L’UP-CYCLING: PIACE E PERCHÉ

Il termine “up-cycling” si era già conquistato il titolo di “parola dell’anno” da parte del Cambridge Dictionary nel 2019 proprio prima della pandemia. L’up-cycling, diversamente dal riciclo, consiste nel recupero “creativo” di materiali di scarto, conferendo al nuovo prodotto un valore aggiunto che può essere di tipo “artistico” o “etico”, avere una ricaduta sull’ambiente o sulla salute umana, ma sempre nell’ottica di preservare le risorse energetiche e rispettare la specie animale. 

Del resto, le tecnologie di comunicazione digitale hanno implementato la sua diffusione (1), tanto che ora se ne parla sempre di più. 

Ma cos’è in realtà l’up-cycling quando è applicato al settore cosmetico? In ambito cosmetico, si sta affacciando come tassello del più generale concetto di “sostenibile”, ammaliando, con la sua narrazione, il tecnico da un lato, ed il consumatore avveduto dall’altro. Ed ecco che le formule del cosmetico, soprattutto nello skin care e nell’hair care, si arricchiscono di nuovi ingredienti funzionali che derivano dallo scarto di materiali destinati ad essere eliminati dal ciclo di vita, per essere reinseriti nella catena produttiva con un nuovo ed inatteso valore. Si vanno così a sfruttare le sostanze funzionali di cui questi scarti sono ancora ricchi reintegrandoli nel ciclo di vita di un nuovo prodotto, grazie alla riscoperta di loro preziose attività, da quelle antiossidanti ed anti aging, a quelle antimicrobiche, a quelle nutritive. 

    CHE SIGNIFICA? 

    La consapevolezza dello spreco di risorse alimentari e naturali (nel 2019 la FAO ha stimato che circa un terzo del cibo prodotto per uso umano al livello mondiale è perso o sprecato per ragioni di mercato o deperibilità) (2) stimola la riflessione sulla potenzialità del riuso/riciclo di tali risorse.  

    Ad oggi, cosmetici derivanti da processi di up-cycling sono per lo più rappresentati da scrub, peeling, oli vegetali o frazioni, saponi, ma ci si aspetta molto di più da questo settore in fermento, e qui  innovazione e ricerca possono offrire il loro prezioso contributo. 

    La forte sinergia tra cosmetica e food si sta consolidando sempre di più tanto che è di recente il conio del termine di “agribeauty”, dove scarti dell’olio di oliva, bucce di frutta, fondi del caffè o del te sono richiamati come fonte di principi attivi preziosi. 

    Del resto, se si guarda alla letteratura scientifica, sono molti i risultati di ricerche condotte a partire da materiali di scarto della produzione agricola e/o dell’industria alimentare. Tra questi ci piace riportare i risultati di studi condotti presso i nostri laboratori a partire da scarti di processi di produzione di birra artigianale (3, 4), dai fondi di caffè (5), dai tepali dei fiori di zafferano prodotto nei Sibillini (6) e dalle bucce e fiori di diverse varietà di melograno prodotti da un’azienda agricola biologica delle Marche (7). Le sostanze attive fenoliche ancora presenti negli estratti ottenuti da questi scarti hanno evidenziato scarsa tossicità cellulare e al tempo stesso una ottima azione antiossidante e/o antimicrobica.  

    Da non sottovalutare che questi estratti sono spesso intensamente colorati (giallo, violetto, rosso) a testimoniare la ricchezza di principi funzionali presenti. Aggiunti nelle formulazioni cosmetiche li colorano, rafforzando anche visivamente l’idea di una efficacia dovuta alla presenza di sostanze preziose e sovvertendo definitivamente la passione per il cosmetico candido.  

    Gli esempi di studi su citati testimoniano d’altro canto una tendenza associata all’up-cycling che è quella di privilegiare scarti “a kilometro zero”. Se in un recente passato in ambito cosmetico si osservava la corsa alla scoperta di sempre nuove e sconosciute piante provenienti da Paesi lontani che riecheggiassero rituali ancestrali, promettendo ritrovato benessere per la pelle e i capelli, ora la tendenza è proprio quella di riscoprire le ricchezze del nostro territorio, grazie anche alla sua biodiversità (8). 

    QUAL È IL CAMPO DI APPLICAZIONE? 

    PIERA DI MARTINO

    Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara | Italia

    Bio...

    Analogamente, altri termini si affacciano nello stesso contesto, ognuno enfatizzando concetti simili ma al contempo peculiari, come ad esempio “zero waste”, “economia circolare” oppure “solid beauty”. Se con il termine di “zero waste” si vuole richiamare il concetto che nulla viene sprecato in un processo produttivo, con il termine di “economia circolare” si evidenzia la possibilità che tutto quello che interviene in un processo produttivo vi rientra anche in una veste modificata creando un circolo virtuoso. 

    E cosa c’entra la “solid beauty” in questo contesto? La “solid beauty” reinventa la cosmetica con l’obiettivo di abbattere quanto più possibile lo spreco di acqua durante i processi produttivi dei cosmetici.  

    I cambiamenti climatici con le dannose conseguenze sulla ridistribuzione dell’acqua nel nostro pianeta fanno dell’acqua un elemento prezioso, che non può essere sprecato. Sulla spinta della sensibilità per questi temi soprattutto delle nuove generazioni, molte aziende cosmetiche stanno guardando con favore a nuovi processi produttivi che limitino l’impiego dell’acqua, tanto che negli ultimissimi anni il mercato del cosmetico ha visto fiorire prodotti prima impensabili quali shampoo e balsami solidi, prodotti per la cura del viso e del corpo solidi quali unguenti, contorno occhi, struccanti.  

    UP-CYCLING MA NON SOLO 

    Ed infatti, quando si parla di up-cycling non si deve mai perdere di vista la questione nella sua interezza. Se per riciclare occorre spendere in energia, allora è ovvio che il vantaggio dell’up-cycling viene meno. Occorre guardare a tecniche efficienti nel recupero degli scarti; quindi i processi necessari allo sfruttamento di scarti vegetali e alimentari quali polverizzazione, estrazione, essiccamento non possono prescindere da considerazioni di natura energetica. Se da un lato la problematica va affrontata al livello aziendale in senso più ampio, favorendo la riorganizzazione energetica aziendale (si guardi alle misure offerte dal “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, 9), dall’altro lato la tecnologia offre soluzioni interessanti per rendere i processi più vantaggiosi. Tra questi, processi di estrazione con microonde, ultrasuoni o con fluidi supercritici consentono di operare a temperature più basse e per tempi più brevi (10). 

    Ma anche la ricerca di nuovi solventi efficaci nell’estrarre le sostanze funzionali dagli scarti ed adatti a prevenire la contaminazione microbica dell’estratto stesso diventa un elemento fondamentale. La chimica verde oggi propone i cosiddetti solventi eutettici (11), che grazie alla loro natura idrofila o idrofoba sono in grado di migliorare la resa in estrazione di sostanze funzionali, quali ad esempio quelle fenoliche (12, 13).  

    PAROLA D’ORDINE: L’ENERGIA NON VA SPRECATA 

    Forse da un lato per mere ragioni di marketing, oppure dall’altro per un reale desiderio di modificare i nostri stili di vita, il prodotto cosmetico ben si adatta ad essere rivisitato in chiave “sostenibile”. Il prodotto cosmetico, accompagnandoci quotidianamente nei nostri rituali di salute e bellezza, ci racconta sempre di più delle storie che toccano la nostra sensibilità. L’up-cycling ci può raccontare la storia di un prodotto che, ricco di sostanze funzionali, non esaurisce la propria capacità di nutrirci da dentro e da fuori, in fin dei conti nutrendo anche la nostra anima.


    CONCLUSIONI

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    ECONOMIA CIRCOLARE

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