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Un affascinante percorso di conoscenza a cura di S.I.Fit

Panax ginseng C.A. Meyer

UTILIZZO A TAVOLA

“Il villaggio di Shantang, nella provincia di Shanxi, era turbato da strani lamenti. Un giorno dunque, preoccupati, gli abitanti del villaggio decisero di riunirsi e si misero in cammino per scoprire quale fosse la causa di tali grida. Durante questo viaggio, nel loro tragitto, la fonte fu scoperta provenire da un grande albero nel quale si imbatterono. In realtà le voci provenivano da sottoterra e, scavando, trovarono una massiccia radice dalla forma umana che gridava per richiamare l’attenzione degli abitanti”.


Da qui il termine cinese di “jen-shēn 人参” che, tradotto letteralmente significa “pianta uomo”. Fu poi classificata nel 1843 dal botanico tedesco Meyer come Panax, ossia la panacea medicamentosa in forma di radice (1). Stiamo parlando di una specie i cui usi e le cui proprietà sono conosciute e diffuse in tutto il mondo, la cui storia si perde negli anni addietro nel più estremo oriente: stiamo ovviamente parlando di Panax ginseng C.A. Meyer.

Ad oggi, 11 sono le diverse specie conosciute di ginseng, provenienti dall’estremo oriente o dall’America del nord ma, tra tutte, la specie più utilizzata e studiata è proprio Panax ginseng C.A. Meyer dal quale, a secondo del processo di essiccazione e preparazione, si può ottenere il ginseng rosso oppure quello bianco (2): questi procedimenti erano già ben noti in Corea nel 1123 e furono introdotti nel GoRyeoDoGyeong, un registro di esperienze personali scritto da Seo-Gung (1091-1153) della dinastia Song. Il ginseng bianco era ed è ottenuto per semplice essiccazione della radice “spellata”; anche il procedimento di riscaldamento che porta alla degradazione dei malonil-ginsenosidi acidi ed alla colorazione rossa è rimasto la stessa. Il “rosso”, originariamente conosciuto come ginseng al vapore, si otteneva attraverso cottura a vapore della radice fresca e successiva essiccazione. A partire dalla fine del 1200, sono giunte fino a noi testimonianze più dettagliate, poi raccolte nella miscellanea SohoDang da Taekyoung Kim (1850–1927): da quanto scritto emerge che le radici di ginseng venivano coltivate per più di 6 anni, lavate e poi cotte a vapore in un grande piroscafo (forno a vapore), per poi essere depositate su graticci di bambù in dei magazzini di essiccazione e asciugate dal calore di un fuoco oppure dalla luce del sole e dal vento. Storicamente, il nome "Red Ginseng" (Hongsam in coreano) è stato riportato negli “Annali del re Jeongjo” (1776–1800), della dinastia Joseon. Da sempre utilizzato nella parte più orientale dell’Asia come tonico e ricostituente per favorire la salute e la longevità, la radice di ginseng conta più di 2000 anni di storia e utilizzo (3, 4). Questa radice giunse poi in Europa a partire dal XVIII secolo d.C., diventando molto apprezzata in tutto l’occidente soprattutto per le sue proprietà afrodisiache. Per la rarità e i lunghi periodi di preparazione (tra crescita e lavorazione) da cui le radici di ginseng sono caratterizzate, un tempo veniva venduto a prezzi elevatissimi tanto che nel 1902 l’allora vescovo di Pechino, Monsignor Alphonse Favier, sosteneva che costava “più del suo peso in oro” e che solamente l’aristocrazia cinese poteva beneficiare delle sue proprietà (5, 6).


Il principale utilizzo sulle nostre tavole, molto di moda negli ultimi decenni e che sta soppiantando sempre di più l’orzo come principale alternativa al caffè, è il caffè al ginseng, preparata aggiungendone al caffè la polvere ottenuta dalla radice. La bevanda, oltre al cambio di sapore decisamente diverse al nostro espresso, dovrebbe apportare i benefici salutistici dati dal ginseng: in realtà questo accade in pochissimi casi, in quanto, soprattutto per aspetti economici, in quello che viene servito nella maggior parte dei bar dopo “un ginseng, per piacere”, in dipendenza dalla marca utilizzata ovviamente, si ritrovano bassissime percentuali di estratto della radice (si stima intorno allo 0,04%) (7) e spesso e volentieri vengono utilizzate altre parti della pianta.


Oltre al “più o meno apprezzato” caffè al ginseng, la radice viene anche utilizzata per la preparazione di infusi, aggiungendo 2 fette di radice fresca ad una tazza di acqua calda o di tè caldo, e di zuppe, grattugiato grattugiandolo anche dentro vellutate o brodini per aumentarne sapore e sostanze nutritive (8), come nel caso del samgyetang (삼계탕), una zuppa a base di pollo e ginseng usatissima nella cucina coreana. La polvere di radice viene anche aggiunta all’acqua durante la cottura di riso, pasta o in piatti saltati in padella (9,10).

BOTANICA & FITOCHIMICA

Caratterizzata da una crescita molto lenta, Panax ginseng C.A. Meyer è in grado di raggiungere solo 5 cm di altezza durante il primo anno grazie al germoglio e raggiungendo all’incirca i 50 cm intorno al quarto anno di età. Presenta 5 foglie palmato-composte, con 5 foglioline ellittiche e seghettate al margine. I fiori sono bianchi con sfumature giallastre e termina con un’infiorescenza ad ombrella semplice.

La parte più importante della specie è invece nascosta e, come ben noto, è rappresentata dalla parte ipogea la quale viene anatomicamente divisa in 3 sezioni:

  • la “testa”, ossia la corona del rizoma
  • il “collo”, o corto rizoma
  • il corpo della radice

La radice essiccata rappresenta dunque la droga di P. ginseng: è lunga dai 5 ai 20 cm ed ha una forma cilindrica allungata, carnosa e fusiforme, di colore giallo paglierino e con sapore amaro. La sua raccolta avviene in autunno durante il sesto anno di vita della pianta, quando il contenuto di principi attivi è al massimo (11).

La sua distribuzione in giro per il mondo è molto limitata e lo si ritrova geograficamente solo nell’estremo oriente in climi freddi e viene ampiamente coltivato in Cina, Corea e Siberia. La sua coltivazione necessita di molte attenzioni in quanto assorbe incessantemente le sostanze nutritive dal terreno dove cresce, lascandolo inaridito e inadatto alla coltivazione di altre specie per circa 12 anni (12).


I suoi costituenti più caratteristici e importanti sono i ginsenosidi, ossia saponine triterpeniche a struttura dammaranica, classificati in:

  • protopanaxadioli (PPD): Rb1, Rb2, Rc e Rd, con la frazione zuccherina attaccata al C3 e/o al C20
  • protopanaxatrioli (PPT): Rg1, Rg2, Rf e Re, con la frazione zuccherina attaccata al C6 e/o al C20

Le componenti zuccherine sembra possano fornire specificità di azione a livello cellulare (13).

Il contenuto totale di ginsenosidi in una radice principale di 6 anni può arrivare ad aggirarsi tra il 2 e il 3%, mentre le radici laterali possono contenerne quantità maggiori. Per la Farmacopea Europea 10° Ed., la radice essiccata non deve contenere meno dello 0,4% della somma di Rg1 e Rb1.

Oltre ai ginsenosidi si riscontrano elevate quantità di:

  • poliacetileni: tra cui panaxidiolo e panaxitriolo, falcarinolo e falcarintriolo
  • polisaccaridi: tra cui panaxani (A-U) e ginsani (PA, PB. S-IA e S-IIA)

ma anche polifenoli, steroli, amido, zuccheri, acidi grassi, minerali, vitamine, peptidi (tra cui spicca la gintoina), olio essenziale (5 mL/kg ca., abbondante in sesquiterpeni come panasinsanoile A e B e ginsenolo) (14).

UTILIZZO IN TERAPIA

La peculiarità data dalla presenza dei ginsenosidi, insieme a tutto l’intorno del fitocomplesso, permettono di attribuire al ginseng molteplici proprietà farmacologiche, anche se il loro significato clinico è tuttora oggetto di studio: gli effetti maggiormente ascritti al ginseng sembrano riguardare l'incremento della resistenza naturale e la capacità di recupero dell'organismo, oltre alla stimolazione delle attività e delle capacità mentali. Diversi studi hanno infatti messo in evidenza che il ginseng migliora la vigilanza, lo stato di benessere psicofisico e allevia la sensazione di stanchezza, e inoltre migliora la capacità di calcolo, di deduzione logica e di attenzione (2, 15, 16).


Dalle diverse ricerche, eseguite soprattutto in Oriente, sono emersi elementi che ne hanno proposto l'utilizzo nel trattamento di diverse malattie e disregolazioni, come iperglicemia, ipotensione, gastrite, insonnia, affaticamento ed eccesso di stress (2, 17, 18).


Agli estratti di ginseng ed in maniera particolare all’estratto standardizzato G115 sono stati attribuiti anche effetti antiossidanti, antipiretici, ipocolesterolomizzanti, antinfiammatori, di miglioramento della memoria e di riduzione dei sintomi della menopausa (15, 16).


Tradizionalmente considerata una droga tonica o adattogena, in quanto utile per potenziare le difese immunitarie e migliorare le capacità fisiche e mentali, diversi studi condotti in vivo hanno dimostrato che ginseng influenza l'asse ipotalamo-ipofisi, regolando il rilascio dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), e quindi la liberazione surrenale di cortisolo anche detto "ormone dello stress" stimolando la funzionalità del sistema nervoso centrale(16, 17, 19).


L’attività immunomodulante è stata testata, ottenendo risultati positivi, su pazienti affetti da BPCO, utilizzando l’estratto standardizzato G115: un aspetto decisamente importante per evitare che il paziente possa contrarre infezioni virali o batteriche. Alle dosi di 200 mg/die, G115 è in grado di migliorare la funzionalità polmonare e l’ostruzione delle vie respiratorie in pazienti affetti da BPCO mentre a 400 mg/die è in grado di ridurre la produzione di espettorato migliorando la qualità di vita del paziente. Inoltre è stata notata anche una certa capacità di migliorare la protezione del vaccino antinfluenzale (15, 16).


Sempre più spesso oggi si è alla ricerca di rimedi che possano, se non annullare totalmente, quantomeno attenuare gli effetti collaterali dovuti alle cure chemioterapiche o magari, che siano in grado di agire in sinergia con esse, permettendo per esempio la riduzione del dosaggio ma mantenendone inalterata l’efficacia e, a tal proposito, in un recente studio è stata evidenziata una certa attività migliorativa da parte del ginsenoside Rg3 nei confronti dell’azione citotossica del Paclitaxel, chemioterapico utilizzato nel cancro al seno triplo negativo (TNBC), un sottotipo particolarmente aggressivo, con prognosi spesso infausta ed elevato rischio di metastasi. In questo senso, l’associazione dei due attivi potrebbe costituire un interessante approccio terapeutico. In più il ginseng, sembra essere in grado di promuovere la crescita pilifera, risultando essere un valido aiuto per ridurre lo sgradevole effetto collaterale della perdita di capelli durante il trattamento chemioterapico (20).


La dose maggiormente consigliata è di 200 mg al giorno di estratto secco o da 0,5 a 2 g al giorno di radice secca (2).


Il consumo ginseng è considerato abbastanza sicuro e l'incidenza degli effetti avversi sembra essere inferiore quando viene utilizzato nel breve termine (17, 18).


Qualche preoccupazione insorge invece rispetto al consumo sistematico di ginseng, soprattutto per possibili problematiche a livello nervoso e digestivo: in particolare sono reazioni avverse che, come avviene per molti rimedi fitoterapici o erboristici, si manifestano in maniera disordinata ed estremamente soggettiva. Peraltro, gli effetti collaterali legati all'ingestione del ginseng si correlano prevalentemente all'assunzione di dosi molto elevate (15 g di estratto secco) (15, 16, 17, 18, 21).


I vari effetti collaterali registrati possono essere suddivisi come in tabella (2, ,15, 17, 18):


È comunque necessario prestare attenzione alle interazioni farmacologiche dovute all'utilizzo di ginseng contemporaneamente ad alcuni farmaci come fenelzina, warfarin, imatinib, lamotrigina, insulina iniettabile, digossina, ormoni e caffeina o altri stimolanti (21).

Infine, dovrebbe essere evitata l’assunzione da parte dei soggetti ipertesi, con problemi di coagulazione ematica, in gravidanza e allattamento (15, 16).


NUTRA

Il grande interesse che la comunità scientifica ha mostrato nei confronti di P. ginseng e l’abbondanza di studi che sono emersi e che continuano ad emergere ha fatto sì che anche il settore nutraceutico “NUTRA” e quello cosmetico “BEAUTY” strizzassero l’occhio a questa specie dalle molteplici proprietà, rendendolo uno tra i prodotti più famosi, presenti e venduti nel mercato dei prodotti naturali.


Il mercato nutraceutico, all’interno del quale P. ginseng svolge un ruolo da protagonista, si basa su una vastissima letteratura scientifica: basti pensare che la sola MTC (Medicina Tradizionale Cinese) riporta più di 1000 articoli riguardanti studi clinici, studi su modelli animali e test farmacologici in vitro. La sua efficacia e i suoi benefici come adattogeno sono ormai così tanto consolidati che le preparazioni e le formulazioni a base di ginseng sono registrate come farmaci tradizionali o convenzionali non solo nei principali paesi asiatici, ma anche nella Comunità Europea (CE) in 11 diverse nazioni. Tra estratti secchi e liquidi, radice sotto forma di polvere o in fette, nel solo mercato tedesco sono presenti circa 60 farmaci a base di ginseng con, in tutti i casi, l’indicazione salutistica per casi di debolezza, stanchezza, diminuzione delle capacità fisiche e mentali. Un aspetto interessante risulta il fatto che, nonostante Panax ginseng C.A. Meyer sia una pianta con evidente attività adattogena, tra le indicazioni non compare mai il termine “stress” (14).


Per quanto riguarda la situazione in Italia, P. ginseng non è registrato come farmaco, ma risulta ammesso come ingrediente negli integratori alimentari con il claim salutistico di tonico- adattogeno/ antiossidante/ tonico (stanchezza fisica, mentale)/ metabolismo dei carboidrati (32). Uguale considerazione ha negli USA, dove rientra nei botanical food supplement e tra i più utilizzati; la FDA reputa la pianta e tutte le sue preparazioni sicure e utili per la salute umana (33).


Quello che evince dalla letteratura scientifica è che, nonostante l’abbondanza di articoli pubblicati, risulta esserci ancora molta eterogeneità riguardo a preparazioni e dosaggi utilizzati nelle varie sperimentazioni. A dispetto di ciò e soprattutto negli studi clinici, viene sempre dimostrata una buona efficacia in merito alla riduzione della stanchezza e dell’affaticamento mentale, soprattutto con l’uso di estratti e polvere delle radici, accompagnata da un ottimo profilo di sicurezza (33, 34).


P. ginseng sembra esplicare il proprio meccanismo d’azione adattogeno agendo sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, agendo a livello dell’adenoipofisi e regolando la sintesi di corticosteroidi. I ginsenosidi sono infatti capaci, in dipendenza dalla dose, di ridurre i livelli plasmatici di cortisolo nel soggetto stressato mentre, in quello non stressato riescono ad aumentare i livelli di questo ormone (35, 36).

Un’altra attività che contraddistingue la radice di P. ginseng e degli integratori che la contengono è quella immunomodulante, la quale sempre più viene presa in considerazione dalla comunità scientifica, soprattutto per la stessa relazione che lega l’abbassamento delle difese immunitario ai forti stati di stress. Da uno studio del 2014 condotto con 200 mg/die per 8 settimane con l’estratto standardizzato (G115) su soggetti sia sani che con bronchite cronica, emerge che, in entrambi i casi, è stata registrata un aumento dell’attività fagocitaria a livello alveolare mentre nei soli secondi anche un incremento dell’attività linfocitaria T4 (14).


A livello immunitario, sembra che ginsenosidi, panaxani e ginsenani siano in grado di regolare in particolar modo l’attività macrofagica, modulando la produzione di chemochine, citochine e la produzione di NO. Inoltre Rg3 è stato in grado di dimostrare si in studi in vitro che in vivo di coinvolgere ed attivare le MAPkinasi come pathways di segnalazione, portando quindi alle attività appena descritte (37).

Nel loro complesso, tutti i ginsenosidi in vitro stimolano anche l’attività adattativa, promuovendo la mitogenesi di linfociti B e T, sovraregolando anche la produzione di interferone (IFN), IL-2 e IL-10 (38).


Come già anticipato e come riportato anche dall’AIFA, al momento non sono presenti prodotti medicinali contenenti P. ginseng in Italia, mentre sono comunque presenti integratori che possono contenerne la radice all’interno. Molto spesso però, i preparati a base di ginseng (ma non solo) non sono ben caratterizzati, determinando una variabilità di risposta biologica di soggetto in soggetto. Per ovviare a questa problematica, la Farmacopea Europea X ed. riporta i titoli relativi alla droga (non meno del 0,4% in ginsenosidi totali come somma di Rb1 e Rg1) e dell’estratto secco (non meno del 4% come ginsenosidi totali come somma di Rb1, Rb2, Rc, Rd, Re, Rf, Rg1 e Rg2 espressi come ginsenoside Rb1). Di pari passo, anche l’estratto standardizzato G115, registrato in molti paesi della CE ed extra CE, è titolato al 4% in ginsenosidi totali.


LO SAPEVI CHE…

  • Nel 1982 venne dissotterrato un ginseng centenario del peso di 288 gr
  • In passato sono state combattute alcune guerre con lo scopo di conquistare le foreste dove il ginseng cresceva
  • Numerosissime e diversissime tra loro sono le leggende che raccontano il primo incontro tra l’uomo e ginseng, ma sono tutte accomunate dal fatto che fu il ginseng a richiamare l’attenzione dell’uomo.

BEAUTY

Il grande interesse che la comunità scientifica ha mostrato nei confronti di P. ginseng e l’abbondanza di studi che sono emersi e che continuano ad emergere ha fatto sì che anche il settore nutraceutico “NUTRA” e quello cosmetico “BEAUTY” strizzassero l’occhio a questa specie dalle molteplici proprietà, rendendolo uno tra i prodotti più famosi, presenti e venduti nel mercato dei prodotti naturali.


Le sue capacità e proprietà nel settore cosmetico sono molto apprezzate e il suo utilizzo, a partire ovviamente dal suo territorio d’origine, si è poi espanso in tutto il globo, tanto che nella cosiddetta K-beauty (Korean beauty) è diventato parte dei maggiori brandsetter della cura della pelle e, in particolare, del viso.


Tra tutti i tipi di ginseng esistenti, anche nel settore cosmetico, il più utilizzato è quello rosso coreano presente in vari detergenti, sieri, toner e creme idratanti. Gli altri, l’indiano e l’americano trovano impiego soprattutto come immunomodulatori e adattogeni (22).


I maggiori benefici attribuiti a P. ginseng si basano sugli utilizzi tradizionali e sulle nozioni etnobotaniche, fondate prettamente su delle leggende; ad oggi, con lo sviluppo tecnologico e scientifico, questi fondamenti hanno trovato basi solide nella ricerca scientifica, la quale ha ottenuto diverse conferme in grado di attribuirgli proprietà antirughe e anti-aging, toniche e sfiammanti.

Con il progredire dell’età sappiamo che inevitabilmente iniziano i primi segni dell’invecchiamento cutaneo, in primis le rughe. In un piccolo studio del 2017 su 21 donne coreane, di età compresa tra 30 e 65 anni che presentavano le cosiddette “zampe di gallina”; è stato notato che l’utilizzo di prodotti ad applicazione topica contenenti P. ginseng hanno determinato aumenti significativi dell’idratazione della pelle e il rallentamento della formazione delle rughe (23). Inoltre, se le creme a base di ginseng vengono applicate sulla pelle, esse fungono da scudo contro l’inquinamento urbano che danneggia i melanociti e ostruisce i pori della pelle, creando di conseguenza la formazione di macchie brune (24).


Tra i 20 e i 30 anni di vita di una persona, inizia anche il deterioramento del collagene, una proteina fibrosa presente nella pelle e importante per mantenere la sua elasticità. Anche se gli effetti non sono visibili nell’immediato, il blocco della sintesi proteica del collagene di tipo I e III nel derma, insieme ad una perdita significativa della matrice extracellulare porterà poi, nel tempo, alla formazione sempre più evidente delle odiate rughe.


La radice di P. ginseng contiene elevate quantità di vitamina D e vitamina B12, elementi fondamentali per rallentare la degradazione del collagene e mantenere la pelle sana e tonica. È stato infatti notato in uno studio del 2020, come questi due elementi insieme all’intorno di tutto il profilo fitochimico presente nella radice di ginseng rosso coreano, riescano a mantenere il derma in ottime condizioni di idratazione e ad apportare i giusti nutrienti, i quali sono in grado di favorire la produzione di collagene attraverso l’aumento della sintesi di pro-collagene I e, contemporaneamente, proteggendo la pelle dagli agenti esterni (25).


La “radice a forma d’uomo” è in grado di fornire ausilio anche durante i processi flogistici: uno dei 5 segni cardinali che contraddistinguono l’infiammazione è rappresentato dal “tumor”, ossia la formazione di edema, contraddistinta dal ristagno di liquidi e conseguente gonfiore della sede infiammata: in questo caso, l’apporto di vitamine e sali minerali contenuti in ginseng permettono il ripristino dei livelli di ossigeno nel sangue ed il ripristino della circolazione, determinando il drenaggio dei liquidi edematosi e la risoluzione del danno (26, 27). In vitro, 500-1000 µg/mL di radice secca sono oltretutto risultati in grado di influenzare negativamente la produzione di citochine pro-infiammatorie, come TNFα e IL-8, mostrando che ginseng può quindi essere un valido alleato soprattutto in caso di dermatite atopica o seborroica (28).


Nonostante la scarsa quantità di studi a riguardo, sembra che P. ginseng sia in grado di rafforzare i capelli e il cuoi capelluto, rendendo più resistenti il bulbo e la radice, con un meccanismo d’azione simile, come visto in uno studio del 2015, a quello del minoxidil, farmaco di riferimento (29).


Nel mercato cosmetico, P. ginseng è presente sotto forma di (30, 31):

  • Crema antirughe
  • Crema corpo
  • Maschera rivitalizzante
  • Gel antirughe
  • Olio corpo
  • Lozione e shampoo capelli