OSTEOPOROSI E TERAPIE INTEGRATE:
STRATEGIE PER MANTENERE OSSA FORTI E INVECCHIARE IN SALUTE

Il 20 ottobre si celebra ogni anno la Giornata Mondiale dell'Osteoporosi: lo scopo dell’iniziativa è quello di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione, della diagnosi tempestiva e del corretto trattamento della patologia.
L’osteoporosi è definita come una condizione patologica caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea: le ossa divengono più fragili e maggiormente inclini a fratture, anche in seguito a traumi lievi.
Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, in Italia ne soffrono circa 5 milioni di persone, con una prevalenza fra le donne in menopausa – le quali rappresentano l’80% dei casi. A livello mondiale le cose non vanno meglio: si stima che circa 500 milioni di persone (il 6,4% degli uomini e il 21,2% delle donne di età pari o superiore a 50 anni) siano affette da osteoporosi e che ogni anno si verifichino fino a 37 milioni di fratture dovute a fragilità ossea tra le persone con più di 55 anni - il che equivale a circa 70 fratture al minuto (1). Tali fratture, soprattutto nelle persone in età avanzata, possono avere conseguenze gravi, in termini di disabilità motoria permanente e aumento della mortalità.
La prevenzione, come sempre, gioca un ruolo fondamentale nel ridurre il rischio di sviluppare la patologia – o quantomeno nel ritardarne la comparsa. Ma quanto prima occorre pensarci? Se si considera che la massa ossea raggiunge il suo livello massimo intorno ai 25 anni - dopodiché cominciano a prevalere i processi che ne determinano una progressiva riduzione - risulta fondamentale avviare interventi di prevenzione primaria fin dalla giovane età, in modo da massimizzare la densità minerale ossea e assicurarsi uno scheletro forte nel lungo periodo. In altre parole, vita sana sin dall’infanzia, per costruire solide fondamenta per le fasi successive.
Anche in presenza di una diagnosi accertata di osteoporosi, lo stile di vita continua a risultare di fondamentale importanza per la gestione della patologia, sia in presenza che in assenza di intervento farmacologico. Secondo quando riportato dalla North American Menopause Society, infatti, il trattamento dell’osteoporosi – almeno nelle prime fasi – può prescindere dall’immediato ricorso ai farmaci (anche in considerazione degli effetti collaterali a volte pesanti che la terapia può comportare): dopo accurata valutazione medica e col supporto di professionisti della salute, è ancora possibile agire adottando misure quali un’adeguata alimentazione (con un apporto sufficiente di proteine, calcio e vitamina D), una regolare attività fisica, l’astensione dal fumo e dal consumo eccessivo di alcol, l’eventuale ricorso a specifici integratori (2).
Di seguito verranno illustrati i risultati delle evidenze scientifiche più recenti riguardanti l’approccio non farmacologico dell’osteoporosi.
L’ASSE INTESTINO-MUSCOLO
Caratterizzata da un elevato consumo di frutta, verdura, cereali integrali, legumi, frutta secca, olio extravergine di oliva e da un apporto moderato di pesce, uova e latticini, la Dieta Mediterranea ha dimostrato di poter esercitare un ruolo protettivo nella prevenzione e nel trattamento di numerose patologie croniche e degenerative, tra le quali l’osteoporosi. Grazie agli alimenti che lo caratterizzano, questo regime alimentare garantisce un’assunzione adeguata di calcio, vitamina D, magnesio, potassio e antiossidanti, che contribuiscono a ridurre il riassorbimento osseo e l’infiammazione sistemica – entrambi responsabili di insorgenza e sviluppo dell’osteoporosi.
Inoltre, la presenza di composti bioattivi, quali polifenoli e acidi grassi omega-3, sembra favorire la formazione ossea e contrastare lo stress ossidativo - altro fattore implicato nella perdita di massa ossea.
Diversi studi osservazionali e clinici suggeriscono che l’adesione a lungo termine alla Dieta Mediterranea sia associata a una maggiore densità minerale ossea e a un minor rischio di fratture osteoporotiche, soprattutto nelle donne in postmenopausa (3, 4, 5, 6, 7).
OSSA E ALIMENTAZIONE: L’EFFICACIA DELLA DIETA MEDITERRANEA

Sonja Bellomi, laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università del Piemonte Orientale; dottore di Ricerca in Scienza delle Sostanze Bioattive.
Ha lavorato per 15 anni come ricercatrice nel settore farmaceutico, in campo analitico e formulativo. Attualmente si occupa di attività di docenza e divulgazione scientifica in ambito farmaceutico, nutraceutico e cosmetico.
OSSA E MOVIMENTO: IL RUOLO DELLE “GINNASTICHE DOLCI”
Yoga, pilates, ginnastica posturale, tai chi, chi gong sono ormai termini entrati nel nostro vocabolario quotidiano: sono sempre di più i centri che propongono queste discipline e sempre più numerose le persone che vi si avvicinano, magari anche solo per curiosità o per moda, ma sperimentandone poi gli indubbi benefici. Queste pratiche, caratterizzate per lo più da movimenti lenti, controllati e a basso impatto articolare, permettono a chiunque – anche a soggetti anziani o con fragilità – di fare attività motoria, adattandola alle proprie capacità.
Il termine “ginnastica dolce”, con il quale vengono spesso raggruppate le suddette discipline, è tuttavia impreciso, poiché esse vanno ben oltre il semplice movimento: lavorando in sinergia con respiro e concentrazione, queste pratiche sono in grado di agire e migliorare il benessere psicofisico in toto, agendo positivamente su tutta una serie di aspetti fondamentali, quali la salute metabolica, la salute cardiovascolare, l’umore, la qualità del sonno, la fiducia in se stessi e la sicurezza nei movimenti del corpo (8, 9, 10). Più corretto dunque è il termine inglese, che raggruppa queste discipline con il termine “body-mind”, sottolineandone l’azione sia sul benessere fisico che su quello mentale ed emotivo.
Per quanto riguarda la salute ossea, nello specifico, il movimento alla base di queste discipline, pur senza sovraccaricare articolazioni e scheletro, è in grado di stimolare comunque la meccanotrasduzione, ossia quel processo biologico attraverso il quale le cellule percepiscono uno stimolo meccanico e lo trasformano in segnali biochimici, che determinano poi una risposta cellulare. Nel contesto osseo, osteociti, osteoblasti e osteoclasti (le cellule dell’osso che ne regolano produzione e riassorbimento) ricevono le sollecitazioni meccaniche generate dal movimento e dall’attività fisica e attivano una serie di segnalazioni che promuovono la formazione di nuovo tessuto osseo o riducono il riassorbimento (fenomeno alla base della perdita di massa ossea che genera osteoporosi), rendendo lo scheletro più resistente (11, 12).
Esiste una consistente letteratura scientifica a supporto di quanto illustrato (13, 14, 15, 16, 17). Per fare un esempio, un recente lavoro di revisione, che ha analizzato 39 studi per un totale di 2325 partecipanti, ha evidenziato come le discipline body-mind abbiano mostrato effetti positivi in termini di parametri misurabili quali densità minerale ossea (BMD), contenuto minerale osseo (BMC), equilibrio corporeo (BB), dolore, indice di massa corporea (BMI), funzionalità degli arti inferiori, nonché sul livello di autostima e di qualità della vita (QOL) (18).
Risultati analoghi, in termini di riduzione dei dolori al collo e alla schiena, sono stati evidenziati in un altro lavoro di revisione riguardante gli effetti del pilates su una popolazione di 397 partecipanti (di cui il 73% donne) con osteoartrite e osteoporosi (19).
Ovviamente non ci sono solo le ginnastiche dolci: la camminata a passo sostenuto, la corsa leggera, il ballo, ma anche semplicemente salire le scale, sono tutte attività che, richiedendo al corpo di lavorare contro la gravità, stimolano la densità ossea e possono contribuire alla riduzione del rischio di fratture (20, 21, 22).
L’importante, in definitiva, è non rinunciare al movimento, scegliendo un’attività adatta alle proprie condizioni di salute e praticandola con regolarità.

Gli integratori alimentari possono rivestire un ruolo importante qualora l’apporto dietetico dei nutrienti essenziali per la salute ossea risulti insufficiente. I supplementi cui si fa più sovente ricorso sono ovviamente quelli di calcio e di vitamina D (23): i primi forniscono i sali di calcio, i secondi fanno sì che essi vengano correttamente assorbiti e fissati nelle ossa. In alcuni casi possono essere consigliati anche integratori contenenti magnesio, vitamina K2, zinco o collagene idrolizzato, che agiscono in sinergia nel sostenere la formazione e il mantenimento del tessuto osseo.
Mentre la fonte primaria di calcio deriva dall’apporto alimentare (latticini, ma anche legumi, ortaggi, frutta secca e pesce), si stima che circa l’80-90% del fabbisogno di vitamina D si ottenga per sintesi a livello cutaneo (23), grazie all’esposizione ai raggi solari, mentre solo una minima quantità possa essere assunta tramite il cibo. Tuttavia, come riporta lo stesso Istituto Superiore di Sanità (24), le variabili in gioco sono numerose (orario e tempo di esposizione, colore della pelle, superficie esposta, uso di creme solari, stagione) e molto spesso non si riesce a raggiungere un’esposizione adeguata al fabbisogno di vitamina D: per questo l’integrazione può rappresentare un valido – e talvolta indispensabile – aiuto.
E’ di fondamentale importanza, tuttavia, che la scelta e il dosaggio degli integratori sia personalizzata e monitorata da un professionista sanitario: dosaggi eccessivi, infatti, soprattutto di calcio, possono essere associati a effetti avversi anche seri, tra cui l’aumento del rischio di calcolosi renale o eventi cardiovascolari (25, 26).
Esistono peraltro alcuni studi (27, 28, 29), che hanno messo in dubbio l’efficacia dell’integrazione di calcio e vitamina D, quantomeno nel prevenire l’osteoporosi. Da quanto emerso in questi studi, infatti, la supplementazione di calcio e vitamina D non ridurrebbe l’incidenza di fratture in soggetti sani: ciò può significare che l’integrazione non debba essere fatta in modo indiscriminato sulla popolazione adulta al di sopra dei 50 anni, ma soltanto su soggetti a rischio (per fragilità ossea, carenza di nutrienti, osteoporosi) – per i quali invece l’efficacia resta al momento dimostrata.
IL RUOLO DEGLI INTEGRATORI
Il microbiota intestinale è ormai riconosciuto come un elemento chiave nel mantenimento dell’omeostasi del corpo e della salute generale. Costituito da miliardi di microrganismi appartenenti a diverse specie batteriche, virali e fungine, il microbiota svolge funzioni essenziali nella digestione, nella sintesi di vitamine e metaboliti bioattivi, nella modulazione dell’assorbimento intestinale e nella regolazione del sistema immunitario. Numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato che alterazioni della composizione e della funzionalità del microbiota sono correlate, direttamente o indirettamente, a quasi tutte le principali patologie metaboliche note, quali obesità, dislipidemie, diabete, malattie cardiovascolari e, naturalmente, l’osteoporosi (30, 31).
Il microbiota, infatti, può modulare il metabolismo osseo attraverso diversi meccanismi, tra cui la regolazione dell’assorbimento intestinale di calcio, magnesio e vitamina D, la modulazione della risposta immunitaria e il controllo dei fenomeni infiammatori sistemici di basso grado (responsabili dell’alterazione del metabolismo osseo). Alterazioni qualitative e quantitative della comunità microbica (disbiosi) sono state infatti associate a un aumento dell’attività osteoclastica e a una ridotta formazione ossea; per contro, la somministrazione di ceppi specifici quali Lactobacillus e Bifidobacterium, può migliorare la densità minerale ossea e ridurre i marker di riassorbimento osseo (32, 33, 34, 35).
I dati raccolti dagli studi sperimentali sono ancora a livello preliminare, ma abbastanza promettenti da far supporre un potenziale terapeutico nella modulazione del microbiota per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi.
MICROBIOTA E OSTEOPOROSI
In conclusione, la prevenzione e la gestione dell’osteoporosi possono trarre enorme beneficio da un approccio integrato che coinvolga alimentazione mirata, attività fisica moderata ma regolare, uso consapevole di integratori e attenzione alla salute del microbiota intestinale. Questo tipo di approccio non esclude il ricorso a terapie farmacologiche, laddove il medesimo si renda necessario per contrastare l’avanzare della patologia e ridurre il rischio di fratture potenzialmente invalidanti.
Rimane essenziale l’apporto di professionisti della salute, che sappiano guidare ogni individuo in un percorso personalizzato, che tragga il massimo beneficio per il benessere delle ossa e garantisca di conseguenza autonomia e una buona qualità della vita nel lungo termine.
IN SINTESI
Riferimenti bibliografici
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L’osteoporosi è una patologia cronica caratterizzata da riduzione e deterioramento della massa ossea, con conseguente aumento del rischio di fratture. Rappresenta un rilevante problema di salute pubblica, soprattutto nella popolazione anziana, con impatti importanti dal punto di vista dei costi sanitari ma ancor di più sulla qualità della vita della persona e dei familiari. Oltre alle terapie farmacologiche, un approccio integrato può migliorare la prevenzione e il decorso della malattia. Alimentazione equilibrata ricca di calcio, vitamina D e proteine, integratori mirati quando necessario e attività fisica regolare – in particolare esercizi a basso impatto e ginnastiche posturali – contribuiscono a mantenere la densità ossea e ridurre il rischio di cadute. Promuovere stili di vita salutari è fondamentale per preservare la salute dello scheletro e la qualità di vita.






