CARO ZAFFERANO

Lo zafferano (Crocus sativus L.) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Iridacee, originaria dell’Asia Minore ma nota anche in India ed in Cina, che venne introdotta nell’VII secolo d.C. in Spagna dai conquistatori arabi e che da qui si diffuse in tutta Europa. La leggenda dice che sia stato un monaco abruzzese appartenente alla Santa Inquisizione a portarlo in Italia dalla penisola iberica (Ref 1). 

Sin dall’antichità è stato impiegato come pianta medicale, ma solo di recente la sua attività farmacologica è stata testata in trials preclinici e clinici. In particolare, risulta interessante per la comunità scientifica il suo uso come adiuvante nel trattamento farmacologico della depressione e di altre patologie neuropsichiatriche. 

L’assunzione di alimenti funzionali a sostegno della cura di disturbi mentali rientra nel quadro della cosiddetta psichiatria nutrizionale o psiconutraceutica.  

    INTRODUZIONE

    Gli effetti farmacologici delle preparazioni a base di zafferano sono prevalentemente associati alla presenza di 4 caratteristici carotenoidi e loro derivati e aldeidi terpeniche che si trovano negli stimmi dei fiori.  

    Il safranale (C₁₀H₁₄O) è la molecola responsabile del caratteristico profumo della spezia e il principale costituente dell’olio essenziale. Alla base del gusto aromatico, la picrocrocina (C₁₆H₂₆O₇) è un glicoside monoterpenico precursore del safranale, che viene liberato quando lo zafferano è sottoposto a riscaldamento, come avviene durante la cottura (Ref 2, 3). 

    La crocetina è un poliene coniugato insolubile in acqua (Ref 2). 

    Le crocine sono esteri glicosilici idrosolubili della crocetina, responsabili del colore giallo intenso: in particolare, la α-crocina (C₄₄H₆₄O₂₄) sembra essere il componente strategico per l’espressione dell’attività neuropsicofarmacologica (Ref 2). 

    I COMPOSTI RESPONSABILI DELL’ATTIVITÀ BIOLOGICA 

    MONICA TORRIANI

    Consulente scientifica | Italia

    Bio...

    Lo zafferano e i suoi componenti attivi sono da tempo messi in relazione con il miglioramento di alcune condizioni neurologiche e neuropsichiatriche. L’importante vantaggio che caratterizza l’azione farmacologica di questa pianta è rappresentato dalla sua capacità di attraversare la barriera ematoencefalica (Ref 2, 4). 

    Fra le caratteristiche di interesse per la ricerca, anche l’azione antiepilettica, evidenziata dalla pianta nel modello murino colpito da convulsioni pentetrazolo-indotte e mediata presumibilmente dall’interazione con i recettori GABAergici e il circuito degli oppioidi endogeni (Ref 2, 5). 

    Alcuni studi mettono in luce il fatto che anche la somministrazione della sola crocina previene il declino cognitivo e dell’apprendimento visuo-spaziale indotto da stress cronico (Ref 6). 

    Ma l’attenzione della comunità scientifica è catalizzata soprattutto dai possibili effetti di questa spezia come antipsicotico per la schizofrenia, uno dei grandi bisogni insoddisfatti della neuropsicofarmacologia. Da questo punto di vista, i risultati sono incoraggianti e sembrano supportare la necessità di ulteriori approfondimenti sperimentali (Ref 2). 

    L’AZIONE SUL SISTEMA NERVOSO CENTRALE 

    Fra le più diffuse condizioni neuropsichiatriche, la depressione dispone di una gamma relativamente ampia di farmaci finalizzati al suo trattamento. Tuttavia, sono numerose e impattanti sulla qualità di vita le reazioni avverse correlate alla terapia a lungo termine. I pazienti lamentano di soffrire le interazioni con la capacità di attenzione e di guida dei veicoli, la secchezza delle mucose, la costipazione, ossia alcuni degli effetti collaterali che possono insorgere. 

    Così come sono relativamente frequenti i casi in cui i medicinali si rivelano inefficaci o perdono di efficacia nel tempo. Poter contare su sostanze che abbiano un meccanismo d’azione analogo ma con profili di sicurezza migliori a supporto della terapia farmacologica, un contesto che realizzerebbe i principi della psichiatria integrata, sarebbe un vantaggio notevole. Da questo punto di vista, il mondo vegetale annovera una serie di candidati nuovi farmaci interessanti (Ref 7. 8). 

    In particolare, fra le piante più studiate per l’azione antidepressiva, lo zafferano è stato oggetto di numerosi studi preclinici e clinici.  

    A differenza di molte altre piante impiegate in terapia, come tali o come singoli componenti, lo zafferano non presenta particolari problemi di interazione con la farmacocinetica o la farmacodinamica dei farmaci di sintesi, fenomeni che possono portare allo sviluppo di reazioni avverse potenzialmente pericolose per la vita (Ref 9). 

    Per contro, uno dei veri, potenti ostacoli allo sviluppo di questo filone di ricerca è rappresentato dal costo: lo zafferano è, infatti, la spezia più cara al mondo e le preparazioni finalizzate al supporto alla terapia della depressione costerebbero non meno del doppio rispetto ai farmaci SSRI (Ref 10). 

    LA DEPRESSIONE COME UNMET NEED  

    Gli studi clinici hanno mostrato che lo zafferano, usato come polvere degli stimmi o estratto secco titolato in crocine e in safranale, è più efficace del placebo e, al limite, equivalente in efficacia alla dose terapeutica di imipramina e fluoxetina, due antidepressivi inibitori selettivi del reuptake della serotonina-SSRI (Ref 11) nel trattamento delle forme da lievi a moderate di depressione, con un’analoga riduzione significativa del punteggio nella Hamilton Depression Rating Scale (HAMD).  

    Anche i petali essiccati della spezia si sono rivelati efficaci nella terapia delle forme di depressione da lievi a moderate nel corso di trial clinici randomizzati in doppio cieco della durata di 8 settimane. La performance terapeutica espressa è stata analoga a quella della fluoxetina, con un tasso di remissione pari al 25% (Ref 12. 13). Il principale antiossidante contenuto negli stimmi dello zafferano, la crocina, al dosaggio di 30 mg/die, ha mostrato di potenziare l’effetto degli SSRI nei pazienti con forme depressive da lievi a moderate, in assenza di sostanziali reazioni avverse, nel corso di una sperimentazione clinica condotta su 40 pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore (Ref 14). 

    GLI STUDI SULL’UOMO 

    La definizione originaria di fitoterapico è quella di farmaco, da banco o vendibile su prescrizione medica, contenente preparazioni ottenute da piante medicinali (ovvero piante intere o parti di esse, funghi o licheni). In tempi più recenti, tuttavia, questo termine è stato integrato dai botanical food supplements, una categoria di prodotti vegetali che vantano proprietà salutistiche, inquadrati dal punto di vista normativo come integratori alimentari.  

    I farmaci fitoterapici sono registrati secondo la Direttiva Europea 2001/83/CE, che ha permesso di registrare e autorizzare come farmaci le droghe vegetali che avevano in Europa una lunga tradizione di utilizzo (well established use o traditional use) e su cui sono disponibili sufficienti dati di efficacia e sicurezza (Ref 15. 16). 

    Il regolatorio dei botanicals, invece, è quello degli integratori alimentari, definito dal Regolamento UE 1924/2006: EFSA, a livello europeo, e il Ministero della Salute in Italia impongono una serie di requisiti di sicurezza per gli ingredienti vegetali che possono essere utilizzati negli integratori alimentari (Ref 17. 18). 


    IL FRAMEWORK REGOLATORIO 

    SALUTE MENTALE E COGNITIVA

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