ONDATE DI CALORE
E COME PROTEGGERSI
L’utilizzo del calore per l’hair styling è diventata una pratica largamente diffusa anche grazie all’introduzione nel mercato di dispositivi sempre più performanti e alla tendenza del pubblico a riprodurre a casa alcuni dei trattamenti un tempo esclusivi del salone di bellezza.
Insieme all’uso del tradizionale phon, delle spazzole in grado di trattenere il calore, dei ferri per l’arricciatura, le piastre rappresentano uno strumento moderno, pratico e veloce per la cura del look (Ref. 1). Tuttavia, al tempo stesso, pongono una serie di preoccupazioni circa le conseguenze che un impiego assiduo può determinare sulla salute delle chiome.
INTRODUZIONE
Il capello è formato da una sequenza di strutture concentriche.
Operandone una sezione, la porzione più esterna (cuticola) appare costituita da cellule trasparenti parzialmente sovrapposte fra loro. All’analisi microscopica, si notano vere e proprie scaglie che rivestono funzione protettiva dalle aggressioni chimiche e fisiche. Queste ultime comprendono l’esposizione a sostanze acide o basiche, il contatto con fonti di calore e le sollecitazioni meccaniche impresse con pettine, spazzola e l’applicazione di pinze ed elastici.
Più all’interno si osserva la corteccia, la componente strutturale del capello, che contiene elementi proteici e lipidici ed è responsabile del volume, del peso e della resistenza meccanica.
La parte centrale, non sempre presente, è rappresentata dal midollo (Ref 2).
Le caratteristiche e lo stato di salute di queste strutture impattano sulle proprietà meccaniche (come la resistenza alla trazione e alla torsione) e ottiche (ad esempio, la lucentezza) del capello (Ref 3. 4. 5). E possono, a loro volta, essere influenzate da parametri quali l’umidità presente nell’aria, l’inquinamento atmosferico, eventuali trattamenti chimici cui i capelli sono stati sottoposti e l’uso della spazzola e del pettine, che possono causare danni importanti alla loro struttura (Ref 6).
QUANDO SI DICE SPACCARE IL CAPELLO…
MONICA TORRIANI
Consulente scientifica | Italia
Bio...
Mi sono laureata in Farmacia presso l’Università degli Studi di Milano. Ho fondato WELLNESS4GOOD, un blog di approfondimento sul ruolo sociale dei farmaci. Mi occupo di healthcare per la carta stampata e il web e svolgo attività di consulenza scientifica.
Le piastre, in particolare, raggiungono temperature che possono superare i 200°C, alle quali il capello può subire danni significativi. La vulnerabilità delle chiome al calore dipende principalmente dalla struttura chimica prevalentemente proteica, che si modifica permanentemente, alterandone le proprietà meccaniche.
Ulteriori riscontri sperimentali mettono in evidenza anche il fatto che, all’aumentare delle temperature a cui vengono esposti i capelli, la degradazione proteica diventa più intensa.
Fra le alterazioni più frequenti conseguenti all’uso della piastra, le principali sono rappresentate dalla conversione strutturale della configurazione chimica organizzata α-elica verso quella a foglietto-β e la degradazione della cheratina. Complessivamente, le modifiche strutturali portano ad un maggior rischio di formazione di fessure e microfori nella cuticola, lesioni che aumentano la permeabilità all’acqua e facilitano la disidratazione durante l’asciugatura.
In queste condizioni, la rottura del capello diventa più probabile, perché viene meno l’effetto protettivo della cuticola nei confronti della corteccia.
Gli studi mettono anche in luce il fatto che le conseguenze del danno indotto dal calore sono diverse a seconda che la sollecitazione sia applicata sul capello asciutto o su quello bagnato. Mentre nel primo caso, l’esposizione alle alte temperature causa danno chimico e strutturale relativamente contenuto, nel secondo il danno strutturale è molto più significativo e porta alla alterazione delle proprietà fisiche. La causa principale di questo fenomeno consiste nell’effetto lesivo della rapida evaporazione dell’acqua (Ref 1).
I RISCHI CONNESSI ALL’UTILIZZO DELLA PIASTRA
Per prevenire le lesioni provocate dalle sollecitazioni termiche sono stati sviluppati prodotti con funzione protettiva, che migliorano il grado di idratazione del capello limitando il rischio di rottura.
I termoprotettori sono cosmetici pensati per aderire alla struttura esterna del capello, agendo da barriera ed esercitando azione protettiva nei confronti del calore sprigionato.
Le ricerche realizzate nel corso degli anni hanno dimostrato come l’uso di cosmetici pre-trattanti possa ridurre il rischio di rottura, migliorando l’integrità della cuticola e la morbidezza superficiale esterna del capello, che diventa più flessibile.
I primi risultati della ricerca hanno generato formulazioni a base di siliconi, che tuttavia non hanno ottenuto il successo sperato (Ref 7).
Gli studi realizzati in questa fase precoce allo scopo di misurare le modificazioni strutturali del capello indotte dal calore si sono però concentrati più sugli effetti di dispositivi quali i ferri per l’arricciatura, che, rispetto alle piastre lavorano a temperature significativamente inferiori, comprese in genere fra i 120 ed i 160°C (Ref 8).
L’EFFETTO DEL PRETRATTAMENTO
Buoni risultati sono stati ottenuti con l’impiego di miscele di polimeri, da applicare prima del trattamento lisciante, che consentono di intrappolare più efficacemente le molecole di acqua e migliorare il livello di idratazione. L’effetto dei polimeri si estende alla prevenzione della degradazione termica della cheratina e del danno superficiale alla cuticola.
Fra i composti impiegati a scopo di termoprotezione, il copolimero VP/acrylates/lauryl methacrylate, il polyquaternium-55 e il complesso PVM/MA copolimero e polyquaternium-28. Si tratta di polimeri caratterizzati dalla capacità di formare film flessibili sulla superficie esterna del capello e garantire una migliore stabilità termica.
Il pretrattamento con soluzioni di questi composti opportunamente miscelati ha mostrato efficacia nel formare una barriera protettiva superficiale tale da condurre ad una riduzione della percentuale di rottura dei capelli durante la fase di pettinatura rispetto alle chiome non pretrattate (Ref 9).
Uno dei punti critici di questa tipologia di studi riguarda i metodi di valutazione del danno, che non sono sempre stati oggettivi in passato.
Oggi i ricercatori hanno a disposizione tecniche diagnostiche sofisticate, che permettono un esame attento e preciso delle lesioni indotte dal calore e la loro comparazione. Vengono impiegate metodiche quali la calorimetria differenziale a scansione per valutare la temperatura di denaturazione della cheratina e l’entalpia di denaturazione, l’analisi spettroscopica delle fibre capillari per determinare le modificazioni molecolari della cheratina, la microscopia elettronica a scansione per osservare le alterazioni morfologiche degli strati della cuticola sulla superficie del capello, l’analisi dinamica dell’assorbimento di vapore e la rilevazione della temperatura del capello durante la stiratura attraverso l’analisi delle immagini termiche (Ref 10).
Le metodiche sperimentali in uso attualmente rendono possibile anche quantificare la percentuale di rottura dei capelli durante la pettinatura.
Gli studi effettuati sul fenomeno del danno termico mostrano che il pretrattamento con polimeri termoprotettori migliora i parametri sopra citati. Esercitando un effetto filmogeno, queste sostanze inducono un potenziamento della capacità dei capelli di sopportare lo stress e una riduzione delle percentuali di rottura in fase di pettinatura.
POLIMERI PER COMBATTERE IL DANNO TERMICO
Le sostanze che di recente hanno espresso grande potenziale nello sviluppo di nuovi cosmetici finalizzati alla termoprotezione sono le proteine di fusione nate dal processo di coniugazione di speciali proteine definite cristalline (presenti nel cristallino dei mammiferi) con un peptide costruito a partire da un frammento di cheratina di tipo II (KP). Lo scopo di questi prodotti è quello di estendere la stabilità della cheratina alle alte temperature e promuovere l’interazione del termoprotettore con il capello (Ref 3. 11. 12. 13).
La particolare struttura chimica delle cristalline attribuisce loro una particolare stabilità termodinamica (Ref 14). Le loro applicazioni in cosmetica non sono nuove: in passato sono state impiegate per la realizzazione di formulazioni destinate al trattamento dei capelli sottoposti a decolorazioni multiple.
L’analisi eseguita dopo il trattamento termico rivela un maggior quantitativo di acqua nei capelli pretrattati con tali proteine di fusione rispetto a quelli non pretrattati, dimostrando l’efficacia di questi composti nella prevenzione della conversione della struttura α-elica in foglietto-β.
Altre formulazioni le cui performance sono state considerate sotto il profilo della termoprotezione sono quelle contenenti particelle ottenute dalla omogeneizzazione ad alta pressione della cheratina e della fibroina della seta. Anch’esse hanno mostrato una certa efficacia nella protezione dall’insulto termico (Ref 15).
UNA LUCENTEZZA CRISTALLINA
In questo quadro ancora in evoluzione, sussistono numerose aree grigie nelle quali è auspicato un livello maggiore di approfondimento.
Uno degli aspetti passibili di miglioramento è rappresentato dalla varietà delle tipologie di capello studiate. La maggior parte delle ricerche prende in esame il capello europeo, trascurando le altre etnie.
Risulta anche particolarmente complesso individuare con una certa precisione la temperatura alla quale si verifica il danno. Questa, infatti, non è una costante, ma varia in funzione di numerosi parametri, fra cui il diametro del capello, la superficie e la forma (circolare o ellittica) della sua sezione, il tipo di ondulazione che lo caratterizza, il suo contenuto d’acqua, la maggiore o minore presenza di proteine fibrose all’interno della matrice amorfa del capello e la composizione delle cellule corticali.
La temperatura critica dipende anche dalle caratteristiche della stiratura: la temperatura raggiunta, la durata del trattamento e la frequenza con cui viene ripetuto.
Un’ulteriore obiezione fa riferimento alle condizioni nelle quali le ricerche vengono realizzate, giudicate poco rappresentative del real world (Ref 16. 17).
I PUNTI CRITICI
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