DAL RIFIUTO ALLA RISORSA:

L'HDPE RICICLATO 

NEL SETTORE COSMETICO

SFIDE E OPPORTUNITÀ

Quando si parla di plastica riciclata si riportano spesso gli acronimi PCR e PIR. Ma che significato hanno?

Il PIR (Post Industrial Recycled) è una resina polimerica ottenuta dagli scarti industriali, rifiuti generati durante la lavorazione dei manufatti, che non hanno mai avuto pertanto una vita utile. In quanto tale può essere semplicemente tritato e riutilizzato senza necessariamente passare attraverso accurati passaggi di pulizia e selezione.

Il PCR (Post Consumer Recycled) è una resina polimerica ottenuta a partire dalla raccolta dei rifiuti domestici, prodotti giunti a fine vita dopo aver svolto una funzione specifica. Durante la raccolta si ha la miscelazione di diverse tipologie di prodotto, pertanto anche la trasformazione in riciclato di qualità è maggiormente impegnativa e necessita di impianti di selezione e riciclo all'avanguardia.

Ad oggi non tutti i polimeri che per definizione si possono dire riciclabili vengono realmente riciclati: c’è disponibilità di una filiera di raccolta e selezione dedicata solo per alcun tipologie di materiale da avviare a riciclo.

Il mondo dell’imballaggio rigido utilizza ampiamente il PET e l’HDPE riciclato per applicazioni da soffiaggio, nonché con maggiori limitazioni il PP per l’iniezione.

    RICICLATO: PCR E PIR

    L’Italia nell’ultimo decennio è virtuosamente entrata a far parte della classifica degli stati con un tasso di riciclo maggiormente elevato, un’efficienza ammirevole, soprattutto per quanto riguarda il settore dell’imballaggio, primario e secondario. In particolare nello scenario italiano si trovano a collaborare due consorzi, Corepla e Coripet, i quali tramite meccanismo di asta vendono le balle di rifiuto ai riciclatori italiani. Coripet gestisce solo la raccolta del PET a differenza di Corepla che gestisce anche altri materiali di imballaggio.

    La balla di rifiuto arriva agli impianti di riciclo dopo aver già subito un primo step preliminare di selezione. Qui viene ulteriormente selezionata, lavata e macinata in scaglie(flakes), della dimensione media di circa 16mm . Il lavaggio può avvenire a caldo(80-90°C) o a freddo(18-23°C); questa decisione tecnica può influenzare le performance del materiale finale, in quanto la sola azione meccanica di lavaggio non è sempre sufficiente per la rimozione profonda di colle derivanti dalle etichette e altri contaminanti.. La scelta deve essere basata sulla qualità del rifiuto in ingresso. Il lavaggio a caldo può essere migliorato con l’utilizzo di detergenti industriali come la soda. Da non sottovalutare anche l’influenza di un corretto trattamento e gestione delle acque di lavaggio per mantenere costante l’effetto e l’efficienza del processo di lavaggio.

    La scaglia subisce in seguito due tipi di selezione: selezione colore e selezione per materiale.

    Per flottazione è semplice separare i polimeri aventi densità maggiore o minore dell’acqua di lavaggio, tuttavia diventa difficile se non impossibile nel caso di resine con densità molto simili, come alcune poliolefine. Per questo motivo, la separazione tra HDPE e PP viene svolta tramite selezionatrici ottiche che lavorano nel campo dell’infrarosso. La tecnologia NIR è utile anche all’individuazione di flaconi multistrato, come ad esempio lo sono alcuni flaconi del latte a lunga conservazione che presentano uno strato interno caricato con carbon black.

    La selezione colore invece può essere svolta o per famiglia di colore oppure considerando il bianco come colore nobile da dividere da tutti gli altri colori, a dettare questa scelta è spesso il mercato di riferimento. Dall’esclusione del bianco o di alcuni colori chiave per alcuni mercati (blu, rosso e verde) deriva un insieme di colori che in estrusione restituiscono un pellet grigio, più o meno scuro a seconda delle tonalità presenti nella scaglia.

    Durante tutti gli step precedentmente descritti la scaglia resta allo stato solido e a temperatura ambiente. Una volta completata la fase di preparazione della scaglia, il materiale viene portato oltre la temperatura di fusione, intorno ai 240-260°C per essere estruso e poi tagliato in pellet, piccoli grani dalla forma cilindrica, la cui bulk density si attesta intorno ai 0.6-0.65 g/cm3.

    In fase di estrusione il materiale in temperatura subisce un processo di degasaggio fondamentale per la rimozione di parte delle sostanze volatili che si sviluppano ad alta temperatura, quali ad esempio umidità o altri VOC. Il materiale fuso ed omogeneizzato, prima di essere ridotto in pellet viene filtrato per bloccare infusi ed altre impurità residue. Infine la resina può subire un trattamento di deodorizzazione, rimanendo allo stato solido, operazione che viene svolta direttamente sul pellet, prima di essere immesso alla vendita per la produzione di imballaggio rigido.

    I processi mirati alla rimozione di sostanze volatili, che potrebbero facilmente migrare, sono fondamentali al fine del raggiungimento delle proprietà e caratteristiche necessarie all’applicazione cosmetica: la decontaminazione permette di raggiungere dei livelli di sostanze residue non desiderate molto bassi. Anche l’approvvigionamento del rifiuto è un elemento chiave al fine dell’applicazione cosmetica: esistono canali controllati di raccolta del rifiuto che permettono ai riciclatori di partire da una base di partenza sicura, come può essere ad esempio la raccolta dei flaconi del latte in Gran Bretagna.

    DALLA BALLA DI RIFIUTO AL PELLET DI HDPE RICICLATO MECCANICAMENTE (rHDPE)

    CLAUDIA BERARDI

    Serioplast Global Services | Italia

    Bio...

    La sostenibilità non è solo un tema sempre più presente dettato dai trend del momento, ma è diventata una vera e propria necessità di mercato: produrre in modo sostenibile prodotti sostenibili.

    A chiederlo sono in primis i consumatori, sempre più attenti all’acquisto, soprattutto a seguito del difficile periodo storico vissuto a causa della pandemia da covid-19 che ha travolto il mondo intero. Alcuni numeri che rendono l’idea della consapevolezza sempre più diffusa della crescente necessità di vivere l’esperienza di acquisto in modo attento (1):

    • Nel 2021 il 75% dei consumatori ha dichiarato di essere preoccupato per l’ambiente vs 59% nel 2019
    • Il 46% dei consumatori si affida all’acquisto di marchi specifici solo dopo aver studiato le loro politiche ambientali
    • Il 74% dei consumatori desidera che i dati sui gas serra siano prontamente disponibili
    • Il 74% dei consumatori predilige l’acquisto di prodotti che dichiarazione «meno plastica»
    • Il 46% dei consumatori vorrebbe prodotti con imballaggi più facili da riciclare

    I principali brand del mondo FMCG lato loro hanno preso importanti impegni di sostenibilità entro il 2030, ponendo obiettivi di riduzione dell’emissione di CO2 e ponendo anche virtuosi target di inclusione di PCR, laddove è possibile fino al 100%.

    La commissione europea ha a sua volta incentivato il riciclo, suggerendo agli Stati l’inserimento di meccanismi di pagamento per i produttori di imballaggio plastico prodotto in resina vergine: la plastic tax, oggi attiva in UK e in Spagna.

    I produttori di packaging in plastica diventano così protagonisti del cambiamento sostenibile, innovatori di prodotto spinti da un mercato in continua evoluzione e che presenta continuamente nuove sfide. Tre sono i principi chaive, guidati dal design: eliminare rifiuti e inquinamento, far circolare prodotti e materiali (al loro massimo valore) e rigenerare la natura.

    Ridurre, riutilizzare e riciclare, le parole chiave su cui si fonda l’ideazione di nuovi prodotti, seguendo le linee guida dell’ecodesign e rimanendo fedeli alla prerogativa di garantire un packaging sicuro per il consumatore.

    RICICLO E RICICLABILITÀ: ECODESIGN E SOSTENIBILITÀ

    Massimizzare l’inclusione di rHDPE presenta parecchie sfide, soprattutto quando si parla di applicazione cosmetica.

    Ci sono sfide tecnologiche legate alle performance di processo parlando di estrusione e soffiaggio e sfide maggiormente legate all’impianto di riciclo per la produzione di un grado di rHDPE di elevata qualità.

    La presenza del PP rende il comportamento reologico dell’HDPE instabile con conseguente difficoltà di tenuta dei punti di saldatura del flacone; pertanto è fondamentale che il riciclatore sia dotato di un ottimo sistema di selezione per rimuovere i materiali contaminanti. La percentuale ideale di contaminazione da PP è inferiore al 2%, eventuali fasi secondarie non desiderate nell’HDPE possono essere individuate svolgendo analisi di DSC (differential scanning calorimetry). Dal risultato del test è possibile estrapolarne un’analisi semi-quantitativa, poichè solo la porzione cristallina del polimero viene letta.

    L’odore è un altro problema rilevante del PCR, rimuoverlo è fondamentale per garantire la salute degli operatori che lavorano sulla macchina di estrusione e per garantire anche la sicurezza del consumatore: la rimozione delle sostanze volatili garantisce che le formule contenute nel flacone non vengano contaminate. Ad oggi non esiste un metodo univoco e standardizzato per caratterizzare l’odore: si utilizzano panel tester oppure analisi di GC in spazio di testa per stimare e caratterizzare le sostanze volatili e residue nel polimero.

    A livello di resistenza a rottura(ESCR) e di resistenza meccanica le performance del PCR sono ancora ben lontane da quelle del vergine(20%-50% in meno): l’rHDPE è l’unione di tanti diversi gradi di resine, le quali non presentano uniformità comportamentale.

    Infine, ma non ultima per importanza, la colorabilità è un tema molto discusso: l’occhio vuole la sua parte. I consumatori sono fortemente condizionati dall’estetica dei contenitori, pertanto per il marketing è fondamentale che il packaging sia performante anche dal punto di vista estetico. Il PCR non è esteticamente bello, presenta molte inclusioni(che spesso compromettono la funzionalità oltreché l’estetica) e inoltre esiste sul mercato una rilevante frazione grigia, derivante dall’unione della scaglia multicolore, la cui varietà cromatica è molto ampia. Il grigio è un colore la cui saturazione non permette ampi range di colorabilità, motivo per cui non viene considerato gradevole alla vista con conseguente rischio di prediligere l’estetica alla sostenibilità.

    Risulta quindi di sempre maggiore importanza la sensibilizzazione del consumatore all’acquisto di flaconi esteticamente meno gradevoli, ma maggiormente sostenibili rispetto ai flaconi in resina vergine.

    Concludendo, il PCR non performa come il vergine e le sfide sono ancora molte, tutti gli operatori di mercato sono quindi oggi chiamati a fare fronte comune, unendo le forze per raggiungere il nobile obiettivo di massimizzare l’inclusione del PCR e produrre imballaggio rigido sempre più sostenibile.

    LE SFIDE DELL’IMPIEGO DELL’HDPE RICICLATO NEL PACKAGING RIGIDO

    Riferimenti bibliografici

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    PEER REVIEWED

    SOSTENIBILITÀ