FERMENTAZIONI VANTAGGIOSE:

IL RUOLO DEGLI SCFAs

NELLA PSICOBIOTICA

Gli acidi grassi a catena corta (SCFAs) sono molecole sature composte da una catena di tipo alifatico, lineare o ramificata, formata da un numero di atomi di carbonio inferiore a 6. La particolare struttura chimica che li caratterizza ne determina alcune particolarità, fra cui la parziale solubilità in acqua, consentita dalla brevità dei residui alifatici. 

Gli SCFAs sono metaboliti provenienti dalla fermentazione delle fibre alimentari da parte dei batteri del microbiota intestinale che esercitano un’azione multidirezionale sui sistemi immunitario, endocrino e nervoso. In particolare, svolgono un ruolo di importanza centrale nella comunicazione bidirezionale fra intestino e cervello (1. 2. 3). 

Pur non essendo ancora chiare le modalità, è noto che l’azione degli SCFAs influenza la risposta allo stress, le emozioni e il pensiero e che la loro supplementazione genera effetti sulla funzione psichica e sui disturbi neuropsichiatrici. Al netto della necessità di ulteriori e più approfonditi studi, questo aspetto potrebbe essere sfruttato per supportare la terapia di alcuni disturbi psicologici (1. 4). 


    INTRODUZIONE

    Gli acidi grassi a catena corta vengono assorbiti come tali attraverso la parete intestinale, prevalentemente mediante carrier apicali come il trasportatore monocarbossilato-1 (MCT1) e il trasportatore monocarbossilato-1 accoppiato al sodio (SMCT1) presenti nelle cellule del rivestimento mucosale. Dalla circolazione sanguigna vengono convogliati a diversi organi, fra cui il cervello.  

    Acetato, propionato e butirrato rappresentano il 90-95% degli SCFAs presenti nel colon (5). 

    Le fonti alimentari da cui provengono questi composti sono limitate quasi esclusivamente alla fibra alimentare solubile, a partire dalla quale vengono prodotti attraverso reazioni di fermentazione da parte della popolazione microbica presente nel colon. Molto più limitatamente derivano dalla digestione delle proteine. Complessivamente, le quantità di SCFAs sintetizzate possono raggiungere le 600 mmol/giorno circa (2. 6). 

    I principali substrati fermentabili sono rappresentati dall’amido resistente, dai polisaccaridi non amidacei, dai frutto-oligosaccaridi e dagli zuccheri (7. 8). 

    La fermentazione dei prebiotici, in particolare dei FOS, promuove significativamente la replicazione microbica, soprattutto per quanto riguarda i Bifidobacterium spp., responsabili della limitazione delle reazioni di putrefazione e del contenimento nella presenza di patogeni (9).  

    La fermentazione dei carboidrati viene realizzata nell’intestino secondo diversi percorsi: la via Embden-Meyerhof-Parnas è la più impiegata da Lactobacillus spp. e Bacteroides spp. Tale reazione porta all’ottenimento di SCFAs, ammoniaca, amine e fenoli, liberando idrogeno e anidride carbonica gassosi ed energia. A differenza dell’idrogeno che deriva da altre reazioni di fermentazione, quello che si viene a formare nel corso della sintesi degli SCFAs non si accumula nel colon, ma viene escreto rapidamente con l’aria espirata e con i flati (9. 10). 

    Tutte queste osservazioni potrebbero essere complessivamente utili ai fini della progettazione di una supplementazione mirata.  


    I PREBIOTICI COME FONTE QUASI ESCLUSIVA DI SCFAs 

    MONICA TORRIANI

    Consulente scientifica | Italia

    Bio...

    La comunicazione intestino-cervello si realizza attraverso più vie. Un primo percorso è fisico e corre lungo il nervo vago, mentre un secondo è di tipo chimico e viene garantito dalla secrezione endocrina e neurotrasmettitoriale (11).  

    Il microbiota fornisce un contributo attivo a questa seconda modalità. In particolare, gli acidi grassi a catena corta agiscono con un meccanismo che sembra essere mediato dall’interazione con recettori accoppiati a proteine G (GPR41 e GPR43, nella fattispecie) e dal rilascio di mediatori che esercitano un effetto sia di tipo endocrino che immunitario. A livello dell’epitelio intestinale, l’attivazione di questi recettori porta alla sintesi di chemochine e citochine che mediano l’immunità protettiva e l’infiammazione tissutale (12). 

    Più specificamente, gli SCFAs rivestono un ruolo di particolare rilievo nella modulazione dell’infiammazione attraverso la regolazione della differenziazione e l’attivazione di diversi elementi del sistema immunitario. Questi meccanismi sembrano essere correlati all’azione di inibizione dell’attività di alcuni composti coinvolti nella genesi di gravi disturbi psichiatrici (come la schizofrenia, l’autismo e la depressione) e neurologici (fra cui l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi multipla) (13. 14. 15. 16). 

    GLI EFFETTI SUL CERVELLO E SULLA SFERA PSICHICA 

    Una delle acquisizioni ottenute dalle ricerche condotte negli ultimi anni sul microbiota indica che la comunicazione fra intestino e cervello viene alterata dallo stress.  

    La relazione fra l’integrazione alla dieta di acidi grassi a catena corta e la risposta allo stress è stata valutata nel modello murino. Una popolazione di topi trattati con una miscela di acetato, propionato e butirrato è stata sottoposta a condizioni di stress psicosociale cronico (17. 18). Sui topi sono stati eseguiti anche un’analisi comportamentale, il dosaggio ematico di parametri biochimici e di cortisolo, la determinazione di SCFAs fecali e della composizione del microbiota cecale.  

    La valutazione dei risultati emersi dallo studio attribuisce agli SCFAs un’azione analoga a quella degli antidepressivi e degli ansiolitici, un effetto che non viene generato in un quadro fisiologico, ma solo in presenza di condizioni patologiche. Al contrario, la supplementazione con SCFAs non sembra influenzare altri fattori, come l’aumento di peso correlato allo stress e la concentrazione di SCFAs fecali (Ref. 17. 18).  

    I disturbi gastroenterici di tipo infiammatorio (IBDs) e funzionale (FGIDs), questi ultimi relativamente diffusi in età pediatrica, coinvolgono alterazioni delle interazioni omeostatiche fra il microbiota e l’ospite. L’osservazione dei pazienti conferma che tutte queste condizioni vanno incontro a riacutizzazioni durante i periodi di stress. Gli studi effettuati nel modello murino hanno messo in evidenza che le modifiche indotte dallo stress a livello del microbiota inaspriscono l’infiammazione dell’intestino e ne alterano la motilità.  

    Acetato, propionato e butirrato sembrano rivestire ruoli importanti in questo meccanismo. Sperimentalmente, è stato dimostrato che la somministrazione di SCFAs a topi sottoposti a stress psicosociale migliora le conseguenze in termini di alterazione della risposta allo stress e la permeabilità della mucosa intestinale (19).  


    L’INTEGRAZIONE CON SCFAs E LA RISPOSTA ALLO STRESS 

    Nel corso di una ricerca condotta presso il MIT di Boston, alcuni scienziati hanno utilizzato un sistema organ-on-a-chip per replicare le interazioni fra cervello, fegato e colon al fine di valutare la correlazione fra la produzione di acidi grassi a catena corta da parte dei batteri intestinali e la velocità di progressione del Parkinson nel modello murino. Ne è emerso che, nell’ambito di una popolazione di cellule alterate dalla patologia, gli acidi grassi a catena corta promuovono il misfolding dell’α-sinucleina, la proteina coinvolta nella genesi e nel mantenimento della malattia, e la conseguente morte neuronale innescata dall’infiammazione (2. 20).  

    Questo risultato sposta nuovamente il focus sulla duplicità dell’azione degli SCFAs. 

    In passato, altri ricercatori hanno prodotto evidenze a dimostrazione del fatto che la presenza degli SCFAs contribuisce ad accelerare la progressione del Parkinson. Un’osservazione che è stata più volte confrontata con quanto avviene nei topi cresciuti in ambiente sterile, nei quali la malattia si sviluppa più lentamente.  

    L’azione degli SCFAs appare assumere caratteristiche non assolute ed essere piuttosto funzione del tipo di environment nel quale tali sostanze si trovano ad agire. Inoltre, poiché le alterazioni sopra evidenziate si verificano anche quando le cellule del sistema immunitario vengono rimosse dal sistema, sembra che questi risultati siano mediati da modificazioni nel metabolismo lipidico (20). 

    Condizioni come la disbiosi intestinale potrebbero rappresentare uno dei fattori di interferenza in gioco (16). 

    LE MALATTIE NEURODEGENERATIVE: IL DUPLICE RUOLO DEGLI ACIDI GRASSI A CATENA CORTA 

    Secondo quanto emerso da una revisione recente, il microbiota intestinale di pazienti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore (MDD) mostra modificazioni significative e, precisamente, un aumento del numero di prodotti batterici ad azione pro-infiammatoria. Fra le conseguenze di questo fenomeno, è possibile individuare anche la riduzione della sintesi di acidi grassi a catena corta e dell’integrità della barriera intestinale, oltre all’alterato rilascio di neurotrasmettitori. 

    Una delle teorie più accreditate sulla patogenesi del MDD fa riferimento alla disfunzione dell’asse intestino-cervello, che può portare ad uno stato di infiammazione subclinico, a modificazioni dell’asse ipotalamico-pituitario e all’alterazione globale delle vie endocrina, metabolica e nervosa (21).  

    Al centro di questi meccanismi, come un fil rouge che collega tanti elementi apparentemente disuniti, si trova il microbiota. Esaminando l’impronta microbica associata al fenotipo depressivo in 1.187 individui, un recente studio polacco ha permesso di stabilire che nel MDD il microbiota è alterato. Per la precisione, specie come i Faecalibacterium spp. e Coprococcus spp. sono presenti in numero inferiore alla norma in questi pazienti (21). 

    Tuttavia, non è stato possibile provare il coinvolgimento diretto del microbiota nella genesi dei sintomi psichiatrici. Inoltre, è stato osservato che la somministrazione di antidepressivi non ha modificato la composizione della popolazione microbica: questo porta a immaginare un meccanismo d’azione alternativo rispetto alle vie finora esplorate (6. 21).  

    UN FIL ROUGE CHIAMATO MICROBIOTA 

    Malgrado le limitazioni che ancora affliggono gli studi in questo settore, la comunità scientifica sembra concorde nell’affermare che la psicobiotica gode di promettenti prospettive per il trattamento dei pazienti con depressione maggiore (21). 

    Un fattore di cui sarà necessario tenere conto nell’ottica della predisposizione di una terapia di integrazione alimentare è lo scostamento fra la quantità di SCFAs presenti nel lume intestinale e la loro biodisponibilità sistemica, intesa come la frazione di dose somministrata che raggiunge la circolazione sanguigna. Questo aspetto è stato indagato utilizzando tecniche radioisotopiche che permettono di quantificarne l’uptake e l’escrezione nei diversi compartimenti dell’organismo. 

    Una quantità non trascurabile di questi elementi viene infatti eliminata attraverso il respiro ed escreta nelle urine o usata come precursore per la sintesi di glucosio, colesterolo e acidi grassi. In generale, il processo risente di una importante variabilità individuale (5). 

    La messa a punto di metodi per la quantificazione della concentrazione di SCFAs nel sangue potrebbe essere utile nell’ambito di un intervento nutrizionale con prebiotici e probiotici finalizzato ad ottenere determinati obiettivi di benessere psicologico e psicopatologico. 

    SUPERARE I LIMITI DELLA RICERCA ATTUALE 

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