Legge e dintorni
Antonio Fiumara
Avvocato dello Studio Avvocato Andreis e associati | Italia
L’avv. Antonio Fiumara è specializzato nel diritto penale di impresa e in particolare nel diritto alimentare, ambientale e della sicurezza e igiene sul lavoro. Assiste e difende le aziende in ambito penale e presta consulenza specialistica anche nelle fasi di contenzioso civile e amministrativo. È autore di articoli pubblicati su riviste di settore ed interviene quale relatore a convegni e seminari.
Bio...
Il titolo “provocatorio” del presente articolo prende spunto dall’esito della votazione del Parlamento Europeo sulla proposta di Direttiva in materia di dichiarazioni ambientali (c.d. Direttiva Green Claims).
Con un ampio margine di consenso (467 voti favorevoli, 65 contrari e 74 astensioni) il 12 marzo scorso l’Europarlamento ha infatti approvato il testo normativo che, unitamente alla Direttiva 825/2024 (1), implementerà la disciplina sulle asserzioni ambientali.
Senza voler affrontare in questa sede tutte le novità introdotte dalle citate disposizioni, si ricorda che il principale elemento innovativo è rappresentato dall’obbligo di introdurre un onere probatorio, a carico delle aziende, a sostegno delle dichiarazioni ambientali utilizzate.
In conseguenza di ciò, prima di poter vantare definizioni quali, ad esempio, biodegradabile, a base di materie prime biologiche,meno inquinante o arisparmio idrico gli operatori dovranno acquisire elementi oggettivi su cui fondare le stesse asserzioni.
Tali elementi dovrebbero basarsi su prove scientifiche indipendenti, sottoposte a revisione, ampiamente riconosciute, solide e verificabili, ovvero su metodi, approcci o studi sviluppati in linea con le migliori pratiche in termini di trasparenza e sottoposti a revisione da parte della comunità scientifica. Tali metodologie dovrebbero poi essere pubblicamente accessibili al fine di garantire la trasparenza e l’integrità delle valutazioni.
La nuova posizione, come evidente, mira a porre fine alla diffusione di dichiarazioni ecologiche fuorvianti e a promuovere pratiche di sostenibilità autentiche. Le imprese dovranno infatti assumere un approccio più responsabile e trasparente nei confronti dei consumatori, cosicché la transizione verso un’economia verde e sostenibile sia reale e non solo di facciata.
Gli obiettivi principali che il Legislatore europeo si prefigge possono sinteticamente così riassumersi:
- nessun claim senza prova: come anticipato nessuna dichiarazione green, anche in riferimento ai prodotti, sarà ammessa a meno che le aziende non possano fornire prove scientifiche e verificate da enti terzi indipendenti circa la loro veridicità;
- verifica: le autorità nazionali avranno 30 giorni per la verifica delle dichiarazioni ambientali esplicite e dei sistemi di etichettatura ambientale; gli Stati membri potranno dare priorità alla verifica delle dichiarazioni ambientali esistenti fatte prima dell’entrata in vigore della direttiva e si potranno prevedere procedure semplificate per determinate dichiarazioni ambientali;
- crediti di carbonio: oltre ad una miglior catalogazione, si dovrà garantire che nessun contributo finanziario ottenuto per crediti di carbonio sia utilizzato per rivendicare un miglioramento dell’impatto climatico o ambientale del prodotto o del commerciante.
Ma l’aspetto che più ci interessa mettere in luce in questa sede è il giudizio che il Parlamento ha espresso sulle dichiarazioni ambientali dei prodotti contenenti “sostanze pericolose”.
Tali claims saranno infatti consentiti solo temporaneamente e spetterà alla Commissione valutare, per il futuro, se potranno essere mantenuti, e con quali limiti, o se dovranno invece essere vietati del tutto.
In altri termini, per i prodotti che contengono sostanze pericolose potrebbe essere previsto in futuro il divieto di utilizzare qualsivoglia asserzione ambientale.
Oltre che dal comunicato ufficiale dello stesso Parlamento, tale interpretazione emerge dalla lettura degli emendamenti apportati alla proposta di direttiva e, in questo contesto, un primo riferimento di interesse è rappresentato dalla modifica al Considerando n. 68 che, nella sua ultima versione, riporta:
“È opportuno abbandonare gradualmente l’uso delle sostanze più nocive nell'Unione, in particolare nei prodotti di consumo, per evitare e prevenire danni significativi alla salute umana e all’ambiente. La Commissione dovrebbe presentare una relazione in merito all’uso delle asserzioni ambientali esplicite sui prodotti contenenti sostanze nocive e valutare per quali prodotti o gruppi di prodotti l’uso di tali asserzioni può indurre in errore. Poiché l’uso di dette asserzioni può incoraggiare il consumo di prodotti che contengono sostanze nocive per l’ambiente o la salute umana, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare atti delegati per introdurre restrizioni o divieti all’uso di tali asserzioni ambientali esplicite. […]” (2).
È stato poi introdotto l’art. 3, paragrafo 3 quinquies, che ha previsto che la Commissione europea adotti, entro 18 mesi dall’approvazione della Direttiva, una relazione sull’uso delle asserzioni ambientali esplicite su prodotti o gruppi di prodotti contenenti sostanze o preparati/miscele pericolose.
Sul punto si è precisato: “se la relazione conclude che l’uso di asserzioni ambientali esplicite in un prodotto o in un gruppo di prodotti contenenti sostanze o preparati/miscele di cui al primo comma è ingannevole, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 18 per integrare i requisiti di attestazione delle asserzioni ambientali esplicite introducendo restrizioni o divieti all’uso di asserzioni ambientali esplicite per tale prodotto o gruppo di prodotti.”
Tale restrizione appare di rilevante interesse per il settore dei cosmetici visto che in questi prodotti sono spesso presenti, anche soltanto in forma di tracce a causa di contaminazioni inevitabili, sostanze in astratto qualificabili come pericolose; questo significherebbe che la maggior parte dei cosmetici non sarebbe più autorizzata a utilizzare indicazioni ambientali.
Alcune associazioni di categoria hanno già sollevato la questione osservando come la logica di questo approccio restrittivo appaia discutibile se si considerano gli obiettivi perseguiti dalla proposta di Direttiva (richiedere alle imprese di dimostrare le affermazioni ecologiche volontarie utilizzate) (3).
Peraltro, ricordano sempre le associazioni come anche le sostanze pericolose possano essere gestite e controllate in modo adeguato e utilizzate nei prodotti di consumo senza provocare effetti negativi sulla salute umana o sull’ambiente.
A titolo esemplificativo, è stato evidenziato come la maggior parte delle Sostanze Complesse Naturali (NCS) estratte da piante o parti di piante contengano delle proprietà pericolose intrinseche. Così è, per esempio, per il p-cimene (componente di molti oli essenziali quali olio di timo, olio di lavanda, olio di limone, ecc.) che potrebbe rientrare nel campo di applicazione della restrizione a causa della sua (prossima) classificazione.
Questi ingredienti (naturali) sono però ampiamente presenti negli alimenti (a conferma della loro accettabilità per il consumo alimentare) e vengono diffusamente utilizzati anche in vari prodotti di consumo, come cosmetici, prodotti per la pulizia e la manutenzione e non sono sostituibili. Per tutti questi prodotti, quindi, potrebbe un giorno essere proibito utilizzare dichiarazioni ambientali.
L’ultima parola spetterà naturalmente alla Commissione europea che, come osservato anche dal Parlamento, deciderà se limitare o vietare del tutto l’utilizzo delle asserzioni ambientali esplicite per tali categorie di prodotti.
In attesa di tale responso è però lecito domandarsi se tale divieto risponda effettivamente alle esigenze perseguite dal Legislatore e cioè di stabilire, da una parte, un quadro di riferimento chiaro, solido e credibile per la verifica dei dati delle dichiarazioni ambientali e, dall’altra, consentire ai consumatori di fare una scelta informata.
Nel caso in cui si proibissero del tutto i green claims per i cosmetici che contengono sostanze pericolose, il consumatore non avrebbe infatti più alcun utile parametro di riferimento per distinguere i prodotti “più sostenibili” rispetto agli altri e questo potrebbe avere dei riflessi anche sull’innovazione e la ricerca che sono dei pilastri per lo sviluppo del settore.
In altri termini, anziché favorire una leale e trasparente competizione tra operatori nella valorizzazione degli aspetti green dei propri prodotti, l’eventuale introduzione di un divieto generalizzato potrebbe indurre le aziende ad abbassare il livello di attenzione alle tematiche ambientali.
Nessuna dichiarazione ambientale per i cosmetici?
Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici
- Direttiva 825/2024 che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L_202400825
- Il citato Considerando continua poi precisando che la relazione della Commissione potrebbe anche valutare l’opportunità di utilizzare determinati criteri per l’assegnazione del marchio di qualità ecologica dell’Unione europea stabiliti dal Reg. n. 66/2010 e ricorda infine che ai sensi del Reg. (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio vige il divieto di etichettare le miscele e le sostanze che contengono sostanze chimiche pericolose come non tossiche, innocue, non inquinanti, ecologiche o con qualsiasi altra indicazione che caratterizzi la sostanza o miscela come non pericolosa, o con indicazioni non coerenti con la classificazione di tale sostanza o miscela
- Statement_GCD_ban_of_green_claims_for_products_containing_hazardous_substances_002.pdf (cosmeticseurope.eu)