Tra le piante medicinali amiche dello stomaco ne troviamo due tra le più note e allo stesso tempo meno conosciute: camomilla e liquirizia. Per queste piante, infatti, un inquadramento fitochimico e farmacologico aggiornato è senz’altro utile per comprendere il loro potenziale fitoterapico.
La camomilla (Matricaria chamomilla L. infiorescenze) ha un fitocomplesso molto ampio e affascinante composto dalla caratteristica frazione volatile e odorosa (ricca nel caratteristico composto blu camazulene, dalla degradazione della matricina, e α-bisabololo e ossidi A e B), una grande quantità di polifenoli, tra cui prevalgono i glicosidi di apigenina, luteolina e quercetina, e ancora polisaccaridi complessi. La completezza del fitocomplesso è ottenibile solo utilizzando tutto il fiore della camomilla, poiché il bisabololo e la luteolina sono presenti soprattutto nei fiori tubulari gialli (il centro del fiore), ma il camazulene e l’apigenina sono soprattutto presenti nei fiori ligulati bianchi (i cosiddetti “petali”) (1); per questo motivo, la Farmacopea Europea riporta come elemento di qualità per la camomilla la presenza minima di 4 ml/Kg di essenza di colore blu e non meno dello 0,25% di apigenina-7-glucoside.
Le preparazioni di camomilla, in particolare la più semplice rappresentata dall’infuso, ma anche alcuni estratti alcolici tra cui l’estratto fluido (rapporto droga:estratto 1:1) e la tintura (1:5), sono utilizzati come integrazione alimentare, ma sono presenti in molti stati europei anche come farmaci registrati proprio per il trattamento dei disturbi gastrointestinali non severi; con questa indicazione, in Germania e Repubblica Ceca, droga in taglio tisana e estratti liquidi sono presenti sul mercato addirittura da oltre 50 anni.
Le preparazioni di camomilla sfruttano la presenza di polisaccaridi che abbiamo già visto possedere attività gastroprotettiva, ma anche l’azione antiossidante e antinfiammatoria dei polifenoli e del bisabololo, come confermato anche sperimentalmente su modelli animali (2). La frazione terpenica e quella polifenolica della camomilla hanno anche una importante attività spasmolitca che si traduce nel miglioramento della capacità di svuotamento gastrico e nel favorire la distensione delle pareti addominali (3).
Le proprietà della camomilla ne giustificano il suo uso anche in alcune combinazioni di più piante medicinali che sono molto conosciute e utilizzate in gastroenterologia, come ad esempio il farmaco STW-5 (4).
La camomilla è usata all’occorrenza, soprattutto sottoforma di infuso, in caso di sensazione di pienezza, “bruciore di stomaco” e gonfiore addominale e anche con uno schema posologico più prolungato, fino a 8 settimane, per gestire condizioni di gastrite non complicata; in questi casi si ricorre all’uso di 2-3 tazze al giorno di infuso oppure, come esempio di uso di una preparazione liquida, 10-20 gocce x 3 volte al giorno di estratto fluido (1).
La liquirizia (Glycyrrhiza glabra L. organi sotterranei) è una pianta medicinale di enorme importanza farmaceutica, conosciuta e apprezzata fin dall’antichità in tutti i sistemi di medicina tradizionali, sia in Asia che in Europa. Gli organi sotterranei della liquirizia, radici e stoloni, contengono moltissimi triterpeni pentaciclici glicosilati, di cui il principale è l’acido glicirrizinico (o glicirrizico) (in quantità non inferiore al 4% per avere una qualità secondo Farmacopea Europea); la miscela di sali di Ca, K, Mg e ammonio dell’acido glicirrizinico è definita glicirrizina (5). La frazione triterpenica della liquirizia ha una forte azione simil-cortisonica e attività endocrina per cui sono note le sue proprietà antinfiammatorie, ma anche quelle ipertensive. Questo ultimo effetto, certamente da inquadrarsi anche per i rischi connessi all’uso del soggetto iperteso, ha di fatto creato diffidenza verso questa pianta medicinale, anche a livello gastrico, dove dovrebbe avere invece un posto molto più importante di quello che ha. Infatti, a livello dello stomaco la liquirizia produce un chiaro effetto protettivo, anti-infiammatorio e anti-ulcera, non solo per effetto della glicirrizina, ma anche per quello di altri suoi costituenti, spesso trascurati, come i polisaccaridi (di nuovo!) e particolari flavonoidi come la glabridina, la liquiritina e la isoliquiritina. I flavonoidi della liquirizia regolano la secrezione acida dello stomaco e mantengono una buona capacità antiossidante e antinfiammatoria ed è da queste considerazioni che, almeno da 40 anni, sono stati realizzati estratti di liquirizia “deglicirrizinati”, privi di effetto ipertensivo e specificatamente usati nelle infiammazioni gastriche (6).
Come descritto nell’Assessment EMA, la liquirizia deglicirrizinata è stata testata in studi clinici randomizzati e controllati in pazienti con gastrite cronica e anche nell’ulcera peptica con una riduzione dei sintomi a partire dalla terza settimana di trattamento (5). L’uso della liquirizia deglicirrizinata si è dimostrata efficace nel breve termine quanto gli antiacidi, ma nella riduzione persistente dei sintomi tanto quanto farmaci antistaminici come la cimetidina (7).
Queste preparazioni non hanno ancora ottenuto la registrazione farmaceutica, ma sono autorizzate in Europa e gran parte del mondo nel settore dell’integrazione alimentare.
Sono sul mercato estratti titolati fino al 10% in flavonoidi totali; secondo le preparazioni e la titolazione, i dosaggi giornalieri più consueti vanno dai 150 ai 1500 mg (8).