DEL PESCE

NON SI SCARTA NULLA:

QUESTA SÌ CHE È

BLUE ECONOMY!

Il progressivo potenziamento dei vincoli di sostenibilità nella filiera sta introducendo forti elementi di cambiamento nella produzione degli integratori alimentari.  

In questo contesto, e poiché la gestione degli scarti ittici possiede elevato impatto ambientale, assumono particolare importanza, dal punto di vista nutrizionale, i prodotti a base di acidi grassi della linea omega-3, il collagene, alcuni enzimi e i peptidi bioattivi (Ref 1. 2). 

    INTRODUZIONE

    Il sovraffollamento della popolazione mondiale e la conseguente produzione di enormi quantità di rifiuti alimentari comportano la necessità di potenziare ulteriormente sistemi di smaltimento già saturi. Oltre a causare un mancato guadagno legato allo sfruttamento incompleto delle risorse.  

    Oggi, la maggior parte dei rifiuti ittici viene scaricata in mare, bruciata o conferita in discarica: un fenomeno che genera impatti significativi sulla biodiversità, sugli equilibri ambientali e, dunque, anche sulla salute umana. 

    Il cosiddetto upcycling, la valorizzazione dei materiali provenienti dai flussi laterali dei cicli produttivi, rappresenta la base dell’economia circolare e solo uno dei meccanismi virtuosi applicabili ai fini del miglioramento della sostenibilità ambientale e della salute globale, intesa come One Health (Ref 3). 

    Occorre, infatti, agire anche limitando l’impatto insostenibile della pesca e promuovendo la trasformazione e il riciclo di elementi nutraceutici a partire da specie sostenibili, come il pesce azzurro. 

    UPCYCLING E ONE HEALTH  

    MONICA TORRIANI

    Consulente scientifica | Italia

    Bio...

    Si stima che dalle diverse fasi della produzione di pesce origini il 38% circa dei rifiuti alimentari complessivi, dove per rifiuti alimentari si intende l’insieme di tutti i materiali destinati al consumo umano che vengono scartati, persi, degradati o contaminati durante la lavorazione (Ref 4. 5). 

    Lo sfruttamento di questi residui viene incoraggiato dalla normativa UE e incontra l’esigenza del pubblico, la cui attenzione si sta sempre più focalizzando attorno ai temi della sicurezza e della protezione ambientale.  

    Esempi virtuosi sono rappresentati dalla produzione di biocarburanti o biopolimeri (Ref 1. 4. 5. 6). Alcuni studi sulla produzione di biodiesel a partire da rifiuti ittici mostrano che è possibile raggiungere rese che toccano l’85% (Ref 7). 

    In questo ambito l’impegno della ricerca negli ultimi anni è stato particolarmente intenso e ha permesso di sviluppare soluzioni che massimizzano la resa nel rispetto dell’ecosistema. Tuttavia, non sempre il processo di recupero e riutilizzo si mostra vantaggioso. 

    RIFIUTI ALIMENTARI: QUALE DESTINO? 

    Il riutilizzo dei sottoprodotti ittici e degli scarti è stato fino ad oggi orientato alla produzione di alimenti destinati agli animali. Tuttavia, vista l’ampia disponibilità del materiale, il potenziale danno per l’ambiente legato alla reimmissione in acqua degli scarti di lavorazione e l’elevata domanda insistente su questi prodotti, l’estrazione degli acidi grassi omega-3 a fini nutraceutici potrebbe rappresentare una soluzione virtuosa su più fronti (Ref. 1. 8. 9). 

    Nel pesce, gli acidi grassi omega-3 più interessanti dal punto di vista della supplementazione sono l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA), che l’animale non sisntetizza ma che assorbe dalla sua stessa dieta, ricca di alghe e plancton (Ref 10. 11).  

    Queste molecole, la cui azione è correlata alla prevenzione di numerose patologie, sono presenti a livello del muscolo, della testa e dei visceri del pesce e comprendono parti non utilizzate a scopo alimentare umano. Si tenga, infatti, presente che l’olio è estraibile da circa il 50% degli scarti di pesce.  

    Fra i prodotti bioattivi ottenibili dall’upcycling dei rifiuti ittici, anche i composti azotati.  

    Com’è noto, le proteine del pesce sono dotate di valore nutrizionale superiore rispetto a quelle vegetali e sono presenti in quantità significative nelle lische.  

    Alcuni peptidi bioattivi sono caratterizzati da proprietà farmacologiche interessanti e possono rappresentare una risorsa di partenza per l’industria farmaceutica, nutraceutica o cosmetica.  

    Contenuto in grandi quantità nella pelle del pesce, il collagene di origine marina è ampiamente utilizzato nell’industria farmaceutica per la sua ricchezza in aminoacidi non polari e perché rappresenta un’alternativa più accettabile da parte del pubblico rispetto a quello bovino, in particolare alla luce degli eventi legati alla diffusione di derivati animali contaminati da prioni (si ricordi il caso della BSE). 

    I PRODOTTI BIOATTIVI OTTENIBILI 

    Attualmente, i processi di produzione degli oli di pesce richiedono ingenti quantitativi di energia e l’utilizzo di discrete quantità di prodotti di sintesi. Solventi come l’esano o altre sostanze che possono permanere come residui contaminanti nel prodotto finito. 

    La produzione tradizionale dei concentrati di omega-3 dall’olio di pesce si basa su un processo noto come wet reduction. I residui di pesce vengono sottoposti ad un procedimento di cottura ad alta temperatura (circa 90°C) per un tempo relativamente breve (30 minuti), seguito da una fase di pressatura, che ha lo scopo di separare la matrice solida da quella liquida. Queste operazioni vengono svolte direttamente a bordo dell’imbarcazione che ha effettuato la pesca (Ref 9). 

    A livello del sito industriale, ha invece luogo l’estrazione. La miscela di olio e acqua ottenuta a bordo viene liberata dalla componente acquosa mediante centrifugazione. Il processo permette di ottenere un sistema trifasico (che dalla base verso l’alto si presenta come una successione di materia solida, acqua e olio) da cui la componente oleosa viene separata per decantazione.  

    Successivamente, il semilavorato viene sottoposto a procedimenti di neutralizzazione con l’utilizzo di sostanze alcaline (ad esempio idrossido di sodio), lavaggio con acqua per l’eliminazione degli acidi grassi liberi, sbiancamento (con una miscela di adsorbenti e olio) per la rimozione di coloranti e inquinanti, deodorizzazione con distillazione a vapore sottovuoto e degommazione per l’eliminazione della frazione fosfolipidica.   

    Infine, viene effettuata una transesterificazione degli oli con etanolo, seguita da una distillazione molecolare mirata alla purificazione.  

    LA PRODUZIONE DEGLI OLI DI PESCE

    La reazione di ossidazione è il risultato di un processo naturale che interessa tutti i lipidi che contengono acidi grassi insaturi ed è ritenuta essere alla base del possibile sviluppo di reazioni avverse, oltre che al cattivo sapore sviluppato da alcuni prodotti soggetti a irrancidimento (Ref 12). Rappresenta, pertanto, uno degli aspetti più critici nell’ottenimento degli acidi grassi omega-3. 

    Ai fini della protezione da questo fenomeno, vengono impiegate metodologie produttive finalizzate al mantenimento dello stato di ossidazione.  

    Il prodotto finale viene addizionato di composti ad azione antiossidante (come l’α-tocoferolo), sottoposto a incapsulazione con materiali adeguati per schermare la luce ed evitare il contatto con l’ossigeno atmosferico e confezionato in atmosfera modificata (Ref 13) 

    La microincapsulazione delle particelle lipidiche, oltre ad un ulteriore fattore di prevenzione della degradazione, rappresenta un sistema per nascondere il poco amato retrogusto di pesce. 


    LA PROTEZIONE DALL’OSSIDAZIONE 

    L’estensione della produzione di oli di pesce ricchi in acidi grassi omega-3 dal pesce azzurro ai sottoprodotti ittici, fino ad oggi considerati scarti, permetterebbe di recuperare e trasferire nutrienti chiave dal mare alla catena alimentare umana, con benefici economici, ambientali e sanitari significativi. In questo preciso contesto, sono numerosi gli studi che documentano come il riutilizzo dei rifiuti provenienti dalla filiera alimentare permetterebbe di tutelare sia la sostenibilità ambientale che quella economica (Ref 9. 14). 

    In virtù di queste considerazioni, negli ultimi anni sono state approfondite le possibili metodiche e sviluppati sistemi di produzione ecocompatibili. 

    Nuove e promettenti tecnologie sono basate sul pretrattamento con metodi fisici quali le microonde o gli ultrasuoni, l’estrazione enzimatica, la CO₂ supercritica e la fermentazione, che permettono di bypassare la fase di transesterificazione e che sono compatibili con la lavorazione a basse temperature. Com’è noto, infatti, gli acidi grassi sono composti termosensibili (Ref 9. 15. 16. 17). 

    Se è vero che la produzione convenzionale per wet reduction si basa sull’impiego di acqua, un solvente economico e sicuro, è altrettanto vero che non consente il raggiungimento di requisiti di efficienza soddisfacenti. Inoltre, le temperature elevate che questo procedimento comporta pongono un rischio consistente di degradazione degli acidi grassi.  

    Allo scopo sono stati anche testati solventi green come il d-limonene: al termine della produzione, questo composto viene rimosso dal preparato attraverso evaporazione a regimi di bassa pressione.  


    RENDERE L’INTERA CATENA PRODUTTIVA ECOCOMPATIBILE 

    Alcuni oli di pesce possono essere contaminati da quantitativi significativi di composti quali diossine e sostanze dioxin-like come il policlorodifenile (PCB). 

    Un tempo, venivano impiegati metodi di idrogenazione, che però contribuivano a degradare gli acidi grassi polinsaturi.  

    Per rimuovere dal prodotto eventuali tracce di composti indesiderati provenienti dalle acque, oggi vengono usate metodiche che non alterano le concentrazioni dei principi nutritivi contenuti, lo stato ossidativo e la stabilità dell’olio. In generale, i metodi di decontaminazione devono comunque essere compliant al Regolamento (UE) 2015/786 (Ref 18. 19). 

    Di solito, a questo scopo, viene effettuato un trattamento di purificazione con un adsorbente apolare, come il carbone attivato. Nel 2018 l’Agenzia per la Sicurezza Alimentare (EFSA), attraverso il suo Comitato sui Contaminanti nella Catena Alimentare (CONTAM), ha prodotto un parere scientifico su richiesta della Commissione Europea in merito alla valutazione di un nuovo processo di decontaminazione dei derivati del pesce.  

    Il sistema si basa sull’uso dell’esano finalizzato alla rimozione delle diossine e dei composti dioxin-like e non-dioxin-like seguiti dalla sostituzione con olio di pesce decontaminato. Lo studio di EFSA mostra che è verosimilmente possibile rimuovere queste categorie di contaminanti per soddisfare i limiti imposti dalla normativa evitando il rischio di permanenza di residui di sostanze pericolose (come può esserlo l’esano) nel prodotto finale e l’alterazione della composizione nutrizionale dei derivati del pesce (a meno di una deplezione di componenti come le vitamine lipofiliche) (Ref 19. 20).  


    LA RIMOZIONE DEI CONTAMINANTI 

    Tutti i sistemi studiati e sviluppati per consentire l’upcycling dei rifiuti ittici devono essere inquadrati nel contesto attuale nel quale il consumatore è (mediamente) maturo al punto tale da porsi il problema dell’ecosostenibilità nelle sue scelte d’acquisto, sia quotidiane che straordinarie. 

    Dopo qualche decennio trascorso all’insegna dell’usa-e-getta, oggi viviamo le urgenze del contenimento degli sprechi e della valorizzazione estrema delle risorse. Siamo, in altre parole, diretti verso l’orizzonte rifiuti zero.  

    I sottoprodotti della filiera agroalimentare rappresentano un contesto particolarmente critico, sotto questo profilo, che stressa i nuovi modelli di business e impone un cambiamento radicale di mentalità. Oltre allo sfruttamento dei rifiuti per la produzione di biocarburanti, mangimi per il bestiame, fertilizzanti organici, la frontiera effettivamente innovativa è rappresentata dal loro impiego ai fini di prevenzione e benessere, ossia per ricavarne ingredienti destinati alla realizzazione di prodotti nutraceutici o cosmetici.  

    Se il background scientifico e tecnologico per la messa a punto di soluzioni a supporto della blue economy è ormai ricco, la vera sfida oggi è quella di rendere i processi sostenibili anche dal punto di vista economico.  


    LA PROSPETTIVA RIFIUTI ZERO 

    OMEGAs, COLLAGENE, ANTIOSSIDANTI