FOCUS SULL’ASPETTO NUTRIZIONALE DI ALCUNI MACRO E MICRONUTRIENTI CORRELATO ALLE FACOLTÀ COGNITIVE

(​​​2a PARTE)

Nel precedente numero abbiamo discusso l’importanza dell’integrazione di β-carotene e di creatina per il miglioramento delle funzioni cognitive. In questa edizione continuiamo nello stesso ambito analizzando l’effetto di altri tipi di supplementazione.

    INTRODUZIONE

    L'assunzione di cibo influisce sulla funzione cerebrale (1) ma permangono lacune nelle nostre conoscenze sugli effetti comportamentali di molti nutrienti, in particolare negli anziani (2). Vi è un notevole interesse per i potenziali benefici degli integratori alimentari (3) con alcuni risultati incoraggianti, ad esempio con le vitamine del gruppo B (4), le vitamine C ed E (5) ed il folato (6). Un micronutriente che ha ricevuto meno attenzione è lo zinco (Zn), un oligoelemento non tossico, essenziale per molte attività biochimiche e funzioni fisiologiche (7, 8).

    Lo zinco, in quanto antiossidante, è importante per il sistema immunitario, riproduttivo e nervoso centrale ed è presente in molte aree del cervello, in particolare nell'ippocampo e nell'amigdala (9), influenzando la struttura e la funzione cerebrale (10, 11, 12). Può essere assunto solo attraverso la dieta (le fonti principali sono carne e pesce) e la carenza di zinco può portare ad una guarigione più lenta delle ferite fino a uno sviluppo fisico e cognitivo ritardato (7). Diversi studi condotti sulla supplementazione di zinco in neonati e donne incinte hanno dimostrato benefici in termini di salute fisica, tasso di crescita e sviluppo cognitivo dei neonati e dei bambini nati dalle madri che assumono integratori (9, 13, 14). Lo studio di Briefel ha riferito che solo il 44% degli adulti di età superiore ai 70 anni aveva un apporto adeguato di zinco (15) e quello di Prasad ha posto in evidenza che, gli individui con età >65 anni con carenza di Zn presentavano un problema clinico significativo (16). Una ricerca successiva ha esaminato 260 spagnoli di età compresa tra 65-90 anni e ha dimostrato che i migliori punteggi cognitivi erano associati ai soggetti che mantenevano una dieta ricca e variegata, con conseguente intake di zinco suggerendo come questo possa influenzare le funzioni cognitive (17). Tuttavia, gli autori riconoscono che il loro progetto non è stato in grado di stabilire il rapporto causa-effetto o di escludere possibili fattori confondenti. Test cognitivi sono stati eseguiti su 2166 adulti di età compresa tra 61 e 87 anni, metà dei quali aveva ricevuto integratori di zinco (80 mg/giorno) per diversi anni (18). Non sono state rilevate differenze significative tra i gruppi, ma gli autori hanno evidenziato diverse limitazioni al loro studio, compresa la mancanza di misure cognitive prima della supplementazione e la perdita del 40% dei partecipanti.

    Uno studio del 2001 ha avuto valutato il livello di zinco degli europei sani, anziani e di mezza età, e ha indagato gli effetti della supplementazione sul funzionamento cognitivo (19). Si noti che, se il campione non fosse carente di zinco, potrebbero esserci dei vantaggi nel consumo di alcuni nutrienti a livelli superiori al fabbisogno medio. Inoltre, è necessario stabilire che le dosi sovrannaturali di zinco non abbiano effetti avversi. Ciò è di vitale importanza a causa del crescente uso di integratori alimentari, anche tra gli anziani, e della crescente disponibilità di alimenti specificamente fortificati con zinco (20).

    Un ulteriore progetto ha previsto uno studio di intervento in uomini e donne randomizzato, doppio cieco, placebo-controllato con assegnazione a uno dei tre trattamenti: placebo, 15 mg Zn/d o 30 mg Zn/d per 6 mesi. Prima dell'intervento e dopo 3 e 6 mesi (prima dell’inizio dello studio, dopo 3 mesi e 6 medi) di integrazione con zinco sono stati effettuati esami clinici e psicologici, nonché prelevati campioni di sangue e urina. La funzione cognitiva è stata valutata dalla batteria di test neuropsicologici automatizzati di Cambridge (CANTAB) (21, 22).

    EFFETTI DELLA SUPPLEMENTAZIONE DI ZINCO SULLA FUNZIONE COGNITIVA IN ADULTI SANI DI ETÀ MEDIA ED ANZIANI

    Figura 3. Numero di partecipanti giovani e anziani assegnati a ciascuno dei tre trattamenti con Zn (0, 15 e 30 mg/d), con età, punteggi dei test di screening e livello di Zn basale (23)

    La supplementazione di Zn (0, 15 o 30 mg/d) è stata somministrata come gluconato di zinco, sottoforma di due compresse allo stesso orario ogni giorno (solitamente dopo colazione) per 6 mesi. La funzione cognitiva è stata valutata in laboratorio al basale (prima del completamento) e dopo 3 e 6 mesi, utilizzando diverse versioni (parallele) dei test CANTAB in ogni occasione. I partecipanti hanno digiunato per 12 ore prima che campioni di sangue e urina fossero prelevati.

    La presentazione dello stimolo è stata controllata da un computer e le risposte sono state ottenute utilizzando uno schermo sensibile al tatto e anche un grande touch-pad per alcuni dei test, posizionato a 0,15 m dallo schermo. I partecipanti erano seduti a circa 0,5 m dallo schermo e hanno risposto a una serie di input sullo schermo toccando ciascuno con il dito indice della loro mano preferita non appena appariva una croce. Se la loro risposta fosse stata esatta, si sarebbe presentato un feedback uditivo, la croce scompariva e la successiva veniva presentata dopo un piccolo ritardo. Dopo aver completato con successo il primo step (dieci croci), venivano effettuati i principali test cognitivi, sempre nello stesso ordine.

    In sintesi, i partecipanti di entrambe le fasce d'età sono risultati ben allineati tra i tre trattamenti sulle misure al basale (Figura 3). Gli adulti più giovani differivano dagli adulti più anziani solo nei livelli di zinco eritrocitario (più elevato) e nelle urine (più basso). Per lo zinco sia sierico che urinario, si sono verificate interazioni altamente significative tra trattamento e tempo. Le variazioni tra il periodo di riferimento (es. il mese 0) e i mesi 3 e 6 (che erano simili) per lo zinco sierico sono state le seguenti: diminuzione nel gruppo placebo di 0,25 mmol/l, aumento nel gruppo 15 mg/giorno di 1,02 mmol/l, aumento di 2,12 mmol/l nel gruppo 30 mg/giorno. Queste le variazioni corrispondenti per lo zinco urinario: diminuzione di 0,10 mmol/mmol creatinina (placebo), aumento di 0,3 mmol/mmol creatinina (15 mg/d) e di 0,44 mmol/mmol creatinina (30 mg/d). Le tendenze per lo zinco eritrocitario erano simili (23,15 + 7,14 e +8,16 mmol/l, rispettivamente), ma il tempo di interazione in questo caso non ha raggiunto la significatività. Questi dati dimostrano che esistono conseguenze biologiche significative a seguito della supplementazione di zinco. Per tutte e tre le misure, l'interazione tra età, trattamento e tempo non era significativa, indicando che gli adulti giovani ed anziani reagivano similmente alla supplementazione in termini biologici.

    Riassumendo i risultati principali, l'assunzione di zinco all'inizio del programma era simile negli adulti più giovani e più anziani (età media rispettivamente di 62 e 74 anni), ma lo zinco degli eritrociti era maggiore, mentre quello urinario era inferiore negli adulti più giovani rispetto agli anziani, senza differenze di età per quanto riguarda quello sierico. La supplementazione era efficace in quanto i livelli di zinco nel siero e nelle urine aumentava, di più per la dose elevata (30 mg/d) che per la dose inferiore (15 mg/d), con tendenze simili per lo zinco eritrocitario. Questi effetti biologici della supplementazione di zinco non differiscono tra adulti più giovani e anziani. Per le misure cognitive, gli adulti più giovani superavano gli adulti più anziani in tutti i test. Tuttavia, c'erano solo due interazioni significative che indicano effetti della supplementazione di zinco sulla funzione cognitiva, con un effetto benefico (solo a 3 mesi) dei 15 e 30 mg/d per gli errori SWM(spatial working memory), e un effetto dannoso dei 15 mg/d per la latenza MTS (mean correct latency).

    Ulteriori analisi hanno dimostrato che questi risultati erano gli stessi per:

    • uomini e donne;
    • individui con un livello di funzionamento inferiore o superiore (in base ai punteggi MMSE, Mini Mental State Examination);
    • soggetti senza/istruzione primaria, secondaria e terziaria;
    • individui con livelli di zinco sierico più bassi o più elevati.

    Lo zinco urinario era più alto negli adulti anziani che in quelli giovani, suggerendo cambiamenti nel metabolismo dello zinco con l'età. Lo zinco eritrocitario risultava diminuito con l'età a differenza di quello sierico.

    E’ importante notare che si sono verificati pochi effetti significativi sulla funzione cognitiva - delle otto misure, una ha mostrato un effetto benefico di breve durata e un’altra ha provocato un effetto dannoso a 15 ma non a 30 mg/d.

    E’ probabile che i partecipanti non fossero sufficientemente deficienti in zinco (sia in termini di assunzione o livelli sierici) per ottenere molto beneficio dagli integratori. Certamente, i soggetti erano un campione altamente selezionato, con il 49 % dei primi 842 volontari esclusi dallo studio di screening sulla base di deficit cognitivo, depressione, condizioni patologiche, farmaci e così via. Non sappiamo quindi se i risultati attuali interessino la metà meno sana della popolazione esclusa dallo studio. Rimane quindi possibile che i risultati della supplementazione di zinco sulla funzione cognitiva siano più positivi in altre popolazioni più vulnerabili (ad esempio, anziani con problemi cognitivi o ricoverati).

    Sebbene i risultati abbiano rivelato l'evidenza di un solo effetto benefico dello zinco sulla funzione cognitiva, hanno anche mostrato un solo effetto avverso. Questo dato è rassicurante perché gli anziani possono assumere integratori a base di zinco per ragioni non cognitive, anche in considerazione della crescente disponibilità e del l'uso di alimenti arricchiti e di integratori alimentari.

    ROBERTO CANNATARO1            ANTONIO GRIMALDI2

    1. Co-direttore master Sports Analytics - Unical | CSO, Galascreen Laboratories - Italia, DBSS International SAS | Colombia 

    Membro del COMITATO SCIENTIFICO di NUTRA HORIZONS

    2. Biologo Nutrizionista

    ROBERTO CANNATARO1           
    ANTONIO GRIMALDI2

    1. Direttore master Sports Analytics - Unical | CSO, Galascreen Laboratories - Italia |
    ​​​​​​​DBSS International SAS | Colombia 

    Membro del COMITATO SCIENTIFICO di NUTRA HORIZONS

    2. Biologo nutrizionista

    Bio...

    La vitamina D è coinvolta in molteplici attività nel nostro organismo, tra cui l'apoptosi cellulare, lo stress ossidativo, l'infiammazione e l'eccitotossicità (24). Viene metabolizzata nel fegato in 25-idrossivitamina D (25(OH)D) (25). La forma idrossilata sul carbonio 25 viene quindi convertita in 1,25-diidrossivitamina D (1,25[OH]2) e la conversione è regolata dall'ormone paratiroideo e dai livelli di magnesio (26). Il 25(OH)D sierico viene spesso utilizzato per valutare lo stato della vitamina D nel corpo. Nonostante gli alimenti arricchiti in vitamina D e l'integrazione dietetica, diversi studi hanno evidenziato che una grande percentuale di adulti assume vitamina D in maniera inferiore rispetto ai requisiti medi stimati (EAR) (26) e circa il 30% dei soggetti con età >65 anni ha un 25(OH)D sierico inferiore a 50 nmol/l (27).

    Il magnesio, il secondo catione intracellulare più abbondante, svolge un ruolo critico in numerose reazioni biologiche tra cui la produzione di energia, la sintesi proteica, il metabolismo degli acidi nucleici (28, 29, 30, 31, 32), il mantenimento delle funzioni delle membrane muscolari e nervose e la partecipazione alla trasmissione neurochimica e alla trasmissione nervosa (33). Un basso apporto di magnesio è stato collegato al rischio di sindrome metabolica, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari (34) e diminuzione delle capacità cognitive (29, 31). Il magnesio svolge un ruolo importante nel metabolismo della vitamina D ed una carenza di questo catione comporta livelli ridotti di 1,25[OH] 2D che, a sua volta, può portare ad un incremento dell’assorbimento intestinale di magnesio (32).

    Precedenti studi osservazionali hanno suggerito che le carenze di vitamina D e magnesio erano associate a deterioramento cognitivo e rischio di demenza (29, 30, 31, 33).

    In particolare, uno studio ha utilizzato i dati del sondaggio continuo NHANES da due cicli, condotti tra il 2011 e il 2014 in cui è stato condotto un test della funzione cognitiva tra gli anziani. Il NHANES è un sondaggio progettato per valutare la salute e la nutrizione in un campione rappresentativo della popolazione a livello nazionale. La funzione cognitiva è stata valutata tra i partecipanti di età pari o superiore a 60 anni utilizzando il DSST, descritto in precedenza (34). In breve, il DSST è una misura consolidata e convalidata della prestazione cognitiva che valuta la funzione esecutiva e la velocità di elaborazione. È un test fornito su carta e completato utilizzando una matita per valutare la prestazione psicomotoria. Contiene una tabella con numeri (1-9) e simboli corrispondenti, nonché una sezione di test di numeri con caselle vuote in cui ai partecipanti viene chiesto di riempire le caselle vuote con i simboli corrispondenti ai numeri forniti. Il punteggio è il numero totale di simboli corretti disegnati entro 2 minuti, con un punto assegnato per una risposta corretta e un punteggio massimo di 133. Poiché non esiste una soglia ben definita del punteggio DSST per rilevare il deterioramento cognitivo, il quartile non ponderato più basso nella popolazione dello studio (DSST ≤ 34) è stato utilizzato per definire il deterioramento cognitivo o la bassa funzione cognitiva, in linea con i metodi utilizzati in precedenza (35). I soggetti con punteggi DSST > 34 sono stati considerati non compromessi cognitivamente.

    I soggetti con compromissione cognitiva consumavano meno calcio e magnesio, avevano un apporto energetico totale inferiore ed erano meno propensi ad assumere integratori alimentari rispetto a quelli senza compromissione cognitiva.

    L’associazione positiva tra assunzione di magnesio e punteggio DSST è apparsa più forte tra le donne, tra i bianchi non ispanici, tra soggetti moderatamente o molto attivi fisicamente e i soggetti con un livello sufficiente di vitamina D, sebbene le interazioni non fossero statisticamente significative. I risultati, dall'analisi congiunta, suggeriscono che una combinazione di assunzione sufficiente di magnesio (ad esempio ≥311 mg/giorno paragonabile alla dose giornaliera raccomandata (RDA): 400 mg per gli uomini; 310 mg per le donne) e un adeguato intake di vitamina D (≥50 nmol/L) era associato a un punteggio DSST più alto in questa popolazione anziana. Inoltre, i dati hanno suggerito che una concentrazione sierica di 25(OH)D tra 81-98 nmol/l potrebbe indicare un livello ottimale per ridurre il rischio di deterioramento cognitivo negli anziani.

    In accordo con ricerche precedenti (26, 27, 36), lo studio ha rilevato che un maggiore apporto di magnesio totale era associato a un punteggio DSST significativamente più alto e a ridotte probabilità di compromissione cognitiva. In particolare, è stato rilevato che i soggetti con sufficiente apporto di vitamina D e sufficiente assunzione totale di magnesio avevano i maggiori incrementi nel punteggio DSST. I risultati sono biologicamente plausibili perché lo stato corporeo di magnesio e vitamina D e la loro interazione sono fondamentali per il mantenimento cognitivo negli anziani.

    ASSOCIAZIONE TRA ASSUNZIONE DI MAGNESIO E STATO DI VITAMINA D CON FUNZIONE COGNITIVA NEGLI ANZIANI

    Alcuni componenti dietetici si accumulano selettivamente nel cervello dove svolgono importanti funzioni fisiologiche. Questi includono gli acidi grassi omega-3 (ω-3FA) (37, 38), carotenoidi xantofilli (pigmenti vegetali contenenti ossigeno) e vitamina E (39, 40, 41). Precedenti lavori osservazionali e interventistici che hanno esaminato separatamente gli effetti di questi nutrienti sulla funzione cognitiva hanno prodotto risultati promettenti, seppur contrastanti (39, 42, 43).

    Da questo studio (clinico randomizzato) emerge che l'integrazione per 24 mesi con 430 mg di DHA, 90 mg di EPA, 10 mg di luteina, 2 mg di zeaxantina, 10 mg di meso -zeaxantina e 15 mg di vitamina E (d -α-tocoferolo) è efficace nel migliorare le prestazioni cognitive, in particolare la memoria di lavoro negli anziani cognitivamente sani. L’attività cognitiva globale è stata valutata utilizzando la versione 7.1 del MoCA (44) e il modulo di registrazione RBANS A (45) allo screening e al follow-up a 12 e 24 mesi (eseguito da RP). Il MoCA è un breve questionario di screening cognitivo (10 minuti) di 30 domande utilizzato per rilevare il deterioramento cognitivo. Valuta molteplici domini cognitivi tra cui abilità visuo-spaziali, funzione esecutiva, fluenza fonemica, attenzione, richiamo immediato e ritardato, linguaggio e orientamento. Un punteggio ≥26 su 30 era auspicabile per l'arruolamento. L'RBANS è uno strumento diagnostico fondamentale per rilevare il declino o il miglioramento cognitivo, richiede circa 30 minuti per essere somministrato e valuta la memoria immediata, l'abilità visuo-spaziale, il linguaggio, l'attenzione e la memoria ritardata utilizzando 12 sottotest. I punteggi di ciascun dominio vengono sommati per determinare un punteggio indice/scala totale. I punteggi dell'indice RBANS sono scalati in modo metrico, con una media di 100 e una deviazione standard di 15 per ogni fascia d'età. Un punteggio di 100 su una qualsiasi di queste misure equivale alla prestazione media di individui di età simile. I punteggi di 85 e 115 corrispondono rispettivamente a 1 deviazione standard al di sotto e al di sopra della media, mentre i punteggi di 70 e 130 sono 2 deviazioni standard al di sotto e al di sopra della media.

    Dopo 24 mesi di integrazione, gli individui nell'intervento attivo hanno mostrato miglioramenti nella memoria di lavoro. Sono stati registrati anche miglioramenti nell'attenzione e nell’attività cognitiva globale. Con specifico riferimento alla memoria di lavoro, gli individui nel gruppo attivo hanno commesso significativamente meno errori nelle fasi finali e combinate del compito SWM (vedi note) rispetto ai soggetti del gruppo placebo. Da notare che i cambiamenti osservati nelle concentrazioni di carotenoidi nei tessuti e nel siero e di ω-3FA nel plasma erano direttamente correlati ai miglioramenti osservati in questo compito di memoria di lavoro. Nello studio, la codifica e il recupero delle informazioni erano comparabili tra i gruppi attivi e placebo durante un compito di memoria di lavoro con pochi stimoli (ad esempio, fase 4 del compito SWM in cui l'individuo doveva localizzare 4 token). È importante notare che, all'aumentare del carico cognitivo (ad esempio, da 4 a 6 token e da 6 a 8 token), gli individui nell'intervento attivo hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli individui nel gruppo placebo, con prestazioni migliori nella fase 8 e nelle fasi sommate in cui il carico cognitivo era al massimo. Ciò suggerisce che la capacità di memoria di lavoro degli individui nel gruppo attivo è stata modificata favorevolmente nel tempo e che questi cambiamenti positivi possono essere attribuiti all'arricchimento di ω-3FA e carotenoidi, dato che l'entità del cambiamento nella cognizione era correlata all'entità del cambiamento nei livelli nutrizionali e dato che questi nutrienti hanno precedentemente dimostrato di essere neuroprotettivi (46). In termini di rilevanza clinica, i miglioramenti osservati nella memoria di lavoro possono tradursi in benefici pratici per le funzioni quotidiane. Mentre gli individui che hanno ricevuto l'intervento attivo hanno risposto positivamente all'integrazione di ω-3FA e carotenoidi, non sono stati osservati miglioramenti nel d -⍺-tocoferolo.

    L'INTEGRAZIONE DI ACIDI GRASSI OMEGA-3, CAROTENOIDI E VITAMINA E MIGLIORA LA MEMORIA DI LAVORO NEGLI ANZIANI

    Riferimenti bibliografici

    PEER REVIEWED

    EDIZIONE SPONSORIZZATA DA:

    INTEGRATORI E CERVELLO