Pubblicità comparativa
VINCENZO NOBILE
Direttore della ricerca e sviluppo, Complife Group
MEMBRO DEL COMITATO SCIENTIFICO
di BEAUTY HORIZONS ITALIA
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Laura Busata
Formulatrice Cosmetologa, Cosmetics R&D Manager di Unifarco, gestisco la formulazione e lo sviluppo dei prodotti cosmetici Farmacisti Preparatori, Unifarco Biomedical e Dolomia Skin Care.
Sono laureata in Farmacia e specializzata in cosmetologia presso il Master di II livello in Scienza e Tecnologia Cosmetiche dell’Università di Ferrara.
Sono anche membro della Società Italiana di Chimica e Scienze Cosmetologiche e della Società Francese di Cosmetologia.
Dal 2014 presto la mia attività di docente a contratto nel Corso di Tecnologia Cosmetica II del Master di II livello in Scienza e Tecnologia Cosmetiche presso l’Università degli Studi di Ferrara.
Bio...
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Bio...
Vincenzo Nobile
Laureato in Scienze Biologiche ad indirizzo fisiopatologico di ricerca, ho intrapreso il mio viaggio nel mondo cosmetico nel 2005, dapprima come tecnico junior in studi destinati a valutare la sicurezza è l’efficacia di prodotti cosmetici e quindi come tecnico specializzato nella valutazione dell’efficacia dei prodotti solari.
Da lì, passando per una breve parentesi tecnico-commerciale, sono approdato a quello che è il mio attuale ruolo di direttore della ricerca e sviluppo. Ruolo che svolgo in un contesto dinamico fatto di persone aperte all’innovazione.
Completa la mia attività professionale la passione per la comunicazione sia scientifica che marketing.
Quando si parla di pubblicità comparativa nel settore cosmetico sorgono sempre mille dubbi su cosa sia lecito comunicare e cosa no. D’altronde l’ambito cosmetico è ampiamente inflazionato da considerazioni, che a torto o a ragione, considerano alcune categorie di prodotti borderline con altre regolamentazioni (es. farmaco, dispositivo medico o biocida). Sono proprio questi pregiudizi, unitamente ad una analisi poco lucida, a farci considerare a priori qualsiasi iniziativa in questo senso come una “pratica commerciale” scorretta o “ingannevole”. A vari livelli, in tutto il ciclo di vita del cosmetico, ci teniamo quindi lontani dal fare considerazioni che possano uscire fuori dagli schemi classici a cui siamo stati abituati e/o che ci hanno dato in eredità. Per fortuna però che il mondo è fatto di persone a cui gli schemi stanno stretti e che perseguono i loro intenti portandoli avanti fino a vari gradi di giudizio!
Nel 2014, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) vietava la diffusione di un messaggio pubblicitario che comparava gli effetti cutanei di prodotti cosmetici con un trattamento di medicina estetica. Definita quindi questa attività come pratica commerciale scorretta, AGCM sanzionava il professionista con una multa di 400.000 euro. Il provvedimento dell’autorità garante venne però successivamente annullato da una sentenza del Tribunale amministrativo regionale (TAR) che è stata a sua volta confermata da una sentenza del Consiglio di Stato successiva all’impugnazione della sentenza del TAR da parte dell’autorità garante. Questo caso di giurisprudenza ha posto poi le basi per aiutare un altro professionista a revisionare gli impegni presi con AGCM tra i quali vi era una misura volta a “evitare nell'ambito di future campagne pubblicitarie di propri prodotti di eseguire confronti tra l'efficacia di un prodotto cosmetico e quella di trattamenti estetici di altra natura (in particolare di medicina e chirurgia estetica)”. La pubblicità comparativa in ambito cosmetico è valida!
Ma partiamo dal perché era stata ritenuta scorretta una promozione pubblicitaria che metteva a confronto i risultati derivanti da prodotti cosmetici con quelli di un trattamento di medicina estetica. Il messaggio pubblicitario era stato ritenuto scorretto aprioristicamente perché confrontava un cosmetico con un trattamento di tipo medico. Si tratta quindi di un giudizio fortemente connotato da un bias cognitivo facilmente riassumibile nel famoso detto che per fare una comparazione corretta “bisogna confrontare le mele con le mele e le pere con le pere”. Ma evidentemente non è così. Ed è proprio grazie a questa eccezione che possiamo avventurarci con il nostro cosmetico nella pubblicità comparativa.
Cerchiamo di capire adesso come mai il TAR prima e il Consiglio di Stato dopo hanno ritenuto possibile la pubblicità comparativa. La base giuridica delle due sentenze risiede nella Direttiva 2006/114/CE (recepita in Italia dal d.lgs. 145/2007) (1) ed in particolar modo dall’articolo 4 che, tra le altre cose, ritiene lecita la pubblicità comparativa a patto che questa “confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi”. L’articolo non preclude, quindi, a priori una possibile comparazione tra due beni di diversa tipologia a patto che ambedue i beni abbiamo la stessa destinazione finalistica. Questa affermazione appare di buon senso, perché la modifica e/o il mantenimento in buono stato dell’aspetto corporeo può essere perseguita con pari efficacia sia dal cosmetico che da qualsiasi altro trattamento anche di natura medica a patto di considerare solamente la sua destinazione ai fini estetici, tralasciando le ovvie considerazioni alla base delle differenze regolatorie tra le due categorie di prodotti (o procedure/trattamenti). È ovvio che i due prodotti debbano presentare un sufficiente grado di scambiabilità affinché la comparazione possa essere considerata lecita e non ingannevole.
La seconda ulteriore condizione da rispettare è quella di aver valutato l’efficacia di ambedue i prodotti all’interno di un protocollo di studio adeguato, rigoroso e rispondente alle caratteristiche del messaggio pubblicitario. La base della comparazione è, infatti, il risultato ottenibile quale misura degli obiettivi conseguiti e dei bisogni soddisfatti. Le regole del test di efficacia non cambiano, ma è giusto adattare le modalità relative soprattutto all’arruolamento dei soggetti. Infatti, se da un lato i soggetti accettano di buon grado di testare un prodotto cosmetico, dall’altro lato potrebbero essere reticenti a sottoporsi ad un trattamento di medicina estetica o ad applicare prodotti sotto prescrizione medica. Ovviamente questo rappresenta un problema solo se il laboratorio non è in grado di attingere ad un bacino di soggetti già in trattamento con il prodotto sotto prescrizione medica e/o a soggetti che abbiano già pianificato di sottoporsi alla procedura di medicina estetica. I dati devono poi avere un valore statistico rappresentativa tenendo in considerazione che “[…] i vanti prestazionali presentati per i prodotti cosmetici […] hanno un valore statistico evidentemente solo indicativo, in relazione alla ristrettezza dei campioni degli studi clinici di raffronto ed alla mancata considerazione delle specificità di ogni singolo caso, ma sono ormai entrati nell'uso abituale nell'ambito della presentazione dei prodotti cosmetici ai potenziali utenti, e sono quindi da questi ben valutabili nella loro solo tendenziale affidabilità senza che ciò possa di regola costituire una pubblicità ingannevole, ove non risulti una specifica inadeguatezza degli studi scientifici di base”.
Quindi, la prossima volta, quando vi viene detto che non è possibile comparare mele con pere siate audaci e rispondete pure che ambedue soddisfano lo stesso bisogno (ovvero essere uno spuntino salutare o un fine pasto delizioso).
Riferimenti bibliografici