Giulio Fezzardini

TKS Publisher

Italia

La bellezza e la storia: una lezione da imparare

Agli inizi di dicembre sono tornato, dopo lunghi anni di assenza, a Mantova, mia città natale.

Ho avuto il dono di trovarmi nella città dei Gonzaga durante una grande mostra dedicata a Rubens a Palazzo Te (nome che non si riferisce alla bevanda, per altro arriverà in Europa nel 1600, mentre la costruzione di Giulio Romano dedicata allo svago dei Gonzaga è del 1500. “Te” potrebbe derivare da “Teieto”, località dei tigli o “Tegia”, capanna).

Il tema dominante della mostra, realizzata dalla curatrice Raffaella Morselli, un evento che resterà negli annali dell’arte nazionale, è il rimbalzo tra Giulio Romano e Rubens: il grande fiammingo si era innamorato dell’arte di Giulio Romano durante i suoi soggiorni in Italia.

La sontuosa bellezza della mostra viene esaltata nella figura umana. Il nudo di Rubens, sia esso maschile o femminile, è opulento. Un corpo magro per i tempi era segno di povertà e malnutrizione. Mentre i signori come i Gonzaga facevano spesso anche due banchetti al giorno con un regime alimentare che oggi manderebbe in tilt le analisi del sangue.

Sandro Botticelli, The Wedding Feast, 1483.

Inevitabile, per deviazione professionale, cercare in dipinti che sono fotografie di quel passato, elementi che parlino della cura del corpo.

In quei tempi, lo abbiamo già evidenziato in altri articoli, l’igiene lasciava spesso a desiderare. Ci si lavava regolarmente viso e mani e il bagno completo era poco praticato. Mentre ai capelli la donna dedicava molta cura.

I dipinti del 1400-1500, e la mostra lo evidenzia, ci mostrano molte chiome bionde acconciate in varie fogge: in un disegno di Giulio Romano Venere si lava con cura una lunga capigliatura bionda.

Peccato sia un fake. Perché in realtà il colore dominante dei capelli degli italiani del tempo era bruno. E tale sarebbe rimasto per molto.

Il mito della bionda fatale è un elemento ricorrente nell’immaginario collettivo nazionale di cui abbiamo testimonianza anche nel cinema italiano, almeno fino agli anni ’60. Ma erano le donne dei paesi nordici ad essere bionde e questo biondo era stato sposato dalle donne del tardo Medio Evo e Rinascimento come ideale di bellezza.

Se questo era l’ideale, raggiungerlo era un altro paio di maniche.

Le “tinte” sarebbero arrivate molto dopo e ai tempi per imbiondirsi si inventavano “formulati” con paste minerali e vegetali (si usava anche zafferano!).


Sempre restando nel personal care, non andava meglio per l’oral care che vedeva prodotti realizzati con urina di bambino.

Le colorazioni come rossetti, “mascara” o le decolorazioni (la pelle abbronzata era distintiva dei lavoratori all’aperto, quindi non aristocratici), erano affidate a sostanze che oggi farebbero svenire un consulente del regolatorio chimico.

Lo scrub e la depilazione - c’era molta attenzione in questo - erano oggetto di operazioni dolorose visto che si effettuavano con strumenti che probabilmente non erano molto diversi da quelli utilizzati nelle camere di tortura.


Detto questo sarebbe ingeneroso guardare con sufficienza a queste pratiche che sono testimonianza del naturale sviluppo tecnologico di cui beneficiamo oggi.

Il messaggio da cogliere quindi è nell’anelito alla cura della persona, al sentirsi bene in periodi come Medio Evo e Rinascimento ingiustamente bollati come oscuri.

Ma l’esperienza mantovana ci dice altro rispetto alla bellezza femminile del tempo, una bellezza da cercare nella sfera interiore di tante donne protagoniste della loro Storia.


Come Isabella d’ Este, sposa di Francesco II Gonzaga.

I signori del tempo avevano, si sa, la vocazione di andarsene in giro con i loro eserciti a combinare disastri.

La cosa poteva durare a lungo con esiti che andavano dalla gloria al patibolo. Francesco se la cavava abbastanza bene con la spada e scorrazzava per l’Italia del tempo con alterne alleanze senza preoccuparsi troppo di quello che succedeva a casa sapendo di poter contare per il governo del ducato su una donna, eccezionale. Colta, mecenate sensibile alle arti, grande diplomatica e governatrice, Isabella è stata una regina “de facto” del suo tempo. Come Lucrezia Borgia, figura che soffre di una narrazione totalmente falsa, anche lei con un marito che andava in giro a far danni sapendo di poter contare su una sposa di notevoli capacità di governo incluse (altro che veleni!) una elevata pietà e carità. E che dire di Beatrice d’Este altra grande personalità, sulla cui tomba ha pianto il marito, Ludovico il Moro prima di lasciare Milano in fuga dai francesi.


In un 2023 di cronaca internazionale che sarà ricordato come un buco nero nei confronti delle donne per le tante violenze da loro subite, nella fatica che ancora subisce la donna nell’affermarsi per i suoi meriti, guardare a questi esempi del passato potrebbe contribuire a portarci a nuovi “orizzonti di bellezza”, percorsi di impegno concreto di rispetto che vadano oltre le pur belle parole.


Un caro augurio a tutte le donne e uomini di buona volontà: oggi più che mai necessaria!

Buon Natale!

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