L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha pubblicato lo scorso luglio quattro provvedimenti aventi ad oggetto l’uso del sistema di “bollinatura frontale”, il NutriScore, sulle confezioni di alcuni prodotti commercializzati in Italia (1).

Questi provvedimenti sono di grande interesse nonché di attualità, e forniscono un ulteriore spunto di riflessione sull’utilizzo dei sistemi di etichettatura frontale.


Occorre premettere che non vi è ancora armonizzazione normativa su un sistema grafico da apporre sul front-of-pak (il c.d. FOP), con cui rappresentare le caratteristiche nutrizionali di un alimento; la Commissione europea vi sta lavorando e, nella Strategia Farm to Fork, ha previsto di presentare una proposta di legge in questo senso per fine 2022.

Al di là delle tempistiche e soprattutto delle discussioni in atto per individuare il sistema più idoneo ed efficace per informare il consumatore europeo, oggi esistono solo normative nazionali diverse che disciplinano autonomamente questa forma di etichettatura (2).


Ebbene, i provvedimenti dell’AGCM si presentano come una “conseguenza” di questa disarmonizzazione: l’AGCM si è infatti trovata a valutare se, per i pack commercializzati in Italia, l’uso del NutriScore, ossia di un sistema che non è normato (e neppure accettato) in Italia, ma disciplinato ed impiegato in altri paesi, può rappresentare per il consumatore italiano una pratica commerciale ingannevole, ai sensi della normativa nazionale.


Mentre in Italia è stato elaborato il sistema del Nutrinform battery (3), il NutriScore gode di una sua disciplina in Francia (4) e in altri paesi come il Lussemburgo (5) e il Belgio (6).

Si tratta di un sistema che descrive graficamente la qualità nutrizionale di un alimento impiegando una scala di colori (dal verde al rosso) e una categorizzazione tramite le lettere dell’alfabeto (dalla A – intesa come qualità più alta - alla E); gli alimenti vengono classificati in base ad un punteggio riferito a 100mg/ml di prodotto e calcolato in base ad un algoritmo che sottrae dal valore totale degli elementi “sfavorevoli” (energia/calorie, acidi grassi saturi, zuccheri semplici, sodio) quello degli elementi “favorevoli” (percentuale di frutta, verdura, leguminose e oleaginose, olio di oliva, noce e colza; fibre, proteine).

I recenti provvedimenti dell’AGCM
sul NutriScore  

Nei provvedimenti in questione, l’AGCM ha valutato non tanto se e quale etichetta FOP usare in etichetta, quanto la idoneità della etichetta fronte pacco, “in assenza di informazioni ad essa correlate, a orientare le scelte di acquisto dei consumatori in materia di nutrizione senza generare fraintendimenti” (7).

Ha quindi valutato se, ai sensi del Codice del consumo, le pratiche commerciali relative all’uso del NutriScore fossero contrarie alla diligenza professionale e se fossero idonee a indurre in errore il consumatore sulla natura e sul funzionamento dei parametri su cui si basa la valutazione fatta con il NutriScore stesso.


Dal punto di vista procedurale, tre procedimenti si sono conclusi con l’accettazione da parte del Garante degli impegni presentati dagli operatori per rimuovere i possibili profili di ingannevolezza, e di conseguenza i procedimenti sono stati chiusi senza comminare la sanzione.

In linea generale, gli impegni presentati hanno avuto ad oggetto l’eliminazione del NutriScore dai pack interessati e la cessazione della commercializzazione in Italia di prodotti con il NutriScore.


In un caso in particolare, poi, l’operatore coinvolto si è impegnato anche a sostituire il NutriScore con una tabella riportante i dati nutrizionali più significativi, già utilizzata in Italia e in Europa per diverse sue tipologie di alimenti (8).


In un altro caso, il professionista si è impegnato a predisporre delle iniziative di carattere informativo da apporre nei punti vendita, realizzando cioè una locandina e un cartello, supportati dal QR code e dai rinvii al sito internet, al fine di comunicare in maniera completa e di spiegare al consumatore il funzionamento, lo scopo e i limiti del NutriScore (9).


Diverso, invece, il quarto caso, nel quale non risultano essere stati presentati degli impegni da parte dell’operatore; qui il Garante, arrivato a decisione, ha ritenuto che l’uso del NutriScore sui prodotti a marchio per il mercato italiano, in assenza di adeguati e contestuali chiarimenti, configurasse una pratica commerciale ingannevole, sanzionando così l’operatore.

A parere dell’Autorità, infatti, le modalità di realizzazione e comunicazione, la rappresentazione sintetica e cromatica, il calcolo basato su 100g/mg e non sulle porzioni, l’algoritmo che non tiene conto di tutti i parametri nutrizionali, sono i limiti che determinano un difetto di trasparenza a danno dei consumatori, che non vengono messi nella condizione di comprendere la natura e il funzionamento dei parametri su cui si basa la valutazione.


In conclusione, i casi trattati davanti all’Autorità rappresentato una ulteriore “occasione” per lo Stato italiano, per la parti e gli stakeholders interessati, di manifestare la loro contrarietà al Nutriscore.

Si noti che che nel corso delle interlocuzioni, tra gli altri, è intervenuto anche il Ministero dello Sviluppo economico che ha ribadito la posizione già espressa in sede europea, tornando a evidenziare quelli che sono considerati i difetti di questo sistema: “Nel corso di tali interlocuzioni il MISE ha sostenuto che il sistema NutriScore orienta la scelta del consumatore verso l’assunzione di alimenti ritenuti favorevoli alla salute sulla base di una espressione eccessivamente sintetica, in quanto condensa un giudizio complessivo sul prodotto alimentare, senza soffermarsi sul suo contenuto specifico di energia e di nutrienti.

Così strutturata, l’etichetta NutriScore non offre alcun supporto nell’individuazione di un corretto regime alimentare, inducendo il consumatore a credere che, indipendentemente dalle proprie necessità dietetiche, il prodotto verde è preferibile rispetto ad altri della stessa categoria merceologica. Pertanto, il consumatore è incoraggiato a consumarne (senza limiti) sul presupposto che il colore verde contraddistingua un alimento che certamente non fa male alla salute.

Inoltre, il MISE ha affermato che “L’utilizzo dei colori, se può essere di immediato effetto per indirizzare verso alimenti salutistici la parte della popolazione socialmente svantaggiata, non aiuta però a capire il contributo di nutrienti che un alimento apporta ad una dieta ma suggerisce semplicemente una distinzione tra prodotti alimentari “buoni” e “cattivi”.

Questa distinzione è in palese contrasto con il principio secondo cui ogni cibo ha un suo posto nella dieta degli esseri umani (piramide alimentare). Il consumatore pertanto potrebbe essere spinto ad acquistare prevalentemente prodotti con la “luce verde” senza quindi valutare l’equilibrio della propria dieta. Di fatto, l’importanza dell’azione sinergica dei nutrienti assunti con la dieta non può essere ridotta ad un colore, una lettera o altri simboli eccessivamente semplicistici. Sistemi di questo tipo, infatti, parlano al consumatore in modo non chiaro”. […]

La rappresentazione sintetica risulta, altresì, semplicistica poiché, essendo basata su l riferimento a 100 gr/100 ml di prodotto, non tiene conto della circostanza che l’alimentazione è fatta di porzioni e frequenze di consumo […]. L’impostazione del sistema risulta, pertanto, contraria ai principi di semplificazione e di immediatezza cui esso dovrebbe ispirarsi, non indirizza verso l’assunzione di porzioni adeguate, né aiuta il confronto fra alimenti diversi.

Il sistema NutriScore è inoltre caratterizzato da una arbitraria classificazione degli alimenti positivi (frutta, verdura, fibre e proteine) e di quelli negativi (sale, zuccheri e grassi saturi) poiché, ad esempio, nel punteggio si soppesa il quantitativo di proteine senza tuttavia distinguerne la fonte (vegetale o animale), che invece rileva dal punto di vista dell’impatto sulla salute; i grassi saturi non vengono distinti in monoinsaturi e polinsaturi; frutta e verdura sono considerate alla stessa stregua delle proteine. La descritta parzialità nel giudizio non incentiva il consumatore ad effettuare una adeguata valutazione per seguire una dieta utile a soddisfare il quotidiano apporto di nutrienti” (10).


Dunque, in attesa che venga elaborato e pubblicato il testo di legge sulla etichettatura FOP, l’Italia si è nuovamente espressa in senso critico e i provvedimenti dell’AGCM giocano un ruolo importante nelle determinazioni degli operatori, oggi certamente disincentivati dall’usare il NutriScore sul nostro mercato.

A questo punto, è ancor più importante monitorare l’iter che la Commissione europea sta seguendo per individuare quale sia il sistema più idoneo per informare correttamente il consumatore europeo sugli aspetti nutrizionali degli alimenti e per restare in linea con i principi della strategia Farm to Fork.