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a cura della redazione di
NUTRA HORIZONS
Un team di ricercatori dell’Università di Lethbridge e della Pathway Rx Inc. ha scoperto che alcuni estratti prelevati dalla Cannabis sativa possono proteggere dal nuovo coronavirus che ha provocato la pandemia da COVID-19 in tutto il mondo. In particolare questi nuovi composti agirebbero sul recettore delle cellule del corpo umano che il virus SARS-CoV-2 prendere di mira per ottenere l’ingresso nel tessuto bersaglio.
I ricercatori, nel corso del loro studio, hanno analizzato gli effetti di 23 composti estratti dalla C. sativa coltivata in laboratorio. Li hanno testati su vari modelli umani in 3D artificiali che simulavano i tessuti orali, quelli delle vie aeree e quelli dei tessuti intestinale. Ben 13 dei 23 estratti prelevati dalla cannabis diminuivano l’espressione dell’enzima 2 di conversione dell’angiotensina (ACE2) del recettore delle cellule attaccate dal virus e utilizzato per entrare nelle stesse cellule.
Si tratta di una “scoperta nuova e cruciale”, come la definiscono gli stessi ricercatori anche perché è importante per capire gli effetti della cannabis medica sul le persone già affette da COVID-19.
Già in passato le sostanze presenti nella cannabis, in particolare quelle specie più ricche di cannabidiolo, hanno mostrato di poter cambiare l’espressione genica e di procurare effetti antiinfiammatori e antitumorali. Questo è tuttavia il primo studio che analizza in dettaglio e in laboratorio effetti delle sostanze della cannabis attiva sull’espressione dell’ACE2.
Questi risultati, qualora fossero confermati in futuro da ulteriori ricerche, mostrano che questi determinati estratti prelevati dalla cannabis potrebbero essere usati per ideare nuove strategie di prevenzione onde abbassare il livello dei recettori ACE2 in quei tessuti più ad alto rischio, come quelli del cavo orale o quelli delle vie aeree.
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Estratti dalla cannabis proteggono cellule dal nuovo coronavirus in laboratorio
La cannabis può rivelarsi utile per contrastare la pressione sanguigna troppo alta, soprattutto nelle persone anziane, secondo un nuovo studio pubblicato sull’European Journal of Internal Medicine. I ricercatori dell’Università Ben-Gurion del Negev (BGU) e del Soroka University Medical Center hanno infatti realizzato uno studio riguardante la frequenza cardiaca e vari altri parametri metabolici simili prendendo in considerazione un gruppo di persone adulte con un’età di 60 anni o più, tutti affetti da ipertensione.
Secondo Ran Abuhasira, ricercatore della Facoltà di Scienze della Salute della BGU, uno degli autori dello studio, quest’ultimo si rivela molto utile perché fino ad ora non si sono mai ottenute prove sicure riguardanti la sicurezza, a livello cardiovascolare, dell’utilizzo della cannabis per le persone più anziane.
In questo caso i ricercatori hanno valutato vari parametri oltre alla pressione sanguigna, e hanno realizzato analisi dei soggetti tra cui esami del sangue, ECG, e varie altre misurazioni sia prima dell’inizio delle sperimentazioni che dopo.
A seguito dell’utilizzo della cannabis medica da parte dei soggetti, i ricercatori scoprivano una diminuzione della pressione sanguigna sistolica e diastolica con il livello più basso che si verificava tre ore dopo l’assunzione di cannabis per via orale (tramite di estratti di olio oppure fumandola).
Le variazioni più significative, a seguito dell’utilizzo della cannabis medica, avvenivano poi nel corso della notte. Secondo gli stessi ricercatori è probabilmente anche il sollievo dal dolore indotto dalla cannabis a favorire la riduzione della pressione sanguigna.
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Cannabis utile per abbassare pressione sanguigna in anziani
I neuroni del midollo spinale comunicano con gli astrociti (in verde) e possono farlo usando i cannabinoidi come molecole di segnalazione (credito: Alexia Montalant)
Secondo un comunicato sul sito dell’Università di Copenaghen, che si rifà ad un nuovo studio apparso su Nature Neuroscience, la cannabis medica può rivelarsi utile per ridurre il tremore essenziale.
Che cos’è il tremore essenziale
Il tremore essenziale è una patologia che vede un tremore involontario che di solito riguarda gli arti superiori e il capo. Questo tremore sovviene in particolari posizioni o quando si tenta di mantenere le mani o le braccia in una posizione che va contro la forza di gravità. Come spiega Jean-François Perrier, ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze della suddetta università e uno degli autori dello studio, questi tremori volontari possono essere molto inibitori e possono ridurre la qualità della vita di chi ne soffre.
Cannabinoide può contrastare tremore essenziale
I ricercatori hanno scoperto che il cannabinoide WIN55,212 iniettandone midollo spinale può attivare gli astrociti locali spingendoli a produrre l’adenosina, una sostanza che può ridurre l’attività nervosa e quindi questa agitazione indesiderata. Gli esperimenti sono stati fatti sui topi.
Midollo spinale e motoneuroni
Il midollo spinale è un’area che è responsabile di molti dei movimenti del corpo umano, sia quelli volontari e quelli non volontari. I movimenti vengono attivati dai motoneuroni, particolari neuroni presenti proprio il midollo spinale che collegano quest’ultimo con i muscoli. I motoneuroni inviano gli impulsi ai muscoli e fanno partire la contrazione e dunque il movimento.
Cannabis terapeutica
Secondo Eva Carlsen, un’altra ricercatrice impegnata nello studio, si potrebbe pensare in futuro di usare la cannabis terapeutica per questa tipologia di agitazione: “L’uso di questo approccio eviterà di influenzare i neuroni del cervello responsabili della nostra memoria e delle capacità cognitive e saremmo in grado di offrire ai pazienti che soffrono di tremore involontario un trattamento efficace senza esporli a nessuno degli effetti collaterali più problematici della cannabis medica”.
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Cannabis terapeutica può rivelarsi utileper ridurre il tremore essenziale
La pianta di cannabis è nota perché una delle oltre 400 sostanze chimiche contiene, il THC, può avere effetti potenti sul cervello. Fino ad ora si pensava che questa fosse la sostanza più psicoattiva prodotta da questa pianta ma sembra che non sia così.
Un team di ricercatori italiani ha infatti annunciato la scoperta di due nuove sostanze cannabinoidi prodotte dalla cannabis, il tetraidrocannabiforolo (THCP) e il cannabidiforolo (CBDP).
Mentre la seconda sostanza può essere considerata molto vicina al cannabidiolo (CBD), una sostanza con effetti rilassanti e che favorisce il sonno, la prima sostanza, a detta degli stessi ricercatori, risulta almeno 30 volte più potente del THC stesso, come riferisce un articolo su Vice che riprende lo stesso studio.
È quello che hanno scoperto i ricercatori eseguendo esperimenti sui topi e iniettando nel corpo di questi ultimi basse dosi di THCP. Quest’ultimo sembrava molto più attivo del THC, anche se ciò non vuole automaticamente dire che una sostanza del genere può avere sugli esseri umani un effetto psicoattivo 30 volte maggiore di quello del THC.
Lo studio, pubblicato su Scientific Reports potrebbe spiegare perché quando si fumano diverse miscele di marijuana si ottengono sensazioni diverse e in generale potrebbe essere utile per chiarire ancor di più l’utilizzo medicinale dello stesso THC.
I ricercatori hanno trovato quantità di THCP e CBDP relativamente basse nelle piante che hanno analizzato ma credono che in altre varietà di cannabis potrebbero essercene quantità maggiori e ciò andrà accertato con ulteriori studi.
Se ciò fosse vero, questi nuovi cannabinoidi potrebbero essere prodotti ad elevate quantità ma si tratta dieventualità ancora molto lontane dalla realtà anche perché non si sa neanche se il CBDP e il THCP possano realmente rivelarsi utili a livello medico come le controparti.
Gli studi necessari potrebbero portare via diversi anni, molti più tempo di quanto sarebbe necessario. Le ricerche riguardo a questa pianta potrebbero essere infatti rallentate dal fatto che essa è considerata illegale ed una droga illecita in molte regioni del mondo.
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