ASSE INTESTINO-PELLE:
FACCIAMO IL PUNTO
Molto è stato detto e scritto sul cosiddetto asse intestino-cervello, ossia su quel network di comunicazione che collega la popolazione di microorganismi residente nel nostro intestino e le attività del sistema nervoso centrale, e che influenza numerosi processi fisiologici tra cui il metabolismo, la risposta immunitaria e infiammatoria, il rilascio di ormoni e neurotrasmettitori, l’insorgenza di determinate patologie o, al contrario, la protezione da esse.
Meno conosciuto, forse, ma non meno importante è il cosiddetto asse intestino-pelle, recentemente oggetto di interesse crescente da parte della comunità scientifica: sebbene non si conoscano ancora del tutto i meccanismi con cui ciò avvenga, il microbiota intestinale sarebbe in stretta comunicazione con il microbiota cutaneo, partecipando con esso al mantenimento dell’omeostasi della pelle e dell’integrità delle sue funzioni.
A riprova di ciò, e anche se non è sempre chiaro il rapporto causa-effetto, numerosi studi hanno messo in correlazione i due organi dal punto di vista di salute e malattia, evidenziando come equilibrio e disequilibrio intestinale si ripercuotano su equilibrio e disequilibrio cutaneo: sempre più spesso, infatti, problematiche della pelle – quali dermatiti, acne, psoriasi – appaiono correlate a patologie del sistema gastrointestinale; le stesse problematiche, d’altro canto, traggono sovente beneficio dalla somministrazione di pre-e probiotici, mirati al ripristino del benessere intestinale.
INTRODUZIONE
Pelle e intestino hanno molti più punti in comune di quanto si possa immaginare (1): tanto per cominciare, rappresentano entrambi il nostro primo contatto con l’ambiente circostante – la pelle perché è di fatto l’organo che delimita esternamente il nostro corpo, l’intestino perché costituisce la porta d’ingresso di ciò che introduciamo dall’esterno con il cibo. L’integrità di entrambi gli organi rappresenta una condizione imprescindibile per la salute del corpo, per la difesa dai patogeni ambientali e per il corretto scambio di sostanze tra interno ed esterno: un’alterazione della permeabilità sia a livello cutaneo che intestinale si può tradurre di fatto in una via di accesso per microorganismi patogeni - e dunque per l’innesco di reazioni infiammatorie a livello sistemico.
Entrambi gli organi rivestono un ruolo fondamentale sia dal punto di vista neurologico che endocrinologico. Per quanto concerne la prima funzione, l’intestino è riccamente innervato da un sistema nervoso autonomo che comunica costantemente con il cervello attraverso il nervo vago - e che costituisce l’ormai ben noto asse intestino-cervello (2,3); dal canto proprio la pelle, altrettanto ricca di terminazioni nervose, trasmette al sistema nervoso centrale tutte le sensazioni di contatto con l’esterno – siano esse piacevoli o dolorose – influenzando così la percezione e la risposta agli stimoli ambientali (4,5,6).
Dal punto di vista endocrinologico, l’intestino produce e rilascia numerosi neurotrasmettitori, tra cui dopamina, noradrenalina e serotonina, coinvolti in molteplici processi fisiologici, tra cui la risposta allo stress e la regolazione del tono dell’umore; lo stesso microbiota intestinale influenza la produzione di ormoni con effetti a livello sistemico (7,8). La pelle, similmente, è coinvolta nella produzione della vitamina D, con importanti ripercussioni endocrine, tra cui l’omeostasi del calcio e la modulazione del sistema immunitario (9).
Infine, ma non meno importante, sia la pelle che l’intestino sono colonizzati da batteri simbionti (10), che concorrono al mantenimento dell’omeostasi dell’organismo, svolgono funzioni di difesa e soprattutto parrebbero in grado di comunicare l’uno con l’altro, influenzandosi reciprocamente (11,12).
INTESTINO E PELLE: UNA SOMIGLIANZA INSOSPETTATA
SONJA BELLOMI
Fondazione ITS Biotecnologie e Nuove Scienze della Vita Piemonte | Italia
Bio...
Sonja Bellomi, laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università del Piemonte Orientale; dottore di Ricerca in Scienza delle Sostanze Bioattive.
Ha lavorato per 15 anni come ricercatrice nel settore farmaceutico, in campo analitico e formulativo. Attualmente si occupa di attività di docenza e divulgazione scientifica in ambito farmaceutico, nutraceutico e cosmetico.
LA COMUNICAZIONE TRA INTESTINO E PELLE
Il meccanismo tramite cui la flora intestinale agirebbe sull’omeostasi della pelle sembra passare attraverso segnali di tipo immunitario ed endocrino (13,14).
Una delle teorie più accreditate vede il coinvolgimento di fenomeni infiammatori, susseguenti uno stato di disbiosi a livello intestinale, i quali avrebbero impatto negativo sull’omeostasi cutanea: nello specifico, lo squilibrio del microbiota intestinale attiverebbe le cellule T – linfociti che mediano risposte infiammatorie - inibendo contemporaneamente le citochine immunosoppressive e le cellule T regolatorie, responsabili della convivenza “pacifica” tra i diversi microorganismi nell’ambiente intestinale, con conseguente insorgenza di risposta infiammatoria e immunitaria anche a livello cutaneo (15,16).
Un’altra teoria proposta è quella dell’aumento della permeabilità dell’epitelio intestinale, che causerebbe la migrazione di microorganismi verso altri distretti corporei, attraverso il sistema circolatorio. A sostegno di questa tesi, diversi studi hanno evidenziato la presenza di frammenti di DNA batterico intestinale nel sangue di pazienti affetti da patologie croniche della cute (17): tali frammenti potrebbero essere responsabili o comunque concorrere al peggioramento dei fenomeni infiammatori in atto a livello cutaneo. Non solo i batteri, ma anche alcuni loro metaboliti (quali fenolo e p-cresolo) possono entrare nel torrente circolatorio a seguito di un’aumentata permeabilità intestinale, raggiungendo il distretto cutaneo, ove sarebbero responsabili di una ridotta produzione di cheratina e dunque di alterazioni dell’integrità strutturale della pelle: quest’ultima risulterebbe di conseguenza più suscettibile ad attacchi esterni o interni e allo sviluppo di reazioni infiammatorie (13,18).
Indipendentemente da come avvenga, la comunicazione tra questi due distretti dell’organismo e l’influenza del microbiota intestinale sull’integrità delle funzioni cutanee aprono prospettive interessanti dal punto di vista della ricerca in campo nutraceutico e dermatologico.
Patologie croniche infiammatorie o autoimmuni a carico della pelle - quali acne vulgaris, psoriasi, dermatite atopica, rosacea, vitiligine – ma anche situazioni di mero squilibrio quali secchezza, disidratazione o, al contrario, eccessiva produzione di sebo - potrebbero avere un comune denominatore: lo squilibrio del microbiota intestinale (11,19,20,21,22). Sebbene si tratti di patologie multifattoriali (spesso legate a fluttuazioni ormonali, infezioni, stress, utilizzo di farmaci), gli studi più recenti hanno messo in luce evidenti correlazioni tra l’insorgenza o l’aggravamento delle medesime e una concomitante alterazione del microbiota intestinale. Per fare un esempio, si stima che un percentuale compresa tra il 10 e il 25% di pazienti affetti da problemi gastrointestinali ascrivibili a uno squilibrio del microbiota (celiachia, sindrome del colon irritabile con morbo di Chron o colite ulcerativa) soffra altresì di problemi a livello della pelle, tra cui dermatiti, ulcerazioni e psoriasi (13,23,24). Di rimando, squilibri a livello del microbiota cutaneo in pazienti affetti da colon irritabile possono esacerbare i sintomi della malattia stessa (25).
Ne consegue che un’azione diretta sul riequilibrio intestinale, condotta mediante un approccio di tipo alimentare (26,27) e l’utilizzo di opportuni integratori, possa avere un ruolo importante nel trattamento delle patologie cutanee - sulle quali molto spesso si interviene localmente tentando di sopprimere il sintomo, senza tuttavia rimuovere la causa.
Questo è ciò che emerge dalla ricerca e ciò che sta alla base dello sviluppo di una branca della dermatologia, la cosiddetta “dermobiotica”, che ha come obiettivo lo studio dell’influenza dell’approccio alimentare sulle patologie cutanee legate al microbiota intestinale.
Cibi fermentati: il kefir
Che un’alimentazione bilanciata, ricca di derivati vegetali e cibi integrali e povera di grassi e zuccheri semplici, concorra al benessere del microbiota intestinale e cutaneo (26) è un fatto ormai assodato. Le fibre, in particolare, rappresentano il nutrimento d’elezione per la microflora intestinale, poiché incrementano la biodiversità delle specie presenti e soprattutto favoriscono la crescita e la moltiplicazione di ceppi favorevoli (Bifidobacterium e Lattobacillus) (28), con ripercussioni importanti in termini di salute dell’intero organismo.
Un’altra categoria di alimenti preziosi per il microbiota è costituita dai cibi fermentati (tra cui yogurt, crauti, kefir, miso, kimchi, ortaggi fermentati, lievito madre), naturalmente ricchi di probiotici in grado di colonizzare l’intestino, aumentando anche in questo caso l’espressione di ceppi favorevoli.
Tra questi alimenti, il kefir – ottenuto per fermentazione di latte di mucca o capra ad opera di ceppi specifici di microorganismi (tra essi, lattobacilli e saccaromiceti) - è stato recentemente oggetto di studi interessanti in merito al ruolo che potrebbe rivestire sul benessere dell’asse intestino-pelle e sul miglioramento di squilibri cutanei di tipo infiammatorio, quali la dermatite atopica.
In due studi recenti condotti su pazienti affetti da dermatite atopica, l’assunzione quotidiana di kefir per 8 settimane ha apportato un miglioramento significativo in termini di idratazione e di funzione di barriera della pelle (29,30). L’aspetto interessante è che il miglioramento è avvenuto sia negli individui con eczema sia negli individui sani, a suggerire come il consumo di kefir possa agire anche in senso preventivo sul mantenimento dell’omeostasi cutanea.
Probiotici: quali utilizzare?
L’integrazione alimentare con probiotici può rappresentare un’efficace strategia terapeutica nel trattamento delle disbiosi intestinali e, di conseguenza, dei disturbi della pelle ad esse correlati (31). Le ricerche più recenti hanno prodotto risultati molto interessanti in questa direzione, anche se gli studi sono tuttora limitati.
In uno studio pubblicato nel 2023 (32), è stata valutata l’efficacia di una miscela di probiotici (Bacillus indicus, Bacillus subtilis, Bacillus coagulans, Bacillus licheniformis e Bacillus clausii) e prebiotici (frutto-oligosaccaridi e galatto-oligosaccaridi) su pazienti affetti da psoriasi, confrontati con un gruppo di controllo. Al termine delle 12 settimane di trattamento, i pazienti hanno evidenziato un significativo miglioramento nei parametri legati all’infiammazione cutanea, nonché nella composizione del microbiota intestinale.
La somministrazione di probiotici (Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus bulgaricus e Bifidobacterium bifidum) ha dato alcuni risultati positivi anche nel trattamento dell’acne vulgaris, soprattutto in associazione con antibiotici specifici (minociclina) contro il Cutibacterium acnes, ritenuto il maggior responsabile dell’insorgenza della patologia (33). Anche l’Enterococcus faecalis ha dato buoni risultati nel trattamento topico dell’acne, con riduzione significativa delle lesioni infiammatorie rispetto al trattamento con placebo (34).
Meritano infine un accenno gli interessanti risultati emersi riguardo il possibile effetto preventivo dell’assunzione di probiotici in gravidanza sull’insorgenza di dermatite atopica nel nascituro. Quattro diverse metanalisi di recente pubblicazione (35,36,37,38) sembrano confermare l’efficacia della somministrazione prenatale di miscele di lattobacilli e bifidobatteri sulla riduzione dell’incidenza dell’eczema, soprattutto nei soggetti più a rischio per familiarità.
DIETA E PROBIOTICI: IL RUOLO DELL’ALIMENTAZIONE NEL BENESSERE DELLA PELLE
Gli studi clinici sul trattamento delle patologie cutanee tramite azione diretta sul microbiota intestinale hanno fornito risultati promettenti, ma ancora piuttosto limitati, sia in termini di numero di pazienti reclutati sia in termini di modalità di esecuzione (spesso tali studi non sono condotti in doppio cieco o sono effettuati senza un gruppo di controllo).
La conduzione di studi più approfonditi sarà dunque necessaria nell’ottica della conferma dei risultati ottenuti, dell’individuazione dei ceppi batterici più efficaci e soprattutto della loro corretta combinazione per il trattamento di patologie cutanee e sistemiche correlate al microbiota intestinale.
PROSPETTIVE FUTURE
Riferimenti bibliografici
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