia per 100g di prodotto, così come venduto, sia per porzione, così come preparata secondo i suggerimenti del produttore.

Sul front pack, poi, il valore energetico era ripetuto solo per porzione del prodotto dopo la preparazione; non era invece rappresentato per 100g di alimento così come venduto, come prescrive l’art. 33 Reg. 1169.


A proposito, prima di entrare nel merito della sentenza, è utile ricordare - in sintesi - le disposizioni del regolamento 1169, oggetto della valutazione dei giudici europei:

  • il valore energetico e le quantità delle sostanze nutritive vanno riferite all’alimento così come venduto.
  • Se del caso, in deroga, possono essere riferite all’alimento dopo la preparazione, a condizione che le modalità di preparazione siano descritte in modo sufficientemente particolareggiato e le informazioni riguardino l’alimento pronto per il consumo (art. 31/III primo e secondo comma);
  • la dichiarazione nutrizionale va espressa per 100g; può essere indicata, in aggiunta, per porzione e/o unità di consumo (ex art. 32 e 33);
  • quando i valori sono ripetuti sul fronte del pack possono essere riportati solo per porzione, tranne il valore energetico che deve essere espresso anche per 100g/ml (ex art. 33/II).


Ebbene, la Corte è stata chiamata ad esaminare la presentazione nutrizionale del muesli, chiarendo come debba essere correttamente interpretato l’art. 31/III secondo comma, e cioè se rientri nel campo di applicazione della deroga che consente, se del caso, di riportare i valori nutrizionali dell’alimento pronto per il consumo e non dell’alimento così come venduto.


Occorre a questi fini rifarsi allo scopo della disciplina sulla dichiarazione nutrizionale per 100g; scopo che è quello di facilitare il consumatore sia nella comprensione della informazione sui valori nutrizionali, sia nel confrontare gli alimenti contenuti in imballaggi di dimensioni diverse (Rif 3).


Ora, se un alimento può essere preparato in modi diversi, come il muesli, che può essere consumato usando ad esempio il latte o un succo, le informazioni sul valore energetico e sulle quantità di nutrienti dopo la preparazione non consentono un confronto con gli alimenti corrispondenti di altri produttori (con gli altri muesli), proprio perché a quel punto i valori nutrizionali sono diversi a seconda del o degli ingredienti aggiunti nella preparazione.


La Corte, in aggiunta, richiama un principio già espresso in passato e secondo il quale la presenza di una indicazione esplicativa, anche esatta ed esaustiva, può non essere adeguata a correggere e/o chiarire la percezione che il consumatore può aver ricevuto dalla etichettatura del prodotto (Rif 4).

Ecco perché la assenza sul front pack della indicazione del valore energetico per 100g sul prodotto così come venduto, non può essere sanata dalla presenza di questa stessa indicazione in altra parte dell’imballaggio insieme all’indicazione per porzione per l’alimento preparato e pronto per il consumo, dato che, comunque, non si consente un raffronto puntuale e completo con gli altri alimenti e i loro valori.


A fronte di queste considerazioni, la Corte ha concluso che l’art. 31/III secondo comma è da riferirsi esclusivamente agli alimenti che richiedono una preparazione e la cui modalità di preparazione è predeterminata.

Ciò significa che la dichiarazione nutrizionale può essere riferita al prodotto che debba essere preparato per essere consumato, ma solo questo le modalità di preparazione sono prestabilite e, in sostanza, non possono variare.


A gennaio 2022, la Corte si è espressa sull’applicazione del regolamento 1169 con riguardo alla denominazione di un ingrediente composto nella lista (Rif 5).

In particolare, il caso ha riguardato l’etichettatura di prodotti dolciari nei quali, nell’elenco degli ingredienti, figurava un ingrediente composto di cacao e cioccolato, indicato con una denominazione di vendita non corrispondente a quelle previste dalla direttiva 2000/36/CE sui prodotti di cacao e cioccolato (Rif 6).

Più precisamente, al posto della denominazione “cioccolato in polvere”, l’ingrediente, seppur corrispondente per composizione, era presentato con la diversa dicitura “polvere di cioccolato”, per via della traduzione nella lingua ceca dell’operatore.

In più, tale ingrediente non era seguito dall’elenco dei suoi componenti, atteso che era presentato con una denominazione legale.


In effetti, il Reg. UE 1169/2011 prevede che un ingrediente composto figuri nell’elenco degli ingredienti del prodotto finito dove è impiegato, sotto la sua designazione, legale o usuale, immediatamente seguita dall’elenco dei suoi componenti.

L’elenco dei suoi componenti non è obbligatorio in particolare “quando la composizione dell’ingrediente composto è definita nel quadro di disposizioni vigenti dell’Unione e nella misura in cui l’ingrediente composto interviene per meno del 2 % nel prodotto finito” (Rif 7).


Ora, il problema affrontato dalla Corte ha riguardato l’utilizzo da parte di un operatore di una denominazione dell’ingrediente composto non perfettamente in linea con le denominazioni di vendita disciplinate per quell’ingrediente, per via della sua traduzione. In più, confidando invece in un utilizzo corretto di quel nome, l’operatore aveva usufruito della deroga prevista dal 1169 e non aveva riportato l’elenco dei componenti del suo ingrediente composto.


Ebbene, i Giudici europei anche in questo caso hanno interpretato in maniera rigorosa e restrittiva il regolamento 1169, perché, se si consentisse di non rispettare una denominazione legale lasciando libertà nell’uso delle traduzioni, verrebbe meno l’armonizzazione della normativa : “ne conseguirebbe che l’elenco degli ingredienti di un prodotto alimentare potrebbe menzionare un ingrediente composto, previsto dall’allegato I della direttiva 2000/36, con una denominazione che non figurerebbe in nessuna delle versioni linguistiche di tale allegato e che, di conseguenza, derogherebbe alla denominazione legale imposta da tale direttiva”.

Sostenendo la posizione dell’Avvocato generale secondo la quale “traduzioni libere di tal genere non consentono ai consumatori di conoscere, con certezza, la composizione di un siffatto ingrediente composto, mediante la semplice lettura della sua menzione nell’elenco degli ingredienti del prodotto alimentare nel quale è incluso”, i Giudici hanno ribadito la necessità che l’informazione sia conforme alle norme, e chiara e affidabile.

Si manifesta anche in questo ambito, una interpretazione particolarmente legata al dettato letterale della norma, e quindi un orientamento rigoroso dei giudici europei sulla possibilità di usare termini normativi in maniera più “flessibile”.


Nell’attesa di altri pronunciamenti della Corte – sappiamo infatti che sono pendenti altre cause sul Regolamento 1169 (Rif 8) – si osserva come queste ultime sentenze evidenzino una volontà di garantire un livello elevato di informazione, e di evitare che applicazioni più estensive delle norme possano compromettere non solo la chiarezza, ma anche quel processo di armonizzazione che il legislatore europeo ha attuato e intende continuare ad attuare a tutela del consumatore.

I casi più recenti
della Corte di Giustizia europea sull’etichettatura dei prodotti alimentari