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Zafferano, Crocus sativus L.

Zafferano,

Crocus sativus L.

UTILIZZO A TAVOLA

Il Dio Hermes, innamorato della bella ninfa Smilace e invidioso dell’amore tra la stessa e Croco, trasformò lei in salsapariglia e lui in Crocus”.

Questa è solo una delle tante storie e leggende legate alla mitologia greco-romana della specie protagonista di questo numero.

Conosciuto anche come “oro rosso” e citato per la prima volta nel Cantico dei Cantici della Bibbia 4,14, Crocus sativus L., meglio conosciuto semplicemente come zafferano, durante il corso della storia è stato utilizzato nelle maniere più disparate[1][2].

La prima menzione in ordine cronologico la si ritrova in un papiro dell’antico Egitto, attorno al 1500 a.C., per poi passare a Virgilio, Plinio il Vecchio e Ovidio, il poeta latino di Sulmona, che nelle sue “Metamorfosi” (43 a.C.) narrò proprio le vicende amorose tra Croco e Smilace. Nell’antica Roma era usanza quella di ricoprire le strade con i fiori al passaggio di principi e imperatori o di scioglierlo nel vino per poi spruzzarlo in teatri, nei talami o nei capelli.

Ormai accertata la sua origine asiatica, in particolare da quello che un tempo era l’impero della Cilicia, venne introdotto in Europa dagli arabi, cominciando dalla Spagna e a partire dal VII sec, per poi estendersi fino alla Grecia, Tunisia e in quasi tutta l’Africa; infatti, il nome spagnolo “Azafràn” deriva da quello arabo “Al Zafaran”. L’anno di introduzione in Italia non è mai stato precisato, tanto che Plinio II, nel “De Croci cultu”, si chiedi “quis, tamen, attulerit peregrinae semina messis primus, et illius quo tempore coeperit usus, quis novit?” (Chi sa, quindi, chi per primo ci ha approvvigionato con i semi stranieri [di zafferano] e da quando è noto l’uso della pianta?).


Quello che però è noto è che, parecchi anni dopo, intorno alla prima metà del 1200, il comune di Navelli (AQ) divenne il centro della produzione di zafferano: infatti, un padre Domenicano della famiglia Santucci, originario dello stesso comune abruzzese, importò clandestinamente dalla Spagna alcuni bulbi di croco, nella speranza di poterne sperimentare la coltivazione in territorio aquilano. Per sua fortuna l’ambiente, il terreno e il microclima del comprensorio risultarono ideali, tanto che da quei giorni ad oggi, lo zafferano dell’Aquila viene reputato il migliore al mondo e nettamente superiore a quello spagnolo. Da quei giorni fino a fine ’800 si contavano circa 30 comuni in provincia dell’Aquila dove la coltivazione dell’oro rosso rappresentava una delle principali risorse economiche e di mercato. Ad oggi la carenza di manodopera ha portato ad una ridottissima coltivazione di questa eccellenza, con una stima di produzione annua che si aggira tra i 50 e i 100 Kg in confronto alle quasi 4 tonnellate e mezzo di fine XIX secolo[3][4].

E per quanto riguarda la cucina e il suo utilizzo a tavola?

La storia culinaria dello zafferano nasce in Italia grazie ad una storia molto particolare, che porterà alla creazione di uno dei piatti più famosi della tradizione culinaria del nostro stivale: tra la fine del 1300 e l’inizio del 1400, e dunque nel pieno dell’arte rinascimentale, a Milano erano in corso i lavori per la costruzione del Duomo e, tra gli addetti ai lavori figurava un Maestro vetraio belga detto Valerio della Fiandra che, tra i suoi discepoli migliori, annoverava un ragazzo soprannominato Zafferano, per la consuetudine che aveva di addizionare un pizzico della spezia protagonista di questa uscita nei suoi colori, per accentuarne la luminosità. Questa sua usanza era causa di continue prese in giro da parte di colleghi e dello stesso Maestro, il quale ripeteva che prima o poi avrebbe finito per addizionare lo zafferano anche nei pasti. Fu così, che dopo anni di sfottò, Zafferano decise di prendersi gioco di tutti durante il pranzo di un matrimonio, aggiungendo, con la complicità del cuoco, polvere di zafferano nel riso e colorando di giallo la portata prandiale. Il Maestro, alla vista del riso così colorato, rimase stupito ma, per non dare soddisfazione al discepolo, decise di essere il primo ad assaggiare il piatto. Uno ad uno tutti i commensali iniziarono a mangiare e in poco tempo tutta la portata fu rapidamente esaurita con gusto. In questo modo nacque uno dei capisaldi della cucina italiana, il “risotto allo zafferano” o “alla milanese”. Ovviamente un prodotto così pregiato e saporito non poteva limitarsi a rientrare soltanto in un singolo piatto, e infatti ad oggi lo si può ritrovare presente in moltissime ricette. Dello zafferano si possono utilizzare o gli stimmi interi o la loro forma polverizzata, che risulta essere quella più comune e che risulta perfetta per l’allestimento di impasti, dolci o panificati in quanto basterà disciogliere la polvere in acquea tiepida per poi incorporarla. L’utilizzo degli stimmi richiede invece più tempo in quanto devono essere immersi in acqua tiepida e lasciati in infusione per 30/60 minuti, per poi addizionare l’acqua aromatizzata alle preparazioni. Ma quanto utilizzarne? Considerando la forte intensità di colore, aroma e sapore, ma anche l’elevato prezzo, generalmente non servono grandi quantità di zafferano per rendere speciali i propri piatti anzi, una elevata dose potrebbe portare l’effetto contrario: per questo, generalmente, per 4 persone basteranno 150-200 mg di polvere o di stimmi. Poi, spazio a fantasia, creatività e sperimentazione. Ci si può sbizzarrire con ogni tipo di preparazione prestando attenzione ad una solo regola: mai cuocere lo zafferano; infatti, le alte temperature andrebbero a degradare la maggior parte dei costituenti chimici, alterandone sapore, colore e qualità, e per questo infatti anche l’infusione viene fatta con acqua tiepida e non calda.[3][4][5].

Riferimenti bibliografici

BOTANICA & FITOCHIMICA

Crocus sativus L. è una pianta erbacea monocotiledone appartenente alla famiglia delle Iridaceae, che include circa 85 specie del genere Crocus. Oggi viene coltivata in varie regioni del mondo: dalle aree orientali del bacino Mediterraneo, all’Asia, fino al Sud Africa; l’Iran è il Paese con il più alto tasso di produzione ed esportazione (statistiche del 2018), ma anche in India, Grecia, Spagna, Marocco e in Italia dove, oltre al già menzionato Abruzzo, anche in Toscana sono presenti vaste aree di coltivazione, in particolare nella zona di San Gimignano. Considerando le differenze di latitudine e clima delle suddette aree, risulta evidente la capacità di adattamento dello zafferano che infatti riesce a sopravvivere a temperature comprese tra 45°C e -20 C° [6][7][8].

La raccolta dei fiori, di caratteristico colore viola pallido, avviene rigorosamente a mano e all’alba, in modo da preservare al massimo le caratteristiche organolettiche e l’intero fitocomplesso. La porzione che costituisce la droga è rappresentata dagli stigmi o stimmi, che una volta separati dai tepali vengono essiccati al buio per poi essere utilizzati come tali o polverizzati.

Considerando che petali e tepali non vengono generalmente utilizzati, una delle sfide del futuro è quella di valorizzare i prodotti di scarto, dai quali sono auspicabilmente recuperabili componenti attivi con buona attività farmacologica e che in questo modo possono essere riciclati; tale aspetto interessa ad oggi già diverse specie vegetali e risulta essere argomento di grandissima attualità.15]

Si va inoltre affermando sempre di più la sensibilizzazione alla produzione sostenibile anche in altri settori della ricerca sia in ambito botanico e fitochimico, chimico-farmaceutico e industriale, con grande attenzione rivolta verso l’uso di solventi a basso impatto, sia ambientale che per gli operatori del settore[9][10].

Essendo una spezia molto costosa, essa è da sempre soggetta a frequenti episodi di adulterazione, motivo per cui è stato necessario mettere a punto metodologie di analisi quali-quantitative per garantire l’autenticità del prodotto, sia esso utilizzato per l’industria alimentare, cosmetica, farmaceutica o medica[6].

L’adulterazione consiste frequentemente nell’aggiunta di materiali esogeni di natura biologica o chimica (composti di sintesi)[11]:

  1. Aggiunta di specie vegetali quali Calendula officinalis L., Buddleja officinalis Maxim., Gardenia jasminoides Ellis., Curcuma longa L., and Carthamus tinctorius L
  2. Inclusione di porzioni di pianta tra cui petali, stami o parti di altre specie del genere Crocus come Crocus vernus e Crocus speciosus
  3. Fraudolenta addizione di coloranti sintetici o minerali quali carbonato di calcio o solfato di sodio

Nel complesso, Crocus rimane una pianta medicinale caratterizzata da un ricchissimo fitocomplesso dal quale derivano, come vedremo successivamente, numerosissime attività biologiche. Ad oggi sono stati isolati più di 150 composti bioattivi, tra cui: [10][12][13][14][15][16]

Riferimenti bibliografici

UTILIZZO IN TERAPIA

Anche le attività farmacologiche erano ben note già in tempi remoti e, infatti, Crocus sativus L. viene utilizzato da secoli nella tradizione popolare. Testimonianze risalenti a 3600 anni fa, provenienti dall’antica Grecia, dal Medio Oriente e dalla Cina, ne descrivono l’utilizzo sia come spezia che come medicinale. Fu introdotto nella Farmacopea Cinese dal 1985 e negli anni la conoscenza delle sue proprietà farmacologiche si è ampliata, al punto che nel 2020 sono state aggiornate le indicazioni terapeutiche nel Board of Pharmacopeia of the People's Republic of China. Il noto medico persiano Avicenna (980-1037 d.C.), considerato il padre della medicina moderna, descrive lo zafferano nel suo “Canone di Medicina” e ne elenca le proprietà terapeutiche come antidepressivo, antinfiammatorio, epatoprotettivo, broncodilatatore e afrodisiaco. Le proprietà antidepressive dello zafferano erano note anche in tutto l’estremo Oriente e, a tal proposito, un testo della dinastia Mongola riporta che “l’assunzione cronica di zafferano rende il cuore felice”. Come vedremo di seguito molte delle proprietà terapeutiche attribuite dalla tradizione allo zafferano sono state effettivamente dimostrate dalla medicina moderna, anche se numerosi studi sono ancora in fase preliminare e necessitano di ulteriori conferme[17][18][19][20].

Alla base degli effetti a carico del sistema nervoso centrale c’è il fatto che la crocina viene trasformata in crocetina a livello intestinale e quest’ultima, una volta raggiunto il circolo sanguigno, si distribuisce nei vari tessuti; grazie ad un meccanismo di diffusione passiva transcellulare può oltrepassare la barriera ematoencefalica e raggiungere il cervello, il che ne spiega la possibilità di utilizzo anche in caso di malattie neurodegenerative[17][19][21].

Una prima proprietà per la quale viene utilizzato sin dall’antichità è quella antidepressiva, che grazie al progresso scientifico tecnologico e l’interesse da parte della comunità scientifica, è stata confermata. Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi clinici controllati per verificarne l’efficacia in tal senso, ottenendo risultati più che positivi (nonostante manchino studi a lungo termine, superiori alle 6-8 settimane di trattamento): l’efficacia dello zafferano si è infatti dimostrata paragonabile a quella di comuni antidepressivi comunemente utilizzati come fluoxetina e imipramina, ma con minori effetti collaterali. Uno studio in doppio cieco vs placebo, condotto su 40 soggetti sofferenti di depressione maggiore, ha evidenziato un effetto significativo dello zafferano (30 mg/die) nel miglioramento del tono dell’umore già dopo le prime 2 settimane di utilizzo; al termine delle 6 settimane di prova, i sintomi legati alla depressione erano diminuiti del 60% (su scala HAM-D, Hamilton Depression Rating Scale) rispetto al 20% del gruppo trattato con placebo. Stesso risultato è stato ottenuto somministrando 30 mg/die di zafferano a 40 pazienti con depressione da lieve a moderata: al termine delle 6 settimane di studio si è raggiunta una riduzione dei sintomi del 54%, contro il 23% ottenuta col placebo[21][22][23][24]. Oltre che con placebo, l’efficacia dello zafferano è stata confrontata con quella della terapia farmacologica standard: in uno studio condotto in doppio cieco su 40 pazienti con depressione da lieve a moderata, 30 mg/die di zafferano sono stati confrontati con 40 mg/die di fluoxetina, per 6 settimane. Sia dopo 3 settimane che al termine dello studio non sono state evidenziate differenze significative tra i due trattamenti, né in termini di efficacia né in termini di eventuale comparsa di effetti collaterali: in entrambi i casi si è avuta remissione dei sintomi e nessuna differenza in termini di tollerabilità della terapia. Stesso risultato in un altro studio condotto per 8 settimane su pazienti con diagnosi di depressione maggiore[24][25][26]. Un ambito particolare è quello che riguarda i disturbi depressivi nella popolazione anziana, sempre più frequenti e spesso sottovalutati e di conseguenza maggiormente a rischio di cronicizzazione. La depressione senile si manifesta con sintomi analoghi a quelli del giovane adulto, ma con l’aggravio della frequente compresenza di problemi fisici e soprattutto dell’isolamento sociale, che crea un circolo vizioso spesso di difficile risoluzione[23][24][25]. In aggiunta a ciò, i pazienti anziani si dimostrano spesso riluttanti ad assumere farmaci antidepressivi, mentre si dimostrano più collaborativi nei confronti di rimedi che considerano meno aggressivi, come quelli di origine fitoterapica. Queste considerazioni hanno costituito il punto di partenza di uno studio in doppio cieco pubblicato nel 2019, che ha coinvolto 50 persone anziane affette da depressione maggiore (diagnosticata in seguito a valutazione psichiatrica), divise in modo casuale in due gruppi: ad uno è stato somministrato zafferano titolato in crocine e safranale in capsule (60 mg/die), all’altro la sertralina (100 mg/die), un farmaco antidepressivo usato convenzionalmente. I pazienti sono stati valutati dopo 2,4 e 6 settimane di cura, ottenendo risultati più che incoraggianti: sia col farmaco di sintesi che con il fitoterapico, è stato riscontrato un analogo miglioramento dei sintomi, a fronte di minori effetti collaterali nel gruppo trattato con l’estratto di zafferano[24][25][26]. Secondo alcuni studi preliminari, il meccanismo d’azione alla base dell’effetto antidepressivo sarebbe dovuto all’inibizione dell’uptake di dopamina e noradrenalina da parte della crocina e all’azione serotoninergica del safranale[22][23][24].


Allo stesso modo sono noti gli effetti ansiolitici anche se, a riguardo, ad oggi gli studi sono meno numerosi rispetto a quelli sull’effetto antidepressivo, ma comunque interessanti per i risultati ottenuti. Uno studio in doppio cieco pubblicato nel 2016 ha coinvolto 102 pazienti, alcuni dei quali sono stati trattati con zafferano estratto secco (25 mg/die) e altri con diazepam (5 mg/die). Lo studio è stato condotto per 8 mesi, al termine dei quali gli autori hanno riscontrato un effetto migliorativo dello zafferano rispetto al farmaco. In un altro studio capsule da 50 mg contenenti zafferano in polvere per 12 settimane, su 60 pazienti a cui era stato diagnosticato uno stato ansioso-depressivo. Al termine di tale periodo, i pazienti trattati, rispetto al gruppo placebo, hanno riferito un miglioramento della sintomatologia ansiosa-depressiva, con autovalutazione effettuata tramite questionari BDI e BAI[25][26][27].


In diversi studi preliminari su modelli animali, lo zafferano si è dimostrato in grado di attenuare i sintomi di decadimento cognitivo e deficit della memoria. I successivi studi clinici, seppur ancora limitati, hanno fornito risultati altrettanto incoraggianti[25][26][27]. Il cosiddetto decadimento cognitivo lieve (MCI, Mild Cognitive Impairment) è un insieme di sintomi caratterizzati da diminuzione delle capacità cognitive senza tuttavia che le normali attività quotidiane siano intaccate. Le persone che soffrono di MCI hanno più possibilità di sviluppare nel tempo qualche forma di demenza senile. Sfortunatamente, non esiste una terapia farmacologica per rallentare il processo e prevenire l’eventuale peggioramento: i test sui farmaci utilizzati per alcune forme di demenza, come gli inibitori delle colinesterasi (donepezil) e gli antagonisti del recettore del glutammato (memantina), non hanno dato risultati soddisfacenti[26][27][28][29]. In due studi a confronto con placebo, condotti in doppio cieco su pazienti affetti da lieve o moderata sindrome di Alzheimer, lo zafferano si è dimostrato efficace nel migliorare le capacità cognitive in un periodo di 16 settimane, con dosaggio di 15 mg due volte al dì, senza comparsa di effetti collaterali significativi. In un altro studio clinico condotto in doppio cieco per 22 settimane su 54 pazienti con sindrome da lieve a moderata, la polvere di zafferano in capsule (30 mg/die) si è dimostrato di efficacia pari al donepezil (5 mg due volte al dì), con maggiore tollerabilità e senza effetti collaterali (come nausea e emesi)[25][26][27][28].


Inoltre, visto l’elevato contenuto in carotenoidi, noti per l’effetto positivo sulla vista, è stata valutata la possibile efficacia dello zafferano contro determinate patologie oculari, come glaucoma, la maculopatia diabetica e la degenerazione maculare senile, che colpisce la parte più centrale della retina causando perdita della capacità visiva. Uno studio condotto su 25 soggetti affetti da degenerazione maculare senile ha evidenziato un miglioramento della sensibilità visiva grazie all’integrazione di zafferano per 3 mesi, alla dose di 20 mg/die. Stesso risultato in un altro test, condotto con identiche modalità su 33 soggetti (dove peraltro il miglioramento risultava ancora presente dopo 8 mesi dal termine dello studio), suggerendo un’efficacia anche nel lungo periodo[25][26][27].


Sono iniziate anche le prime analisi per valutare gli effetti sul glaucoma e, a riguardo, ad oggi esiste un solo studio clinico che ha valutato l’efficacia dell’integrazione con estratto di zafferano (30 mg/die) in pazienti affetti da glaucoma ad angolo aperto. Dopo un mese dall’inizio della terapia, la somministrazione orale di zafferano, in combinazione al trattamento topico con timololo e dorzolamide, si è dimostrata più efficace rispetto al solo trattamento topico addizionato a placebo; tuttavia l’effetto ipotensivo tendeva a scomparire dopo 4 settimane dalla sospensione dell’integrazione[25][26][27].


Anche nel caso della maculopatia diabetica esiste un solo studio clinico randomizzato controllato, condotto su 60 pazienti utilizzando un integratore orale di crocina a due diversi dosaggi (5 mg/die e 15 mg/die): al dosaggio più elevato si è osservato un miglioramento dell’acuità visiva, mentre al dosaggio inferiore l’effetto è risultato paragonabile al placebo. La crocina ha dimostrato inoltre un effetto ipoglicemizzante (anch’esso dose-dipendente). I risultati ottenuti sinora indicano una potenziale efficacia dello zafferano nel trattamento delle patologie a carico dell’occhio. Tuttavia gli studi sono ancora troppo limitati e non esistono valutazioni sull’efficacia della terapia a lungo termine[26][27][28].


Infine, sono stati effettuati alcuni studi clinici preliminari per testare un possibile effetto dello zafferano sui sintomi comportamentali del disturbo da deficit di attenzione ed iperattività. Il deficit dell’attenzione associato a iperattività (ADHD) è uno dei più comuni tra i problemi neuropsichiatrici soprattutto in età infantile e adolescenziale, con circa il 30% dei pazienti che non risponde alla terapia farmacologica o che non è in grado di tollerarne gli effetti collaterali. In uno studio pubblicato nel 2019, 54 giovani di età compresa tra 6 e 17 anni con ADHD sono stati divisi in modo casuale tra due gruppi: al primo è stato somministrato il metilfenidato (psicostimolante, usato per il trattamento dell’ADHD), mentre al secondo zafferano polvere in capsule allo stesso dosaggio (20-30 mg/die, a seconda del peso). Lo studio si è protratto per 6 settimane e i sintomi sono stati monitorati e valutati utilizzando la scala DSM-IV, un questionario che viene compilato da genitori e insegnanti, appositamente studiato per la diagnosi e lo screening dell’ADHD. Al termine dello studio, il profilo di efficacia dello zafferano è risultato pressoché sovrapponibile a quello del farmaco. Nonostante lo studio presentasse un numero non elevato di soggetti coinvolti e la mancanza di confronto con un gruppo placebo, i risultati sono da reputarsi promettenti, sia in termini di efficacia che di tollerabilità[29][30][31].


In Italia e in tutta l’Unione Europea non sono presenti ad oggi farmaci a base di zafferano, ma la specie è inserita negli elenchi degli ingredienti ammessi negli integratori alimentari.

In base agli studi clinici pubblicati sinora, i dosaggi consigliati, riferiti alla droga essiccata, risultano i seguenti[30][31]:

  • Per la depressione lieve o moderata: 15 mg due volte al dì o 30 mg/die in un’unica somministrazione; l’effetto insorge dopo 2 settimane di trattamento
  • Morbo di Alzheimer: 15 mg due volte al dì, con uso continuativo
  • Degenerazione maculare senile: 20 mg/die, per uso cronico

In caso di somministrazione di dosi maggiori rispetto a quelle riportate precedentemente, possono raramente manifestarsi nausea, vomito, diarrea o vertigini e, nel complesso, lo zafferano può essere considerato sicuro per la salute umana.

Non sono stati condotti studi approfonditi sulle possibili interazioni dello zafferano con i farmaci. Tenuto conto, tuttavia, del dimostrato effetto antidepressivo, si raccomanda prudenza in caso di assunzione assieme a farmaci antidepressivi. Attenzione anche in caso di patologie renali o di uso concomitante di farmaci antiaggreganti, poiché l’integrazione con zafferano potrebbe ridurre ulteriormente l’aggregazione piastrinica e risulta raccomandabile la non assunzione in gravidanza[30][31].

Attualmente non è presente nella F.U.I XII edizione, ma compare nella X edizione della Farmacopea Europea. Nella monografia della Commissione Europea del 1987 sullo zafferano si trovano le seguenti indicazioni:

  • Dose massima giornaliera di 1,5 grammi: non è stato documentato alcun rischio.
  • La dose letale è 20 g
  • La dose abortiva è 10 g, dose in grado di stimolare la muscolatura liscia dell’utero.
  • La dose giornaliera di 5 g può causare intossicazione accompagnata da vomito, diarrea sanguinolenta, ematuria, epistassi, sanguinamento di labbra e palpebre (aree con alta vascolarizzazione e sottili membrane cutanee) e vertigini. Viene anche riportato un effetto collaterale caratteristico, in quanto “la pelle e le mucose assumono un colore giallastro simile all’ittero”[32].

Riferimenti bibliografici

NUTRA

Considerato che per ottenere 450 g di zafferano occorrano 225 mila stimmi oppure 75 mila fiori, lo zafferano è annoverato tra le spezie più costose al mondo, e per questo viene spesso chiamato “oro rosso”. Nonostante il prezzo e le difficoltà di produzione, una specie con un così ricco profilo fitochimico e con una storia ultracentenaria di utilizzo, non poteva non far aguzzare l’occhio al settore cosmetico (BEAUTY) e al settore nutraceutico (NUTRA).


La ricchezza, la complessità del suo profilo fitochimico e la sinergia dei suoi attivi, hanno permesso anche all’industria nutraceutica di puntare molto sullo zafferano.

Allo zafferano sono infatti state attribuite proprietà a carico dell’apparato gastrointestinale e genitale tra cui la riduzione dell’appetito, limitazione della fermentazione intestinale, cura delle emorroidi e stimolazione delle mestruazioni. Alcuni studi hanno evidenziato una certa attività dello zafferano sul centro della fame; sembra infatti che, in particolare la picrocrocina, possa essere utilizzata nei casi di obesità per stimolare la sazietà. Questo è stato valutato anche attraverso un piccolo studio in cui, ai pazienti, è stata somministrata una dose di 30 mg/die di un estratto contenente zafferano per 20 giorni a colazione. Al termine di questo periodo è stata riscontrata una media di 1 Kg di peso perso con riduzione di 0,5 cm dei fianchi. C’è poi da far notare che, sempre in quest’ottica, molti studiosi hanno riferito la capacità della crocina di inibire sia l’attività di α-amilasi e dell'α-glucosidasi, portando ad un conseguente abbassamento dei livelli di glucosio nel sangue, sia della lipasi pancreatica e della colesterolo-esterasi. La crocina agirebbe infatti come agente antienzimatico, legando il sito attivo degli enzimi, modificandone i residui amminoacidi, provocandone una deformazione strutturale che porta all’inattivazione. Questo causa anche abbassamento dei livelli di colesterolo che indirettamente aiuta a prevenire condizioni aterosclerotiche e infartuali. Inoltre, assunto in piccole dosi, è in grado di normalizzare volume e pH gastrico favorendo la secrezione dei succhi gastrici e migliorando il processo digestivo[34][37][40][41].

Safranale, crocine e crocetina svolgono anche un ruolo cruciale nei processi infiammatori e negli stati dolorosi. Ma d’altronde, nella medicina tradizionale, lo zafferano è sempre stato utilizzato per trattare patologie o condizioni di carattere infiammatorio come febbre, ferite, lombalgie, ascessi, gengiviti fino ad arrivare all’eruzione dei primi denti da latte nei neonati. In diversi studi è stato infatti osservato come i costituenti di Crocus siano in grado di esplicare attività antinfiammatorie ma anche immunomodulatorie, sia a carico dell’immunità innata che adattativa. Sono infatti stati notati aumenti anticorpali delle IgG con contemporaneo abbassamento delle IgM, con aumento della componente monocitaria[34][37][42].

Anche i disturbi del sonno lievi possono essere combattuti con un buon estratto a base di zafferano; in uno studio a riguardo, i partecipanti hanno assunto estratti di zafferano contenenti il 2,5% di crocina 1 v/die (mediante 30-50 mg) per 6 settimane, riscontrando un miglioramento della qualità del sonno per il 73% dei pazienti[40].

L’attività antiossidante svolge la sua funzione non solo nel settore cosmetico: in particolare durante l’esercizio fisico, ma anche nella vita di tutti i giorni e nelle nostre routine quotidiane, il nostro organismo produce una grande quantità di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno (ROS), responsabili dell’ossidazione proteica e che contribuiscono ad aumentare l’affaticamento fisico; lo zafferano, molto probabilmente, riducendo l’ossidazione aumenta il trasporto di ossigeno alveolare, favorendo il recupero e contrastando la stanchezza[37].

Infine, a livello cardiovascolare, sono stati valutati e notati effetti cardioprotettivi in studi in vivo, dovuti prettamente ai suoi principali costituenti, ossia crocina e safranale, i quali sono in grado di diminuire la pressione sanguigna. La crocetina è, in aggiunta, in grado di avere effetto anti-aterosclerotico, inibendo l’espressione della molecola di adesione delle cellule vascolari-1 (VCAM-1) [37].

Insomma, lo zafferano è una vera e propria risorsa per la nostra salute, un concentrato di proprietà benefiche per l’organismo che possiamo ritrovare sul mercato come estratto secco sotto forma di capsule (forma farmaceutica più comune) e compresse o come tintura madre.

Riferimenti bibliografici

BEAUTY

Considerato che per ottenere 450 g di zafferano occorrano 225 mila stimmi oppure 75 mila fiori, lo zafferano è annoverato tra le spezie più costose al mondo, e per questo viene spesso chiamato “oro rosso”. Nonostante il prezzo e le difficoltà di produzione, una specie con un così ricco profilo fitochimico e con una storia ultracentenaria di utilizzo, non poteva non far aguzzare l’occhio al settore cosmetico (BEAUTY) e al settore nutraceutico (NUTRA).


BEAUTY

L’elevato contenuto di molecole con attività antiossidante come i carotenoidi, che caratterizzano Crocus, hanno permesso all’industria cosmetica di approfittarne, sviluppando una serie di prodotti per cute, capelli e per il make-up e, ad oggi, lo zafferano risulta essere la pianta più diffusa nei prodotti cosmetici naturali[34][38][40]. Ma d’altronde l’utilizzo cosmetico lo si può riscontrare fin dall’antichità, quando veniva mescolato con grasso animale o macerato nel latte d’asina per godere dell’“eterna giovinezza”. Addirittura Cleopatra ne faceva uso e nella medicina tradizionale iraniana viene tutt’ora utilizzato per curare l’erisipela, infiammazione cutanea acuta di origine batterica[34].

Le elevate capacità antiossidanti fanno sì che i prodotti a base di zafferano siano in grado di proteggere la pelle dai danni alla pelle causati dall’esposizione ai raggi UV. Per questo si possono trovare creme solari contenenti zafferano e, inoltre, gli studi dimostrano che le lozioni a base di Crocus possono essere considerati migliori rispetto quelle contenenti classici filtri solari come l’omosalato[34]. Inoltre può essere utilizzato come schiarente cutaneo in quanto è in grado di provocare una significativa depigmentazione: normalmente i melanociti producono la melanina come una miscela formata da eumelanina (marrone/nero) e feomelanina (rosso/giallo), attraverso una serie di reazioni di ossidazione controllate da vari enzimi tra cui il principale catalizzatore risulta essere la tirosinasi; monoterpenoidi, crocina, quercetina, kaempferolo e altri componenti fenolici sono in grado di bloccare l’attività tirosinasica e, per questo, lo zafferano viene utilizzato anche per trattare macchie e arrossamenti cutanei. Questo anche grazie ad altri suoi costituenti come vitamina D e calcio, che favoriscono il ricambio cellulare e la compattezza cutanea, e alle vitamine C, B1 e B2, anche potenti antinfiammatori e antisettici[35].

Inoltre, grazie alle proprie proprietà antinfiammatorie, esfolianti e tonificanti risulta essere un ottimo rimedio anche per acne, eritemi e per migliorare la circolazione sanguigna della pelle del viso.


Alcuni studi hanno preso in considerazione un possibile effetto antiprurito dello zafferano in combinazione con altri ingredienti di origine vegetale, ottenendo buoni risultati, ma in quest’ottica, sono ancora troppo pochi i test effettuati per poter attribuire anche questa proprietà allo zafferano. È inoltre noto per velocizzare il periodo di guarigione di ferite e piccoli tagli e per ridurre il gonfiore[37][38].


Anche il settore della profumeria ha preso spunto dalle testimonianze antiche e in particolare dalla cultura greca: dal 2000 al 146 a.C. circa lo zafferano era infatti una tintura reale, adoperata come profumo nelle corti, nelle sale, nei teatri e in altri luoghi in modo da, come descriveva Aristofane, sprigionare un odore sensuale. Infatti, quando essiccata, la spezia sprigiona un aroma molto intenso e gradevole quasi totalmente dovuta al safranale. Quando il suo utilizzo fu allargato anche ai ceti meno altolocati venne apprezzato ancor di più, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove sul mercato sono presenti molti profumi, sia maschili che femminili, caratterizzati da una nota legnosa, dolce e armoniosa, contraddistinti da un’essenza originale ed esotica.

L’elevato contenuto in minerali quali calcio, magnesio, fosforo e ferro rendono lo zafferano anche un ottimo ausilio per rinforzare le radici dei capelli, ed è per questo che ad oggi sono disponibili molti prodotti per la salute del cuoio capelluto sul mercato[34][35][36][37][38][40].


I vari prodotti per la cura e la bellezza del corpo a base di zafferano, per i motivi sopracitati, rientrano nella cosmetica di lusso e, per questo motivo, necessita un occhio di riguardo in fase di acquisto, evitando di acquistare prodotti a basso prezzo che possono contenere sofisticazioni. Tra i maggiormente utilizzati si ritrovano[35][38][39][40]:

  • Siero viso anti-aging
  • Crema illuminante occhi
  • Crema viso antiossidante
  • Bagnodoccia antiossidante
  • Shampoo
  • Olio corpo
  • Latte detergente

LO SAPEVI CHE…

  • Leggenda vuole che Isocrate, prima di coricarsi, solesse profumare con lo Zafferano i guanciali del suo letto[1].
  • Citato da Omero Nell’Iliade, lo Zafferano serviva da giaciglio a Zeus.
  • Attualmente lo zafferano è coltivato in diversi paesi ed è considerato la spezia più costosa al mondo (15-30 euro al grammo)[17].
  • Le donne indiane ci realizzano il famoso “bindi”, ossia il simbolo religioso induista di colore rosso che si ritrova sulla fronte dei fedeli[34].
  • Sono stati ritrovati reperti di ceramiche e pitture che raffigurano proprio i fiori di zafferano risalenti alla civiltà minoica (2700-1400 a.C.) dell’isola di Creta[43].

Riferimenti bibliografici