INSULINO-RESISTENZA: UN'EPIDEMIA SILENTE

Al giorno d’oggi, l’umanità non teme più le epidemie infettive. Al contrario, le principali cause di mortalità e morbilità in tutto il mondo sono le malattie non trasmissibili. Tra queste, il Diabete Mellito di tipo 2 (DM2) è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite come la pandemia silente del nostro secolo. Come dimostrano le statistiche, la prevalenza del DM2 in tutto il modo è in continua ascesa. Si stima che, nel 2019, 463 milioni di persone fossero affette da DM2 e la prevalenza maggiore è stata registrata nelle aree urbane e in quelle a reddito elevato (1).  


La 10° edizione dell’Atlante del Diabete dell’International Diabetes Federation (2) riporta un continuo aumento della prevalenza del DM2 a livello mondiale. Ad oggi, 537 milioni di adulti convivono con questa patologia e si prevede che il numerò salirà a 643 milioni entro il 2030 e 783 milioni nei 15 anni successivi.  


Nel 2021 il DM2 ha rappresentato la causa di morte per più di 6,5 milioni di persone, determinando una spesa sanitaria di ~1.000 miliardi di dollari. Un dato ancora più allarmante è che una persona su due che convive con questa forma di diabete ignora di esserne affetta e, considerando le complicanze croniche debilitanti micro- e macrovascolari, come la cecità, l’insufficienza renale, l’infarto del miocardio, l’ictus e l’amputazione degli arti inferiori, ne deriva l’importanza di una diagnosi precoce e di un trattamento efficace e tempestivo della malattia. 

    STIME DI PREVALENZA DEL DIABETE MELLITO 

    L’eziopatogenesi del DM2 include numerosi fattori, sia genetici che ambientali. Il DM2 è caratterizzato da iperglicemia cronica, che deriva da difetti nella secrezione e nell’azione periferica dell’insulina. I processi fisiopatologici che conducono allo sviluppo del DM2 sono numerosi (3): 

    • un’alterata funzione delle cellule β-pancreatiche, che non producono insulina a sufficienza per soddisfare i fabbisogni fisiologici; 

    • l’insulino-resistenza (IR), che comporta una ridotta utilizzazione periferica del glucosio; 

    • un’alterata secrezione ormonale, con il rilascio inappropriato di glucosio da parte del fegato e di glucagone da parte delle cellule α-pancreatiche; 

    • un ridotto effetto delle incretine intestinali, GIP (polipeptide inibitorio gastrico) e GLP-1 (peptide glucagone simile-1), coinvolte nel rilascio dell’insulina e nella secrezione di glucagone. 

    Tra i fattori predisponenti, l’IR si sviluppa precocemente nel processo patologico che conduce al DM2; pertanto, negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno affrontato l’argomento, dimostrando che l’IR può precedere l’insorgenza del DM2 conclamato anche di 10-15 anni (4).  

    EZIOPATOGENESI DEL DIABETE MELLITO DI TIPO 2 E FATTORI PREDISPONENTI   

    MASSIMO SPATTINI1              VALERIA GALFANO2

    1. Studio Medico Massimo Spattini | Italia

    2. Studio Medico Valeria Galfano | Italia

    Bio...

    L’IR rappresenta un grave problema di sanità pubblica: si stima che nei Paesi altamente sviluppati il 15,5-51% degli adulti ne sia affetto (5),(6),(7).  


    L'IR è una condizione patologica in cui le cellule insulino-dipendenti, come il muscolo scheletrico e gli adipociti, non rispondono adeguatamente ai fisiologici livelli circolanti di insulina.  


    Poiché l'insulina gioca un ruolo chiave nell'ingresso del glucosio nelle cellule, qualsiasi disturbo nella trasduzione del segnale insulinico intracellulare si associa a iperglicemia. A livello epatico, l’IR riduce la sintesi di glicogeno e, di conseguenza, aumenta i livelli plasmatici di glucosio. Questo effetto iperglicemizzante è ulteriormente aggravato dall'incapacità del muscolo scheletrico e del tessuto adiposo di utilizzare il glucosio circolante. L’IR è una caratteristica comune della maggior parte dei disturbi metabolici (8):  

    • obesità, 

    • sindrome metabolica, 

    • dislipidemia, 

    • ipertensione arteriosa,  

    • aterosclerosi,  

    • steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e steatoepatite non alcolica (NASH),  

    • DM2 e alcuni casi selezionati di DM tipo 1 

    Inoltre, l’IR mostra una forte associazione con la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) in donne in premenopausa (9), sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS) (10) e anche alcune forme di cancro (11), tra cui cancro dell’endometrio, del colon-retto, gastrico, ovarico, mammario, prostatico e il carcinoma epatocellulare. 

    L’elevata prevalenza e la sua associazione con un’alta mortalità coronarica e cerebrovascolare pongono l’IR come un bersaglio plausibile per un intervento precoce.  

    Il primo e più efficace step di trattamento dell’IR prevede un cambiamento dello stile di vita, che comprende la composizione della dieta, le abitudini alimentari, l’esercizio fisico, la gestione dello stress fisico e psicologico e l’utilizzo consapevole degli integratori insulino-sensibilizzanti.

    L’INSULINO-RESISTENZA: UNA EPIDEMIA SILENTE 

    Il grado di sensibilità insulinica può essere influenzato dalla composizione della dieta.  

    Un eccesso calorico cronico promuove l’IR attraverso la stimolazione della secrezione di insulina, la sintesi dei trigliceridi e l’accumulo di grasso, con downregulation dei recettori dell’insulina e della segnalazione post-recettoriale (12). Le diete ad alto contenuto di grassi tendono a essere associate a IR, con particolare riferimento ai grassi saturi e agli acidi grassi trans. Al contrario, un adeguato consumo di grassi polinsaturi e monoinsaturi sembra migliorare la sensibilità insulinica periferica (13).  

    Le diete con un adeguato apporto di fibra alimentare mostrano effetti indiretti sulla secrezione e sull’azione dell’insulina. Sono stati riportati effetti sulla motilità intestinale e sul tempo di transito, sulla secrezione degli ormoni gastrointestinali e sulla fermentazione del colon, che produce acidi grassi a catena corta, che sopprimono la gluconeogenesi epatica. L’amido resistente riduce la glicemia post-prandiale e la risposta all’insulina, migliorando la sensibilità insulinica (14).  

    Per quanto riguarda la correlazione tra il consumo di alcol e l’IR, gli studi riportano una curva a U, che descrive un effetto protettivo legato a un moderato consumo di bevande alcoliche e un aumento del rischio quando il consumo diviene eccessivamente basso o eccessivamente elevato (15). Tuttavia, le attuali linee guida sulla gestione del paziente diabetico mantengono un atteggiamento di cautela nei confronti delle bevande alcoliche, anche in considerazione dell’apporto calorico, di alcuni effetti indesiderati a livello vascolare e del dimostrato effetto cancerogeno. 

    SENSIBILITÀ INSULINICA E COMPOSIZIONE DELLA DIETA 

    La sedentarietà e l’inattività fisica sono altamente diffuse a livello globale e sono associate a una vasta gamma di malattie croniche e morti premature.  


    Evidenze crescenti indicano una relazione tra lo stile di vita sedentario e l’aumento della prevalenza di DM2. Si ipotizza che l’inattività fisica sia la causa comportamentale più rilevante nell’insorgenza dell’IR.  


    Numerose ricerche hanno dimostrato che un allenamento costante con i pesi (resistance trainig) possa ridurre la pressione arteriosa, il colesterolo totale e LDL, migliorare il sistema cardiocircolatorio, con un effetto protettivo nei confronti del cuore e dei vasi sanguigni, facilitare la gestione del peso corporeo e dei livelli glicemici, migliorando la sensibilità insulinica e riducendo i fattori di rischio cardiovascolari, con una diminuzione del rischio di DM2 fino al 30% (16). 


    La quantità di massa muscolare mostra un’associazione inversa con l’IR. Il tessuto muscolare scheletrico favorisce il mantenimento della euglicemia postprandiale, utilizzando il glucosio come substrato energetico o immagazzinandolo sotto forma di glicogeno. Il lavoro muscolare prodotto dall’allenamento con i pesi è responsabile della rimozione del glucosio plasmatico stimolata dall’insulina nella misura dell’80-85%. 

    Recenti evidenze suggeriscono che una combinazione di allenamento aerobico e contro resistenza sia più vantaggiosa rispetto a entrambi i tipi di allenamento effettuati in modalità singola. L’esercizio aerobico aumenta la sensibilità insulinica e l’allenamento contro resistenza migliora l’assorbimento del glucosio plasmatico, attraverso un aumento della massa muscolare, con meccanismi sinergici favorenti l’espressione del trasportatore del glucosio GLUT4 (17).  


    L’American Diabetes Association e l’American College of Sports Medicine hanno dichiarato che una combinazione di esercizi aerobici e contro resistenza è consigliata per migliorare il controllo glicemico nei soggetti affetti da DM2 (18). 

    SENSIBILITÀ INSULINICA ED ESERCIZIO FISICO  

    Le malattie non trasmissibili rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità a livello globale. Tra queste, il diabete mellito è stato riconosciuto come la pandemia silente del XXI secolo e l’insulinoresistenza è il suo principale fattore di rischio. La missione di ogni medico e di ogni professionista della salute dovrebbe essere quella di prevenire l’insorgenza delle malattie. Il metodo più efficace per raggiungere questo traguardo è modificare lo stile di vita. Mangiare correttamente, svolgere esercizio fisico in modo adeguato e allontanare i fattori di stress della vita quotidiana rappresentano i tre capisaldi del benessere.

    La stesura della "Guida al controllo glicemico" nasce dall’esigenza di sintetizzare la letteratura più recente sull’argomento e racchiudere in un manuale le strategie non farmacologiche per il trattamento dell’insulinoresistenza. Nel volume vengono argomentati tutti gli ormoni che influenzano il controllo glicemico, le alterazioni più frequentemente associate all’insulinoresistenza e le misure dirette e indirette della sensibilità insulinica. Il testo vanta una rassegna completa dei modelli alimentari che aiutano a gestire i sintomi della malattia, uniti alle indicazioni su quantità e tipologia dell’attività fisica più idonea e al supporto degli integratori alimentari insulinosensibilizzanti.

    Dalla quarta di copertina:

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