LE 4 R
DELLA SOSTENIBILITÀ
DAL PACKAGING AL PRODOTTO,
COME ESSERE TRASPARENTI
IN UN MONDO GREEN
La sostenibilità applicata alla cosmesi da diversi anni non è più relativa alla sola scelta degli ingredienti, ma riguarda il prodotto nella sua completezza e complessità, diventando un concetto, un movimento con numerose caratteristiche che possiamo riassumere nel termine di Clean Beauty.
Scegliendo le principali e più note 4 R del Packaging - Riduzione, Riciclo, Riutilizzo, Rinnovabile -, abbiamo deciso di estendere queste proprietà anche al cosmetico per offrire una valutazione completa del prodotto, riassumendo le varie possibilità disponibili nelle definizioni finora dedicate al solo imballaggio.
INTRODUZIONE
Packaging
È uno degli obiettivi primari dell’eco design del packaging. L’imballaggio, considerato non più utile quando il prodotto cosmetico è esaurito, diventa rifiuto e quindi segue quella gerarchia di gestione: meglio prevenire e, quando non è possibile, ridurre. Tradotto anche come “contrasto all’over-packaging”, questa tendenza si esplicita attraverso la riduzione del packaging secondario e l’utilizzo di materiali più leggeri o monomateriali.
Anche la comunicazione riguardo le modalità di utilizzo e le etichette si fanno sempre più dematerializzate e aprono quindi a sistemi smart come i QR code o le app dedicate.
La sfida è quella di mantenere le stesse performance, sia in termini di sicurezza che di “usabilità”, pur con packaging ridotti. Tra le verifiche che i produttori sono chiamati a fare, la capacità di conservazione e protezione del prodotto nel tempo e nelle diverse possibili situazioni di stress; inoltre, l’idoneità tecnologica, specie nel caso di confezioni che fungano anche da dispenser/erogatori del prodotto o addirittura riutilizzabili, alle quali quindi venga richiesta una durata maggiore al tempo e all’usura.
Prodotto
Skinimalism, la skincare minimalista. La sostenibilità sembra finalmente esser entrata a far parte del nostro quotidiano, anche nella scelta non più solo della tipologia di prodotto ma ti tutta la routine del beauty che prende appunto il nome di skinimalism, ossia la skincare minimalista. Dopo aver provato ogni tipo di prodotto e aver seguito i trend coreani che prevedono l’applicazione giornaliera di almeno 10 prodotti per avere una pelle di porcellana, oggi ci siamo finalmente resi conto che less is more: usare troppi prodotti non garantisce risultati efficaci; a volte può addirittura produrre il contrario. Oggi cerchiamo quindi un approccio minimalista alla beauty routine, basato sull’applicazione di pochi prodotti cosmetici specifici e mirati, di elevata qualità e multitasking, che fanno bene sia alla nostra pelle che all’ambiente.
Transparency, nella scelta degli ingredienti. Il grande bisogno di conoscere ed effettuare un acquisto consapevole è sempre più impattante/preponderante/presente nella scelta del prodotto. C'è un enorme bisogno di trasparenza, una richiesta di informazioni sugli ingredienti, le loro origini, i processi di produzione per poter effettuare la scelta più sostenibile possibile. Negli ultimi anni si sono moltiplicati i blog, le app e la comunicazione più in generale da parte delle aziende cosmetiche non più basate solo sull’efficacia, ma anche sul perché e per come determinati ingredienti siano stati scelti e selezionati.
Water reduction. L’approvvigionamento di acqua è un grave problema per circa un quarto della popolazione mondiale, e nel resto del mondo non si rimane più inerti pensando che sia un problema che non riguarda la parte industrializzata del nostro pianeta.
Il mercato cosmetico è tra i primi ad aver risposto prontamente e in modo innovativo per creare prodotti più sostenibili. Originaria dalla Corea del Sud, i prodotti waterless, water-free o anidri si riferiscono a formulazioni senz’acqua che impiegano burri, oli o cere e attivi solubili in olio come ingredienti. L'assenza di acqua nelle formule significa anche imballaggi più piccoli fatti di un numero significativamente inferiore di materiali, che si traduce in un packaging più leggero e di volume ridotto, meno peso e meno spazio di spedizione, riducendo di conseguenza l'impronta di carbonio complessiva.
È chiaro che queste nuove formulazioni devono garantire lo stesso livello di efficacia delle precedenti, e diviene più che mai importante non solo assicurare e dimostrare la reale sostenibilità del proprio prodotto ma allo stesso tempo la veridicità delle performance, anche in merito a applicabilità e comfort del prodotto.
RIDUZIONE
ANDREA VITTADELLO MARINA CAMPORESE
FRANCESCA FARAON VALENTINA ABBONDANDOLO
Mérieux NutriSciences | Italia
Bio...
Andrea Vittabello - Sustainability Ambassador
Responsabile del Progetto di Sostenibilità in Mérieux NutriSciences, dal 2006 è coinvolto sugli studi di biodegradabilità di packaging e prodotto. Vanta numerose partecipazioni istituzionali, tra cui il Comitato Tecnico Europeo delle Bioplastiche, il Comitato per le norme e le procedure di BPI, Responsabile CEN WG7 per le migrazioni specifiche e CEN WG8 per le Migrazioni Globali, oltre che di UNI/CT 003/SC52 Food Contact Materials. Dapprima responsabile del laboratorio chimico dell'Unità Beni di Consumo, oggi è Responsabile dei Project Manager presso il Science Center e Sustainability Ambassador in Mérieux NutriSciences.
Marina Camporese - Cosmetic Packaging Expert
Laureata in Biologia presso l’Università di Padova e iscritta all’albo dei Biologi Italiani dal 2010. In Mérieux NutriSciences è Cosmetic packaging expert ed è la coordinatrice del tavolo di lavoro per lo sviluppo di metodi di sicurezza del packaging cosmetico per l’Istituto Italiano Imballaggi.
Francesca Faraon - Product Manager Environmental & Packaging
Da sempre impegnata nel settore della comunicazione e divulgazione ambientale, in Mérieux Nutrisciences si occupa di packaging, sostenibilità e ambiente attraverso il monitoraggio dell’evolversi regolatorio, dei trend e delle soluzioni innovative sul mercato, studiando l’applicazione di ricerche e analisi che possono supportare scientificamente la sostenibilità e la sicurezza dei prodotti.
Valentina Abbondadolo - Product Manager - Pharma, Healthcare & Cosmetics
Laureata in Biotecnologie Industriali presso l’Università di Padova e con un Master in Biotecnologia per l’impresa presso la Fondazione CUOA, ha un’esperienza di oltre 10 anni maturata nel dipartimento marketing di diverse aziende cosmetiche. Dopo un’esperienza di 4 anni presso multinazionale di attivi cosmetici in Francia, oggi è Product Manager in per la divisione Pharma, HealthCare e Cosmetics di Mérieux NutriSciences.
Packaging
In questi ultimi anni abbiamo assistito a un forte incremento da parte delle aziende cosmetiche dell’utilizzo di packaging riciclabile o prodotto da materiali riciclati, con l’obiettivo di ottenere la migliore performance ambientale possibile considerando diverse variabili, quali la tecnologia di produzione impiegata, la sicurezza dei materiali, l’impatto ambientale, ed eventuali ulteriori studi di studi LCA.
Quando si parla di imballaggi riciclabili, è importante orientarsi verso prodotti monomateriali o con componenti facilmente separabili nel caso di polimateriali perché più idonei ai comuni processi di riciclo. Questo vale sia per i materiali plastici (PET, PE, PP), sia per carta e l’alluminio. Alcune soluzioni adottate, prevedono la scelta di eliminare i polimeri più difficili da gestire post-consumo (ABS, PS, Policarbonato, PETG, PVC) e anche di utilizzare inchiostri ad acqua o meno impattanti per le stampe/serigrafie ed etichette, impiegando invece materiali riciclabili e a basso contenuto di inchiostro.
Di importanza fondamentale è la diffusione di nuovi prodotti biobased compostabili (certificati secondo UNI EN 13432), il cui fine vita avviene mediante il compostaggio (“riciclo organico” quindi), o i più diffusi biobased da fonti rinnovabili (es. polietilene da canna da zucchero) del tutto simili a un polimero convenzionale di origine fossile, quando si parla di fine vita. I polimeri compostabili vanno valutati molto attentamente sotto il profilo tecnologico perché non sempre sono adatti indistintamente a tutte le matrici cosmetiche: la lunga durata del prodotto a scaffale potrebbe incidere con le caratteristiche del materiale, il quale tende a degradarsi più velocemente della normale plastica.
Tra i riciclati e riciclabili sicuramente un ruolo importante giocano i packaging in carta. Oggi si può provare la riciclabilità della carta attraverso il metodo UNI 11743 (1) ed ottenere conseguente il marchio Aticelca. A questo si vorrebbe arrivare anche con i polimeri plastici, una sfida che ha problematiche maggiori rispetto alla carta a causa della molteplicità di applicazioni e di combinazione dei materiali plastici. A livello europeo esistono degli iter di valutazione anche con test sperimentali: la EN 13430 rimane la norma europea di riferimento che valuta le potenzialità di applicazioni e mercato per la ‘’seconda vita’’ (2).
Tutte le varie opzioni di riciclabilità devono essere provate scientificamente con certificazioni e test idonei, e deve essere chiaro al consumatore la destinazione finale dell’imballaggio, riportando correttamente in etichetta le informazioni ambientali previste dal D.lgs.116/2020. L’etichettatura ambientale è stata proprio introdotta per migliorare la raccolta di tutti gli imballaggi e incentivare e ottimizzare i processi di riciclo, al fine di ridurre l’inquinamento, risparmiare materie prime garantendo un prodotto riciclato sicuro.
Tutti gli imballaggi Riciclabili e Riciclati devono comunque rispettare i principi di sicurezza nei confronti del consumatore finale (rif. Reg. (CE)1223/2009) e in particolare non devono rilasciare sostanze che potrebbero rappresentare un rischio per la salute dell’utilizzatore (sostanze sensibilizzanti, CMR, interferenti endocrini, con caratteristiche di bioaccumulo, ecc.), opportunamente valutati tramite test di migrazione tarati sull’utilizzo del prodotto (imballo e cosmetico) e della destinazione finale (adulti, bambini, persone con cute sensibile) e se necessario una Valutazione del Rischio (3) (4).
In particolare dai test eseguiti sui materiali riciclati possono emergere delle criticità, rappresentate da molecole chimiche con diversi gradi di rischio, utilizzate in materiali convenzionali o permesse nei materiali destinati al contatto alimentare, ma critiche per l’utilizzo cosmetico (allegato II e III del Reg. (CE) 1223/2009). In questi casi è indispensabile procedere con la valutazione del rischio per verificare i livelli di esposizione sulla base dell’utilizzo (tipologia di cosmetico - rinse off o leave on, make up - tipologia di consumatore finale) (5).
Prodotto
Il tema del riciclo è fondamentale, o meglio, lo è la sua funzionalità. Se si pensa ad un prodotto cosmetico o ai supporti come le wet wipes, la riciclabilità sembra poco applicabile ma in realtà non è così.
Una definizione estesa di riciclo riguarda il riciclo organico che, include il mondo del compostaggio e della biodegradabilità. Si tratta di una funzionalità che ha lo scopo di recupero organico e di diminuzione della persistenza nell’ambiente dopo il fine vita. La biodegradabilità valuta con metodi di simulazione le condizioni e i tempi di questo processo che avviene in natura tutti i giorni.
Se si pensa e si amplia il concetto anche a componenti polimeriche/plastiche il tema diventa molto interessante perché è strettamente collegato al tema delle microplastiche: la proposta di ECHA sulle microplastiche intenzionalmente aggiunte prevede studi di biodegradabilità in ambienti specifici e l’uso di standard ufficiali (ISO, OECD) come mezzo di screening per materiali plastici che potrebbero essere ancora utilizzati.
Ma il vero riciclo organico si ha quando si parla di compostabilità (domestica o industriale), che include sia la valutazione della biodegradabilità che prove di disintegrazione e di ecotossicià.
Una wet wipes compostabile può quindi entrare in un flusso circolare e contribuire alla produzione di compost da adoperare in agricoltura come ammendante, per completare quel riciclo organico inizialmente citato. Se poi il percorso continua, attraverso l’utilizzo di quel terreno per la produzione di coltivazioni da utilizzare per prodotti naturali e/o biobased la potenzialità diventa molto interessante.
RICICLO
Packaging
Un recente trend di mercato è sicuramente la possibilità di riutilizzare l’imballo (o parte di esso) e ricaricarlo o utilizzare dei sistemi di refill.
Il riutilizzo può essere effettuato in due modi:
I flaconi vuoti sono raccolti dalla stessa azienda produttrice, (mediante servizio di ritiro a casa o presso il punto vendita) magari incentivando il sistema con degli omaggi o buoni acquisto, che li sottopone a un lavaggio accurato e li riutilizza per lo stesso scopo. In questo caso, il processo di lavaggio dovrà essere validato e testato al fine di garantire il mantenimento delle caratteristiche igieniche, oltre che il riuso dell’imballaggio e dell’eventuale usura dello stesso. Ma in questo modo si riesce a garantire la catena chiusa e quindi la sicurezza del prodotto.
I flaconi possono essere ricaricati, con lo stesso prodotto commercializzato in buste più leggere magari in plastica riciclata o riciclabile (refill at home), oppure presso i punti vendita con le spine/dispenser di ricarica (refill on go). Quest’ultima soluzione potrebbe esporre però il prodotto, e di conseguenza il consumatore, a pericoli di tipo microbiologico causati da possibili contaminazioni dovute ad una scorretta manipolazione del flacone originale o dei rubinetti del dispenser. Al momento infatti queste soluzioni sono proposte soprattutto per le fragranze e i detergenti (prodotti a risciacquo). Ricaricare con questo sistema prodotti per lo skin care, di tipo leave on, potrebbe esporre il consumatore ad un rischio troppo alto.
Refill sigillati: queste soluzioni sono molto interessanti soprattutto per i prodotti del make up, in quanto al cliente rimane l’involucro principale (spesso difficile da riciclare) e basta sostituire le compresse in polvere compatta (trousse taylor made), i rossetti…ma lo stesso principio viene applicato anche a vasetti di creme per lo skin care, dove rimane il vasetto di base e si sostituisce l’inner cup con un refill. Oppure viene mantenuto il sistema di dosaggio del dispenser (pompa) e si acquista solo il flacone con il prodotto. Questo sistema fa sì che anche le ricariche siano sigillate e sicure dal punto di vista microbiologico, e porta un grande risparmio in termini di peso e di consumo di materiali e di costi per le aziende ma anche per gli acquirenti.
Il rischio potrebbe dipendere da un misuse dell’utilizzatore, in particolare se dovesse decidere di utilizzare acqua o manipolare in modo improprio il contenitore originale e quindi essere la causa di cross contaminazione che potrebbero dare origine e a proliferazioni microbiche importanti come descritto in precedenza.
Un grande vantaggio dal punto di vista commerciale di questi sistemi è la fidelizzazione del cliente, che ci pensa prima di cambiare brand e fa sua una continua percezione e riconoscimento della sostenibilità e attenzione all’ambiente da parte dell’azienda, che diventa anche la sua attenzione verso l’ambiente.
La forte potenzialità del riuso deve essere anche valutata per il suo impatto ambientale. Se è chiara e diretta la questione di offrire una seconda vita, al contrario non è chiaro quanto questa pratica possa migliorare l’impatto ambientale. Misurare quest’ultima con un approccio LCA può diventare non solo uno strumento reale di sostenibilità ambientale, ma anche un importante mezzo di comunicazione verso l’utilizzatore finale, che diviene responsabile di una scelta consapevole.
Prodotto
Upcycling: troppo buoni per essere buttati. Negli ultimi anni, molte aziende cosmetiche hanno iniziato a considerare l'upcycling delle materie prime scartate che possono essere riutilizzate per la produzione di cosmetici, come ad esempio fondi di caffè, scarti di olio d'oliva o bucce di frutta. Riutilizzando il più possibile le risorse naturali scartate dall’industria alimentare, le aziende cosmetiche contribuiscono a ridurre l’impatto sull'ambiente (6). C'è una vasta gamma di scarti alimentari che possono essere potenzialmente utilizzati per sviluppare cosmetici naturali e biologici upcycled: olio d'oliva, estratti di agrumi (in particolare le bucce di arancia e limone), caffè e semi di cacao, tè, e altri ancora. Anche i semi di frutta secca scartati dall'industria dei succhi e delle marmellate possono essere spremuti a freddo e trasformati in preziosi oli essenziali, che sono un ingrediente chiave di molti cosmetici naturali e biologici. Anche gli estratti degli scarti dell'uva provenienti dalla produzione del vino possono essere utilizzati per la pigmentazione in prodotti naturali per la tintura e il colore dei capelli (7).
La sicurezza dei consumatori è di importanza fondamentale per l’intera filiera cosmetica, quindi una maggior attenzione va sicuramente impiegata quando si selezionano ingredienti provenienti da scarto al fine di garantire l’utilizzo dei propri prodotti in assoluta tranquillità seguendo il Regolamento Cosmetico (CE) n. 1223/2009 (8).
RIUTILIZZO
Packaging
La ricerca di fonti non fossili può tradursi nella scelta di packaging derivanti da biomassa: plastiche biobased o carta, per esempio.
Se si tratta di cambio packaging ai fini di una maggiore sostenibilità, i produttori dovranno assicurarsi che i nuovi materiali garantiscano sicurezza e stabilità al prodotto che contengono.
Il contenuto effettivo di materia prima rinnovabile può essere testato secondo lo standard internazionale UNI CEN/TS 16640, che si applica ai prodotti a base biologica.
Ogni dichiarazione inerente le caratteristiche ambientali del packaging deve essere supportata in conformità alla famiglia di norme ISO 14040, ISO 14020 e ISO 14021. Le asserzioni devono essere accurate, verificabili, basate su un approccio scientifico e considerando l’intero ciclo di vita del prodotto. Deve seguire queste indicazioni quindi anche qualsiasi claim sul contenuto rinnovabile ed eventuali asserzioni correlate, nel caso che il packaging sia anche compostabile, o riciclabile con la carta, per esempio. (9) (10) (11)
Prodotto
La produzione di ingredienti cosmetici è un altro aspetto importante in quanto è sempre più focalizzata su tecnologie efficienti e innovative in grado di supportare la riduzione del consumo di energia, acqua, emissioni, rifiuti e sfruttamento del suolo. Attraverso l’utilizzo di tecnologie come le colture cellulari vegetali e processi di estrazione di CO2 supercritica per ottenere attivi cosmetici, oppure utilizzando energia solare o eolica, raccolta di acqua piovana per fare solo alcuni esempi.
La produzione di materie prime naturali secondo ISO 16128 permette di valutare la naturabilità e consente di adoperare un linguaggio universale sia in termini di formulazione di prodotto sia di validazione del claim (12). Ma naturale non vuol dire sicuro: tanto più per ingredienti e processi ‘’naturali’’ che non sono standardizzabili per cui non bisogna dimenticare l’iter di controllo qualità del prodotto. La natura non lavora in GMP! La variabilità presente in natura va considerata nel momento in cui si valuta quali controlli implementare: ad esempio, il mondo dei polimeri valuta la naturabilità (vedi Biobased) tramite l’analisi del C14 come mezzo di controllo, la quale fornisce una percezione netta di come il double check sia oltremodo necessario.
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