Occupandoci di comunicazione scientifica, come poteva non incuriosirci un premio destinato ai giovani che si sono distinti nell’utilizzo di strategie innovative per comunicare alcuni aspetti della ricerca in maniera trasparente? ART Science Communication (SciComm) award, così si chiama il riconoscimento assegnato nel 2022 alla Dott.ssa Francesca Lanzarini, giovane ricercatrice che ha ideato un podcast per trattare in modo interattivo, comprensibile e chiaro il tema della sperimentazione animale nel mondo della ricerca. 


Monica Nizzardo l’ha intervistata per NUTRA HORIZONS così da soddisfare la nostra curiosità sull’argomento..


Grazie, Francesca, innanzitutto per la disponibilità! So che ti occupi di Neuroscienze, ambito in cui ho lavorato per moltissimi anni, e che rimane il mio primo amore, e so quanto siano indispensabili i modelli animali per la ricerca in questo campo... ma partiamo dall’inizio...


Che cos’è il premio ART SciComm?


Il premio ART Science Communication (SciComm) vuole favorire una migliore comunicazione di che cosa si occupa la ricerca animale. Il premio finanzia progetti nuovi e innovativi di giovani ricercatori che puntino a spiegare cosa vuol dire lavorare nella ricerca animale. ART, Animal Research Tomorrow, è un’organizzazione non governativa con sede a Basilea (Svizzera) che promuove una comunicazione scientifica proattiva e una ricerca animale basata sui principi di responsabilità etica.


Qual è il progetto che ti ha portata a vincere l’ART SciComm 2022?


Ho vinto il premio ART SciComm per “How animals’ brain works?”, un podcast neuroscientifico. L’idea nasce dal fatto che molte persone, fuori e dentro i laboratori, non conoscano cosa vuol dire lavorare con diversi modelli animali e io stessa sono molto curiosa di conoscere realtà diverse dalla mia. In ogni episodio chiacchiero con un ricercatore di neuroscienze che lavora con una particolare specie animale. Nel primo episodio ho intervistato una dottoranda che lavora con i moscerini della frutta (Drosophila spp.), nel secondo episodio un ricercatore che ha lavorato a lungo con zebrafish (Danio rerio), nel terzo episodio un ricercatore che durante il dottorato si è occupato di neurofisiologia nei ratti (Rattus spp.), e ora ho appena finito di registrare l’ultimo episodio con una dottoranda che lavora con macachi (Macaca mulatta). Credo che queste interviste siano utili sia per chi non sa che cosa vuol dire lavorare con gli animali, ma anche per chi ha sempre lavorato con una specie in particolare ed è curioso di capire quali sono le differenze con altri animali e altri laboratori!


Che cosa s’intende per 3R?


Il principio delle 3R viene introdotto nel 1959 e definisce gli standard etici per la ricerca animale. In inglese le tre R sono definite come: Replace, Reduce e Refine; in particolare specificano il modo di perseguire una modalità più etica nell’utilizzo degli animali per la sperimentazione. “Replace” significa che, se possibile e se con gli stessi risultati, si dovrebbe sostituire la sperimentazione animale con metodi alternativi; “Reduce” significa ridurre il numero di animali utilizzati; “Refine” significa migliorare le condizioni degli animali utilizzati.


Cosa vuol dire lavorare seguendo con gli animali seguendo le 3R? quali sono le difficoltà? 

  

Quando si lavora con gli animali nella ricerca, vuol dire che il loro utilizzo è essenziale per portare nuovi risultati e nuovi traguardi. Seguire il principio delle 3R vuol dire anche saper valutare qual è il minimo impatto necessario per ottenere i risultati della propria ricerca. Non solo, la terza “R”, ovvero migliorare le condizioni degli animali vuol dire nella pratica lavorare tutti i giorni per fare in modo che il benessere di questi animali sia assicurato e che tutte le pratiche utilizzate siano aggiornate nel miglior modo possibile. Le difficoltà possono derivare da azioni di chi, esterno alla ricerca, vuole ostacolare l’utilizzo degli animali, non sapendo quanto indispensabili siano e quanto sia importante il loro benessere per le persone che ci lavorano tutti i giorni.


Quanto è importante comunicare una ricerca trasparente e responsabile?


Sono totalmente favorevole a promuovere una comunicazione il più trasparente e responsabile possibile, il mondo della ricerca non deve e non puo’ rimanere chiuso all’interno dei propri laboratori, ma deve saper comunicare anche all’esterno quali sono le innumerevoli domande a cui ci resta ancora da rispondere e come viene svolto tutto il percorso per arrivare a rispondervi.


Quali sono i miglioramenti nel perseguimento delle 3R e della trasparenza nella ricerca scientifica negli ultimi anni? Quanto si può fare di più?


L’attuazione delle 3R e le condizioni della ricerca animale sono sicuramente migliorate, non solo dopo il recepimento italiano della Direttiva europea 63 del 2010, ma proprio per una volontà dei singoli ricercatori e singoli gruppi a migliorare sempre di più la qualità dei laboratori e delle condizioni degli animali. Inoltre, di sicuro, in questi ultimi anni, il mondo della ricerca si è aperto molto di più al pubblico. Ci sono diverse organizzazioni che si occupano di comunicare in modo trasparente cosa significa ricerca animale, solo qualche esempio: ART, EARA, NC3Rs e Research4Life.


Vede delle differenze tra applicazione delle 3R in Italia e nel resto della comunità Europea?


Nelle realtà italiane ed europee a cui ho assistito e in cui ho lavorato io, il principio delle 3R è sempre stato applicato e sicuramente io in prima persona mi sono impegnata per far sì che fosse seguito. I ricercatori che quotidianamente lavorano con gli animali, sanno quanto è importante far sì che gli animali stiano bene per far sì che il lavoro di tutti sia efficiente e piacevole!


È ancora necessario lavorare con modelli animali? Pensa che arriverà un momento in cui i modelli in vitro 3D o le nuove tecnologie sostituiranno la ricerca preclinica nei modelli animali? 

  

In molti campi è ancora necessario lavorare con modelli animali. E attualmente è molto difficile vedere un prossimo futuro in cui non siano necessari. Quel che possiamo fare è sicuramente pensare a come rendere più efficiente il loro utilizzo.


Nell’ambito della nutrizione (nutraceutici, integratori etc.) sono ancora necessari i modelli animali?


Attualmente non lavoro in questo campo, ma credo che sia importante capire per ogni studio quale sia il rapporto costi-benefici dell’utilizzo di modelli animali. Sicuramente l’utilizzo di animali può aiutare a comprendere appieno gli effetti che particolari sostanze possono avere nell’organismo. L’obiettivo da tenere a mente è sempre la regola delle 3 R; quindi, ove possibile sostituire i modelli animali, ridurre il numero di soggetti utilizzati e migliorare il più possibile le tecniche utilizzate che li coinvolgano. 


Per cosa utilizzi i modelli animali all’interno della tua ricerca? Che tipo di modelli?


Attualmente ho un assegno di ricerca a Francoforte, dove mi occupo di ricerca di base. In particolare, sto studiando come riusciamo ad orientarci e muoverci nello spazio circostante. Ci sono delle particolari aree del cervello che si occupano proprio di questo e il loro funzionamento è ancora di difficile comprensione. Diversi gruppi di ricercatori in tutto il mondo stanno focalizzando i loro progetti su questa tematica utilizzando diverse metodologie. Nel gruppo con cui sto collaborando attualmente, lavoriamo con gli uistitì, delle piccole scimmie originarie del Sud America, che condividono con noi un cervello molto simile e una buona parte di storia evolutiva. Quindi il poter studiare come loro si orientano e capire come funziona il loro cervello ci aiuterebbe a capire come è il nostro.