Giulio Fezzardini

Mktg & Sales

TKS Publisher

Italia

La dieta di Polifemo

L’epica omerica ci racconta nei dettagli uno degli apericena più disastrosi della storia.


La vicenda è nota: Ulisse, di ritorno a Itaca dalla guerra di Troia nella quale si è particolarmente distinto, fa una sosta con la sua nave nella Terra dei Ciclopi, siamo nella splendida Sicilia, nel catanese, e scopre la grotta del gigante monoculare Polifemo.

Entrati nell’antro tutti si servono senza complimenti al buffet del padrone di casa. Il quale tornato stanco dal lavoro esprime la sua gioia per quella inattesa compagnia mangiandosi alcuni marinai. Cosa che irrita comprensibilmente Ulisse che con l’ennesimo stratagemma che arricchirà il suo già rispettabile curriculum, prima ubriaca Polifemo con un vino super concentrato, poi lo acceca e riesce ad uscire dalla grotta di nascosto, attaccato al vello dell’ariete amato dal gigante.

Polifemo non la prende bene e urla a Ulisse-Nessuno (questo il nickname che per prudenza il nostro si era dato), tutto quello che pensa di lui.

Ulisse, pur dotato di grande scaltrezza non brilla tuttavia per modestia e nel momento del commiato, al sicuro della nave, deve fare sapere al mondo chi è veramente e rivela il suo vero nome al ciclope. Il quale chiede vendetta al padre Poseidone, re del mare.


I genitori, si sa, tendono a prendere sempre la parte dei figli anche di fronte alla evidenza più sfacciata. Poseidone non è da meno e da quel momento trasforma quella che doveva essere una semplice traghettata di pochi giorni in una crociera mediterranea di anni.

Crociera nella quale, va detto, Ulisse non se la passa poi così male visto l’ascendente che ha su donne bellissime e fatali che fanno di tutto per tenerselo stretto anche usando i mezzi che l’alchimia del tempo (la chimica di sintesi sarebbe arrivata un po' dopo), permetteva loro.

Già, ma che ci faceva Ulisse nella terra dei Ciclopi? Semplicemente cercava cibo e acqua. Perché i marinai devono pur mangiare.

Jordaens Jacob - Ulisse nella grotta di Polifemo (1625)

Cosa si mangiava per mare nel passato?


Tornando agli antichi greci, il guerriero acheo è carnivoro per eccellenza. Non dimentichiamo che uno dei primi ricettari della storia è proprio la descrizione del procedimento con cui Agamennone arrostisce il pranzo per i suoi ospiti. E da notare che gli spregevoli principi che a Itaca attentavano alla virtù di Penelope, depauperavano senza ritegno le stalle e gli allevamenti del padrone di casa in altre faccende affaccendato.


Nell’epoca dei galeoni e per lungo tempo la dieta era fatta di gallette, facilmente trasportabili, imbevute in olio, acqua, carne secca, un po' di formaggio. Frutta e verdura? Probabile per quanto limitata, anche se la consapevolezza che la carenza di Vitamina C come causa dello scorbuto negli equipaggi marittimi e negli eserciti delle varie epoche sarebbe arrivata solo nel 1747, grazie alle ricerche e sperimentazioni di un medico scozzese della marina britannica: James Lind.

Da allora gli agrumi avrebbero fatto parte obbligata della dieta del marinaio.


Sempre la letteratura ci offre qualche indicazione come la carne che mangiano i ramponieri del Pequod alla folle caccia di Moby Dick. Ma sempre Melville nel suo inquietante “Benito Cereno” ci parla di pesce portato in emergenza su una nave in difficoltà.


Mangiano pesce anche i marinai del We’re Here in "Capitani Coraggiosi" di Rudyard Kipling. Interessante un commento di Kipling dedicato al cuoco e definito un “ottimo” cuoco, perché il capitano della nave teneva al benessere dei suoi uomini e quindi alla loro resa lavorativa, e come dargli torto.


Sicuramente nelle considerazioni dei viaggi marittimi la grande distinzione è sulle tratte. Quelle oceaniche per i loro tempi di viaggio, sono sempre state le più critiche nei confronti dell’alimentazione rispetto a chi viaggiava vicino alle coste.

Non è stata vita facile per tanti uomini nutrirsi come si deve. Si pensi solo alla conservazione dell’acqua dolce nei barili che il tempo e il caldo trasformavano in una fonte di batteri.

Le tecniche di conservazione, dal sotto sale fino alle moderne tecnologie del freddo, gli alimenti funzionali, la possibilità di risolvere il problema dello scorbuto con una “banale” (si fa per dire!), compressa di vitamina C, rendono oggi la vita del marinaio decisamente meno rischiosa.

Cosa che ci fa rivolgere un pensiero grato, un omaggio, alle centinaia, migliaia di marinai, che non hanno fatto ritorno a casa e che con il loro lavoro e sacrificio hanno dato e danno il loro contributo al grande viaggio della storia della Umanità.


Perché Ulisse è, e sarà sempre, al timone della sua nave.

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