LA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE E LA DIETA LOW FODMAP

L’IBS (Irritable Bowel Syndrome) è un disturbo cronico e ricorrente delle funzioni dell’apparato gastrointestinale. Non è ritenuta una malattia dal punto di vista medico, ma una sindrome che interessa il colon e l’intestino tenue. La sua diagnosi, difatti, viene effettuata per esclusione di altre patologie a carattere gastroenterico.

Si manifesta principalmente con alterazioni dell’alvo, manifestazioni dolorose, gonfiore addominale, prevalenza diarroica e/o stitichezza.

Tali manifestazioni possono avere ripercussioni a livello psicologico, comportando alterazioni dell’umore, e sul buon funzionamento di altri processi organici, come la compromissione del sistema immunitario e la deficienza di alcune vitamine normalmente prodotte nell’intestino (vitamine D e del gruppo B).

Il 12% della popolazione europea (1), prevalentemente donne sotto i 50 anni di età, soffre di tale sindrome, mentre nel mondo si stima che venga colpito il 75% della popolazione.

Le cause non sono ancora certe, ma si ipotizzano alterazione del microbiota intestinale, alcune infezioni (non ancora note), abuso di farmaci (come terapie antibiotiche frequenti) e lo stress fisico e psicologico.

L’asse cervello – microbiota – intestino è il sistema coinvolto in questa sindrome, sempre più frequente, di cui ancora non sono note le cause e per cui non sono presenti cure.

Ad oggi, pertanto, non è possibile guarire dalla sindrome del colon irritabile, ma si può controllare ed ottenere sollievo attraverso l’alimentazione tra cui quella low FODMAP (Fermentable, Oligo-, Di-, Mono-saccharides And Polyols). Questi ultimi sono carboidrati fermentescibili che si trovano in prodotti lattiero caseari, cereali e derivati, ortofrutta, dolcificanti, legumi, miele e succhi di frutta.

Sono FODMAP, difatti, oligosaccaridi (fruttani, GOS), disaccaridi (lattosio), monosaccaridi (fruttosio) e polioli (sorbitolo e maltitolo) (2) normalmente presenti in buona parte degli alimenti sopracitati.

Nelle persone affette da IBS si assiste ad uno squilibrio della microflora intestinale, che fermenta in modo anomalo questi FODMAP comportando i sintomi citati all’inizio dell’introduzione.

Limitando la loro assunzione e comprendendo il livello di tolleranza dell’individuo ad ognuno dei FODMAP elencati, vi è la concreta possibilità di miglioramento della sintomatologia.

    COS’È L’IBS

    La Low FODMAP Diet™ è stata coniata dal centro di gastroenterologia della Monash University australiana, che ha dimostrato scientificamente la sua efficacia nel 75% dei pazienti (3).

    Consiste in una eliminazione completa di tutti gli alimenti contenenti FODMAP dalle 2 alle 4 settimane, per poi procedere ad una graduale e controllata reintroduzione al fine di personalizzare la dieta di ogni paziente (4).

    La Monash ha messo a punto una metodica di analisi in grado di discernere i quantitativi di FODMAP presenti in numerose matrici, ha stabilito i “cut-value” relativi alle porzioni dei principali alimenti ed ha pubblicato una “APP” dove è presente il prontuario degli alimenti con il grado di FODMAP contenuto in funzione della porzione. Ad esempio, scorrendo tale applicazione possiamo constatare come 25 grammi di mela verde possano essere consumati in tutta tranquillità, ma già da 30 grammi compaiono quantità discrete di sorbitolo, che diventano proibitive, assieme al fruttosio; al consumo di 165g (peso medio di una mela) troviamo quantità proibitive di sorbitolo e fruttosio (in eccesso rispetto al glucosio).

    In Italia non sono presenti alimenti low FODMAP certificati e tra i prodotti da forno sono consigliati dai gastroenterologi e dai nutrizionisti quelli senza glutine.

    A gennaio scorso è stata depositata una domanda di brevetto di innovazione industriale (“Metodo per preparare prodotti alimentari per soggetti affetti da sindrome da colon irritabile” n°102022000000731 del 18.1.22), da parte della start up innovativa BruPi srl, che permetterà di trovare in commercio prodotti da forno dolci e salati con glutine a basso contenuto di FODMAP, mediante l’impiego di un fermento microbico selezionato in combinazione ad adeguate condizioni tecnologiche di processo. Questo fermento permetterà la simulazione d’azione di un lievito naturale in grado di metabolizzare i FODMAP nelle matrici cerealicole contenenti glutine e che si generano come prodotti della lievitazione spontanea ed indotta.

    ALIMENTI E DIETA LOW FODMAP

    Figura 1. Esempi di prodotti low FODMAP.

    L’analisi dei prodotti ottenuti è fondamentale per verificare la presenza di eventuali carboidrati della categoria FODMAP, e il loro contenuto. La tecnica di elezione per questo tipo di controllo è la cromatografia a scambio anionico forte con rivelazione amperometrica pulsata (HPAEC-PAD), specifica e selettiva per la separazione dei carboidrati, e che consente in una stessa corsa cromatografica di evidenziare la presenza di zuccheri alcooli, mono-, di-, tri-saccaridi, e catene via via più lunghe fino agli oligosaccaridi (5).

    All’interno del progetto in corso portato avanti da Brupi srl con l’Università di Parma è stato eseguito presso il laboratorio di Chimica Analitica del Dip.to di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale, uno screening di vari tipi di farine quali grano, riso, farro e canapa per valutarne la composizione. In Figura 2 sono riportati i cromatogrammi ottenuti. Nella prima parte dei grafici si osservano i segnali relativi agli zuccheri semplici, mentre dal punto in cui è tracciata la linea blu iniziano i segnali di oligosaccaridi.

    Dai grafici si evidenziano notevoli differenze tra i profili ottenuti dall’analisi delle varie farine, e si può vedere che quella di grano è la più ricca di oligosaccaridi. E’ stato quindi possibile selezionare quelle contenenti un quantitativo minore di oligosaccaridi per la produzione di prodotti da forno, quali piadine, crackers, biscotti a basso contenuto di FODMAPs.

    IL CONTROLLO ANALITICO DELLA PRESENZA DI FODMAP

    Figura 2. Confronto di cromatogrammi relativi a diverse tipologie di farine. A) farina di grano; B) farina di riso; C) farina di farro; D) farina di canapa

    In una fase successiva dello studio sono stati indagati anche alcuni parametri tecnologici che possono influenzare la quantità totale di FODMAPs nei prodotti finiti, quali il tipo di fermento utilizzato, le ore di lievitazione e il processo di cottura. Studi riportati in letteratura infatti hanno evidenziato come i trattamenti a cui un prodotto è sottoposto durante la sua manifattura hanno un effetto importante sulla composizione dei carboidrati (6). Ad esempio, la fase di lievitazione coinvolge microrganismi che possono essere di tipo diverso e che sono caratterizzati da un metabolismo che può portare alla degradazione di alcune molecole e la produzione di altre, con notevoli variazioni del pattern finale (7), dipendenti anche dal tempo di lievitazione. In maniera simile, il processo di cottura provoca alterazioni nel profilo dei carboidrati (8). Nel prodotto cotto, difatti, si generano polioli inaspettati, in quanto probabilmente i microrganismi continuano nella loro attività nelle primissime fasi di cottura.

    In tale contesto diventa quindi importante studiare i diversi effetti e tenere sotto controllo i parametri in modo da regolarli per ottenere una maggiore degradazione possibile dei Fodmap.

    In Figura 3 vengono riportate a titolo di esempio le quantità di zuccheri semplici (polioli e monosaccaridi) ritrovate in piadine prodotte con due tipi di fermento diverso e a due tempi di lievitazione diversa.

    Come si può vedere dai dati riportati nel grafico, i fermenti agiscono in maniera diversa e portano all’ottenimento di un pattern di analiti che varia anche in base al tempo di lievitazione. In particolare il fermento B si è dimostrato più efficace rispetto al fermento A nella degradazione degli zuccheri semplici a ore di lievitazione maggiori.

    L’EFFETTO DEI PARAMETRI TECNOLOGICI

    Figura 3. Quantità degli zuccheri identificati nelle piadine prodotte con 2 fermenti (fermento A e fermento B) diversi a tempi di lievitazione diversa.

    Alla luce degli effetti benefici riportati da una dieta a basso contenuto di FODMAP per i soggetti affetti da sindrome IBS, la produzione di alimenti Low FODMAP si configura come una strada importante da perseguire per proporre un’alimentazione che possa alleviare la relativa sintomatologia. In quest’ottica, un controllo analitico puntuale che consenta di selezionare gli ingredienti di partenza ideali, ma anche di testare i prodotti finali, si rende indispensabile al fine di attestare il pattern e il contenuto di carboidrati totale e il rispetto dei valori di cut-off suggeriti dagli studi. Una valutazione approfondita degli effetti di alcuni parametri tecnologici quali il tipo di fermento impiegato, il tempo di lievitazione, la cottura, permetterà una conoscenza utile delle condizioni migliori per ottimizzare la produzione. Relativamente ai campi di applicazione che possono essere considerati di interesse, si possono includere sia alimenti dolci che salati, ma anche conserve vegetali, snack, bevande e tisane.

    CONCLUSIONI

    EDIZIONE SPONSORIZZATA DA:

    SERENA PIRONI1          OLIMPIA PITIROLLO2           ANTONELLA CAVAZZA2

    1. BRUPI srl | Italia

    2. Università di Parma | Italia

    Bio...

    Serena Pironi è un tecnologo alimentare, MOCA specialist, esperta in nutrizione umana e dietetica, formatore per imprese ed enti.

    Dal 2014 è titolare dello studio di consulenza professionale in tecnologie alimentari PI.GA. Service (www.pigaservice.it / www.mocaspecialist.it) e di recente CEO della start up innovativa BruPi (www.brupi.it), che si occupa di prodotti alimentari per coloro che soffrono di colon irritabile.


    La dottoressa Olimpia Pitirollo ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Chimiche nel 2016 all’Università degli studi di Parma e nel 2019 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca all’Università degli studi di Milano in collaborazione con l’azienda GSK Vaccine srl di Siena discutendo una tesi sullo sviluppo di un vaccino glicoconiugato contro Streptococco di gruppo A. Successivamente ha svolto un periodo all’estero al Pasteur Institut di Parigi lavorando alla realizzazione di un vaccino contro Shighella Flexneri, e nel 2020 ha iniziato un Assegno di Ricerca all’università degli studi di Parma nel gruppo di Chimica Analitica sotto la supervisione della professoressa Antonella Cavazza.


    Antonella Cavazza è Professore associato del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma e Presidente del Master in Packaging.

    Laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, ha iniziato la sua attività di ricerca presso l’Università di Messina, e successivamente al CNR di Roma, la School of Chemistry di Leeds (UK) e l’Università di Roma Tor Vergata. Si occupa di ricerche nel settore della chimica analitica per la valutazione della sicurezza dei materiali a contatto con gli alimenti e di sviluppo di materiali innovativi per packaging sostenibile e attivo. Svolge numerose attività in collaborazione con aziende del territorio.

    SALUTE MENTALE E COGNITIVA

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