L’USO DEI BOTANICALS NEGLI INTEGRATORI ALIMENTARI

Per “botanical” generalmente si intende un ingrediente vegetale, ovvero la pianta in toto o sue parti in forma non trattata, generalmente essiccato o ottenuto sottoponendo l’ingrediente vegetale a trattamenti quali estrazione, distillazione, spremitura, fermentazione, purificazione. L’utilizzo dei botanicals negli integratori alimentari è noto e ben consolidato sul mercato, sulla base della pianta utilizzata e dei metaboliti principali. L’utilizzo dei prodotti di derivazione naturale è sempre più diffuso sia nel farmaco, in cui circa il 50% dei principi attivi è di derivazione naturale che nell’integratore alimentare. Molte piante hanno una lunga storia di consumo ben noto nella prevenzione e nel trattamento di patologie e su questa si basano le linee guida per la sicurezza e l’efficacia. Tuttavia vi sono numerosi limiti all’utilizzo di botanicals, dovuti spesso alla mancanza di conoscenza di tutte le componenti dei derivati vegetali e alle metodiche di coltivazione ed estrazione.

INTRODUZIONE

È difficile conoscere l’esatta composizione fitochimica dei derivati di piante e fonti naturali e la presenza di molecole non note può influire notevolmente sia sulla farmacocinetica che sulla sicurezza del prodotto. Le condizioni ambientali legate al terreno e al luogo di coltivazione determinano una variazione anche significativa di contaminanti, come i metalli pesanti, nei derivati botanici.  

È stata riscontrata, inoltre, una forte incostanza nell’efficacia nella preparazione di botanicals, in base alla presenza o meno di allergeni, tossine, metalli pesanti o adulterazioni intenzionali e non, che possono essere causa anche di effetti avversi. La sostituzione di specie botaniche con specie differenti ma simili per nome e morfologia, oltre all’aggiunta volontaria di composti attivi alla preparazione degli estratti, è una delle ragioni per cui i botanicals potrebbero portare ad effetti indesiderati sulla salute del consumatore. Ne è un esempio la frequente adulterazione delle bacche di sambuco ricche in composti fenolici, tra cui i principali sono gli antociani, ampiamente utilizzate negli integratori alimentari per alleviare i sintomi delle prime vie respiratorie. Uno studio dimostra come su 29 integratori alimentari analizzati a base di bacche di sambuco, in 8 di questi sono state identificate tipi di antocianine non presenti nelle bacche. La domanda di prodotti ad effetto immunomodulatorio e immunostimolante da parte dei consumatori, infatti, è aumentata soprattutto in questo ultimo anno di pandemia da Covid-19 comportando difficoltà di approvvigionamento ed un incremento dei prezzi delle materie prime, favorendo un aumento della presenza sul mercato di prodotti adulterati.   

Un’altra problematica altamente limitante nei preparati vegetali di origine botanica sono le impurezze delle materie prime e la conseguente presenza di contaminanti nei prodotti finiti. Questo è causato dal frequente utilizzo di pesticidi per la coltivazione su terra, dall’uso di solventi nelle fasi di estrazione e di concentrazione, e dai contaminanti utilizzati per migliorare l’estratto. Un esempio è relativo all’ossido di etilene, di cui è di recente stata segnalata la presenza di elevati valori in materie prime vegetali quali i semi di sesamo, i semi di psillio, la curcuma rizoma, la farina di guar ed il fieno greco. L’ossido di etilene è un gas in grado di distruggere il DNA dei microrganismi impedendone la riproduzione, vietato in Europa negli alimenti dal 2011 perché classificato come CMR, ma ampiamente utilizzato in semi di sesamo provenienti dall’India per ridurre la contaminazione da Salmonella e altri batteri e prevenirne la proliferazione in fase di trasporto. In questo modo le materie prime risultano conformi dal punto di vista microbiologico ma non conformi per la presenza di sostanze tossiche. 

LIMITI LEGATI ALLA COLTIVAZIONE TRADIZIONALE DI BOTANICALS  

Le nuove tecniche di coltivazione, che non prevedono l’uso di terreno ma l’impiego di un substrato e l’aggiunta di sostanze nutritive, come l’agricoltura idroponica, acquaponica e le colture cellulari vegetali in vitro possono superare i limiti della coltivazione tradizionale legati alla variabilità ed al rischio di contaminazioni ed adulterazioni. 

I botanicals derivati da colture in vitro di cellule meristematiche permettono di ottenere l’intero fitocomplesso partendo da una parte di pianta giovane, attraverso esclusive modifiche epigenitiche, come la composizione del terreno di coltura. La tecnica del DNA fingerprint, utilizzata al momento del prelievo della parte di pianta, è in grado di caratterizzare l’esatta origine e specie botanica impedendo di ricadere in adulterazioni involontarie. 

Il fondamento biologico della coltura in vitro si basa sulla totipotenza delle cellule meristematiche in grado di rispondere rapidamente agli stimoli rimodulando le vie di sintesi di metaboliti specifici in base a differenti condizioni ambientali. La tecnica della coltura in vitro permette, infatti, una crescita della biomassa vegetale in condizioni ambientali definite e il controllo totale di ogni componente del processo, a garanzia di un prodotto riproducibile e i cui marker analitici di riferimento possono essere verificati e garantiti in tutti i lotti della materia prima. Questa tecnologia permette anche di ovviare al pericolo di adulterazione soprattutto delle specie botaniche maggiormente richieste dal mercato, garantendo la produzione di un prodotto standardizzato, in tutti i periodi dell’anno, senza limiti di clima e stagionalità. Il processo inoltre garantisce l’assenza di solventi, pesticidi e contaminanti ambientali, fornendo un prodotto sicuro e allineato con le Good Manufacturing Practices (GMP) correnti. La produzione dei fitocomplessi avviene con il totale controllo di quello che viene utilizzato per la crescita della coltura e la totale assenza di utilizzo di pesticidi e contaminati quali metalli pesanti, allergeni e inquinanti ambientali come ad esempio gli alcaloidi pirrolizidinici, gruppo di alcaloidi, derivanti dalla pirrolizidina, che le piante producono per difendersi da parassiti ed erbivori con effetti potenzialmente genotossici per la salute dell’uomo.

NUOVE TECNOLOGIE PER LA PRODUZIONE DI BOTANICALS 

La tradizionale coltivazione di botanicals ha riscontrato alcuni limiti legati soprattutto alla stagionalità delle coltivazioni unita alla crescente e costante richiesta da parte del mercato di alcune specie botaniche. Inoltre, la presenza di molteplici molecole spesso non del tutto note e di contaminanti ambientali derivati dalle tecniche di coltivazione in campo possono presentare un rischio per la sicurezza e l’efficacia dei principi attivi di derivazione vegetale. Per migliorare la percezione di sicurezza dell’uso di principi attivi vegetali è pertanto necessario utilizzare metodiche di produzione strettamente regolamentate da continui controlli di qualità ed efficacia del prodotto. Proprio per questo, le nuove tecnologie di coltura controllata che non prevedono l’utilizzo di suolo, in particolare le colture in vitro vegetali, rappresentano una valida alternativa per superare le problematiche legate alla coltivazione tradizionale ed ottenere botanicals sicuri dal contenuto controllato e riproducibile, a garanzia della sicurezza e dell’efficacia del prodotto. Tali tecniche di coltivazione permettono di seguire gli standard di sostenibilità dettati dal Green Deal Europeo, e riducono la catena di approvvigionamento al minimo essendo coltivati, raccolti e prodotti nello stesso sito produttivo, consentono inoltre il risparmio di suolo e acqua e senza avere scarti finali.

CONCLUSIONI 

ELISA BARBIERI 

Aethera Biotech | Italia

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