Il concetto di omeostasi come equilibrio biologico ha molto a che fare con l’ormai nota resilienza, cioè con la capacità di un sistema di adattarsi. In questo equilibrio dinamico non vi è un punto di optimum statico, ma vi sono continui aggiustamenti in risposta a stimoli esterni ed interni, rimodulando il sistema alla nuova condizione, dondolando attorno al punto di equilibrio. 

Ogni organismo vivente, ed ogni ecosistema che lo ospita, sta bene in uno stato di omeostasi, con una resilienza innata verso gli stress che subisce, tornando sempre il più vicino possibile allo stato di equilibrio ottimale. 

Ne è esempio ormai noto e di crescente interesse scientifico il microbiota umano che, formato da tutti i microorganismi che vivono in simbiosi con l’uomo, concorre attivamente a mantenere lo stato di omeostasi di chi lo ospita. Capostipite degli studi in questo ambito è stato il microbiota intestinale, su cui la scienza ha lavorato per anni, raggiungendo livelli di conoscenza davvero notevoli e che hanno portato a numerose pubblicazioni e terapie mediche sempre più personalizzate. Vi è poi stato uno spostamento dell’attenzione verso gli altri distretti corporei, andando a studiare nel dettaglio microbiota locali, che si sono rivelati molto biodiversi se comparati tra loro. Un caso particolare è il microbiota della pelle, che presenta diverse specificità di microorganismi in parti del corpo diverse, ad esempio comparando quello del viso con quello delle mani o della zona ascellare. Ogni microbiota locale ha dimostrato una capacità di mantenere lo stato di omeostasi specifico in cui vive, contribuendo al mantenimento della pelle in uno stato di salute e buon funzionamento.  

La cosmetica si è evoluta velocemente negli ultimi anni, spostando la sua attenzione da cheratinociti e fibroblasti usati come target degli attivi cosmetici, alla pelle intesa come ecosistema, integrando la barriera cellulare con il microbiota cutaneo, divenuto non solo una componente della pelle stessa, ma anche un target importante per i prodotti cosmetici. 

Questo approccio olistico, che mira al mantenimento dell’equilibrio di un sistema, corre in parallelo con l’idea moderna di sostenibilità, che non guarda ad un target specifico, ma che studia i sistemi con un’ottica di Life Cycle Assessment, dando importanza all’equilibrio generale del sistema e non analizzando la singola attività. 

    UN MONDO IN EQUILIBRIO 

    Lo sviluppo accelerato della cosmetica nell’ambito del microbiota cutaneo affonda le sue radici nel know-how scientifico derivante da numerosi anni di studi del microbiota intestinale, e dell’attività che farmaci ed integratori alimentari hanno su questo ecosistema. Una delle conclusioni principali è stata quella che va preservato proprio l’equilibrio di insieme, agendo con miscele pre- e pro-biotiche, ad esempio, in grado di bilanciare l’ecosistema esistente, non agendo come singole molecole ma come ingredienti complessi che hanno numerose interazioni con le diverse componenti del microbiota. Questo, traslato nella cosmesi, non è più un voler imitare l’approccio farmaceutico con attivi che hanno particolari meccanismi d’azione, ma utilizzare ingredienti che facciano da booster indiretti dell’attività di un principio attivo, aiutando a mantenere l’omeostasi del sistema. Una pelle sana, proprio come un intestino sano, è continuamente soggetta a stress ambientali che ne muovono l’equilibrio, rendendola un organo attivo, necessariamente capace di ritrovare l’omeostasi. L’apporto di ingredienti che aiutano il bilanciamento del sistema fa sì che i principi attivi cosmetici, o nutraceutici, possano poi essere più efficaci. Quindi, un ingrediente idratante che targettizza i cheratinociti dello strato basale dell’epidermide, come può essere l’acido ialuronico, sarà più efficace se accompagnato da un ingrediente che bilancia il microbiota cutaneo e che magari aiuta il ripristino dell’omeostasi di sistema se nella formula cosmetica sono presenti tensioattivi aggressivi. Nel caso in cui, invece, si abbia a che fare con una pelle atopica, dove il microbiota sarà tipicamente in disbiosi o lo stato infiammatorio potrà essere iperattivato, allora l’utilizzo di un booster dell’ingrediente attivo, non potrà che aiutare il sistema a ritrovare l’equilibrio, in modo che l’attivo possa poi funzionare al meglio. 

    Se l’approccio e la questione dell’omeostasi è simile tra intestino e cute, ciò non è vero per quanto riguarda la tipologia di microorganismi presenti e il microambiente che compone questo ecosistema. Inoltre, gli stress a cui è sottoposta la pelle, il cosiddetto skin exposome, è molto differente rispetto agli stimoli cui è sottoposto il lume intestinale. Entrambi, tuttavia, sono unicità di equilibri, ambienti complessi in cui ciò che conta è mantenere la sana omeostasi che la natura ha impostato. Questo guiderà molto la cosmetica del futuro, che non sarà più legata a reazioni chimiche, ma di insieme, di biochimica e addirittura di epigenetica sull’ambiente pelle. Questa infatti, non sarà più considerata solo una barriera, ma un vero e proprio organo attivo con cui interagire. Il tutto, in maniera sempre più personalizzata a seconda dell’etnia, dello stile di vita e delle normali abitudini alimentari o igieniche peculiari di ogni individuo. 

    La normalità sarà legata a prodotti cosmetici che proteggono la pelle e il suo microbiota da ambienti diversi, caratterizzati da stress e stimoli differenti, bilanciando la composizione dei microorganismi specifici. 

    COSMETICA E MICROBIOTA CUTANEO 

    In questo quadro di continua innovazione scientifica e applicativa, la legislazione sta cercando di mettere ordine tra i termini più spesso utilizzati in cosmetica, quali pre-, pro- e post- biotici. Ci ritroviamo in una situazione regolatoria in cui la ricerca scientifica e il marketing che ne deriva hanno fatto “passi da gigante” velocemente, lasciandosi alle spalle una legislazione che sta indagando sulla sicurezza di alcuni ingredienti, ormai presenti sul mercato. Claim come “microbiota-friendly” sono oggi di comune utilizzo nel mercato cosmetico, spesso legati a probiotici inattivati, sostanze fermentate, fibre o metaboliti di fermentazione.  

    In Europa, le associazioni del settore cosmetico hanno indetto gruppi di lavoro specifici per colmare il gap legislativo, andando a definire il campo in cui si può agire sul microbiota. Fatta chiarezza sulle terminologie da utilizzare, oggi diventa fondamentale capire come garantire la sicurezza dei prodotti cosmetici contenenti ingredienti innovativi, che agiscono su un sistema che non siamo in grado di conoscere e capire interamente. 

    La spinta dell’innovazione e di un approccio sempre più circolare e d’insieme sarà fondamentale per la cosmetica futura, che si presenta come un mondo in evoluzione costante e un mercato in crescita, in grado di coniugare tecnologia, alte performance e sostenibilità. Sarà importante per i leader dell’innovazione, non avere fretta di presentare sul mercato una grande novità, senza prima conoscerne tutte le sfaccettature di sicurezza e di efficacia. Sappiamo infatti che il mercato cosmetico è alla continua ricerca di cambiamento e vi è il rischio che l’interesse per il microbiota che nutre oggi il marketing, e quindi il consumatore, si spenga prima che l’industria possa raggiungere il massimo dell’innovazione. Prendendo esempio dal mondo nutraceutico, in cui i probiotici nascevano con un compito di ripristino della flora intestinale dopo l’uso di antibiotici e si è poi scoperto potessero essere ingredienti attivi per tutto l’organismo attraverso i vari assi che collegano intestino e periferie (gut-skin axis, gut-brain axis…), anche la cosmetica dovrebbe trovare nell’approccio al microbiota la sua nuova visione della pelle, non cavalcando una moda passeggera, ma portando l’attenzione dalle cellule al sistema cute, in tutta la sua interezza e complessità. 

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    *Articolo pubblicato su BEAUTY HORIZONS ITALIA 3 2021