Il suono del make-up  

Cosa rende attrattivo agli occhi dell’acquirente un prodotto di make-up? Sicuramente la tipologia di formula, la gamma colore tra cui scegliere, la presentazione marketing, la fidelizzazione al brand, solo per citare alcuni aspetti, e non ultimo il packaging. Il contenitore deve essere non solo funzionale ma anche attraente e accattivante per inviare i giusti segnali al consumatore, rappresentando così un elemento strategico di comunicazione. A riprova di ciò spesso accade che un marchio si riconosca dal packaging ancor prima di averne letto il nome.


Inoltre, quando si acquista un nuovo prodotto, il primo impatto è proprio con il packaging, prima ancora di valutare le caratteristiche del cosmetico. Innanzitutto, colpisce l’aspetto e la forma: grafiche accattivanti e forme ludiche per i prodotti dedicati ai più giovani, stampe e sagome più eleganti e sofisticate per l’alta profumeria. In secondo luogo, si è attratti dal materiale, dalla sensazione che proviamo nel sentirlo sotto le nostre dita: superfici ruvide, lisce, fredde, soft touch. E infine, a mio parere di grande importanza, il suono che percepiamo quando lo apriamo: la rimozione di un cappuccio, l’apertura di un tappo a pressione, la rotazione di un coperchio a vite, rappresentano il preludio all’incontro con il prodotto, con la sua texture e con il suo profumo. Questa è l’intrigante rapporto tra cosmetico e contenitore, quest’ultimo non serve semplicemente a proteggere il contenuto ma svolge un ruolo emozionale e talvolta diviene persino un oggetto di design da collezionare.


La necessità di avere un contenitore idoneo per accogliere le varie tipologie di trucchi è nata naturalmente insieme ai primi prodotti di make-up: ampolline e fialette furono tra i recipienti più antichi utilizzati per riporre le prime paste colorate, ma nei secoli i progressi formulistici portarono, in parallelo, a un naturale sviluppo del contenitore.


La semplificazione e la ricerca di in packaging pratico e funzionale diventa prioritaria se si pensa all’evoluzione delle abitudini dei consumatori. In un contesto in cui muoversi e viaggiare (per lavoro o per diletto) diventa una prassi sempre di più diffusa e sdoganata, la comodità e l’efficienza del packaging rappresenta una caratteristica per nulla trascurabile. Gli analisti sostengono che nei prossimi 5 o 6 anni ci sarà una crescita nel numero di cosmetici che verranno presentati in tubo, sia esso di plastica, di alluminio o di materiale riciclato e/o riciclabile se non addirittura biodegradabile o di carta. Il futuro anche in questo caso è aperto a esperienze e novità con un approccio altamente sostenibile. E le formule si adegueranno di conseguenza: morbide e cremose ma evanescenti, multiuso per essere in grado di soddisfare le diverse necessità di trucco, in emulsione o anidre ma sempre attente alla compatibilità con il materiale utilizzato.


Se sino a qualche anno fa il tubo era associato a un prodotto più di mass market, attualmente la tendenza sta cambiando: non solo molti indi brand lo utilizzano (c’è addirittura chi ne ha fatto un tratto distintivo della sua linea), ma anche l’alta profumeria sta guardando con interesse a questo fenomeno.


Vediamo una breve carrellata di alcuni packaging che hanno segnato le tappe più interessanti nell’evoluzione del make-up.

Il rossetto che attualmente noi tutti utilizziamo sottoforma di stick sembrerebbe sia nato alla fine dell’800. Sino ad allora i rossetti venivano applicati con un pennellino prelevando la pasta da una scatolina in metallo. Nei laboratori di una nota casa francese di alta profumeria venne ideato un prodotto più pratico, veloce da utilizzare, dalla stesura immediata perché non necessitava di strumenti per essere usato: traendo ispirazione dalla lavorazione delle candele nacque il pastello per le labbra che naturalmente necessitava di un contenitore idoneo per preservare la nuova forma del rossetto (Figura 1).

Figura 1. Archivio Guerlain (AP Photo/Michel Euler).

Fu però agli inizi del ‘900 che vennero depositati i primi brevetti per macchinette in metallo, primo tra tutti l’ingegnere francese Maurice Levy. La struttura era abbastanza semplice quanto ingegnosa: un tubo di metallo con una piccola leva laterale che consentiva di alzare pastello, facendolo fuoriuscire per applicare il prodotto, e di abbassarlo alla fine dell’utilizzo (Figura 2).

Figura 2. 

Sempre nello stesso periodo l’americano Thomas Williams fonda la propria azienda di make-up e inizia a produrre il mascara presentandolo sottoforma di panetto solido contenuto in una piccola scatola. Il prodotto doveva essere bagnato per renderlo cremoso e applicabile sulle ciglia con l’apposito spazzolino.


Ma la vera svolta si ebbe nei primi anni ’60 circa: viene depositato il brevetto per il mascara automatico. La sua peculiare caratteristica era di avere un applicatore a vite, e non con le setole, in materiale metallico come il contenitore. L’abbinamento tra la forma allungata, che lo faceva sembrare quasi una penna, e il colore oro, che lo rendeva prezioso, lo fecero diventare un oggetto che poteva essere sfoggiato in pubblico come un accessorio.


Sempre negli anni ’60 esplode la mania del lucidalabbra e in particolare dei gloss liquidi dal sapore fruttato e goloso che rendevano la bocca estremamente brillante con un effetto “a specchio”. Questa tipologia di prodotto venne associata a un contenitore in vetro dalla forma di un piccolo flacone con un applicatore a pallina incorporato: il popolare roll-on.


Ma il packaging fa davvero sentire la sua “voce” in tempi decisamente più recenti. L’idea è venuta a una nota casa francese che ha introdotto sul mercato, nel 2006, un rossetto con l’apertura a scatto. La semplice pressione del dito sul fondo della macchinetta aziona un meccanismo a molla che rilascia il pastello. Ed è proprio sul rumore del “click” si genera l’aspettativa: è talmente caratteristico che quando lo si sente automaticamente lo si associa alla gestualità del trucco delle labbra.


Nel 2022, lo stesso brand, ha creato un packaging per mascara con un’identica modalità di apertura trasformando il prodotto in un articolo di lusso che si apre con un dito.


Vorrei chiudere questa breve panoramica con uno dei packaging più innovativi recentemente immessi sul mercato: un rossetto ricaricabile racchiuso in un contenitore in vetro. Diversi sono i fattori che a mio parere rendono interessante questo prodotto: è sostenibile, è raffinato, riflette la luce quasi come un prisma, ha un forte impatto visivo, e infine è piacevole al tatto.