Salute e prevenzione delle malattie, ma anche invecchiamento di successo sono key words fondamentali per una popolazione come quella italiana che vanta l’età media più elevata fra i paesi occidentali e una delle più elevate al mondo (mantenendo comunque un primato mondiale se si esclude qualche realtà dell’estremo oriente).


La dieta e le abitudini di vita che ci hanno portato a questo livello di sopravvivenza (anche se non necessariamente in buona salute) sono profondamente cambiate negli ultimi decenni e difficilmente riproducibili. Questo ha fatto sì che sia il mondo della scienza che quello dei consumatori si siano rivolti con grande interesse a quanto la natura possa ancora donarci per migliorare la nostra aspettativa di vita.


In questo contesto, quindi, l’avanzamento delle conoscenze scientifiche per quanto riguarda l’efficacia e sicurezza clinicamente testate di numerosi nutraceutici propriamente detti e di estratti botanici sta progredendo ad alta velocità. Infatti, sono sempre più presenti in letteratura reports di trials clinici randomizzati in doppio cieco contro placebo (in qualche modo, il top della evidence-based medicine) che mostrano l’effetto sull’uomo di diverse sostanze bioattive, assunte in monoterapia o anche sotto forma di integratori combinati.

 Nutraceutica:
fra scienza, burocrazia e marketing

Le aree di interesse sono le più varie, dalla gestione di fattori di rischio cardiovascolari a livello subottimale, alla prevenzione/rallentamento della progressione di patologie osteoarticolari o neurologiche, passando per il miglioramento di patologie funzionali del tratto gastroenterico. A fronte della rapida crescita delle informazioni cliniche in nostro possesso (supportate da un altrettanto ampio approfondimento di quelle precliniche) abbiamo una modesta possibilità di utilizzo delle stesse a scopo informativo e divulgativo perché gli Health claims correlati sono pochi, incompleti, talora imprecisi ed astrusi, e sicuramente non aggiornati.


Questo tipo di situazione sta portando ad alcune situazioni complesse e paradossali sul mercato. Da un lato gli integratori vitaminici-minerali più banali e (spesso) sottodosati possono vantare le stesse proprietà di integratori complessi, contenenti materie prime di alto livello e lavorate tecnologicamente per avere una migliore biodisponibilità. Dall’altro, integratori di alto livello devono per forza includere una vitamina o un minerale supportato da un health claim ufficiale per poter vantare una qualche proprietà, anche quando magari contenente principi attivi testati in metanalisi di studi clinici controllati. La terza espressione di questa situazione complessa, è quella in cui si trovino sul mercato prodotti apparentemente strutturati in modo scientifico che invece raccontano solo una storia avvincente mai dimostrata ma supportati da un health claim totalmente aspecifico.


Tutte queste riflessioni non vogliono in nessun modo sminuire né l’entità né il livello qualitativo del mercato dei nutraceutici in Italia, dove il prodotto medio ha una qualità significativamente maggiore rispetto alla media europea ed internazionale. Vuole invece aumentare la consapevolezza nel personale sanitario e nelle aziende (più merceologicamente serie) della necessità di un forte investimento in cultura e aggiornamento sui temi legati alla nutraceutica, sia per garantire il migliore dei suggerimenti all’utente finale, sia per favorire l’impiego dei prodotti più razionali e col miglior rapporto costo-beneficio.