TECNOLOGIE ANTIMICROBICHE IN MATERIALI DI NUOVA GENERAZIONE

(1a PARTE)

SICUREZZA

INTRODUZIONE

Dalle fosse oceaniche alle vette montuose, dalle calotte polari agli aridi deserti, è questa l’estensione della biosfera, l’insieme delle zone della terra le cui condizioni permettono lo sviluppo della vita.

In ciascun ambiente della biosfera, anche se caratterizzato da condizioni estreme, è possibile riscontrare organismi in grado di sopravvivere e proliferare grazie a specifici adattamenti introdotti dall’evoluzione.

Fumarole localizzate sul cratere dell’isola di Vulcano nelle Isole Eolie. Per quanto sia un ambiente estremo sia dal punto di vista termico che per composizione, si riscontrano diverse specie batteriche soprattutto riconducibili ai phyla Actinobacteria, Proteobacteria e Firmicutes.

L’associazione con le superfici è spesso una carta vincente per i microorganismi. Le superfici possono permettere la sedimentazione e l’adesione di nutrienti fornendo, inoltre, un ottimo supporto per lo sviluppo delle colonie.

Poco noto è un aspetto curioso; alcune specie possono addirittura trarre metaboliti e co-fattori necessari allo sviluppo proprio dalle superfici a cui sono adese. Per citare un esempio, Shewanella e altri generi di batteri che crescono su superfici metalliche possono utilizzare ferro, magnesio ed altri come accettori terminali di elettroni nella propria respirazione (1).


Batteri e microorganismi spesso esistono come biofilm, in grado di svolgere diversi ruoli protettivi:

  • Migliore adesione e protezione da alterazioni di tipo meccanico
  • Potenziale resistenza a trattamenti con antibiotici o biocidi
  • Difesa dai predatori in quanto più difficoltosa l’asportazione di singoli microorganismi

Ampia è la varietà di materiali che possono essere colonizzati da batteri, muffe e organismi in genere; appare quindi chiaro quanto le superfici debbano essere attenzionate nello studio della salubrità dei prodotti e nella protezione dei lavoratori e dei consumatori.


Chiaramente, non tutti i microorganismi devono essere valutati allo stesso modo. Molti sono volutamente presenti in alimenti di uso comune e, in diversi casi, risultano fondamentali nell’ambito delle lavorazioni industriali.

Agenti biologici possono però interferire con le peculiarità dei beni o con la loro shelf life e, come noto, alcuni possono presentare effetti avversi nell’uomo sia per un diretto effetto patogenico che per l’azione di sostanze o prodotti di degradazioni correlati, a diverso titolo, con il metabolismo microbico.

CONTAMINAZIONE DELLE SUPERFICI AD USO ALIMENTARE

Ampia e diversificata è la letteratura relativa alla contaminazione delle superfici ad uso alimentare, la quale può essere presa a riferimento anche in una valutazione più ampia, ad esempio per il comparto cosmetico o ospedaliero (2).

Le superfici coinvolte in una lavorazione alimentare sono molteplici; piani di lavoro, packaging, manufatti e porzioni di macchine alimentari. Queste, nel caso di adesione e persistenza di microorganismi, possono costituire sorgenti di contaminazione anche nel lungo periodo. Nel caso di pulizia e disinfezione inefficienti, possono formarsi biofilm progressivamente sempre più difficili da eliminare e che possono rilasciare piccole porzioni in grado di contaminare prodotti o nuove superfici.

Visione schematizzata di un meccanismo contaminativo con sviluppo di biofilm e potenziale rilascio di singoli microorganismi o di microcolonie. Immagine convertita ed adattata da (3).

MA QUANTO A LUNGO POSSONO SOPRAVVIVERE BATTERI E MUFFE SULLE SUPERFICI?

Sono disponibili molteplici dati basati su studi laboratoristici in condizioni standardizzate (4) e da questi si ottengono informazioni estremamente interessanti e rappresentative. Sono chiaramente da considerarsi dei “punti di partenza” in quanto, nel caso in cui vi siano condizioni ambientali idonee ed input di nutrienti, il range di sopravvivenza può estendersi anche in maniera significativa.

COME INTERVENIRE DI FRONTE A QUESTE EVIDENZE?

In molti casi, la prevenzione è un’arma vincente; l’adeguata detersione e disinfezione delle superfici permette non solo la sanificazione, ma anche di evitare la formazione di biofilm o comunque di colonie estese persistenti e di difficile rimozione.

Per citare un esempio inusuale, si può far riferimento al batterio Gram-negativo Serratia marcescens, considerato un patogeno emergente (5,6). Venne scoperto nel 1819 dal Veneto Bartolomeo Bizio, che osservò la presenza di masse di color rosso sangue su polenta e riso. Egli classificò il genere “Serrantia” in onore del fisico fiorentino Serafino Serrati, mentre il nome della specie “marcescens” è relativo al fatto che il batterio, dopo aver prodotto un pigmento di colore rosso, marcisce creando una massa fluida mucillaginosa.

Questo batterio è indicato come resistente a numerosi antibiotici e può portare a infezioni nell’uomo, soprattutto su soggetti immunocompromessi; da letteratura, inoltre, si riporta il riscontro in numerose superfici, anche ad uso domestico, lavorativo ed ospedaliero.

S. marcescens è noto anche per la velocità con cui forma biofilm attraverso una serie definita di stadi, culminante in un biofilm filamentoso e altamente poroso, composto da catene cellulari, filamenti e clusters di cellule (7). La sua ubiquità e l’affinità per le zone umide fa sì che fra gli ambienti di crescita vi siano bagni ed altri luoghi di vita comune dove, una volta che si sono costituiti biofilm refrattari, risulta estremamente complessa la rimozione.

Serratia marcescens su piastra TSA, immagine MicrobeOnline

Ulteriore modalità è costituita dalla protezione dei beni con un adeguato packaging protettivo. Il packaging non è infatti un mero contenitore ma assolve a numerose funzioni, fra cui la protezione da contaminanti di tipo chimico, fisico e microbiologico.

Diversi materiali possono essere formulati in modo da minimizzare il rischio di contaminazione da parte dei microorganismi, agendo anche attivamente nel loro abbattimento.

Le modalità di azione si possono dividere in due macro-tipologie principali:

  • Anti-Adhesives Surfaces che limitano la possibilità di adesione e/o colonizzazione da parte dei microorganismi
  • Antimicrobial Surfaces che sfruttano diversi meccanismi per avere una azione attiva nei confronti di batteri, muffe e microorganismi in gener

UNA STRATEGIA IN PIÙ DAL PROGRESSO TECNOLOGICO: MATERIALI DI NUOVA GENERAZIONE

ANTI-ADHESIVES SURFACES

Micro-modificazioni superficiali possono limitare la capacità di adesione di microorganismi e/o dei nutrienti ad essi necessari, facilitando inoltre operazioni di pulizia e rimozione di eventuale sporcizia accumulata.

Come spesso accade, il mondo attorno a noi ci sorprende. Infatti, queste modalità di protezione non sono esclusivamente di origine antropica; diverse superfici naturali hanno subito processi evolutivi che le hanno rese resistenti alla colonizzazione di microorganismi e/o con proprietà autopulenti.

Prendiamo a riferimento le foglie di ninfea. Grazie alla microstruttura superficiale e alla presenza di un film ceroso, mostrano proprietà idrorepellenti tali che, posizionando delle gocce sulla lamina superiore, queste appaiono semisferiche e sembrano non bagnare le foglie stesse.

Tale strategia evolutiva risulta estremamente utile ed efficace in quanto:

  • Rende difficoltosa l’adesione di parassiti o microorganismi in genere
  • Facilita, anche grazie all’acqua piovana, la rimozione di fanghiglia, pulviscolo o sali cristallizzati
  • Garantisce l’adeguata respirazione fogliare mantenendo liberi gli stomi fogliari (localizzati esclusivamente sulla lamina superiore)

Foglie di ninfea, le gocce d’acqua mantengono una forma semisferica e sono facilitate nello scorrimento grazie alla microstruttura superficiale e alla presenza di un film ceroso.

Sezione foglia di ninfea, ingrandimento 40x (8). Risultano evidenti differenze strutturali fra le due lamine, inferiore e superiore.

Sezione foglia di ninfea, ingrandimento 100x relativo all’immagine precedente (9). Evidenti gli stomi sulla lamina superiore, mentre la parte centrale mostra ampi spazi aerei. Le porzioni centrali, evidenziate da una colorazione violacea più intensa, sono correlabili ad astroscleroidi ramificati.

Ma le ninfee non sono l’unico esempio che la natura ci offre; lo studio della struttura superficiale delle ali di una cicala (Psaltoda claripennis), attiva nei confronti di batteri Gram-negativi grazie proprio alla sua micromorfologia, ha aperto la strada a innovative soluzioni per biomateriali ingegnerizzati (10).

Psaltoda claripennis, fonte iNaturist Australia ©Dezmond Wells.

Analogamente, diversi spunti sono sorti dallo studio della pelle del geco (Lucasium sp.), caratterizzata da scaglie a forma di cupola disposte secondo uno schema esagonale. Questa risulta attiva nei confronti di alcune tipologie di batteri Gram-negativi e sembra mostrare una interessante compatibilità con cellule staminali umane (11).

A: Geco Lucasium steindachneri

B: immagine ottica della microstruttura della pelle esterna – regione addominale

C: immagine ottica della microstruttura della pelle esterna – regione dorsale

D: immagine in Microscopia Elettronica a Scansione (SEM) della regione dorsale del geco. Risultano visibili le spinule sottoforma di minuscoli peli (11).

Ma quali possono essere le schematizzazioni di questa modalità d’azione?

Due sono le principali tipologie, che possono anche coesistere nello stesso materiale ed agire in sinergia:

  • Effetto antiadesivo o comunque attivo per modificazione superficiale di tipo fisico
  • Effetto antiadesivo o comunque attivo per modificazione superficiale di tipo chimico

Immagine convertita ed adattata da (12).

Nel primo caso, si possono avere micro o nano strutture con una conformazione tale sia da interferire con le caratteristiche di adesione che, talvolta, da esercitare un ruolo attivo soprattutto con alcune tipologie microbiche.

Nel caso di modificazione chimica, si intende la presenza di strutture e di eventuali sostanze superficiali esercitanti un ruolo attivo. Fra gli esempi più noti si hanno le brushes polimeriche, che trovano ampia applicazione nello sviluppo di superfici antibatteriche grazie alla distribuzione spaziale ben definita.


Antimicobial surfaces, fattori da prendere in considerazione nella scelta della tecnologia, soluzioni analitiche nella verifica dell’efficacia: questi sono solo alcuni degli argomenti che verranno trattati nella seconda parte dell’articolo, che verrà pubblicata nella prossima edizione di BEAUTY HORIZONS.

Riferimenti bibliografici

MICHELA GALLO

LabAnalysis Group | Italia

Bio...

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